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Autore: BlueLouKiwi    28/10/2016    0 recensioni
Non avrei mai creduto di essere presa come insegnate di Pozioni ad Hogwarts, e invece eccomi qui a raccontare la mia vita attraverso gli occhi di un'insegnate
Genere: Comico, Drammatico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Quello che provo ora è un grande senso di soddisfazione. I due ragazzini sembrano felici, forse hanno davvero afferato il senso delle mie parole, o per lo meno per un paio di giorni si sentiranno un po’ meglio.
Adesso è il momento di andare dalla preside e raccontarle quello che ho visto, che dopotutto non mi preoccupa nemmeno così tanto: so che lei ha una soluzione giusto giusto nella tasca del mantello. Perchè non dovrebbe essere così?

Mi avvio verso il castello, dopo aver raccomandato ai ragazzi di stare attenti, e giungo in fretta nell’ufficio della McGonagall. Fortunatamente la parola d’ordine è sempre la stessa.
Le racconto tutto quello che ho visto, con tanto di particolari e commenti personali. Sempre con la mia convinzione che comunque non c’è niente di cui preoccuparsi: lei risolverà tutto senza il minimo problema. No?
Finito il mio luuungo racconto, mi guarda. “Come facciamo a trovarli?”
“Non ne ho la minima idea, da quello che ho capito continuano a spostarsi, appunto per evitare di essere trovati.”
Al che la preside si alza e cammina un po’ per la stanza, raggiungendo la finestra. “Non c’è un modo per contattarli? Un modo per mandargli delle foto, dei commenti, delle lettere, qualcosa?”
“Potrebbe essere!” Le rispondo illuminandomi: ecco la soluzione, lo sapevo che eravamo in buone mani.
“Ma dove la troviamo quella rivista? Non possiamo fermare tutti gli studenti e chiedergli di vuotare le borse.”
Ci penso un per un po’, penso al modo di trovare una delle riviste senza ricorrere alle perquisizioni (Filch ne sarebbe felicissimo, eh, per carità), pensando addirittura di intrufolarmi in un dormitorio e spulciarlo tutto in cerca di quel maledetto Purosangue.
Poi mi viene in mente. “Ma certo, che stupida che sono. Si ricorda di quando il Mangiamorte rosso mi ha tirato in testa una copia? Ecco, l’ho tenuta, ce l’ho nello studio!”
“Bene, allora vai a prenderla e guardala bene.” Così dicendo mi fa cenno di andare, segnando così la fine della conversazione.

Fuori dal mio studio incontro una ragazzina con addosso la divisa di Serpeverde. Mi guarda con ostentata sfrontatezza, quindi capisco che è proprio me che aspetta. “L’ho vista prima, sa? Con quei due sanguemarcio. I miei genitori avevano ragione su di lei, quando gli ho mandato un gufo dicendo che non ci ha ancora fatto fare nessun veleno mi hanno detto che non dovrebbe insegnarci una materia così importante.” Mi dice con un ghigno.
La guardo. Non capisco perchè mi stia dicendo questo. “I tuoi genitori sono insegnanti di Pozioni?”
“No.” Mi risponde con un ghigno, come se pensasse di averla vinta lei.
“E tu, sei un’insegnante di Pozioni?”
“No. Ma…”
“Bene, allora se desideri avere dei compiti aggiuntivi e delle ore di lezione extra per me, che sono l’insegnante di Pozioni, non c’è alcun problema.Voglio per domani mattina venti centimetri di pergamena per ogni veleno che riuscirai a trovare nella biblioteca. E che non siano meno di quindici” Concludo entrando nel mio studio e chiudendomi la porta alle spalle.
Bene, è il momento di dedicarsi alla rivista. La sfoglio in lungo e in largo, ma non trovo assolutamente niente che possa sembrare un contatto, un indirizzo… Un modo di comunicazione con la rivista. E così mi viene l’idea.
Vado sino alla guferia con un pezzo di pergamena in mano, ci scrivo il mio messaggio e lo chiudo, indicando come destinatario “I Numeri del Purosangue”.
Ho appena inviato la mia candidatura per scrivere degli articoli per loro.

Torno a casa, finalmente, dove mi aspetta un gufo tutto spelacchiato. “Grazie” Gli dico porgendogli un biscottino. Non sono una che resiste alle tentazioni offerte dagli animali, per me sono tutti dei bambini che hanno bisogno del mio amore. Non hanno bisogno di me? Bhè, sono sicura che me lo diranno se è così.
Preparami una torta per stasera, per favore, è il compleanno di mio padre (me ne ero dimenticato). Arrivo per le otto emmezza.
Otto emmezza? Ma sono le sette e venti!
Quell’uomo… Quell’uomo… Ogni tanto mi fa saltare i nervi, ma proprio che saltano di cinque metri in altezza.
Lancio il mantello sul divano, mi tolgo le scarpe, mi lavo le mani e cerco di preparare dei piccoli dolcetti a forma di zucca (i miei dolcetti preferiti) in tutta fretta.

Ed ecco delle Cioco Zucche con Super Sorpresa pronte appena in tempo per il ritorno di Remus. “Ciao tesoro, che profumo. Andiamo?”
“Si certo, mi cambio e arrivo.” E allora di corsa anche in camera che bisogna correre via. Speriamo di bruciare calorie, almeno.
Torno in cucina e ci sono solo cinque Zucche e un Remus con la barba piena di cioccolato colante. Lo guardo accigliata, con le mani sui fianchi. Mi manca solo il matterello in mano e poi mi sento la perfetta massaia. “Tanto siamo in cinque questa sera, no?” Tenta, facendo quel suo faccino innocente che sono sicura avrà usato anche tante volte da bambino, per sfuggire le sue punizioni.
Come un’allocca ci casco. E che devo farci? Resistere a quegli occhioni lì?
Mi aggrappo al suo braccio e ci ritroviamo a casa dei suoi genitori, che possiamo definire come un “Perfetto Cottage di una Perfetta Famiglia”, e credo di aver detto tutto. Che invidia che mi fa la loro casa… Eh, che ci vogliamo fare? Il tempo passa per tutti e Remus ha un solo fratello con cui dividerla; senza augurare la morte a nessuno.

La serata per fortuna passa in fretta, rimaniamo lì un po’ a cincischiare, guardiamo la tv nel dolcissimo torpore frutto dei forni accesi, e mangiamo di tutto e di più.
Mi viene però un po’ il panico nel vedere un gufo arrabbiatissimo guardarmi dalla finestra. Che faccio? Devo aprire io? Ma non è casa mia, sembro maleducata se ritiro la loro posta?
Alla fine, fortunatamente è suo fratello ad alzarsi, mettendo fine ai miei dubbi interni. “Abbey McDougall. E’ per te.” Mi dice porgendomi la piccola lettera sgualcita.
La leggo in fretta, sentendomi gli sguardi di tutti addosso e cerco di non farmi prendere dal panico.
Sono stata accettata in prova come nuova giornalista del Purosangue. La prossima riunione si terrà lunedì, dopo mezzanotte in un luogo che mi verrà comunicato lunedì mattina.

Dopo una spiegazione veloce, e bisbigliata, a Remus di tutta la vicenda aspetto di rimanere sola con lui per mandare un Patronus alla preside. “Hai intenzione di andarci?” Mi chiede.
“Per forza, sarebbe una buona opportunità per capire le loro intenzioni e portare informazioni dalla nostra parte.”
“Non ti permetterò di andarci da sola.” Non lo avevo mai sentito pronunciare qualcosa di questo tipo, nè con questo tono autoritario, quasi protettivo. A questo punto vale davvero la pena di rischiare la vita tutti i giorni mi dico, ammiccante.
“E come vorresti fare? Vorresti essere trasfigurato in una teiera e venire con me in borsa?”
“Qualcosa del genere, tu lasciami parlare con un mio collega e ved-”
“Aspetta, ho un’idea! Tu lasciami fare, e ci andremo insieme a quella riunione.”
I suoi tornano in cucina, con un dolce gigantesco tra le braccia. Al che le mie Cioco Zucche con Super Sopresa fanno una specie di versetto smorzato che più o meno significa “Ma perchè è così grande?”.

Mangiamo dolce e dolcetti, caffè e caffetti. E prendiamo anche la via di casa.
A questo punto della serata non vedo l’ora di mettermi sotto le coperte e di fare tanti bei sogni rilassanti.

La mattina dopo mi alzo, vado in bagno a prepararmi e scendo a preparare la colazione.
Dopo un po’ mi raggiunge anche Remus, che, un po’ stranito, mi domanda: “Ma davvero ti vuoi intrufolare in un gruppo di Mangiarmorte?”
“Detto così sembra un po’ brutto, diciamo che vado a dare un’occhiata, ecco.” Il suo pessimismo matutino ormai è appeso alla caldaia con una calamita. Però c’è da dire che questa volta, per lo meno, è un po’, lievemente, giustificato.
   
 
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