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Autore: Blue Drake    29/10/2016    1 recensioni
Isabeau, una scrittrice di racconti fantasy, riceve visite inattese – e non necessariamente gradite –. Che cosa mai vorranno da lei, questa volta? E perché proprio in quel momento, quando invece dovrebbe assolutamente portare a termine il suo lavoro, in fretta, prima che l'editore inizi a tramare vendetta contro di lei. Isabeau si augura solamente di non finire nuovamente nei guai, come già successe dodici anni prima; ma per come si stanno mettendo le cose, ci crede poco.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Nove



Zaynar si muoveva a passi felpati, badando bene a rimanere acquattato nell’ombra e controvento, perché voleva assolutamente evitare di essere individuato – per lo meno prima del tempo –. Quel posto lo conosceva come le sue tasche – se solo le avesse avute –, d’altronde ci aveva vissuto per una vita intera, fino all’anno precedente, e stava sfruttando ogni singola conoscenza appresa nel tempo per avere e conservare un vantaggio sul demone bianco. Doveva agire d’anticipo e, possibilmente, prenderlo di sorpresa, se davvero sperava di riuscire a trascinarselo dietro. Probabilmente sarebbe stato tutto più semplice se avesse avuto la possibilità di parlare con lui e spiegargli la situazione, ma dato che la capacità di favella non era qualcosa che poteva coscientemente scegliere di avere o non avere, beh: si sarebbe dovuto accontentare del suo piano di attacco, volente o nolente.

Eccolo: Erwan era in vista, proprio in quel momento. Zaynar si premette sulle rocce che costeggiavano lo strapiombo attorno alla cinta muraria, aguzzò i sensi e attese, con pazienza, che il demone bianco fosse più vicino, abbastanza da essere a portata di balzo. Doveva assolutamente impedire che usasse i suoi poteri, o sarebbe stato un gran bel guaio per l’atrox.



~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~



La dimora di Lothyan era deserta proprio come si aspettava, proprio com’era da più di un anno, ormai. Erwan scosse mestamente la testa e si chiese, per l’ennesima volta, dove potesse mai essere finito ma, soprattutto, perché.

Era ancora immobile, in contemplazione delle mura abbandonate, quando qualcosa si mosse ai margini del suo campo visivo; un’ombra, forse. Non ebbe tuttavia il tempo materiale per avanzare altre supposizioni che si ritrovò a scivolare sull’erba ghiacciata, atterrato dal corpo agile e robusto di un enorme felino. Tentò di ripararsi con un braccio e, nel mentre, estrarre la spada dal fodero, ma dovette rapidamente cambiare tattica, a meno che non volesse finire col fare da pasto per quella creatura piena di zanne luccicanti e artigli affilati. Si aggrappò al terreno duro e gelato con una mano e fece forza con l’altra per tenerlo a distanza; qualcosa, però, non tornava: se quell’animale avesse seriamente voluto sbranarlo, a quell’ora avrebbe già avuto tutto il tempo di ridurlo a brandelli, invece si limitava a tenerlo bloccato sul terreno gelato e a impedire alle sue mani di muoversi agevolmente. Erwan corse il rischio e sollevò gli occhi grigi, trovandone un paio quasi identico ad attenderlo. Infine li riconobbe e il suo sconcerto aumentò esponenzialmente.

«Zaynar? Sei proprio tu?», chiese, sentendo il proprio corpo tremare per lo sforzo degli ultimi istanti e per il terreno freddo sul quale era schiacciato dal peso del felino.

Vide la grossa testa dell’altro demone abbassarsi nella sua direzione e le palpebre nero pece socchiudersi, quasi in tono di scherno per la sua domanda sciocca e tendenziosa.

«Perché sei qui? Dov’è Lothyan?», chiese ancora Erwan. Infine, la domanda più importante in quel momento, «Che cosa vuoi da me?».

E fu libero, improvvisamente, dal peso non indifferente dell’atrox, il quale gli permise di trarre un respiro decente, prima di piantargli una zampa vellutata sul braccio ancora allungato sul terreno. Le sue fauci si richiusero con un secco schiocco sulla casacca di Erwan e l'atrox tirò, strattonando senza troppi riguardi, fino a costringerlo seduto, e poi tirò ancora, ordinandogli con i propri gesti di alzarsi in piedi, in fretta possibilmente.

«Zaynar, aspetta. Io non posso aiutarti, adesso. Ci sono altri problemi che devo risolvere, prima», protestò Erwan.

Quando però cercò di liberarsi dalla morsa dell'atrox, quello ringhiò minacciosamente, dandogli chiaramente a intendere che, in un modo o nell’altro, Erwan avrebbe dovuto fare ciò che l’altro desiderava.

«No, ti prego», provò a farlo ragionare il demone bianco, «So che ci sono questioni che vanno risolte, so che tu vuoi trovare Lothyan, ma…», si passò nervosamente le dita fra i lunghi capelli bianchi, non sapendo bene come spiegarsi in modo da far capire all’atrox la propria urgenza. «Ascolta, Zaynar», si risolse infine, pensando che dopotutto la verità sarebbe stata molto più efficace di qualunque insulso giro di parole, «Anche il mio compagno, Arjentael, è scomparso. È successo da poco e devo assolutamente occuparmene in fretta, prima che di lui svanisca ogni traccia», “Prima che svanisca ogni speranza”, pensò, evitando però di esprimerlo a voce alta.

Uno strattone, l’ennesimo, ma molto più violento dei precedenti, lo fece quasi crollare a terra sulle ginocchia. Sollevò gli occhi ormai disperati, incontrando nuovamente quelli perlacei e vividi dell'atrox che lo fissavano insistentemente e con una certa eloquenza. E allora capì.

«Tu sai dov’è lui?», rantolò, quasi soffocandosi con le proprie stesse parole.

Zaynar mollò la presa sulla sua casacca e, cauto, annuì, alzando la guardia e aspettandosi qualsiasi cosa.

Ciò che invece non si era affatto aspettato era di vederlo scosso da un brivido violento mentre un paio di lacrime rigavano il suo volto, candido come porcellana. Le dita sottili del demone bianco si aggrapparono strette al pelo nero del suo collo e il suo corpo si strinse a quello di Zaynar.

«Portami da lui», soffiò Erwan, tremando ancora, questa volta per la paura di ciò che avrebbe trovato una volta giunto a destinazione.

Zaynar lo fissò intensamente poi, dopo aver annuito di nuovo, afferrò una manica fra i denti e si concentrò con tutto il suo essere su Isabeau. I due demoni, stretti l’uno all’altro, svanirono silenziosamente dai dolci pendii ghiacciati dell’antica dimora di Lothyan e ricomparvero, infreddoliti e sconvolti, nello studio di Isabeau, ora invaso dalla rosseggiante luce del tramonto che ormai declinava fuori dall’ampia finestra.







   
 
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