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Autore: Micchan018    30/10/2016    1 recensioni
Quando la tua vita è stata segnata dall'abbandono fin dai tuoi primi anni, ci fai l'abitudine. Impari ad essere forte e ad andare avanti, a sopravvivere da sola.
Non è così per Kristine. Dopo aver visto suo padre sparire nel nulla quando era solo una bambina, l'abbandono dell'unico ragazzo che abbia mai amato è il colpo di grazia, quello che la convince che non riuscirà mai più ad alzarsi. Sua sorella gemella, l'unica persona che è sempre stata presente nella sua vita, le ripete che deve lottare e imparare a essere forte; ma lei non ascolta. E' chiusa nel suo dolore, sola e piena di ferite che non sa come curare. Quello che non sa però è che nelle parole di sua sorella c'è molta più verità di quanto pensi: quando scopre di essere incinta proprio della persona che l'ha abbandonata, Kristine si rende conto che è ora di mettere da parte il proprio dolore e il senso di abbandono e di ricominciare a camminare con le sue gambe.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Mom? Dov'è papà?

Papà non c'è, Kate.

Perché?

Perché no.

E' morto?

No, Kate. Semplicemente, non voleva stare qui, ed è andato via.

Ma mamma, lui aveva promesso che sarebbe rimasto per sempre!

Niente è per sempre, Kristine. The sooner you get it, the better.

 

-Stai bene, Kris?

-No.

-Cosa...

-Stai zitto, Yuriy. Ho mal di testa.

Calò il silenzio. Sentivo il suo sguardo addosso, mi fissava intensamente. Io ero stesa sul letto, un braccio a coprirmi gli occhi, e un martellare incessante in testa.

-Da quanto...- Yuriy cominciò a parlare, poi fermò un attimo per vedere se ero intenzionata a mangiarlo, per poi ricominciare –da quanto non lo vedevi?

Feci una smorfia. –Dodici anni.

-Dod...caspita...

-Se ne è andato quando avevo sei anni.

-Capisco...

-No, non capisci, Yuriy!- scattai di colpo e mi misi seduta davanti a lui –non dire che capisci perché non capisci proprio niente!

-Ehi ehi! Calmati, amore! Non te la prendere con me!

-Invece me la prendo con te perché dici di capire e invece non capisci proprio niente!

-Va bene, allora posso immaginare, bene così?

-No non immagini niente! Non sai niente, non capisci niente, quindi fammi un favore, stai zitto!

-Kristine!- Yuriy si alzò in piedi, e urlò il mio nome talmente forte che probabilmente tutti nel vicinato l'avevano sentito –cerca di darti una calmata, va bene? Non mi piace questo tuo modo di fare, rilassati e smettila di prendertela con la gente che non c'entra nulla!

Abbassai lo sguardo, e sentii una vampata di calore sulle guance. Sicuramente ero diventata color porpora. Lo sentii sospirare, poi si sedette affianco a me.

-Scusa...-bisbigliai.

Mi abbracciò. Stretta.

Scoppiai a piangere.

-Amore...

-Dodici anni, Yuriy...dodici anni e poi si ripresenta qui con...

-Non ci pensare, amore...

Non potevo non pensarci. Era impossibile. Quella scena mi martellava in testa...quella scena...

-Dad?

Fu un sussurro. Probabilmente nessuno nella stanza mi aveva sentita.

L'uomo alzò lo sguardo, il quale incontrò il mio. Il mio cuore perse qualche colpo, continuavo a non sentirmi troppo bene.

Un attimo di silenzio. Imbarazzante, pesante, quasi soffocante. Sentivo solo il respiro sottile di Katherine accanto a me. Con la coda dell'occhio, vidi l'espressione sul suo volto: odio puro. E i miei sentimenti non erano diversi. Dodici anni di assenza tornarono improvvisamente a reclamare il loro spazio. E per lui nel mio cuore, di spazio, ce n'era solo per la rabbia.

-Daddy!

Ellen corse fra le braccia di quell'uomo. Fra le braccia di mio padre.

-Ehi, piccola...hai conosciuto le ragazze?

-Sì, papà.

-Sono carine?

-Sono...uguali!

Ellen rise. Mio padre mi guardò di nuovo, per un lungo, interminabile secondo. Poi si decise a parlare.

-Ciao, Kristine.

La sua voce non era cambiata affatto. E questo mi fece arrabbiare ancora di più.

-Ciao Kristine?!- sbottai –tu ti presenti qui, in casa nostra, dopo anni che non ti fai vedere, e tutto quello che sai dire è ciao Kristine?!

-Calma, Kris.

La voce di mamma era un fantasma, la udii appena. Anche lei sembrava sconvolta, più ragionevole di me e Katherine, ma di certo avrebbe preferito che quel terzetto rimanesse fuori da casa nostra.

-Cos' altro avrei dovuto dire- borbottò mio padre, con il volto scuro.

-Qualsiasi altra cosa! Avresti potuto cominciare con delle scuse, magari!

Sembrò quasi un po' sorpreso.

-Scuse? Per cosa?

Sentii la proverbiale vena chiudersi del tutto.

-Per esempio per essere sparito quando avevamo sei anni!

Calò di nuovo il silenzio. Ma questa volta non durò a lungo.

Katherine rise.

-Che diavolo hai da ridere?- chiesi.

-Sai, Kris, lo pensavo anch'io.

Si avvicinò, mi prese a braccetto, e mirò papà con gli occhi.

-Guardaci, papà. Guarda. Una mora e una bionda. Ti ricordi di che colore avevamo i capelli, una volta?

Ci volle un attimo per ottenere una risposta. Ci stava pensando.

–Castani...- biascicò, quasi inudibilmente.

-E ti ricordi anche qual era il vestito preferito di Kris? E il mio?

Nessuna risposta.

-E qual è sempre stato il sogno della nostra vita?

Nessuna risposta.

-E dimmi, di che colore era il vestito della comunione di Kris? Oh, aspetta, questo non puoi saperlo! No, non c'eri! Beh, te lo dico io: era rosa cipria, perchè il bianco non le piaceva; peccato che poi ci ho rovesciato sopra il vino di mamma!

Una risata sfuggì a qualcuno dei presenti.

-Già, e tu non c'eri neanche quando abbiamo cominciato il liceo! Sono caduta in una pozzanghera e ho passato tutta la mattina col fango nei capelli.

Questa volta fui io a ridere. Me lo ricordavo quel giorno, Katherine era inciampata sul bordo di un marciapiede, ruzzolando dritta in una pozza enorme, a pochi metri dalla scuola. Non avevo mai riso tanto in vita mia.

-E non c'eri neanche quando Kristine si è fidanzata! Sono passati già tre anni, lo sai? C'ero io quel giorno, alla stazione, se la stava facendo sotto, sai? Forse, se ci fossi stato anche tu, sarebbe stata più tranquilla.

Yuriy aveva una faccia strana. Si era offeso?

-Non c'eri quando hanno festeggiato il secondo anniversario: Yuriy ha fatto sparare i fuochi artificiali apposta per lei.

Ricordavo benissimo anche quel giorno: uno dei più belli della mia vita.

-Già, papà. Tu non ci sei stato in quasi tutti i momenti importanti della nostra vita. Hai preferito andartene con un'altra, dedicarti a un'altra figlia, e dimenticarti che qui, di figlie, ne hai altre due che per anni hanno aspettato di vederti entrare dalla porta, per poi capire che eri andato per sempre. Ecco perché Kristine si arrabbia, quando tu hai il coraggio di presentarti qui, e di salutarla con così tanto candore. Anch'io sono arrabbiata. Sono furiosa. Potevi almeno risparmiarci di presentarci la tua nuova famiglia. Cosa pensavi, che ci saremmo affezionate a loro e ti avremmo risparmiato tutto questo? Beh, mi dispiace, daddy, ma tutti gli nostri anni di sofferenza non verranno cancellati dal faccino dolce di Ellen.

-Te la posso dire una cosa?- dissi io. Papà mi rivolse la sua attenzione.

-Parla. Tanto niente di quello che dirai potrebbe ferirmi più delle parole di tua sorella.

-La tua faccia tosta ha dell'incredibile. Non so come tu faccia a non renderti conto di quanto sei stronzo, e non so con quale coraggio ti ripresenti da noi. E non so nemmeno per quale motivo sei capitato qui a rovinarci la giornata, ma mi sorprendo che mamma non ti abbia sbattuto fuori di casa a calci nelle palle!

-Kristine! Le parole!

Era stata Samatha a parlare. No, non lo accettavo. Lei doveva tacere.

-Stai zitta tu!- sbottai –non hai nessun diritto di interferire in quello che dico!

-Porta un po' di rispetto, Kristine!- mi rimproverò mio padre.

-Rispetto a chi? A una stronza che neanche conosco?!

-A tuo padre, e sua moglie!

-Tu non sei mio padre! Mio padre è Davide, tu sei solo un traditore e mi fai schifo!

Corsi su per le scale.

-Kristine!

La voce di Yuriy mi raggiunse come dall'oltretomba, o forse nell'oltretomba c'ero io, lo sentii salire le scale. Mi chiusi in camera, e mi buttai sul letto. Lui entrò pochi secondi dopo, con lo sguardo di chi non sa cosa dire, e muore dal desiderio di migliorarti la giornata almeno un po'.

Mi svegliai nel bel mezzo della notte, l'orologio sul comodino segnava le tre e dieci.

Ero abbracciata a Yuriy, sotto le spesse coperte del mio letto, sentivo il suo respiro sui capelli, mi stringeva forte come non mai. Sembrava quasi che avesse paura che potessi volare via da un momento all'altro.

Cercai di liberarmi dall'abbraccio senza svegliarlo, alla fine fu lui a collaborare, sciolse la presa e si rigirò fra le lenzuola. Io mi alzai, e mi affacciai alla finestra. Rimasi lì non so quanto tempo, a fissare il nulla, o forse tutto, ma in quel momento tutto e nulla mi sembravano così relativi. Avevo vissuto dodici anni senza mio padre. Dodici anni. Dopo un po', sia io sia Katherine c'eravamo abituate all' idea che non sarebbe tornato, e così ce ne eravamo fatte una ragione.

Ci eravamo affezionate a Davide, soprattutto, per noi era lui, papà. Non ci aveva fatto mancare nulla, neanche l'affetto e le cure. Ed ora veder tornare quello che veramente era nostro padre, era un pugno nello stomaco. Tornato. Con una nuova figlia, che ci assomigliava tanto. E non ricordava il mio vestito preferito. Né il sogno della mia vita. In fondo, non era difficile.

Il sogno della mia vita era li, tra le mie lenzuola, a dormire beatamente, senza sapere che lo trovavo tremendamente carino, quando brontolava nel sonno, e lo stava facendo. Lo faceva spesso.

-Hai intenzione di buttarti dalla finestra, amore?

La sua voce assonnata mi raggiunse dalla penombra dietro di me. Mi spaventò quasi.

-Sì.

-Non farlo.

-E perché mai?

-Io ho bisogno di te. E se tu hai bisogno di me, io ci sarò. Sempre.

Mi voltai.

-Per sempre?- domandai con tono vagamente scettico.

-Per sempre.

Mi sdraiai vicino a lui.

-Per sempre è un tempo incredibilmente lungo.

-E io ti amo incredibilmente.

-Per sempre...

-Sì. Per sempre.

-Mmh...

-Dormi, adesso. Domattina è un altro giorno, e tu vieni a casa mia.

-No che non...

-Niente proteste.

Mi arresi e, appoggiata al suo petto, tentai di riaddormentarmi.

Sempre. Per sempre.

 

Niente è per sempre, Kristine. The sooner you get it, the better.  

   
 
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