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Autore: Ink Voice    31/10/2016    0 recensioni
Niente sarà più come prima. Forse è meglio così, pensa Eleonora, mentre si chiede esasperata quale sia il prossimo compito da portare a termine. È una domanda retorica che si pone solo per rispondersi subito dopo: “Salvare il mondo”. Una frase da supereroe, da film, che invece le tocca pronunciare per autoconvincersi che il momento è giunto e che lei, fino a qualche anno prima una ragazzina normale che non conosceva la realtà in cui è improvvisamente finita, è una delle più importanti pedine nel triste gioco della guerra.
Dalla parte di chi schierarsi e perché, quando ogni fazione ha numerosi difetti, che rendono l’una indistinguibile dall’altra? Troverà mai dei motivi che la spingeranno a non chiudersi in sé stessa e a non tirarsi indietro? Perché dover rischiare la propria vita per una causa che non si conosce davvero e per una verità svelata sempre poco per volta?
Queste domande l’accompagneranno mentre cercherà la forza per non arrendersi. È l’ultima parte di Not the same story.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Not the same story'
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A chiunque possa interessare:
Mi scuso per non aver pubblicato per Dio solo sa quanto tempo. Ho partecipato a Inktober (tra l’altro ho mancato tre giorni, piango, li voglio recuperare) e quindi questo mese l’ho dedicato al disegno; e soprattutto fin dall’inizio della scuola mi sono messa sotto con lo studio. Non riuscivo ad accendere il computer per questioni di tempo e di voglia, perché mi mancava l’“ispirazione” per cominciare un nuovo capitolo… e soprattutto per rileggere questo, vecchio di almeno due mesi. Mi sembrava strano che ancora non fosse arrivato il periodo di “blocco dello scrittore” per questa parte, visto che avevo già avuto uno o due mesi di fermo sia per la prima che per la seconda.
Più volte mi sono chiesta se fosse il caso di continuare a scrivere. La risposta è: non lo so, ma questa storia deve trovare una conclusione. Magari ci metterò così tanto che perderò il già piccolo seguito che è rimasto… ma lo farò quantomeno per me stessa. Che cavolo pubblico a fare se sto competendo tra me e me? Bella domanda, e la faccenda è ovvia: se la situazione non cambia, Not the same story sarà l’ultima cosa che pubblicherò. Non che abbia scritto centinaia di storie in vita mia, ma i (pochi) progetti da cui potrebbe nascere una storia (e mi sembra tutti originali) probabilmente non vedranno mai la luce. Forse è solo un periodo un po’ così, ma ci sono altre cose che voglio portare avanti, e che magari un giorno mi condurranno da qualche parte. Chissà che un giorno non vi ritroviate tra le mani un fumetto illustrato da me! Chi vivrà, vedrà.
Per novembre un mio amico mi ha invitata a provare NaNoWriMo, che mi sembra l’Inktober degli scrittori: l’obiettivo è di scrivere cinquantamila parole in un mese. Non so se ce la farò, ma è un buon pretesto per recuperare due mesi di silenzio.
Ringrazio il signor Chiunque Possa Interessare per aver prestato attenzione a queste righe, e lo lascio alla lettura del capitolo.
A presto (stavolta davvero!),
Ink



 
XIX
Fuoco e Veleno

Buio.
Apro gli occhi a fatica e il resto del corpo si risveglia, tutto indolenzito. Un flebile verso di lamento mi esce dalla gola mentre mi rialzo appoggiandomi sui gomiti, e inizio ad abituarmi alla luce, nonostante non sia molta. Viene dalla mia sinistra: mi ci vuole qualche secondo per capire che è l’apertura di una grotta. La neve produce un chiarore che illumina le pareti grigiazzurre, coperte di ghiaccio. La cavità non è molto profonda e il soffitto curvo è un po’ basso. Mi tiro su a sedere e rabbrividisco quando i palmi delle mani toccano il pavimento gelido.
Davanti e intorno a me ci sono delle sbarre. Sono nere, in contrasto con i colori chiari della grotta, conficcate nel pavimento e nel soffitto. Non capisco come abbia fatto a non accorgermene prima, ma adesso che sono completamente sveglia scatto in piedi e mi precipito contro le sbarre: le afferro e le scuoto, poi cerco di coprirmi le mani di guanti di fuoco arcobaleno. i miei poteri non mi rispondono. «Dannazione» borbotto tra i denti. Esamino le sbarre e non c’è neanche una serratura, perciò dev’essere stata creata con l’aiuto di un Pokémon, o con il potere di un Legame. Sono sola.
Non ricordo come sia finita qui, ma prima di perdere i sensi ho sentito una voce femminile diversa da quella di Nike, che adesso starà ancora ad impazzire di dolore per la sua mano, nell’altopiano cosparso di cadaveri di reclute Victory. La mia è una carceriera, e non lavora per conto del Team: in un certo senso mi ha tratta in salvo dalla Comandante. Forse è una dei Magma o degli Idro, ma la prospettiva di dover lottare contro qualcuno di questi non mi turba come quella di uno scontro con i Victory. Non so perché i miei poteri non funzionino.
«Devi ancora rimetterti in sesto, ti hanno fatta svenire» mormora alle mie spalle la voce profonda di Ho-Oh. È nel suo aspetto umano, la schiena al muro e le braccia incrociate al petto. Il sangue scuro di Nike risalta sulle decorazioni rosso fuoco e sul bianco del suo vestito, all’altezza del cuore. La katana è nel suo fodero bianco, appeso ad una specie di cintura. «E poi fa molto freddo. Ma tra qualche minuto riavrai i tuoi poteri.»
Il suo sguardo è rivolto verso il basso, ma sono sicura che sia consapevole della mia faccia contrariata e delusa. «È stato più utile Helenos di te, oggi.»
«Non ti permettere.»
Deglutisco, inevitabilmente messa alla prova dal suo tono severo e freddo, prossimo a uno scatto d’ira. Ma mi riprendo: gli rivolgo ostinatamente le spalle e come lui incrocio le braccia. «Cosa ti è successo prima?»
«Non è qualcosa che puoi capire» risponde a bassa voce. «Si trattava di Raikou.»
«E hai perso il controllo.»
«Tu non puoi capirlo» ripete. «Ci fosse stato Suicune o Entei al posto suo, sarebbe stata la stessa cosa. E si sarebbero comportati ugualmente Lugia, Rayquaza e qualunque altro Leggendario se si fosse ritrovato nella medesima situazione con i suoi sottoposti. E lei questo lo sapeva.»
Non gli rispondo, non riesco più nemmeno a formulare pensieri di senso compiuto. Le gambe mi tremano leggermente, ma sempre più forte, finché quasi non mi cedono : mi aggrappo alle sbarre con entrambe le mani e abbasso la testa, mentre gli occhi mi si riempiono di lacrime. Mi mordo la lingua e stringo con forza crescente il ferro. «Non posso crederci… lo ha fatto davvero, e Luke è… è davvero…» singhiozzo, versando le prime lacrime. Cadono a terra mentre ancora mi attraversano le guance, e si ghiacciano appena toccano il suolo.
«Shh…» Ho-Oh mi mette una mano sulla spalla e mi cinge in un mezzo abbraccio. Non sollevo il capo e non stacco le mani dal metallo. «Purtroppo quella donna ha mezzi troppo potenti anche per tre o quattro Leggendari, figurarsi per uno… Raikou se la caverà, se le Forze del Bene non aspetteranno troppo e se tutti noi Leggendari riusciremo a collaborare. Mi dispiace per il Legato.»
Mi sfugge una risata meccanica e affatto divertita, anzi piena di amarezza. «Non te ne può fregar di meno di lui.» Ho-Oh sta in silenzio, ma non allenta la sua stretta. Forse in questo momento preferirei che mantenesse una certa distanza da me. «Come puoi dire che voi Leggendari dovrete riuscire a collaborare? O magari che anche noi Legati dovremo essere in grado? Non parli con Lugia che è la tua controparte, Raikou è tra quelli che mi considerano una ragazzina senza speranze e senza abilità, Dialga sembra impazzito e sta facendo perdere la testa anche a Daniel, Ilenia è sempre giù di morale… Camille è odiosa e non è disposta ad aiutarci, Zhao e Yue sono due perfetti sconosciuti che non sanno usare bene i loro poteri. E non parliamo degli altri.»
Rialzo la testa e mi metto dritta con la schiena; il braccio di Ho-Oh scivola via, tornando lungo il suo fianco, accanto alla katana. Non avevo mai realizzato tutti i problemi tra noi Legati e tra Leggendari fino ad ora. Guardo negli occhi l’uomo alla mia destra, che apparentemente ricambia; ma la sua espressione impensierita mi fa capire chiaramente che non mi vede davvero, e che è tutto concentrato su quel che gli passa per la testa. Apre bocca per parlare, ma la richiude corrucciando le sopracciglia appena i suoi occhi, casualmente, si posano sull’uscita della grotta. Si trasforma in fuoco arcobaleno e si rituffa nel prisma della forma materiale del Legame. Sto ancora fissando il punto in cui c’era la sua testa fino a un attimo fa. Mi riscuoto e mi rivolgo anch’io all’unica apertura della grotta, da cui entra luce sempre più intensa, man mano che il giorno avanza.
Una figura si profila all’orizzonte. Il cuore mi balza in gola e mi sposto per vedere meglio, ma la situazione non cambia di molto, perché chi si sta avvicinando è vestito di bianco e si mimetizza con la neve e il cielo nuvoloso. Sta correndo, ostacolato dalla neve, ma si avvicina sempre più velocemente. Anche la sua pelle è chiara e i capelli sono proprio come neve, mentre i suoi abiti sono tinti anche di blu e d’argento.
«Ilenia!» esclamo, stringendo e scuotendo nuovamente le sbarre. Nonostante il sollievo di vederla, il mio cuore non si è affatto tranquillizzato.
La ragazza scivola sul pavimento ghiacciato della grotta, ma ritrova l’equilibrio e con un unico balzo, aiutata dal potere dell’aria, è dall’altra parte della “cella”. È ansimante e tremante, sembra sul punto di mettersi a piangere. Mi mette una mano sulla guancia e me l’accarezza, la ritrae e scrolla anche lei le sbarre. «Chi è stato?»
«Non lo so… i miei poteri sono fuori uso! Ho-Oh dice che è per il freddo e perché mi sono ripresa da…»
Mi fermo appena Ilenia si allontana, smettendo di ascoltarmi. Mi metto con le spalle al muro nell’angolo opposto della cella e lascio Ilenia libera di agire. Trasforma il ghiaccio di buona parte del pavimento e sulle pareti in acqua, e la scaglia contro le sbarre sotto forma di una lama affilatissima. Si infrange contro il ferro come un’onda che incontra uno scoglio. La ragazza si morde le labbra trattenendo il respiro, e scuote la testa mentre si riavvicina. «Non è metallo di un Pokémon normale… è di un Leggendario. Il tuo fuoco riuscirebbe a fonderlo…»
Ho immaginato anch’io, visto che non è riuscita a tagliarlo, che questo metallo sia stato creato da un Leggendario. «Ho-Oh era qui fino a un momento fa, se fosse stato possibile ci avrebbe pensato lui a liberarmi. Però non l’ha fatto.» Perché non mi ha fatta uscire? Avrebbe potuto trasformarmi in fuoco arcobaleno e farmi ritrovare fuori dalla cella, esattamente come prima mi ha sottratta alla lama di Nike.
Ilenia si blocca a metà strada, sorpresa. «Non c’è mica spazio per Ho-Oh là dentro!»
Mi mordo il labbro inferiore: solo ora mi ricordo del fatto che Ho-Oh, diversamente dalla maggior parte degli altri Leggendari, stando a quanto dice lui, preferisce stare in forma umana anziché in quella Pokémon. È così strano per Ilenia e per gli altri ragazzi accettare questo suo comportamento? Ma mentre la guardo nei suoi stupiti occhi rossi mi rendo conto che lei non immagina proprio la possibilità, per un Pokémon Leggendario, di farsi vedere sotto forma di essere umano.
«Come hai fatto a trovarmi?» le chiedo.
Ilenia vorrebbe spiegazioni su quel che ho ingenuamente detto prima, ma lascia perdere. «Daniel!» sbotta, passandosi le mani sul viso e poi tra i capelli bianchi. Il trucco blu sugli occhi, uguale al mio tranne che per il colore, è rimasto intatto. «Maledetto Daniel. Fino a qui mi ci ha guidata Lugia.»
“Gentile da parte sua” brontola Ho-Oh nella mia testa. Vorrei mollargli un ceffone.
«Cosa ha fatto Da…» Con la coda dell’occhio noto un movimento nei pressi dell’apertura della grotta: chiudo la bocca e mi giro per capire, imitata da Ilenia.
Una donna completamente  vestita di nero si piazza al centro del varco. È arrivata da destra, non da lontano come Ilenia. È alta, snella, tiene le braccia incrociate al petto e ci fissa con la stessa espressione con cui Nike, appena arrivata con Cobalion, guardava me e i miei altri tre compagni: perfidamente sorridente, beffarda, anche seducente. I lisci capelli biondi sono un po’ più lunghi e ordinati di quelli di Ilenia, ma la pelle è chiara quanto la sua. Quella che ha addosso è una tuta attillata che le slancia ancora di più il fisico, insieme ai tacchi degli stivali.
«Ben svegliata, Eleonora» esclama mentre fa qualche passo verso di noi. «Hai già chiamato un’amica?»
Stringo i denti riconoscendo sia la voce che il viso di lei. Ricordo che le sue iridi sono grigie ancor prima che riesca a distinguerne il colore adesso, che è un’Allenatrice temibile è sempre stata rinomata e ammirata nella base segreta del Monte Corona; una delle guerriere dal sangue più freddo e dalla mente più lucida, ma anche una delle persone più ambigue che abbia mai conosciuto. Non mi è mai andata pienamente a genio e vederla esibire lo stemma dei Victory sulla divisa non mi sorprende più di tanto, ma la collera infuria ugualmente nel mio petto.
«Avrei dovuto immaginarlo» ringhio. Le mie mani stringono così forte le sbarre che è strano che non si siano ancora sgretolate tra le mie dita. «Cynthia.»
Continua a sorridere e si avvicina ulteriormente; Ilenia fa qualche passo indietro, gli occhi sbarrati e la bocca schiusa. Mormora qualcosa che non afferro, ma la bionda le risponde: «In persona. Però non ho idea di chi sei tu.»
«È Ilenia.»
Cynthia inarca le sopracciglia e il suo sorriso si affievolisce. «Ilenia?» La Legata di Lugia continua a guardarla senza risponderle; non l’ho mai vista così esterrefatta. È paralizzata, non trema per la paura paura né per lo stupore. «Questa sì che è una sorpresa» prosegue Cynthia, squadrando da capo a piedi la sua vecchia amica, irriconoscibile nella Forma di Mezzo. «Non mi avevano mica detto che sei una Legata.»
«Dov’eri prima?» chiedo. Spero che Ilenia capisca che siamo in pericolo e che si svegli. «Se fossi stata nelle vicinanze, saresti morta.»
«Non ero nell’altipiano, né mi ero nascosta da qualche parte. Ero in una delle nostre basi quando il Comandante mi ha detto che dovevo correre da voi, altrimenti sua sorella ti avrebbe ammazzata.»
«Theo» borbotto. Cynthia inclina la testa di lato. «Theo è il gemello di Nike. Prima lei ha detto il suo nome.»
«Bah! Poco importa che sappiate come si chiamano i Comandanti o no. Dovresti ringraziarmi per averti salvato la vita, non voglio pensare al macello che starà facendo Nike adesso» ribatte lei. «Strillava come un’ossessa, non ho mai visto nessuno impazzire a tal punto. D’altronde non succede tutti i giorni di vedersi mozzare una mano… tra l’altro, come diavolo hai fatto a tagliargliela?»
«Ha abbassato la guardia» mormoro. Ilenia sposta i suoi occhi scandalizzati su di me.
«Come se la Comandante si potesse ritrovare sprovveduta con voi!» sbotta Cynthia. Porta una mano al fianco ed estrae una pistola dalla fondina della cintura: la punta al petto di Ilenia. La Legata torna finalmente in sé e si mette in guardia, corrugando le sopracciglia bianche.
«Avresti davvero il coraggio di farlo, Cyn?» Il tono della sua voce non tradisce alcuna paura, così come l’espressione dei suoi occhi. Sento i miei poteri rifluirmi dentro il corpo come se scorressero insieme al sangue nelle vene: un’ondata di piacevole calore mi pervade e mi dà sicurezza, ma non posso muovermi troppo, ora che la traditrice ha un dito sul grilletto di una pistola che può uccidere Ilenia. Ho paura che le partirebbe un colpo, se dessi fuoco alla mano che impugna l’arma o ad una qualsiasi altra parte del suo corpo.
«Be’, non proprio. Io non posso uccidere un Legato.»
L’esplosione dello sparo mi sconvolge le orecchie prima che i miei occhi capiscano cos’è successo. Ilenia cade di fianco lanciando uno strillo, ma non c’è alcuna macchia di sangue che le si allarga sul petto. Mentre si lamenta per il dolore porta le mani alla gamba destra, dove i pantaloni sono lacerati. Il proiettile l’ha colpita di lato, ma la ferita è abbastanza profonda.
Mi volto verso Cynthia già con il fuoco tra le mani. Incurante della pistola ora puntata verso le mie, di gambe, tendo le braccia verso di lei e apro le dita: le fiamme divampano riempiendo completamente la mia visuale. Vedo soltanto le mie mani tese, spalancate, violentemente illuminate dalla luce del fuoco arcobaleno. Si rilassano leggermente e questo basta a diminuire la portata delle fiamme, fino a sparire quando le braccia mi ricadono lungo i fianchi. Una pozza scura e densa si allarga sul pavimento: è ciò che rimane delle sbarre della cella investite dalla vampata, scioltesi come ghiaccio. Dal soffitto spuntano stalattiti di metallo gocciolanti.
Un’altra macchia di metallo liquefatto si espande sul pavimento a poca distanza dai piedi di Cynthia, che, ritrovatasi sdraiata, si appoggia sui gomiti. Ha istintivamente mollato la pistola per buttarsi indietro ed evitare il mio attacco: guarda quella che era la sua unica arma con occhi sbarrati, mentre il suo petto si alza e si abbassa rapidamente. Le pupille e le iridi grigie si spostano su di me, poi tornano al punto di partenza. Con passo lento, quasi solenne, oltrepasso i mozziconi di sbarre nel pavimento e il fiumiciattolo plumbeo che scorre nei loro pressi. Mi giro verso Ilenia, che ansima pesantemente: il suo viso è troppo occupato a esprimere dolore per mostrarsi anche, e di nuovo, quantomeno sorpreso.
Cynthia si rimette in piedi rischiando di perdere l’equilibrio, un lieve tremore le ha catturato le gambe. Indietreggia senza staccare gli occhi da me, ma adesso può permettersi un momento di tranquillità: mi inginocchio accanto a Ilenia e le tocco la ferita con una mano avvolta dal fuoco curativo di Ho-Oh. Mi rialzo solo quando anche la Legata di Lugia può farlo, e mi avvicino alla bionda, che fa un altro passo indietro.
Un angolo delle labbra di Cynthia si curva verso l’alto. «Non credere di aver vinto.»
Apro mani e braccia. «Non lo sto pensando.»
Una corrente d’aria gelida entra nella grotta investe tutte e tre, ma Cynthia è l’unica a non piegare le gambe e a non rabbrividire: punto una gamba indietro per non cadere. Il vento si calma, ma un attimo dopo riprende a sferzarci la pelle e i vestiti, sputandoci in faccia della neve. Mi copro il viso incrociando le braccia; quando l’aria sembra essersi placata le abbasso, e ritrovo Cynthia affiancata da una parte da Regice, dall’altra da Registeel.
«Me li ha prestati il Comandante» ghigna. «Trattateli bene, altrimenti se la prenderà con me.»
Registeel allunga le braccia verso di Ilenia; dei serpenti di metallo spuntano dal pavimento, rompendo la roccia e il ghiaccio, e si avventano contro di lei. Balza indietro ma quelli strisciano ancora più veloci per agguantarle una caviglia, sollevandosi e cercando anche di morderla con le zanne d’acciaio. Mi volto verso Cynthia quando già so di aver perso troppo tempo ad accertarmi delle condizioni di Ilenia: muovo un passo in avanti ma del ghiaccio, comandato da Regice, mi intrappola il piede. Quasi cado di faccia, in qualche modo rimetto l’altro a terra - così violentemente da crepare il ghiaccio sul pavimento - e sento il freddo propagarsi anche lungo il polpaccio e lo stinco. La trappola trasparente del golem Leggendario si ferma quando supera il ginocchio.
Regice si scaglia contro di me: tiro un pugno in direzione di lui, evocando una vampata che lo costringe a rinunciare al suo attacco. Ne approfitto per lanciargli un’altra fiammata che stavolta lo colpisce: indietreggia, senza emettere un lamento, e quando riparte alla carica mi ripeto: si ferma, allontanandosi più di prima.
Un dolore acuto mi prende alla nuca e si espande per tutto il collo: qualcosa di appuntito mi si è conficcato nella pelle. Emetto un verso strozzato e cado in ginocchio: metto le mani avanti per non sbattere il muso e non posso usarne una per togliere la fonte di un male che mi afferra il collo e le membra. Sento i muscoli e le articolazioni rammollirsi e, d’un tratto prive di forze, mi cedono le braccia e sbatto il mento sul terreno. Alzo gli occhi su Regice, mentre si volta verso di me, e cerco di rimettermi in piedi. Non riesco a muovermi. Sento Cynthia che ride alle mie spalle. Non posso neanche sollevare la testa per guardare meglio il Pokémon di ghiaccio, che approfitterà della mia paralisi per intrappolarmi definitivamente nel ghiaccio. È tardi per provare a dargli fuoco con il pensiero.
Eppure delle fiamme investono comunque Regice, che spalanca le braccia in segno di sofferenza, sempre muto. Sono normali, non le ha usate Ho-Oh; il golem cade sulla schiena facendo tremare la terra; si crepa il ghiaccio del pavimento e anche quello del suo corpo, ma solo superficialmente. Alzo lo sguardo e riesco a vedere solo la testa di un Charizard. Ha un’espressione amichevole che conosco bene. Cerco di mormorare un “Char”, ma non riesco neanche a usare le labbra. Non so come abbia fatto Ilenia a chiamarlo in aiuto, né da dove sia uscito fuori.
“Lo ha materializzato Lugia, per tua informazione” mi dice Ho-Oh. “Vuoi un tuo Pokémon in aiuto?”
“Magari” borbotto mentalmente.
Il Leggendario sa già quale dei miei compagni di squadra vorrei con me. Sento il calore del fuoco alla mia destra, e un tonfo di piedi che atterrano sul pavimento. Un paio di braccia mi afferrano da sotto le ascelle e mi tirano su. Mi sembra di non vedere Aramis da una vita: vorrei sorridergli e salutarlo, ma il massimo che posso fare è respirare e battere le palpebre. Il Gallade mi fa sedere addosso al muro e finalmente riesco a vedere bene la situazione: Ilenia sta ancora combattendo contro Registeel, ed è palesemente in difficoltà, ma Charizard si sta occupando dello Scolipede di Cynthia che ha cercato di colpire Aramis. Il mio compagno gli comunica di andare ad aiutare la sua Allenatrice e si avventa con le lame sguainate contro il Pokémon nemico, ferendolo con due rapidissimi Psicotagli. La corazza del coleottero si lacera così profondamente da arrivare alla pelle: del sangue nero sgorga dalla ferita e gli cola lungo il corpo. Ma Scolipede sembra incurante del taglio e contrattacca con un Coleomorso; Aramis si sposta di lato e gli colpisce la schiena con un altro Psicotaglio, sbattendolo a terra.
Sposto gli occhi su Ilenia, che con Charizard ha messo in difficoltà Registeel a tal punto da farlo passare completamente sulla difensiva. Il golem sta indietreggiando quando si volatilizza in un lampo di luce bianca, e lo stesso accade a Regice. La Legata di Lugia si blocca, interdetta; Charizard usa Lanciafiamme su Scolipede e solo ora mi accorgo che Cynthia ha mandato in campo anche Crobat, e che Aramis mi sta difendendo da lui. Voglio alzarmi in piedi e combattere, mi sento un peso per tutti, soprattutto per il mio Gallade, a starmene seduta qui, in grado di muovere soltanto gli occhi. Li abbasso sulle mani, che mi giacciono in grembo.
“Ma che furbona” commenta Ho-Oh. L’eco di una lieve risata mi tocca le orecchie dall’interno.
“Fammi concentrare.” L’immagine nella mia mente di due lunghi guanti di fuoco diventa realtà: il loro potere curativo mi restituisce mobilità fino ai gomiti. Mi cospargo di fiamme per tutto il busto e riesco finalmente a togliermi la spina dalla nuca: è così piccola che nemmeno arrivava a toccare il muro, eppure abbastanza velenosa da paralizzarmi dalla testa ai piedi. Il pizzicore un po’ doloroso scompare mentre mi sto ancora passando le mani sul viso, come se me lo stessi lavando con il fuoco; e viene il turno delle gambe. Mi rimetto in piedi con una facilità che mi scalda il cuore di piacere.
Cynthia sta chiamando altri Pokémon in soccorso di Crobat - vedo Scolipede giacere a terra esausto: la sua Allenatrice lo fa rientrare nella sfera. Con un lampo di luce rossa arrivano Toxicroak, Heracross e Floatzel, il quale è addosso a Charizard ancor prima di materializzarsi del tutto fuori dalla Poké Ball.
«Altair!» esclamo, e la Altaria arriva grazie a Ho-Oh. Sembra che già sappia cosa sta succedendo, perché non perde tempo ad avventarsi su Heracross con un Aeroassalto terribilmente efficace.
Cynthia schiocca la lingua e mette una mano su un fianco. Esamina la situazione con le sopracciglia aggrottate. Ilenia chiama a sé Zebstrika, che aiuta Charizard a sostenere l’attacco di Floatzel e Toxicroak. Crobat è in difficoltà in spazi così ristretti, va a sbattere spesso contro il soffitto o le pareti. È una facile preda per Aramis, che infine lo manda al tappeto con l’ennesimo Psicotaglio del combattimento.
«Sbaglio o ti manca ancora un Pokémon, Cynthia?» sbotto. La bionda mi guarda male, ma non fa niente per attaccare me o Ilenia o aiutare la sua squadra.
“Sta aspettando il Comandante Theo” dice Ho-Oh.
“Sai anche come sta messo?”
“Malissimo. La sua gemella sta andando fuori di testa.” Le mie labbra si curvano. Non mi aspettavo neanch’io di essere felice così malignamente di una situazione tanto brutta.
Guardo i Pokémon miei e di Ilenia mettere fuori gioco gli avversari, che appena svengono sono richiamati nelle rispettive sfere: Cynthia fa un passo indietro. Con la coda dell’occhio percepisco un movimento alle mie spalle e contemporaneamente le palpebre della bionda si spalancano. Ilenia, veloce come il vento, le è addosso e la butta a terra, sedendosi sopra di lei. Le porta le mani al collo, ma non la inchioda a terra, non le blocca né le gambe né le braccia. Cynthia potrebbe sfuggirle in qualsiasi momento, in queste condizioni: mi avvicino per evitare che le faccia del male.
Mi blocco quando sento la stessa singhiozzare. Tira su con il naso e butta fuori l’aria con forza, come se fosse stata a lungo costretta in apnea. Cynthia continua a guardarla con gli occhi grigi esterrefatti e non sembra trovare l’energia, né tantomeno la voglia, di liberarsi e darsela a gambe. Le spalle di Ilenia sussultano e tremano, ma le sue mani continuano a minacciare il collo dell’altra.
«Tu!… Proprio tu, tra tutti, ci hai voltato le spalle così!» piange. Stacca una mano, si asciuga il naso con la manica e ritorna nella posizione di prima.
«Ilenia…» la chiama Cynthia.
«Sparendo all’improvviso e facendo perdere le tue tracce, dimenticandoti di me e di chi ti era amico!» continua l’altra, arrivando quasi a strillare. «Come osi ripresentarti con un sorriso e sfidarci senza provare rimorso, senza pensare al bene che ci hai voluto una volta! Dovresti… dovresti vergognarti! Ti odio, Cynthia, ti odio da morire! E non ho mai detestato nessuno in vita mia, almeno non così! Neanche m’importa adesso che tu ora sia una Victory, la cosa che mi fa stare così male è che te ne sia andata senza dire nulla! A me! Avresti dovuto ammazzarti anziché continuare a guardarmi in faccia quando prima hai scoperto che ero io!»
«I-Ilenia…» Lei non sembra sentirmi: non stacca i suoi occhi da quelli di Cynthia. Riprende a singhiozzare forte, ora che ha smesso di parlare. Mi sorprende vedere sul viso della bionda un’espressione dispiaciuta.
«Non avresti accettato la mia scelta» dice. «E poi come potevo parlartene? Mi avrebbero scoperta. Tu stessa per impedirmelo ne avresti parlato, e adesso starei rinchiusa in una cella. Quando ho preso la mia decisione me ne sono andata senza dire niente a nessuno, soltanto con i miei Pokémon. Non sapevo neanche da dove cominciare, sono stati loro a trovarmi e io gli ho dimostrato di voler passare dalla loro.»
«Ma perché?!» sbotta Ilenia.
«Perché le Forze del Bene mi hanno delusa» risponde Cynthia. «Ti ricordi la scoperta dei veri Comandanti? Già lì avevo iniziato a desiderare di essere dall’altra parte. Mi sembrava più forte e più sicura, e ne ho avuto la conferma quando mi sono decisa a fare una scelta. Le Forze del Bene e i Victory, nei fatti, vogliono la stessa cosa: costruire una società ideale. E…»
«Non credo proprio» la interrompo. Ilenia smette di singhiozzare e gira leggermente la testa; Cynthia non può guardarmi in faccia, con lei di mezzo. «Le Forze del Bene sono nate per impedire ai Victory di creare la loro società ideale, che con quei due Comandanti non può diventare altro che una dittatura. Per di più sono invischiati in certe faccende con i Leggendari di cui nessuno vuole parlare. Qualsiasi cosa farà il Victory Team, rovinerà il mondo come lo conosciamo adesso.»
«Come fai a dire qualcosa del genere, Eleonora» il tono di Cynthia è poco serio, non vuole credermi, «se tu per prima non hai alcuna idea sulle faccende che dici?»
«È tutto ciò di cui sono certa» ribatto. «Tu, Cynthia, te ne sei andata perché ti eri stancata di startene con le mani in mano e imbarazzarti per il poco che Bellocchio e compagnia sapevano. Perché eri una semplice recluta. Invece nel Victory Team sei riuscita a farti strada fin da subito e addirittura a far sì che Theo ti incaricasse di catturare una Legata. Se fossi stata una recluta Victory per anni, tanto quanto lo sei stata nelle Forze del Bene, ti sarebbe successa la stessa cosa. Hai voltato le spalle a tutti, a Ilenia, a Bellocchio e all’organizzazione, perché ti annoiavi, perché te lo diceva il tuo orgoglio e perché bramavi la fama.»
Ilenia ha gli occhi stralunati, come se non riesca a comprendere quel che ho detto. Mi metto di fianco a lei per fare attenzione a Cynthia, che si concentra su di me appena entro nel suo campo visivo. Non c’è più alcuna traccia dell’espressione intristita, quasi amareggiata, che aveva mentre la Legata di Lugia si sfogava. «Mi spiace deluderti, Eleonora» dice a bassa voce, «ma queste sono cose che non puoi sapere. Hai sparato un mucchio di stronzate.»
«Purtroppo per te, uno dei poteri del Legame di Ho-Oh mi assicura che tutto quello che ho detto è vero.»
Cynthia non sa che c’è un terzo potere oltre al fuoco e l’aria derivanti dai tipi del Leggendario, e che per di più non è paragonabile ad alcuno esistente nel mondo dei Pokémon. I suoi occhi plumbei mi promettono un temporale in questo momento. Non riesce a reagire contro Ilenia perché sono state care amiche per molti anni, ma con me non ha problemi a mostrarsi la vipera di sempre.
«Dovremmo andare, Ile» dico mettendo una mano sulla sua spalla. Inizio ad avere dubbi sul fatto che sia in grado di lasciare Cynthia, suo malgrado, o anche solo di rispondermi, ma poi sussurra un “sì”.
La bionda sgrana gli occhi. «Cosa?!» grida, divincolandosi; aiuto Ilenia, che si sta sbilanciando per colpa dell‘altra, ad alzarsi ed allontanarsi. Cynthia si mette a sedere e guarda la Legata di Lugia come ad accusarla di qualcosa. «Tu non vuoi lasciarmi qui! Non hai il cuore di abbandonarmi a me stessa senza nemmeno cercare di riportarmi dalla vostra parte!»
Vorrei tanto risponderle io e teletrasportarci via senza aspettare ulteriore replica, ma è una cosa tra loro due. Le mani di Ilenia tremano leggermente. «Mi dispiace, Cynthia» mormora. Percepisco chiaramente un’ondata di sconforto e di senso di abbandono propagarsi dalla diretta interessata. «Sono certa che Eleonora abbia detto la verità. Perciò è inutile che provi a farti ragionare. Ti conosco, Cyn, e sei veramente in grado di spingerti a tanto per dar retta al tuo orgoglio. E poi hai sempre desiderato avere la tua parte di potere. Credo non possa andarti meglio di così, come braccio destro dei Comandanti.» Le sue labbra pallide, leggermente violacee, si stiracchiano in un minuscolo sorriso. «Mi dispiace» ripete, «ma te ne sei andata senza dirmi niente. Hai tradito la nostra amicizia, Cynthia. Forse in futuro ti perdonerò.»
Ilenia mi afferra la mano e mi catapulta insieme a lei in un teletrasporto illuminato di luce bianca, mentre io ancora ho negli occhi l’immagine di quelli sbalorditi, e forse lucidi, di Cynthia.
Il vortice bianco del teletrasporto di Ilenia ci abbandona a un metro da terra: lei atterra con leggerezza mentre io batto con forza i piedi e quasi cado in avanti. Recuperato l’equilibrio, osservo la zona: siamo nel mezzo di una chiazza d’erba alta e la nebbia ci circonda, impedendoci di distinguere qualcosa oltre i nostri corpi e le immediate vicinanze. «Dove siamo?»
«Dovremmo essere nei pressi della Fossa Gigante» mi risponde Ilenia. Il suo tono di voce è tranquillo: se non fosse per gli occhi arrossati e le labbra ancora pallide, non si direbbe che ha finito da poco di piangere a dirotto. Le vorrei chiedere come sta e parlarle di quel che è successo, ma prima dobbiamo arrivare alla base.
Attivo il potere della Vita e la nebbia scompare ai miei occhi, mostrandomi il luogo come se fosse in piena luce. Siamo in una piccola depressione del terreno e davanti a noi, sopra un muro roccioso lungo il quale corre un sentiero, c’è un’apertura nella parete. Prendo la mano ad Ilenia e ci incamminiamo verso di essa, poi ci diamo una spinta con l’aerocinesi e, una volta atterrate, entriamo: la prima cosa che notiamo è una lunga scalinata che conduce verso il basso, da cui proviene una luce bianca. Saltiamo giù da un muretto e scendiamo, varcando un’altra apertura poco più alta e larga di noi.
Mi sembra di essere tornata al quartiere nord di Nevepoli, il giorno in cui io e Chiara ci entrammo, oltrepassando i confini tra il mondo umano e quello Pokémon. Di fronte a noi si estende un manto bianco che altri fiocchi di neve continuano a ispessire; a occhio sembra essere un quadrato perfetto, circondato dalle pareti brulle di colline tutt’intorno. Mi aspetto che da un momento all’altro la neve smetta di cadere, che venga sostituita all’istante dalla nebbia e che in lontananza si scorga quello strano edificio che era la vecchia Palestra di Nevepoli - adesso non riesco a vedere niente di fronte a noi, la roccia sembra priva di aperture. Chissà che non salti fuori uno Snover arrabbiato e che non ci attacchi.
Ilenia mi sfiora la mano e mi fa un cenno per invitarmi a seguirla. Mi stropiccio gli occhi e inizio a camminare, ma al terzo passo lo strato bianco diventa troppo alto per proseguire. La Legata di Lugia si spinge con l’aerocinesi e riesce a procedere a balzi: tocca a malapena la neve e già sta facendo un altro salto, mentre il potere dell’aria ha scavato un buco nel morbido “terreno”. La imito, con qualche difficoltà in più di lei, ma ci prendo la mano. Un rumore mi giunge alle orecchie, alzo lo sguardo: si sta aprendo una fenditura nella parete di fronte a noi. Vado più veloce, cercando di recuperare Ilenia; entra agilmente nella porta, io mi muovo più cautamente.
Il corridoio di roccia in cui ci ritroviamo è illuminato sul soffitto da lampade al neon. Sentiamo dei passi che si stanno avvicinando: non so come faccia Ilenia ad essere così rilassata. Si avvia incontro a chiunque stia arrivando, e io che la seguo riesco a vedere poco oltre ai suoi arruffati capelli bianchi - le pareti sono troppo strette per mettermi di fianco a lei. Si ferma di colpo e le finisco addosso, ma lei sta ben ferma sui piedi.
«Era ora.» Camille. «Cosa vi è successo?»
«Sono andata a recuperare Eleonora» risponde Ilenia, «visto che Daniel e compagnia l’hanno lasciata da sola ed era stata presa.»
Camille si sporge per darmi un’occhiata; ancora la riconosco a malapena nella sua Forma di Mezzo. «Zhao si sta rimettendo in sesto, è molto provato da quel che è successo. Non ha mai affrontato il nemico. La cugina è con lui. Daniel e gli altri stanno aspettando.»
«Gli altri chi?» chiede Ilenia. «C’è solo George, a parte noi.»
«Stanno tornando Lewis e Laura.»
«E Hans?» chiedo, con voce bassa e preoccupata. Mi affaccio da dietro Ilenia per guardare Camille: la sua faccia corrucciata non mi fa presagire niente di buono.
«Non lo so. Ci sarà anche lui con loro, immagino.» Porto una mano alla guancia: ho un brutto presentimento. Ho-Oh non è allarmato, ma d’altra parte non ha con Jirachi un rapporto profondo come quello con Lugia o con le Bestie. «Andiamo» ci dice la Legata di Xerneas. «Sono tutti preoccupati. Compreso Bellocchio, che ci raggiungerà tra poco.»
Gira i tacchi e si incammina lungo il corridoio; io e Ilenia le andiamo dietro. Se non fosse per l’illuminazione, la via per la base sarebbe uguale a quella che conduce al quartier generale del Monte Corona.
«Ma non mi dire. Tutti preoccupati, eh?» borbotta Ilenia.
«Soprattutto Daniel.» Il tono di Camille è colorato da una nota divertita.
«Soprattutto Daniel!» sbotta l’altra. «Non avevo dubbi, guarda.»
«Che è successo con Daniel?» domando.
Ilenia si ferma e quasi le finisco addosso di nuovo. Si gira, stizzita: «Cos’è successo? Ti stava lasciando a morire, lì da sola con Nike! Se l’è data a gambe portandosi appresso Zhao!»
«Daniel dice che gli hai fatto parecchio male, prima.» Non ho mai sentito Camille così viva ed interessata in una conversazione. Si sporge per guardarmi, leggermente sorridente: c’è qualcosa di cattivo nella sua espressione, come se fosse contenta del fatto che i Legati della stessa fazione facciano a botte tra di loro. «Pare che dopo averlo spintonato a terra, Ilenia sia riuscita a tirargli un calcio prima che George e Zhao li separassero.»
«C’eri pure tu, prima.» Ilenia le scocca un’occhiata ostile. «E se ne sarebbe meritati altri dieci, di calci, quell’infame. Soprattutto visto che Eleonora fa l’ingenua e non lo prende a calci lei.» Le emozioni negative hanno preso il controllo sul suo viso, sui suoi gesti e sul tono della sua voce. Aver visto Daniel arrivare e dire che, nei fatti, mi aveva lasciata tra le grinfie di Nike, e poi aver accusato il colpo del voltafaccia di Cynthia… Non riesco a ribattere nulla e distolgo lo sguardo dal suo. Camille, senza aggiungere altro, riprende a camminare, e Ilenia la segue immediatamente. Si allontana di qualche passo prima che mi riscuota e che vada anch’io.
Non riesco a provare rabbia nei confronti di Daniel, perché so che ha fatto quel che ha fatto a causa di Dialga. Come ha detto Nike, gli ordini di un Leggendario non si discutono; se Ho-Oh mi avesse detto di ritirarmi dalla lotta abbandonando tutti gli altri, sarei stata obbligata a farlo - e anche se non avessi voluto, alla fine mi avrebbe fatta teletrasportare lui. Sicuramente è già tanto che Daniel sia riuscito a combattere per qualche minuto, anziché rimanere paralizzato dal terrore - infuso sia da Nike che, ne sono certa, da Dialga - per tutto il tempo.
Quel che mi fa bruciare una fiamma in petto e che mi incupisce il viso è l’atteggiamento del Leggendario. Vorrei sapere cosa sta facendo al suo Legato e perché lo tratta in questo modo: lo tiene incatenato a sé e soffoca ogni suo tentativo di ribellione, di presa d’iniziativa. Daniel non vuole farsi vedere in condizioni di debolezza, e già so come mi sfuggiranno i suoi occhi tra poco - sia per i sensi di colpa per avermi abbandonata, sia perché, orgoglioso com’è, non avrebbe voluto mostrarsi così vulnerabile e atterrito. Se c’è qualcosa che potrebbe irritarmi, anche se adesso non me ne importa nulla, è proprio il fatto che sia così ostinato e voglia a tutti i costi apparire fiero e inattaccabile. È fatto così e da questo punto di vista mi è sempre risultato a dir poco insopportabile.
Fisso il pavimento mentre camminiamo e mi tormento le mani. Ho-Oh non dice una parola e non so, come al solito, in che modo interpretare il suo silenzio: ha accesso ad ogni mio pensiero ed emozione, anche quando io non riconosco immediatamente cosa mi passi per la testa o perché il cuore batta più veloce del normale. Eppure si chiude in un silenzio totale, diventando irraggiungibile, proprio quando ho bisogno di qualche rassicurazione o di spiegazioni - potrebbe dirmi qualcosa a proposito di Dialga, e invece no.
Più silenzioso ed enigmatico di lui è Helenos. Oggi sarà intervenuto in mio aiuto perché attraverso di me può essere utile a Ho-Oh, almeno dal suo punto di vista; ma non ho provato la sensazione opprimente che finora il primo Legato del nostro Leggendario, così ostile e che addirittura dovrebbe odiare il genere femminile, mi ha trasmesso ogni volta che lo riconoscevo mentre manovrava i miei pensieri e le mie azioni. Chissà che Ho-Oh non abbia esagerato la storia di Helenos, descrivendolo come un misogino ed un individuo estremamente severo. Non so perché dovrebbe averlo fatto, ma potrebbe averglielo chiesto lo stesso Helenos. Oppure il Leggendario ha altro ancora da nascondere, in aggiunta alla vera trama della guerra tra Victory e Forze del Bene.
La mancanza di informazioni mi esaspera, oltre che spaventarmi: rabbrividisco ricordando Daniel che, sulla ruota panoramica del parco divertimenti di Sciroccopoli, mi confessava di aver guardato il Tempo per capire le cause del conflitto e perciò di essere stato severamente punito, a detta sua, da Dialga. Qualunque sia il segreto di cui Ho-Oh, Dialga e gli altri Leggendari non vogliono parlare, è fuori dalla portata anche di noi Legati: è questo che mi fa paura, facendomi sentire inerme e vulnerabile, se non inutile.
«Siamo arrivate» annuncia Camille. Alzo gli occhi e osservo da sopra la spalla di Ilenia: la Legata di Xerneas poggia la manina su uno schermo sulla parete a destra. Il sistema riconosce la sua impronta e apre il muro di roccia di fronte a noi - nemmeno mi ero accorta che fossimo, all’apparenza, in un vicolo cieco.
Appena entro anch’io, la parete si richiude alle mie spalle. Non solo il corridoio che abbiamo percorso è simile a quello che porta alla base segreta nel Monte Corona: anche questa struttura è simile al posto in cui ho trascorso l’ultimo anno e mezzo. Mancano i cristalli fluorescenti rossi e azzurri, ma i toni scuri e l’illuminazione asettica - senza note di colore, questo luogo sembra estremamente desolato e spoglio - sono praticamente uguali. Persino l’entrata è simile alla base del Monte Corona: i corridoi sono ben otto anziché sei, infatti l’ingresso in cui ci ritroviamo è più grande dell’altro. Camille imbocca la via tutta a sinistra, a passo svelto. «Dovrebbero essere nei sotterranei» dice tra sé mentre marcia, puntando forse la fine del corridoio. Non c’è nessuno in giro.
La porta in fondo rivela di non dare su delle scale che portano ai piani inferiori, ma su un ascensore. Entriamo e Camille preme il pulsante che recita -2. L’ascensore si chiude e scende piuttosto veloce, ma rallenta sensibilmente prima di fermarsi, una volta giunto a destinazione.
Sentiamo delle voci maschili discutere, alcune calme, altre alterate. Camille, anziché aprire gli sportelli e farci uscire, si gira verso di Ilenia e di me.
«Che c’è?» le domando.
«Credo che sia arrivato Bellocchio.»
  
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