Serie TV > The Borgias
Segui la storia  |       
Autore: Abby_da_Edoras    01/11/2016    4 recensioni
Dunque, chi legge le mie storie sa già che non sono normale XDDD e che da un piccolo dettaglio posso inventare deliri allucinanti, soprattutto quando mi prendo a cuore un personaggio e voglio salvargli la vita a tutti i costi.
La mia storia a capitoli (sì, perché ci ho fatto proprio una long con questa vicenda...) si intitola "Shadows and lights" e trae la sua "ispirazione" (vabbè, chiamiamola così...) dalla puntata 02X01 della serie TV The Borgias versione canadese: la parte di me che entra in empatia con i personaggi più improbabili è rimasta sconvolta dalla vicenda tragica del Principe Alfonso di Napoli torturato a morte dai francesi. Ecco, io mi sono creata una versione personale di tale vicenda (approfittando del fatto che, tutto sommato, quel personaggio è una licenza poetica e non è realmente esistito, così come la sua storia) e da questo è nata la ff. Stiamo parlando di AU, OOC e quant'altro, grazie a chi si prenderà la pena di leggere le mie allucinazioni e non siate troppo severi con me, lo so anch'io che sono da neurodeliri!
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alfonso II di Napoli, Altri
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Salvation'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 2: The voyage of the fallen

 

Come on a voyage with us

Too long we’ve roamed these waters

We’ve blown our hearts down

Our homeland we’ve forgotten

All we’ve known is gone now.

(“The voyage of the fallen” – Xandria)

 

Non era pensabile che un’esperienza così orribile com’era stata quella del Principe Alfonso non lasciasse su di lui delle conseguenze. Il ragazzo era riuscito ad addormentarsi, esausto, ma dopo due ore si svegliò gridando disperato, in preda a incubi spaventosi nei quali riviveva quegli atroci supplizi.

Il Generale, che giaceva accanto a lui, si destò di soprassalto e tentò di calmarlo, posandogli una mano sulla bocca, stringendolo e parlandogli in tono pacato.

“Calmati, Principe, è solo un incubo, è tutto finito” gli disse, piano. “Non urlare così o penseranno che ti stia sgozzando… basta, adesso, calmati. Nessuno ti farà più del male.”

“Voi… voi mi avete fatto male, mi avete trascinato laggiù, mi avete picchiato!” gridò di nuovo Alfonso, divincolandosi e non riuscendo evidentemente a distinguere il passato dal momento attuale. Tutto era eternamente presente per lui.

“Adesso basta, quello che ti è successo è stata la giusta punizione per il tuo misfatto” replicò l’uomo, prendendolo per le spalle e scuotendolo leggermente, “ma, se d’ora in poi ti comporterai bene, non avrai più niente da temere, mi hai capito?”

Quelle parole gelarono il sangue del Principe, ma allo stesso tempo servirono a farlo tornare in sé. Di nuovo Alfonso annuì, cercando di dominare la paura e l’angoscia che lo invadevano; si lasciò scivolare sul letto e tentò di riaddormentarsi, sperando con tutto il cuore di non avere altri incubi… o, peggio, che i suoi incubi non tornassero a presentarsi nella realtà.

Il Generale lo guardò mentre riprendeva sonno. Si accorse del polso destro bendato e rammentò in che modo il Principe si fosse fatto quella ferita: tentando disperatamente di sfuggire alle torture, aveva cercato di sfilarsi le manette e il ferro gli aveva tagliato la carne quasi fino all’osso. Ancora una volta si rese conto di quanto Alfonso fosse giovane e indifeso e un pensiero gli sorse spontaneo alla mente.

E’ solo un ragazzo spaventato. Di sicuro l’idea di infestare Napoli con una pestilenza e di infettare il Re non è venuta da lui. Il Principe si è limitato a mettere in atto ciò che il papa Borgia gli ha suggerito di fare, perciò ha già pagato per le sue colpe. Adesso sarà quel maledetto Borgia a pagare, è lui la causa di tutto!

Il mattino successivo, il Generale ordinò al dottore di prendersi nuovamente cura del Principe Alfonso e di medicarlo con attenzione.

“Io vado a parlare con Sua Maestà e gli anticiperò la tua visita” disse, rivolto al ragazzo. “Poi tornerò a prenderti e ti accompagnerò al suo cospetto. A quel punto tu farai atto di sottomissione e chiederai perdono per tutto il male che gli hai causato, ti dichiarerai disposto a riconoscerlo come legittimo sovrano di Napoli davanti all’Italia intera, non avrai più nulla da temere e sarai tenuto a palazzo come un ostaggio di alto rango.”

Chiedergli perdono di che cosa?, si chiese il Principe, ma non disse niente e si limitò ad annuire ancora una volta.

 

Più tardi, il Principe era stato nuovamente curato e medicato di tutte le sue ferite, aveva potuto lavarsi e vestirsi con gli abiti adatti alla sua posizione. Era stato bello sentirsi, almeno in parte, quello di un tempo dopo la fuga disperata sulle pendici del Vesuvio, la sporcizia, le vesti lacere, la fame e poi… quelle torture orribili, oscene. Però adesso, solo nella sua stanza mentre attendeva di essere scortato al cospetto di Re Carlo, Alfonso cominciava a riflettere sulla sua situazione e capiva che non c’erano speranze per lui, che non aveva vie di uscita e che si trovava completamente in mano ai francesi.

Il Re francese è convinto che sia stato io a propagare la peste a Napoli e a farlo ammalare… è forse pazzo? Se solo avessi un tale potere non sarei certo qui in questo momento… eppure ne era tanto sicuro che mi ha fatto straziare senza pietà. Chi mi assicura che, se faccio quello che vogliono, mi lasceranno vivere in pace? Non c’è un modo sicuro… quello potrebbe alzarsi una mattina e decidere di farmi morire tra le torture solo perché piove invece di esserci il sole! No, non posso restare in loro balia… ma che altro posso fare?

Quei francesi non rispettavano niente, non riconoscevano né il diritto feudale né le leggi della cavalleria, erano dei barbari venuti dal Nord, brutali e senza scrupoli. Lo avevano catturato e trattato come un comune malfattore, lui, un Principe della casata aragonese! Lo avevano trascinato a forza nelle camere di tortura, senza alcun riguardo per il suo rango o per la sua giovane età, poi lo avevano messo in mano a degli aguzzini che gli avevano… Alfonso tremava al solo ricordarlo. Non poteva restare con loro, avrebbero potuto fargli ancora una cosa simile o anche peggiore per puro divertimento, erano più crudeli delle bestie… Immerso in questi pensieri angoscianti, il Principe era arrivato senza nemmeno accorgersene davanti alla finestra della sua stanza e si era sporto giù.

Perché no? Un salto nel vuoto e sarebbe finito tutto…, pensò, salendo sul davanzale.

“Principe, ma che stai facendo?” la voce del Generale, entrato nella camera, lo fece trasalire, tanto che per poco non cadde giù davvero. “Avanti, scendi di là, Sua Maestà ti sta aspettando e non è un uomo paziente.”

Il ragazzo si voltò, pallidissimo e con gli occhi pieni di lacrime.

“Non voglio venire! Il Re mi ha fatto torturare e voleva farmi morire in mezzo a mille patimenti! Non mi fido di lui, mi farà di nuovo del male senza motivo” esclamò, disperato.

Il Generale sospirò e provò a fare qualche passo avanti: ci voleva davvero una pazienza infinita con quel ragazzino viziato e arrogante, non gli aveva già spiegato almeno dieci volte che non gli sarebbe più stato fatto del male?

“Sai benissimo per quale motivo Sua Altezza ti ha voluto punire. Si è ammalato per colpa tua, ma adesso…”

“Non sono stato io, come ve lo devo dire?” gridò il Principe, fuori di sé. “Io non ho fatto niente e voi invece mi avete fatto delle cose orribili, oscene, delle cose che non possono nemmeno esistere nelle leggi di Dio e degli uomini! Siete solo dei barbari!”

“Fingerò di non averti sentito, Principe, ma adesso scendi da quel davanzale e vieni con me da Sua Maestà” ripeté il Generale, a metà tra il seccato e il divertito, muovendo qualche altro passo verso il giovane.

“No, non vi avvicinate! Mi butto, mi butto giù!” minacciò Alfonso.

Il comandante francese scosse il capo con un sorrisetto ironico.

“No, non lo farai” dichiarò, tranquillo.

“Voi che ne sapete? Non mi conoscete, non sapete niente di me. Io mi butto giù!”

“Se avessi voluto, l’avresti già fatto” tagliò corto l’uomo, che non voleva far attendere il suo sovrano per i capricci del Principe. “Va bene, se proprio insisti ti aiuterò io. Una bella spinta e sarà tutto finito.”

“Cosa?” trasecolò Alfonso, mentre il Generale si avvicinava e lo afferrava per un braccio, fingendo di volerlo spingere nel vuoto. L’istinto di conservazione ebbe la meglio e il giovane si aggrappò convulsamente alle braccia dell’uomo, artigliandogli la veste, spaventato ora dalla prospettiva di essere buttato giù. “No, no, non voglio, vi prego…”

Senza il minimo sforzo, il francese lo trasse a sé, tirandolo giù da quel famigerato davanzale e scoppiando a ridere.

“Visto? Lo sapevo che non l’avresti fatto” disse, compiaciuto. “Adesso basta con le sciocchezze e andiamo da Sua Maestà. Dovrai chiedergli perdono per la pestilenza che hai scatenato e, a questo punto, anche per averlo fatto attendere.”

“Io non ho fatto niente” insisté il Principe, continuando ad aggrapparsi affannosamente all’uomo.

“Sono convinto che l’iniziativa non sia stata tua, bensì del papa Borgia: probabilmente aveva già pianificato tutto fin dall’inizio, ha mostrato di voler incoronare pubblicamente Sua Maestà come sovrano di Napoli e, nel frattempo, mandava dei sicari con qualche veleno perché diffondessero la peste nella città. Quei Borgia sono bravi con i veleni… tu hai solo collaborato al piano di quel maledetto e sei stato punito per questo. E’ di questa scellerata collaborazione che dovrai chiedere perdono a Sua Maestà, ma non temere, anche il Borgia avrà la sua punizione e ben più severa della tua.”

Il Principe Alfonso non sembrava affatto convinto, tremava ancora e aveva lo sguardo smarrito al solo pensiero di presentarsi nuovamente di fronte a Re Carlo, ma aveva capito che non serviva a nulla protestare. Dal canto suo, il Generale cominciava a provare una sorta di attrazione sempre più intensa nei confronti di quel giovane che, nonostante le apparenze, in fin dei conti dimostrava di essere inesperto e spaventato, intrappolato in qualcosa di enormemente più grande di lui. Quando lo teneva così vicino, come in quel momento, avvertiva desideri particolari mai provati in precedenza per nessun altro. Doveva ammettere che era anche per quel motivo che si era dichiarato disposto a occuparsi di lui e di tenerlo costantemente sotto la sua tutela…

 

Re Carlo si trovava nella sala del trono e aveva preso il posto del defunto Re Ferrante, tanto per chiarire a tutti chi era che comandava adesso. Quando Alfonso vi giunse, accompagnato dal Generale, rimase avvilito nel vedere il sovrano francese al posto del padre e ancora peggio fu notare la sedia vuota alla sua destra: quello era il posto che occupava sempre lui durante le udienze e ora, invece…

“Chi si rivede!” commentò Re Carlo in tono sarcastico, rivolgendosi al ragazzo. “Dobbiamo ammettere che, adesso che ti vediamo ben vestito e ripulito, una certa qual aria da Principe ce l’hai.”

“Mio sovrano, il Principe Alfonso è qui per presentarvi le sue scuse e dichiarare la sua totale disponibilità a riconoscervi quale legittimo e unico Re di Napoli” affermò il Generale.

“Ne siamo lieti” replicò il sovrano. “Bene, allora parla, Principe, stiamo aspettando. Ma forse non sei abbastanza comodo lì dove ti trovi? Preferiresti accomodarti qui, dove eri solito sedere quando il Re era tuo padre?”

Era crudele da parte del Re francese insinuare una cosa simile, non solo perché ricordava al giovane Principe tanti momenti felici ormai finiti per sempre, ma ancor più perché proprio la sera precedente lo aveva invitato a sedere a tavola alla sua destra e Alfonso si era illuso che questo fosse un buon segno… salvo poi scoprire che lo stava soltanto prendendo in giro e che il suo vero intento era trascinarlo nelle segrete e farlo torturare a morte.

Il Principe si morse il labbro inferiore per cercare di frenare le lacrime che gli erano salite agli occhi e, per tutta risposta, scosse il capo.

“Non vuoi sederti qui? Come preferisci, Principe. In fondo hai ragione, questo non è più il tuo posto. Anzi, a dire il vero avevamo pensato ad un’altra sistemazione che sarebbe stata molto più adatta a te, ma poi il nostro Generale ci ha convinti a cambiare idea. Peccato, perché sarebbe stata perfetta…” continuò il sovrano, caustico.

“Vostra Maestà, ne abbiamo già parlato” intervenne il Generale, vedendo che Alfonso era sempre più pallido e spaventato. “Io ritengo che sia molto più favorevole per voi e per la vostra tranquillità prendere i giusti accordi con il Principe. Avete già l’investitura papale e, quando anche l’erede del casato aragonese vi avrà riconosciuto come legittimo sovrano di Napoli, nessuno potrà discutere in proposito.”

Il Re assunse un’espressione annoiata.

“Va bene, va bene, pensiamo prima ai doveri e poi al divertimento” disse. “Dunque, Principe, cosa hai da dire in proposito?”

Il giovane, intimorito dalle allusioni maligne del Re, aveva dimenticato tutto quello che gli era stato consigliato. Rivolse uno sguardo disperato al Generale che lo incoraggiò con un cenno del capo.

“Come prima cosa il Principe desiderava presentarvi le sue scuse, non è così?” suggerì poi.

“Ah… sì” mormorò Alfonso, chiedendosi se per caso dovesse essere lui a scusarsi per essere stato torturato… “Vostra Altezza, domando il vostro perdono per… per aver… perché vi siete ammalato per… colpa mia…”

“Non sei affatto convincente, lo sai, vero?” ribatté il Re, divertendosi nel vedere il terrore suscitato nel Principe dalle sue parole. “Tu hai avvelenato tutta la tua città, d’accordo con quel papa depravato, con l’intento di far morire noi e tutto il nostro esercito di peste. E’ questo che volevi dire?”

Ancora con quella storia… ma crede davvero che io sia in grado di provocare la peste a mio piacimento? Cosa pensa che sia, uno stregone?, pensò Alfonso, ma poi si affrettò a rispondere in ben altro modo.

“Sì, Vostra Altezza Reale” disse, cercando di tenere il più possibile ferma la voce. “E’ stato un… un piano di papa Alessandro e io… io ho dato il mio consenso.”

“E adesso sei sinceramente pentito di quello che hai fatto? Ti rendi conto di che cosa hai provocato? Ti rendi conto di aver tradito il tuo stesso popolo?” incalzò Re Carlo, sempre più compiaciuto.

“Io… sì, me ne rendo conto, sono desolato, sono pentito” continuò il Principe, disposto a dire qualunque idiozia avessero voluto sentire pur di sfuggire al pericolo sempre più incombente di essere nuovamente punito. “E’ stato un atto infame, ve ne chiedo perdono.”

“Dunque ritieni che la punizione sia stata giusta e adeguata ai misfatti che avevi compiuto?” insisté il sovrano.

No, no, quello è stato orribile e osceno e non sarebbe stato giusto nemmeno se avessi compiuto davvero tutti gli atti scellerati di cui mi accusate e anche di più!, avrebbe voluto gridare il giovane, ma se ne guardò bene e, con le lacrime che gli scendevano lungo le guance, annuì ripetutamente.

“Sono stato… giustamente castigato e ho espiato i miei crimini…” mormorò, disperato.

“Molto bene” sorrise il Re, soddisfatto. “Quindi non dovremo temere da te altri intrighi contro la nostra persona?”

“Mai più! Anzi, io… io… sono disposto a dichiararvi pubblicamente legittimo sovrano del regno di Napoli, dove e quando vorrete” disse in fretta il Principe, sperando di sembrare convincente almeno in quello.

“Questo ci compiace alquanto” replicò ironico Re Carlo. Cominciava a pensare che, in fondo, tenersi accanto quello stupido ragazzino viziato e arrogante per spaventarlo e umiliarlo sarebbe risultato molto più soddisfacente piuttosto che straziarlo e ucciderlo una volta per tutte, com’era stata sua intenzione all’inizio. Il suggerimento del suo Generale si rivelava davvero utile per più di una ragione… sebbene lui iniziasse a pensare che anche il Generale avesse le sue motivazioni personali per voler mantenere in vita il Principe. E se anche fosse stato così? Nessun problema, il Generale gli era sempre stato leale e meritava una ricompensa: se voleva che la sua ricompensa fosse il Principe Alfonso, che se lo prendesse pure!  

“Adesso che tutto è stato chiarito e risolto, dobbiamo ammettere che non siamo stati abbastanza lungimiranti” continuò poi il sovrano, con un ghigno. “Questa soluzione è molto più vantaggiosa di quella che avevamo progettato noi. Sai, Principe, la nostra intenzione era quella di metterti ad occupare la sedia vuota, la sedia del traditore, nella sala da pranzo di tuo padre. Ci sembrava la punizione più adeguata per un piccolo bastardo come te, tuttavia… come sempre, il Generale ci ha consigliato per il meglio e ne siamo pienamente soddisfatti.”

“Sono molto lieto di esservi stato di aiuto, Vostra Maestà” disse l’uomo, con un leggero inchino. Sperava che la cosa fosse finalmente risolta e che il Principe venisse congedato prima che potesse rovinare tutto… L’accenno alla sedia di Giuda nella sala da pranzo di Re Ferrante era stato chiaramente troppo per il ragazzo, che adesso era bianco come un lenzuolo, tremava e stava per piangere di nuovo.

“Sì, beh, naturalmente, Principe, se ti venisse in mente di crearci qualche altro fastidio, è bene che tu sappia che quella sedia è sempre lì ad aspettarti… soltanto che, in quel caso, non ti ci metteremmo da morto, ma ti ci legheremmo da vivo per qualche giorno e qualche notte, tanto per farti imparare ancora qualcosa di nuovo” concluse il Re, con un ultima battuta maligna.

Senza una parola o un gemito, Alfonso piombò sul pavimento privo di sensi.

Mentre il Generale si affrettava a soccorrerlo, il Re scoppiò in una risata.

“Certo che il nostro Principe è davvero fin troppo delicato! Come pretendeva di governare un regno intero, se alle prime difficoltà sviene come una fanciulla?” commentò, malizioso. “Meno male che ci sei tu ad occuparti di lui, Generale…”

Il comandante prese in braccio il giovane e, dopo essersi congedato rispettosamente dal suo sovrano, lo riportò in camera. Strada facendo, rifletteva sul fatto che il Principe era indebolito e fiaccato dalle torture, non aveva mangiato quasi niente dalla sera prima ed era molto spaventato: non c’era da stupirsi che, alla fine di quel doloroso confronto con Re Carlo, avesse perso i sensi.

Tuttavia, proprio come aveva detto il sovrano, se ne sarebbe occupato lui…

 

 

FINE

 

 

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Borgias / Vai alla pagina dell'autore: Abby_da_Edoras