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Autore: valeria78    02/11/2016    4 recensioni
Regina è una professoressa di letteratura dai modi freddi e distaccati. Emma è una studentessa sognatrice che ama la poesia e vuol diventare giornalista. Dal loro incontro, tra i banchi dell'Università di Boston, nasce una storia d'amore che va oltre ogni barriera, capace di superare ogni ostacolo che la vita porrà loro dinanzi.
Genere: Drammatico, Erotico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buona lettura

 

CAPITOLO NOVE

Emma aprì gli occhi, intorno il rumore del traffico. Corrugò la fronte cercando di capire dove si trovasse. Era seduta nella sua auto.

“Ma che ci faccio qui?” si chiese. Aveva addosso un abito elegante, quello blu che si era messa per la cena con Sarah. Guardò l’orologio in macchina, segnava le 8.

Il cellulare squillò, la bionda lo prese e notò che c’erano numerose chiamate senza risposta.

“Ruby?” disse Emma spaesata accostandosi il telefono all’orecchio.

“Oddio ma che fine hai fatto?”.

“Ti sembrerà stupido ma non lo so”.

“Che vuoi dire?”.

“Mi trovo in macchina ma non ricordo come ci sono arrivata”.

“Beh Emma, cerca di scoprirlo in fretta, Regina mi ha chiamato una miriade di volte ieri sera, era preoccupata, non riusciva a ritracciarti, ma che hai combinato?”.

“Non lo so, Ruby”.

Un profondo senso di smarrimento invase la giovane donna.

“Chiamo subito Regina e vengo a casa”.

Emma compose il numero della donna, il cellulare squillò a vuoto, riprovò, ma non ottenne risposta, allora accese la macchina e partì.

 

***********

Regina guardò il cellulare, sul display comparve il nome di Emma. Prese l’apparecchio, lo strinse forte tra le dita, poi lo depose sulla scrivania. Si mise le mani nei capelli e tornò a guardare la parete del suo studio.

Appese al muro c’erano una decina di fotografie in bianco e nero che ritraevano Emma a letto con un’altra donna di cui non veniva mai mostrato il volto. Non sapeva chi le avesse portate nel suo studio, non sapeva chi le avesse scattate. Le aveva trovate appese alla parete una volta entrata in ufficio. Afferrò le fotografie e le gettò a terra, le calpestò, mentre le lacrime le cadevano copiose dagli occhi. Un’immensa rabbia crebbe dentro di sé, un fuoco sempre più forte la invase.

“Come hai potuto farmi questo, Emma? Come?”.

Prese tutti i documenti che si trovavano sulla sua scrivania e li gettò a terra. Strinse i pugni e digrignò i denti. Si appoggiò alla scrivania e si portò la mano al volto.

Raccolse tutte le foto, le mise in borsa, afferrò il cellulare e uscì dal suo ufficio, sbattendo la porta.

 

************

“Mio Dio Emma, hai una faccia” disse Ruby porgendole una tazza di camomilla.

“Ho un mal di testa cane” disse massaggiandosi le tempie.

“Ma davvero non ricordi niente?”.

Emma scosse la testa. Era arrivata da circa dieci minuti a casa, si era cambiata indossando una tuta e ora se ne stava distesa sul divano, con due profonde occhiaie e si sentiva confusa.

Qualcuno bussò alla porta di casa. Le due donne si guardarono. Ruby andò ad aprire e rimase terrorizzata dall’aspetto di Regina, i suoi occhi erano rossi e diabolici, un ghigno terrificante era stampato sul suo volto.

“Buong…” cercò di dire Ruby, la donna la spinse di lato ed entrò. La bionda la guardò impressionata per il suo aspetto e si alzò per andarle incontro, ma la prof la respinse.

“Regina, cosa è successo?”.

La donna estrasse le foto dalla borsa e le gettò in malo modo addosso alla giovane: “Dimmelo tu”.

Emma la guardò senza capire, poi lanciò un’occhiata a Ruby che se ne stava in disparte con la bocca spalancata, infine si abbassò per raccogliere le immagini e rimase senza parole.

“Dove sei stata stanotte?” disse Regina con tono duro.

La bionda scosse il capo continuando a guardare quelle foto.

“Emma!” urlò l’insegnante. La studentessa sobbalzò e alzò lo sguardo verso la prof.

“Questa non sono io” disse la giovane mostrando le foto.

“Dove… sei… stata… stanotte? Rispondi!” urlò furiosa Regina.

La bionda con la bocca spalancata guardò Ruby.

“Io… non lo so” sussurrò.

Regina strinse i pugni e abbassò la testa: “Puoi lasciarci Ruby. Per… favore?”.

La coinquilina deglutì, annuì, afferrò il giacchetto e uscì di casa chiudendosi la porta alle spalle.

Emma cominciò a piangere. “Regina, io non lo so, mi ricordo solo che sono andata a cena da Sarah e poi mi sono svegliata nella mia macchina, questa mattina”.

Regina si sedette sul divano, lo sguardo perso nel vuoto, aveva voglia di vomitare, la testa le scoppiava.

Emma si inginocchiò davanti a lei e le prese la mano: “Non sono stata con nessun’altra”.

“Come fai a esserne sicura?” disse la mora alzando lo sguardo e fulminandola. “Hai appena detto che non ricordi niente”. Si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro portandosi la mano alla testa.

Emma si sedette sul divano, aveva ancora le foto in mano.

“Regina non ti ho tradito”.

“Maledizione! Come… fai… a esserne sicura!” urlò e urtò volontariamente un vaso di fiori che cadde a terra.

Emma si portò le mani agli occhi.

“Dio mio Emma” disse poi con voce calma e guardando la donna negli occhi. “Io mi fidavo di te, ho messo in gioco la mia carriera per te, sono andata contro mia madre per te. E tu mi hai tradito, sei andata a letto con un’altra. Perché?”.

La bionda scosse la testa tirando su con il naso.

“È la donna del giornale? Sarah? Ti ha promesso un lavoro? Mmm?”.

Emma guardò Regina incredula: “Pensi davvero che possa andare a letto con qualcuno per uno stupido lavoro al giornale?”.

“Emma, maledizione, le vedi? – e strappò una foto dalla mano della giovane – questa sei tu – e indicò la sua immagine – e sei a letto con questa donna! Come puoi negare!” urlò ancora, poi dette libero sfogo alla sua rabbia e cominciò a piangere.

“Regina” sussurrò la bionda.

“Basta!” disse la mora. “Tra noi è finita Emma”. Regina spalancò gli occhi come se quelle parole non le avesse veramente dette lei. La bionda sentì il cuore scoppiarle nel petto, le sue gambe si fecero di pasta frolla, pensò di svenire, si alzò e andò davanti a Regina.

“No, no, aspetta, ci deve essere una spiegazione…”.

“Non c’è nessuna spiegazione” rispose fredda come un ghiacciolo la mora. “Addio, Swan”.

Emma le afferrò il braccio impedendole di andare via. La prof non si girò verso di lei, strattonò con forza il braccio liberandosi dalla presa, afferrò la maniglia della porta di casa e uscì.

Emma rimase da sola, persa. Si guardò attorno, osservò i cocci del vaso a terra, le foto a terra. Si inginocchiò vicino alla porta e cominciò a piangere disperatamente. Ruby aprì la porta di casa, era spaventata e incredula per quanto era accaduto. Aiutò Emma ad alzarsi da terra, la strinse forte a sé mentre singhiozzava senza freno. Le lisciò i capelli. “Andrà tutto bene, vedrai, andrà tutto bene”, ma in cuor suo non ne era così convinta.

 

***********

Regina alzò lo sguardo verso l’insegna del negozio che recava la dicitura “Glass”, poi spinse la porta d’ingresso e fu accolta dal suono di un campanellino. Sidney, il suo amico, la guardò da dietro il bancone salutandola con un sorriso.

“Regina, è un bel po’ che non ci vediamo, come stai?”.

“Buongiorno, ho vissuto momenti migliori”.

Era molto fredda e distaccata, Sidney se ne accorse e si limitò ad annuire.

“In cosa posso esserti utile?” chiese l’uomo.

“Sto per mostrati alcune foto il cui contenuto vorrei rimanesse tra di noi”.

Sidney annuì. Regina estrasse le fotografie che ritraevano Emma con una donna. L’uomo le guardò e poi alzò la testa verso la prof. La mora mise sul bancone anche i negativi.

“Voglio che tu mi dica se queste foto sono vere. Si può fare?”.

“Certo, Regina, ma avrò bisogno di un paio di giorni”.

La donna annuì: “Ti prego di darmi una risposta entro dopodomani”. La voce di Regina non ammetteva repliche, il suo era un ordine.

L’uomo annuì.

“Bene, buongiorno Sidney”.

Regina si girò e uscì dal negozio.

 

***************

Emma si destò nel cuore della notte madida di sudore, si guardò attorno ansimando e pensò per un attimo che ciò che era successo la mattina con Regina fosse stato solo un orribile sogno, ma non era così. Strinse il ciondolo che le aveva regalato la mora e che portava al collo e respirò profondamente. Si sentiva a terra, spossata. Il suo sguardo cadde su una piccola macchia che aveva all’interno del polso, la osservò passandovi sopra le dita, corrugò la fronte.

Spostò il lenzuolo e scese dal letto, avviandosi in cucina, si trascinò fino al frigorifero, lo aprì e prese una bottiglia di birra, l’aprì con il cavatappi e la bevve, mentre la sua mente era un turbinio di pensieri.

“Emma - disse Ruby comparendo sulla soglia della cucina - Tutto bene?”.

La bionda alzò le spalle. “Deve esserci un modo per farmi tornare la memoria e per dimostrare che quelle foto sono un falso” disse la giovane.

“Chiama Sarah domani mattina e chiedile come sono andate le cose” suggerì la mora, poi corrugò la fronte: “Che hai sul collo?”.

Emma si toccò con la mano: “Dove?”.

Ruby le sfiorò il punto esatto, la bionda si avvicinò allo specchio e guardò.

“Ah, che strano – mostrò il polso alla mora – è lo stesso segno che ho qui”.

“Sembrerebbe un’eruzione cutanea, forse hai mangiato qualcosa che ti ha fatto male”.

Emma arricciò le labbra: “Strano, non sono allergica a niente”.

Si portò la birra alla bocca e bevve.

“Bevi birra a quest’ora?” domandò Ruby.

“Qualche problema?”.

“Emma sono molto preoccupata per te”.

“Perché dovresti, in fondo non è successo niente, sono solo stata accusata dalla donna che amo di essere andata a letto con un’altra, e la cosa terribile è che ci sono delle foto che lo dimostrano, ma io non ricordo niente e comunque non avrei mai fatto una cosa del genere, mai a nessuno e meno che mai a Regina, che amo con tutta me stessa”. I suoi occhi si riempirono di lacrime. “Ora, prima che mi rimetta a piangere, me ne ritorno in camera mia”. Abbassò lo sguardo e sparì, lasciando Ruby da sola.

La mattina dopo la bionda si recò dal medico per mostrargli quegli strani sfoghi. Il dottore constatò la presenza di altre macchie rosse sul suo corpo e le prescrisse alcune analisi del sangue per capirne la causa, la bionda non perse tempo e andò subito in ospedale, poi si recò all’Università con il cuore che le batteva forte nel petto al pensiero di vedere Regina.

Come succedeva sempre ormai, Emma incontrò Mary Margaret all’entrata.

“Emma - sussurrò la mora e subito la abbracciò – ho saputo, mi dispiace moltissimo”, le prese le mani: “Sappi che io non credo che tu abbia tradito mia zia, ci deve essere sicuramente un’altra spiegazione”.

La vista della bionda si appannò ancora una volta, cercò disperatamente di cacciare indietro le lacrime, quelle parole la sollevarono, le tolsero per un attimo il pesante fardello che non la abbandonava ormai dal giorno prima.

“Grazie Mary”, le sorrise. Entrarono nel giardino del campus, dove vi era il solito brulichio di studenti e professori.

“La tua amata ora è libera” disse un ragazzo a Killian indicando poi le due giovani che camminavano lungo il vialetto fatto di mattoni rossi.

Il ragazzo corrugò la fronte.

“Non sei al corrente? La tua cara Emma ha tradito la prof Mills con un’altra, ci sono delle foto che le ritraggono insieme”.

Killian non poteva credere a quello che aveva sentito.

“Magari sei stato proprio tu a scattarle - disse un altro - magari qualcuno ti ha pagato. Sbaglio o hai superato a meraviglia il compito di matematica” e rise. Altri annuirono sorridendo.

“Siete un branco di idioti!” urlò il giovane e se ne andò.

Emma e Mary si sedettero su una panchina, mentre il vento di fine maggio scompigliava i capelli della bionda.

“Non so cosa pensare - sussurrò la giovane per poi guardare l’amica – sembra un incubo dal quale non riesco a svegliarmi” e si portò le mani alla testa.

Mary stava per parlarle quando Emma riconobbe Sarah che stava parlando con Gold.

“Torno subito” disse la bionda e raggiunse i due.

“Emma!”, la tutor le regalò un ampio sorriso.

“Ho bisogno di parlarti” sussurrò.

“Vi lascio” disse Gold, allontanandosi.

“Dimmi, sembri sconvolta”.

“Ho bisogno di sapere cosa è successo ieri sera, non ricordo niente, mi sono svegliata stamani nella mia auto – poi rifletté un attimo – Conosci Gold?”.

Sarah corrugò la fronte: “Non ricordi niente?”.

Emma ebbe un brutto presentimento e il suo cuore cominciò a battere forte.

“Non ricordi quello che c’è stato tra noi?”.

La bionda si sentì sprofondare, scosse il capo: “Che vuoi dire?”.

Sarah sorrise: “Beh, diciamo che un bicchiere tira l’altro e ci siamo ritrovate tra le coperte del mio letto”.

Emma si fece bianca in volto: “No – sussurrò – non è possibile”.

“Stai bene?” chiese Sarah.

La studentessa indietreggiò di qualche passo.

Regina aveva mille pensieri per la testa, mille domande senza risposta, si sentiva terribilmente avvilita, violentata e quando succedeva così tirava fuori il peggio di sé. Attraversò il cancello d’entrata dell’Università e vide Emma che stava parlando con Sarah. Si fermò di scatto e corrugò la fronte: cosa diavolo ci faceva quella donna lì? E soprattutto perché era insieme a Emma? Sentì la collera salirle fino alla testa. Che fosse lei la donna della foto? Avrebbe potuto gettare fumo dalle narici da quanto era imbestialita. Si diresse verso le due.

Emma indietreggiò ancora fino a scontrarsi con Regina che la fulminò con lo sguardo.

“Beh, è evidente che tu e Regina dovrete fare una bella chiacchierata…” disse la tutor.

La studentessa sentì il mondo crollarle addosso.

“Che ci fa lei qui?” disse l’insegnante con tono accusatorio, guardando Emma.

La tutor sorrise: “Buongiorno Regina”.

“Che… cosa… ci fa qui!” urlò.

Emma era bianca in volto.

“Ti prego Regina, calmati” disse con la solita pacatezza Gold che nel frattempo si era avvicinato.

“Emma, è questa la donna delle foto?” chiese la mora, ma la giovane non seppe rispondere.

“Emma – disse Sarah – credo sia giusto che tu dica le cose come stanno a Regina”.

Lo sguardo implorante della bionda passò da Sarah a Regina, mentre gli occhi della mora lanciavano scintille di odio.

“Quindi è lei – disse la prof guardando Emma e visto che lei non rispondeva si girò verso la tutor – Cosa vuole? Non è già abbastanza soddisfatta di essere andata a letto con la mia compagna. Si è divertita a farmi avere quelle foto?” urlò attirando su di sé l’attenzione di alunni e professori.

“Quali foto? – la giornalista rise – forse miss Swan si è semplicemente stancata di una persona indisponente e intrattabile come lei” ribatté.

“Regina, io non ricordo niente, ma sono sicura di non averti tradita” sussurrò Emma.

La prof alzò la mano e dette un sonoro ceffone a Sarah. Sul volto della tutor si dipinse un’espressione di meraviglia. Il silenzio cadde in tutto il campus, mentre Emma si portava la mano alla bocca.

Da lontano Mary Margaret assisteva alla scena completamente ammutolita.

“Non si permetta mai più di venire qui, lei non è la benvenuta” ringhiò Regina.

“Non sei tu che decidi” disse Gold.

La mora si girò verso il preside digrignando i denti.

“Il tuo comportamento è intollerabile professoressa Mills, non accetto che ci si comporti in questo modo in un’università”.

Regina non parlò, troppo arrabbiata per poter dire qualcosa che non fosse “andate al diavolo”, “bruciate vivi”, “vi annienterò tutti”.

“Credo che dovrò prendere dei seri provvedimenti. Sei licenziata con effetto immediato”.

Emma sbarrò gli occhi e fu come se un secchio di acqua gelata cadesse addosso a Regina.

“Non puoi farlo” disse la mora abbozzando un sorriso.

“L’ho appena fatto e questa volta neppure tua madre Cora potrà salvarti” disse Gold.

Regina incontrò lo sguardo di Emma, la sua rabbia crebbe ancora. Stinse i pugni e senza dire altro riprese la strada del vialetto e uscì dall’Università.

Emma sentì il suo cuore spezzarsi.

Mentre Regina abbandonava il campus il suo cellulare squillò.

“Regina, sono Sidney, il fotografo”.

“Buongiorno, ha già analizzato le foto?” chiese, mentre apriva lo sportello della macchina ed entrava nell’abitacolo.

“Sì, sono vere”.

Anche l’ultima speranza alla quale era rimasta aggrappata svanì. Riattaccò, si sentì invasa da un dolore immenso, presa in giro, ferita. Accese la macchina e partì a tutto gas, facendo stridere le ruote.

 

****************

Emma tornò a casa senza che la scena al campus le andasse via dagli occhi.

Si chiuse in camera sua, gettandosi sul letto e respirando a pieni polmoni l’aria. Non poteva stare così, doveva fare qualcosa, doveva capire cosa era successo quella sera. Il telefono squillò.

“Pronto?”.

“Emma Swan?” disse una voce maschile.

La donna corrugò la fronte: “Sì”.

“È il Massachusetts General Hospital…”.

Emma ebbe un sussulto, pensò a Regina, le era successo qualcosa? Magari aveva avuto un incidente, scossa com’era dalla litigata all’Università. “Abbiamo i risultati delle sue analisi e credo che sia il caso che passi da qui”.

 

*************

“GHB, volgarmente detta droga dello stupro”.

Emma guardò il medico allibita: “Cosa mi sta dicendo dottore?”.

“Qualcuno le ha somministrato questa sostanza che le ha fatto reazione provocandole quelle strane macchie rosse”.

La bionda scosse la testa: “Non è possibile”.

“Per caso ha avuto dei vuoti di memoria in questi giorni? Vuoti piuttosto lunghi?”.

“Ma certo – sussurrò - Ora è tutto chiaro”.

“È stata in discoteca o in qualche bar? L’ha avvicinata qualche ragazzo? Signorina Swan credo che dovrebbe fare una visita ginecologica”.

Emma annuì ma la sua testa era altrove. Uscì dall’ospedale e si appoggiò al muro respirando a pieni polmoni. Era stata drogata, l’avevano messa nel letto con la sua tutor, le avevano scattato le foto e poi l’avevano messa in macchina. Era tutto pianificato, volevano che Regina avesse una reazione esagerata per licenziarla. Era quasi sicura che anche Gold fosse coinvolto in tutto questo. Come poteva provare che era stata tutta una messa in scena? Non doveva solo limitarsi a smascherare Sarah, doveva anche trovare il modo per far capire a Regina che lei non l’aveva tradita. Sfiorò il ciondolo che la prof le aveva regalato e si diresse verso casa dove informò Ruby di ciò che aveva scoperto. La sua coinquilina rimase senza parole.

“Cosa intendi fare?” chiese l’amica.

Emma era distesa sul suo letto con un braccio che le copriva gli occhi, mentre Ruby sedeva accanto a lei.

“Forse dovresti rivolgerti alla polizia, in fondo hai le analisi del sangue che provano che sei stata drogata, loro potrebbero indagare”.

La bionda si alzò di scatto a mezzo busto e guardò Ruby come se avesse appena ricordato qualcosa di molto importante.

“David Nolan” sussurrò.

“Chi è?” chiese Ruby.

“È un detective, non lo sento da molto tempo, ma forse ho ancora il suo numero”, afferrò il cellulare e guardò nella rubrica, lo trovò. “Posso provare a parlare con lui, gli spiego la situazione, magari può aiutarmi”. Gli occhi di Emma brillarono.

Ruby annuì: “Vuoi che ti accompagni?”.

La bionda scosse la testa, afferrò il giacchetto e uscì di casa, mentre provava a chiamare David.

 

*********

Regina guardò suo figlio seduto sul divano, con gli occhi fissi davanti al display del videogioco, gli accarezzò i capelli e il bimbo sollevò lo sguardo.

“Mamma, stai male? Sei triste”.

La mora sorrise.

“Come mai Emma non viene più a trovarci?”.

Regina sospirò: “Emma e io abbiamo avuto una discussione e per un po’ non ci vedremo”.

La donna non aveva mai smesso di pensare alla bionda. Più volte aveva avuto la tentazione di chiamarla, ma poi aveva rinunciato, il suo maledetto orgoglio non ammetteva simili debolezze. Tra poco sarebbero cominciate le vacanze estive e l’Università avrebbe chiuso, Regina non avrebbe più avuto modo di vedere la giovane donna, ma forse era meglio così.

Sospirò, chiedendosi cosa stesse facendo.

Sarà nelle braccia di qualche donna. Aveva sentenziato Cora quando la mora si era recata a casa di sua madre per cercare conforto. Regina si era arrabbiata a morte. Neppure di fronte al dolore della figlia, neppure dopo che aveva saputo che quelle foto erano vere, che non erano state ritoccate, Cora aveva avuto un po’ di compassione. Quanto aveva desiderato che suo padre fosse lì per consolarla, tra loro due c’era sempre stato un legame speciale, lui l’avrebbe capita, l’avrebbe stretta tra le sue braccia.

Tornò a osservare il bambino che giocava e tornò a pensare a Emma. A volte credeva impossibile che la bionda l’avesse tradita, ma quale altra spiegazione poteva esserci? Regina cominciò a meditare cercando una risposta.

 

**********

“Se l’edificio possiede delle telecamere possiamo vedere se dalle registrazioni emerge qualcosa” aveva detto David.

Emma si era sentita sollevata quando il giovane detective le aveva risposto al cellulare, i due avevano ricordato il passato e poi la bionda gli aveva chiesto se poteva recarsi da lui per una questione.

Ora Emma si trovava nell’ufficio del detective al commissariato e lui le stava spiegando come potevano muoversi.

“Certo, Emma, ti hanno incastrato proprio bene” aveva poi detto.

“Quando possiamo andare a controllare?”.

“Anche subito, se vuoi” aveva risposto David.

La donna aveva accettato di seguire il detective fino all’edificio dove si trovava l’appartamento di Sarah. C’erano due telecamere che puntavano una sull’entrata del palazzo e l’altra sulla strada. Il portinaio era seduto nella sua guardiola, Emma doveva cercare di distrarlo per permettere a David di trovare le chiavi per accedere alla stanza che custodiva le registrazioni.

La bionda si tolse il giacchetto, indossava una camicetta di raso verde che si intonava magnificamente con i suoi occhi, entrò e si avvicinò alla guardiola.

“Buonasera” disse sfoderando un sorriso luminoso.

Il guardiano, piuttosto grassoccio e stempiato, stava leggendo un libro e alzò lo sguardo.

“Salve, signorina, come posso aiutarla?”.

“Ho un problema” disse titubante la giovane. L’uomo corrugò la fronte.

“E un po’ me ne vergogno” proseguì Emma e abbassò lo sguardo.

L’uomo poggiò il libro sul tavolo e incrociò le dita: “Mi dica”.

“Vede… - Emma si sporse in avanti e gli occhi del tizio furono catturati dal suo decolleté – vorrei fare una sorpresa a mia madre, ma ho una paura tremenda degli spazi chiusi, mi potrebbe accompagnare in ascensore?”.

L’uomo inghiottì e si allargò il nodo della cravatta: “In… in ascensore?” sussurrò guardando la scollatura della giovane.

Emma annuì, si allontanò dalla guardiola e si girò mostrando le spalle al guardiano che poté così ammirarne il fondoschiena.

“Va bene” disse l’uomo e si alzò uscendo dalla sua postazione.

“Oh lei è gentilissimo!” disse sorridendo Emma.

Non appena le porte dell’ascensore si furono chiuse, David entrò nell’edificio, penetrò nella guardiola e cercò le chiavi prima al muro, poi nei cassetti, ma non c’era traccia, forse l’uomo le aveva addosso, poi si girò verso il piccolo televisore posto sulla scrivania e notò una scatoletta decorata, la aprì e trovò le chiavi. Uscì dalla guardiola e osservò l’ingresso. In quell’istante l’ascensore si aprì. David sbarrò gli occhi ma vide comparire solo Emma.

“Dov’è la guardia?” chiese il detective sorpreso.

“Beh diciamo che gli ho dato una spruzzatina di narcotizzante, e che ora se la dorme su alcune poltrone dell’ultimo piano” sorrise.

L’uomo scosse la testa e indicò la porta di ferro dietro la quale si trovava l’archivio.

I due entrarono, cercarono negli scaffali il dvd con la data incriminata, David inserì il disco nel lettore, fece scorrere la registrazione intorno alle 19.45 e alle 20 la telecamera inquadrò Emma che entrava nell’edificio. La registrazione proseguì. Intorno a mezzanotte qualcuno si avvicinò alla porta d’entrata al palazzo.

“Puoi ingrandire?” chiese la bionda.

David premette un pulsante sulla tastiera, la bionda spalancò la bocca.

Il rombo di un tuono fece sobbalzare la giovane che poi guardò David negli occhi.

“Conosci quella persona?” chiese il detective.

Emma annuì. Mezz’ora dopo i due si salutarono, la giovane aveva con sé copia del dvd, prese la strada principale a bordo del suo Maggiolino con direzione casa di Regina. Il temporale imperversava, la pioggia cadeva fitta, fitta. Emma compose il numero di cellulare della mora, ma scattò la segreteria.

“Regina… Regina sono Emma, ti prego ascoltami, posso provarti che quello che è successo quella sera con Sarah è tutto un complotto, sto venendo da te…”. Un fulmine illuminò la strada, in quell’instate un cane attraversò la via, la bionda lo vide, sterzò bruscamente, la vettura scivolò sull’asfalto bagnato, finendo la sua corsa contro un cartello stradale, la parte anteriore della vettura prese fuoco.

   
 
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