Esme
Anne Platt
cap.
10
La
visita è finita, i miei fratelli mi hanno portato
a casa. Sto rannicchiata sotto la finestra, da sola nella nostra
piccola
soffitta. Mi guardo attorno, assicurandomi di essere veramente
l’unica lì
dentro. Mossa alquanto inutile, sono davvero sola quassù. La
soglia della
vecchia e polverosa soffitta di casa nostra non viene varcata da tempo.
Ci sono
tutti i ricordi di famiglia. Dolci e cari ricordi che adesso per me non
significano più nulla. Il vecchio baule della nonna,
l’album di
fotografie…nulla. Non hanno più alcun senso.
Niente ha più senso adesso.
L’unica cosa di cui m’importa, per ora,
è Carlisle. È davvero così essere
innamorati? Ci si sente davvero così strani, arrossisci non
appena pensi a chi
ami, la testa ti gira, il cuore ti batte come un tamburo…no,
il mio sembra una
mandria di cavalli al galoppo, tanto batte. Mi porto una mano sul
petto, per il
timore che il cuore possa uscire dal suo caldo incavo nel mio corpo e
si metta
a ballare felice per la stanza. Le mie dita tremati toccano lievemente
la
guancia sulla dove prima era poggiata la bocca del mio bel dottore.
Sento
improvvisamente caldo, e le gote avvampano di nuovo. Sorrido ad occhi
chiusi,
poi mia alzo e apro la finestra. Si solleva un po’ di polvere
che spazzo via
con un veloce movimento della mano, poi mi affaccio ad ammirare il
paesaggio,
estasiata. Si gode davvero una bella vista da quassù. Un
lieve venticello
fresco mi scompiglia i capelli, che sistemo divertita. Il sole sta per
tramontare, e tutto si tinge di un tenue color arancio. Mi piacerebbe
rimanere
così ad attendere l’arrivo del crepuscolo, quando
la botola della soffitta
incomincia a sollevarsi. Mi giro spaventata, portando prontamente la
mano
stretta a pungo sul cuore, che ha appena sussultato. La botola si
solleva
ancora, poi ricade pesantemente. Il cuore mi fa un altro balzo nel petto.
-È
pesante… uffa…- dice una vocina affaticata.
–Apriti…-
la voce fa un altro sforzo e finalmente la
botola si apre. Sorrido ed emetto un sospiro di sollievo alla vista del
mio
fratellino.
-Nicholas!-
esclamo ridendo. Il mio fratellino è
riuscito a trovarmi. In effetti è l’unico che
ricorda dell’esistenza di questo
posto. Come ho già detto, la soffitta non è un
luogo molto frequentato. I miei
fratelli non vi si rifugiano quasi più da quando sono
bambini, ed i miei
genitori devono essersene dimenticati. La testolina del piccolo Nik ha
appena fatto
capolino dalla botola e mi gurada sorridendo dolcemente. È
un bambino
bellissimo, il mio Nik.
-Esme!
Allora eri qui!- dice ridendo.
Avvicino
tempestivamente l’indice alla mia bocca e
gli faccio segno di stare zitto –Nessuno sa che sono qui!-
gli dico a denti
stretti, anche se non riesco a trattenere le risate. Lui si tappa la
bocca con
le mani -Scusa!- sussurra.
-Così
va meglio- gli dico, poi allargo le braccia
dove poco dopo il mio fratellino si tuffa. Lo prendo in braccio e
assieme ci
sediamo su di una vecchia sedia a dondolo. Nik si accoccola sul mio
petto e
chiude gli occhi. Comincio a dondolarmi lentamente, cullandolo con una
ninnananna improvvisata. È una melodia della mia infanzia,
che mi cantava mia
madre quando avevo poco più di un anno, e che mi sono
riscoperta canticchiare
ogni momento, pensando di essere tra le braccia del mio Carlisle.
-Esme...
il cappello…- sussurra mio fratello. Già,
me n’ero dimenticata. Quando Nicholas vuole dormire ha
bisogno del suo
cappello. Alcuni bambini dormono con l’orsacchiotto, lui
vuole un copricapo.
Non posso che assecondarlo, è solo un bambino… lo
guardo amorevolmente e
allungo una mano verso il baule. Lo apro, facendo attenzione a non
scuotere il
piccolo dal suo torpore. Pesco il suo cappello preferito, uno simile a
quello
dei controllori del treno. Glielo poggio piano sulla testa e ricomincio
a
cullarlo.
-Esme…?-
sussura Nik con voce assonnata
-Che
c’è?-
-Come
mai eri qui?- dice, e poi sbadiglia. Sorrido.
-Dormi
Nicholas…-
Il
mio fratellino sbadiglia un’altra volta, poi
l’unico suono che si ode nella stanza e quello del suo
respiro flebile e dello
scricchiolio della sedia. Restiamo così per non so quanto
tempo, quando la
botola della soffitta si spalanca di colpo. Sia io che Nik sussultiamo.
Mio
fratello Stephan si affaccia dalla botola, sorridendo sornione.
–Ah, eccoti
qua!- grida.
-Esme,
ho una bella notizia da darti!- continua
entusiasta.