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Autore: sam_di_angelo    08/11/2016    1 recensioni
Quando gli occhi di un ragazzo dalle cattive abitudini incontrano per puro caso lo sguardo dell'altro, inchiodato in un letto d'ospedale, tutto cambia, tutto assume un aspetto differente.
Due mondi a sé stanti, due personalità troppo simili eppure così puramente diverse.
casa[cà-sa] s.f.
1 Edificio a uno o più piani, di dimensioni e aspetto vari, adibito ad abitazione dell'uomo.
Qual è la vera casa di Cole Blaze? La sua piccola dimora numero 251 affacciata sulla strada più vecchia e consumata del suo quartiere, oppure quegli occhi a mandorla color caffè che continuano imperterritamente a tormentarlo?
"It's their loss. Not yours."
CAST:
Park Chanyeol - Cole Blaze
Byun Baek-hyun - Boyce Hanks
© Sam Di Angelo.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol, Kai, Kai, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Sto cercando disperatamente di aggrapparmi a qualcosa che non esiste.
Sei fumo che scivola fra le mie dita."

 

1

Cole Blaze si asciugò le mani strofinandole sulla pelliccia opprimente del costume che indossava. La coda dell'essere mitologico in cui si era trasformato strisciava sinuosa sul marmo del porticato, scivolando come fosse sull'olio. 

Entrò nell'edificio, salì le scale, sfrecciò nei corridoi, in modo da esser visto il meno possibile - qualche dottore si prese gioco di lui - ed arrivò davanti alla porta numero 137. L'altissimo e smilzo dragone giapponese si fece coraggio. 

Stella lo aveva fatto entrare, ma, a differenza di tutti gli altri, lei aveva solo sorriso al ragazzo e l'aveva accompagnato fino alla sua meta. Era stata gentile, e si era anche lei dimostrata emozionata. Aveva detto a Cole di amare le sorprese, soprattutto se c'era di mezzo anche il suo zampino.

«Sei perfetto, Cole, sicuramente Boyce resterà stupito!» esclamò, guardando Cole con quei suoi occhioni verdi. Lui arrossì, fortunatamente nascosto dalla testa di dragone, ed annuì. Sentì il peso delle grosse corna dorate che spuntavano in cima alla testa del costume oscillare pericolosamente. 

«Sei così carino!» aggiunse poi l'infermiera, con un gridolino, battendo le mani entusiasta. Cole rise, e la sua risata gutturale echeggiò nella testa cava. Scrutava Stella attraverso due fori tondi, e, nonostante fossero piccoli, poteva benissimo notare il suo sorriso smagliante e i lunghi capelli rossi, che scendevano sulle spalle in morbide onde.

«Che aspetti, entra!» Cole si sentì spingere da dietro, e si ritrovò inspiegabilmente a bussare alla porta. 

«Chi è?» domandò una voce dall'interno, una voce che Cole conosceva fin troppo bene. «C'è qualcuno?» il suo tono di voce era più cupo di come lo ricordava il dragone. 

Stella intanto era sparita dietro ad un angolo, ridacchiando e battendo le mani. Si affacciò un ultima volta e sussurrò «Sai cosa fare quando giungerà il momento.»

Cole fece un cenno e spinse la porta, entrando, quasi trattenendo il fiato. 

Non appena il ragazzo seduto sul letto incontrò la figura gigantesca dell'altro fasciato da quel ridicolissimo costume rimase senza parole, imbambolato, a fissarlo. In quell'attimo di esitazione Cole poté osservare quello che Boyce stava facendo nel momento in cui aveva fatto irruzione nella sua stanza: era intento a scrivere qualcosa su un quadernetto a righi. Quadernetto che chiuse di scatto, non appena si fu ripreso dallo sbalordimento. 

Il ragazzo castano nascose il piccolo oggetto sotto le coperte e chiuse la penna a sfera con un click. Si asciugò velocemente una grossa lacrima che gli era appena scesa su una guancia, suscitando uno strano sentimento nello stomaco di Cole.

Curiosità, tristezza, sensi di colpa.

«Chi sei?» chiese Boyce, non appena ebbe tirato su con il naso. Si stropicciò meglio l'occhio con la manica della felpa rossa che indossava, come per cancellare definitivamente ogni traccia di quella vergognosa lacrima. 

Chiunque fosse stato quel tizio, doveva essere pieno di coraggio: quel costume era davvero esilarante

Era un miscuglio di colori e stoffe diverse, e persino di campanellini colorati e brillantini. Un dragone arcobaleno che lo scrutavacon la testa penzolante di lato, con l'enorme bocca spalancata e lunghe corna d'oro. 

Boyce pensò che fosse davvero bello, oltre che bizzarro, perché gli trasmetteva allegria e gli ricordava tanto il Giappone e le sue feste gioiose e colorate, che il ragazzo aveva sempre ammirato e adorato da dietro lo schermo di un computer. Avere davanti quel quasi drago giapponese, in carne ed ossa, lo aveva reso felice. Si dimenticò completamente del diario e si concentrò solo sul suo mitologico interlocutore.

Cole restò un attimo spaesato dallo sguardo di Boyce. Perché piangeva? Cosa stava scrivendo sul quaderno? Decise che sarebbe stato meglio lasciar perdere, per evitare di mettere Boyce a disagio. Lo avrebbe scoperto in un secondo momento.

Le sue riflessioni vennero interrotte dal sorriso del più grande, che pian piano iniziò a nascere sul suo volto pallido, illuminandolo un po'. Quel sorriso avrebbe potuto illuminare una città intera, altroché.

«Allora?» 

Cole arrossì e scosse forte la testa, i capelli appiccicati sulla fronte per via del sudore gli solleticarono le palpebre chiuse. 

«Sono un dragone giapponese.» spiegò, rendendosi conto subito dopo di aver detto la cosa più ovvia che si potesse mai dire. Si schiaffeggiò mentalmente.

Boyce rise, e Cole pensò che quel suono, uscito da quelle labbra screpolate, fosse decisamente e di gran lunga la melodia più bella che avesse mai udito. Rispose sorridendo, in segreto, nascosto dietro la maschera.

«Sono molto perspicace, lo so, lo so.» aggiunse, cercando di porre rimedio alla precedente affermazione idiota.

«Come mai sei qui, Cole?» chiese Boyce, trattenendosi dal ridere.

«Come fai ad affermare che sono io?» rispose l'altro, poggiandosi le mani sui fianchi pelosi. 

«Perché riconosco la tua voce, e perché so che soltanto tu saresti stato capace di fare una cosa così ridicola.» Cole, nonostante la maschera, deviò lo sguardo, puntandolo su una parete.

«Mh, qualcuno potrebbe avermi detto che ti piacciono il Giappone e la comicità. Così ho pensato... Perché non travestirmi da dragone giapponese, per farlo ridere un po'?» domandò, aspettando la reazione dell'altro. Prontamente Boyce gli rivolse un sorriso radioso. 

Nessuno aveva fatto mai nulla del genere per lui, nessuno si era mai curato di ciò che gli piaceva o lo interessava, esclusa Stella.

«Te lo ha detto Stella?»

«E' un segreto, non posso rivelarti il nome della mia spia.»

«Lo prendo per un sì.» Cole non rispose. Semplicemente si girò con un saltello, e iniziò a sculettare. L'enorme coda di peluche che gli penzolava dal sedere prese ad oscillare, a ritmo del suo fondoschiena.

«Che diamine fai?» cercò di dire Boyce, quasi strozzandosi. Aveva iniziato a ridere come un dannato. Quella situazione era così esilarante che persino i muri si sarebbero messi a ridere se avessero potuto. 

«Cerco di sviare il discorso per coprire l'identità della mia socia in affari loschi twerkando.»

«Ci sei riuscito in pieno, dannazione! Posso farti un video?» chiese Boyce senza fiato, fra una risata e l'altra. 

«Non ci provare! Non sai che vergogna attraversare la città a piedi vestito da coso giapponese!»

Boyce restò tre secondi fermo, respirando a fatica, reggendosi la pancia che gli doleva per il troppo ridere.

«E la ma-macchina?» chiese, col fiato corto.

«Non avevo intenzione di riempire il sedile di peli di drago.» disse Cole indicando la pelliccia. 

Boyce scoppiò di nuovo a ridere. Gli sarebbe esploso un polmone per lo sforzo.

«Sei incredibile!» 

«Modestamente, e adesso proseguiamo il nostro viaggio.» Cole tornò indietro verso la porta e la aprì, imitando un ruggito. 

«Cole, come drago fai proprio pena, cos'era quello? Un miagolio?» il ragazzo lo guardò male. «Il dragone può ritenersi offeso.» 

Stella raggiunse Cole, alla guida di un carrello di metallo argentato. Era vestita da geisha. Portava un kimono rosso e dorato, pieno di perline e di ricami di fiori e ghirigori deliziosi. Una fascia di seta le cingeva la vita, mettendo in evidenza la dolce curva dei suoi fianchi e il seno.

 Si era coperta la faccia con un cerone bianco, aveva messo un rossetto rosso. Le sue labbra assomigliavano ad un cuore, e gli occhi, allungati da una linea nera di eyeliner, sembravano ancora più grandi. I capelli rossi erano raccolti in uno strambo chignone tenuto su da strani bastoncini incrociati. 

«Come hai fatto a fare tutto questo in pochi minuti?» le sussurrò Cole, avvicinandosi al suo orecchio.

«Credo proprio di essere stata una geisha nella mia vita precedente.» rispose lei con un sorriso tenero. «Segreti del mestiere.» 

Superò Cole con uno scatto energico e si parò davanti a Boyce, con le infradito di legno sopra i calzini, che spuntavano dal kimono scarlatto. 

Il carrellino arrestò la sua corsa, sotto lo sguardo estasiato di Boyce. C'era poggiato un vassoio argentato - di argento vero? - con su un servizio da tè stranissimo. La teiera aveva una forma allungata, con uno strano manico sporgente su un lato. Era satinata, scura, con sopra delle incisioni in lingua giapponese in vernice, che splendevano in contrasto con l'opaco della teiera.

«E' una Kyusu.» spiegò Stella, con un sorriso enorme stampato sul volto. I suoi occhi scintillavano. 

Prese una ciotolina, contenente una strana polvere, delle foglie e qualche chicco di riso soffiato. Con un cucchiaino di legno prese un po' di quel miscuglio e lo sparse nella Kyusu

Sia Cole che Boyce la guardavano, con la bocca spalancata, rapiti dalla destrezza e dalla sicurezza che Stella ostentava in quei movimenti. Sembrava avesse fatto quel genere di tè miliardi di altre volte prima.

«La mia migliore amica e coinquilina è giapponese.» affermò, non staccando gli occhi dalla teiera. Prese un contenitore termico dal ripiano in basso del carrello e versò dell'acqua nella sua strana teiera.

«Mi ha insegnato la tecnica per preparare questo tipo di tè, la tecnica Sencha.» 

Cole si voltò per guardare Boyce: il ragazzo era a cavalcioni sul letto, proteso verso Stella, e osservava la sua infermiera-geisha completamente incantato da quello strambo rituale. La bocca schiusa, gli occhi che quasi gli uscivano dalle orbite e un luccichio nelle iridi scure che assomigliava ai fuochi d'artificio.

L'acqua calda liberò nell'aria il suo tiepido vapore mentre scorreva sull'infuso di polvere e foglie, sfiorando il viso di Cole in una morbida carezza. Si diffuse nella stanza un piacevole odore, pungente, ma dolce al tempo stesso.

«E'... Inebriante.» sussurrò Boyce, quasi come fosse in trance, dando voce al pensiero di Cole.

Stella lo guardò e gli sorrise. Chiuse il coperchio della teiera e restò immobile per quasi un minuto. Intento aveva tirato fuori due tazze. 

Più che tazze assomigliavano a dei bicchieri. Erano allungati, dello stesso colore della teiera. Cole ne sfiorò uno e sentì sotto i polpastrelli la sensazione della ceramica satinata e liscia.

«Fantastico...» mormorò. 

Non avrebbe mai immaginato che una banalissima preparazione del tè potesse essere così interessante, estranea, curiosa. 

«E' pronto!» annunciò Stella, tutta contenta. Versò la bevanda calda nelle tazzine e inspirò a fondo l'odore dolciastro.

«Prego.» fece un piccolo inchino unendo le mani come in una preghiera. Cole imitò il suo gesto, così come Boyce. Poi entrambi presero la loro tazzina e assaggiarono quello strano tè verde, bevendo a piccoli sorsi.

Cole impazziva per il tè, ma quello... Lo mandò fuori di testa. Aveva un qualcosa che sapeva di Oriente, e chiudendo gli occhi gli sembrò quasi di essere seduto a gambe incrociate in un tempio nel lontano Giappone. Quel tè, oltre che ad avere un sapore fantastico, sapeva di nuovo, di antica tradizione, di cultura straniera.

«Credo di essere in paradiso.» disse Boyce, con lo sguardo vuoto e sognante fisso sulla tazzina. 

«Queste tazze e la teiera provengono dal Giappone, vero?» chiese. Sembrava tanto un bambino che per la prima volta nella sua vita assaggiava lo zucchero filato.

Stella annuì energicamente. 

«Reiko ha portato questo servizio con sé... Dice che le ricorda la sua famiglia.» 

«Ashita wa ashita no kaze ga fuku.» Cole si girò di scatto a guardare il più grande, con la tazzina bloccata a mezz'aria. 

«Cosa?» gli domandò, osservando Boyce intensamente. Cosa diamine aveva appena detto?

«L'incisione sulla teiera!» rispose l'altro, indicando l'oggetto. Come se fosse la cosa più semplice del mondo. Si voltò verso Cole e sorrise. Il suo sorriso infondeva pace a guardarlo.

«E' un proverbio giapponese, significa "Domani soffierà il vento di domani."» spiegò, assorto nei suoi pensieri.

«Esatto!» confermò Stella.

«Da quando sai leggere il giapponese?» chiese Cole, curioso di scoprire quali altre qualità nascoste Boyce celava.

«Ci sono tante cose che non sai di me.» disse, facendo un sorrisetto furbo. 

«Le scoprirò.» promise Cole, forse più a se stesso che a Boyce. «Promesso. In fondo... Questo è solo il primo giorno.» 

Il sorrisetto di Boyce sparì dal suo volto, sostituito da un'espressione di stupore.

«Primo giorno?» ripeté.

«Sì, il primo giorno... Del nostro viaggio, mio, tuo e di Stella.» la ragazza accanto a Cole sorrise e alzò gli occhi verso di lui: il suo sguardo era pieno di speranza.

«Viaggio...» ripeté Boyce ancora una volta.

«Certo! Ricorda quest'altro proverbio.» gli disse Cole, fissandolo. «Se Maometto non va alla montagna, allora la montagna va da Maometto.» Boyce restò a fissarlo a bocca aperta. Cole scorse una patina di lacrime velargli gli occhi, per poi condensarsi in piccole gocce che rimasero incastrate fra le sue ciglia.

«Io... Io non so cosa dire.» aveva le guance rosse, e un'espressione così tenera che a Cole si sciolse il cuore.

«Non dire niente, bevi e basta.» prese un sorso del suo tè.

«Cin cin!»

E allungò il bicchiere verso Boyce.                           





Nota Autrice: Salve gente! Eccomi qui con un nuovo capitolo... Spero che vi piaccia, aspetto consigli, commenti, critiche qui sotto. Un mega abbraccio a tutti, vi adoro! Saranghae ~ ♥
-Sam

 

   
 
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