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Autore: Jackthesmoker7    10/11/2016    2 recensioni
Ho cercato di scrivere una storia il più simile possibile agli episodi della serie TV, che dia alla serie una conclusione (p.s. La quinta stagione non conta qui).
Vedrete uno Slado mai visto ed una Stella che potreste vedere solo nei vostri incubi.
E Robin...
Vedrete
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Robin, Slade, Starfire, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'organo.
Una delle sue passioni più segrete.
Rimaneva ore a suonarlo, lo aiutava a pensare, a ideare i suoi piani malvagi.
Se così si potevano definire.
Ma in quel momento stava suonando per sgomberare la mente.
Per cercare di non pensare al ragazzo che considerava suo figlio, ormai rinchiuso nella grotta dove l'aveva confinato da ormai sei settimane.
Continuava a pensare che era per il suo bene, che lo faceva per renderlo più forte, come avevano fatto altri con lui.
Si ricordava ancora di quei giorni rinchiuso nella grotta, durante il suo thorgal.
Non avrebbe mai potuto dimenticare.
Mai.
Ma era comunque combattuto: era giusto che Robin dovesse subire quello che aveva subito lui?
Lo avrebbe aiutato?
Lo avrebbe davvero guarito, come era successo a lui, più di vent'anni fa?
A volte progettava di interrompere il rituale e di liberarlo, ma subito gli venivano in mente le immagini di come erano ridotti coloro che avevano interrotto il thorgal a metà.
Non era un bello spettacolo.
Slado sentì la porta aprirsi ma le sue dita non smisero di muoversi, nemmeno quando il delizioso profumo che accompagnava la bellissima ragazza appena entrata si sparse per la stanza, neppure quando Stella gli si avvinghiò addosso, abbracciandolo da dietro: << Ehi, amore. Perché ti sei alzato? Stava andando tutto così bene a letto. >>
Le dita del mercenario si intrecciarono con quelle dell’amata, interrompendo la musica: << Scusa tesoro. Avevo bisogno di suonare.
Dovevo distrarmi. >>
<< Che cos’è che ti turba bellezza? Per favore, dimmi che non si tratta di “quello”. >> disse, riferendosi all’odiato ragazzo imprigionato nella cella “speciale”.
Le mani continuarono a muoversi lungo il braccio di Stella: << No. O almeno, non del tutto. Stavo guardando indietro, nel mio passato. >>
<< Oh >> esclamò l’aliena << Forse posso fare qualcosa io per distrarti. >> una delle sue mani affusolate scivolò lungo il corpo dell’uomo, scendendo molto in basso.
Slado si alzò dalla sedia e si girò per guardarla dritta negli occhi, con un’intensità spaventosa, tale che Stella indietreggiò, intimorita dal suo amante, e ciò che gli uscì dalle labbra fu per lei come un pugno in pieno stomaco: << Rimembra. >>
Fu come se le si fosse aperta la mente.
Come se qualcuno avesse appena sfondato un muro che bloccava una parte sua memoria, quella che conteneva i ricordi della sua “vita” passata, prima del lavaggio del cervello.
Un’improvviso fiume di ricordi si fece strada nella sua mente, rivelando ciò che aveva dimenticato, la sua vita su Thamaran, l’arrivo sulla Terra, il suo incontro con i Titans.
No, aspetta. Con i Tyrans. Sì, con i Tyrans.
Poi il fiume continuò la sua corsa.
Vide una ragazza simile a lei che cercava di mandarla in prigione al posto suo, vide una ragazza bionda immolarsi per uccidere qualcuno, ma non riusciva a capire chi, vide un demone che bruciava il pianeta a cui era tanto affezionata.
E poi vide lui.
Lui sulla ruota panoramica, coi fuochi d’artificio di sfondo, sul tetto della torre, con davanti il tramonto, lui così vicino a lei, che si avvicinava, e l’istante dopo...
<< Ahhhh >> Stella urlò per il dolore causato dai ricordi.
Sentì la terra sotto di lei cedere, ma venne sorretta in piedi da Slado.
Lui la abbracciò forte: << Shh, stai tranquilla. Il peggio è passato. >>
Quando tutto finì la ragazza, ancora tremante, chiese: << C-che cos’era? Che cos’era quella roba? >>
Slado la fece sedere accanto a lei sullo sgabello dell’organo: << Sono i ricordi fasulli che si sovrappongono a quelli veri. Cercano di sostituirsi a quelli veri, ma non preoccuparti. Si sistemeranno col tempo. >>
Si rannicchiò accanto a lui, visibilmente scossa: << Erano... così... così... >>
<< Shh, va tutto bene. Presto tutto si sistemerà, e gli incubi spariranno. Andrà tutto bene, te lo prometto. >>
<< Sì... certo.
Andrà tutto bene.
Andrà tutto bene. >>
“Sembra convinta” pensò lui: << Ora scusami se ti lascio da sola, ma vorrei controllare come sta andando coi ragazzi di là.
Non vorrei che capitasse qualche imprevisto. >>
Si alzò ed uscì dalla porta ancor prima di sentire la risposta. Sentì solo “tutto bene”.
“Perfetto, il condizionamento ipnotico le sta ricombinando la memoria come volevo io.
Sta cancellando del tutto il suo vecchio passato. Ero preoccupato che sognando alcuni ricordi non modificati potessero tornare a galla, ma per fortuna non è così.”
Recuperò alcuni attrezzi e si diresse verso la stanza dedicata al lavaggio del cervello.
Ma per farlo dovette passare davanti alla grotta di Robin.
Si fermò, davanti all’ingresso, senza tuttavia entrare, pensoso.
“Robin... vorrei tanto sapere come stai, ma così rovinerei tutto il tuo duro lavoro. Il thorgal è diverso per ciascuno di noi, ma le prove da superare sono più o meno le stesse, cambiano solo i dettagli.
Spero che tu stia bene.”
Si allontanò da quel posto, dal masso che copriva la grotta, dal suo silenzioso prigioniero, dirigendosi verso la sua destinazione.
Entrò in un salone vasto, spazioso, le cui pareti erano coperte da cavi, fili elettrici, leve e macchinari. La maggior parte dei cavi partiva da dei generatori elettrici, passava per strumenti vari, tra cui si notava un cubo contenente un liquido scuro, e si collegava a tre grandi cilindri.
Cilindri con all’interno gli ultimi tre membri dei Teen Titans.
“Quelle capsule sono prodigiose.” pensò Slado, “Sono piene di un liquido speciale, trattato in modo che annebbi i sensi di chi ne viene a contatto: impedisce di ascoltare i suoni, di percepire gli odori, di sentire le superfici.
Si sentono come se fossero sospesi nel buio, al sicuro.
Come nel grembo materno.”
Era talmente preso a rimuginare da solo che si accorse di non essere da solo.
C’era la loro loro "ospite": una ragazza che la sua Stella si divertiva a torturare, adesso buttata in un angolo, come se fosse immondizia.
<< Mi continuo a chiedere perché continui a farti soffrire così. >> esclamò Slado, degnandosi finalmente di prestarle attenzione.
<< Si vede che non le piaci. >>
La prigioniera era lì, immobile, sdraiata su un fianco, seminascosta da un tavolo da lavoro. Non poteva muoversi, Stella le aveva spezzato braccia e gambe.
Per divertimento.
Per vederla urlare.
L'unica cosa che era in grado di fare era piangere per il dolore.
Slado le si avvicinò: << Se non ricordo male le hai quasi rubato il fidanzato, o no?
Che peccato che tu non ci sia riuscita, davvero. Se ce l'avessi fatta sarebbe stato tutto molto più semplice. Per me e per te. >>
La prigioniera singhiozzò e continuò a piangere: << Sono un esperto nel rimettere insieme i cocci mentale della gente, ma nel tuo caso credo che ti lascerò così. O magari ti fonderò con un gatto, tanto per tener fede al tuo nome. >>
Kitten non rispose.
Stava ancora piangendo.
<< Vabbè >> Slado si voltò: << Tu non ti muovere, finisco con i miei amici e poi sarò subito da te. >>
Per oltre un'ora gli unici rumori che si sentirono erano di tasti premuti, leve tirate, scosse elettriche e liquido che bolliva.
Tutti quei suoni spaventavano Kitten, le facevano venire la pelle d'oca.
Temeva che ciò che li produceva venisse rivolto verso di lei; voleva piangere, ma aveva finito le lacrime.
Quasi sorrise per il sollievo quando non li sentì più.
<< Non dovresti essere contenta che io abbia finito qui. >> la paura tornò ad impossessarsi della ragazza << Adesso tocca te. >>
Slado le si avvicinò di nuovo, fermandosi con lo stivale a pochi centimetri dalla faccia della ragazza.
Nonostante tutto non sembrava avesse delle intenzioni ostili.
Almeno in apparenza.
<< Sai, non ho ancora raccontato a nessuno il mio "piano malvagio", vuoi conoscerlo? >>
Prima che Kitten potesse anche solo respirare Slado cominciò a spiegare: << Ho elaborato questo piano quando ho ripensato agli ultimi avvenimenti importanti della mia vita. >>
Mentre parlava camminava avanti e indietro: << Ho ricordato il periodo in cui ho tentato di portare dalla mia parte Robin per farne il mio allievo.
Ho fallito a causa dell’intromissione dei suoi amici. >>
A sentire quel nome Kitten spalancò gli occhi, ormai simili a quelli di un ragazzo che il criminale conosceva benissimo: << Robin >> sussurrò.
<< Ho ripensato a quando ci ho provato con Terra, quella dolce e confusa ragazza. Ho fallito anche con lei.
E sono morto. >>
La prigioniera continuava a sussurrare: << Robin >>
<< Sì, anche se poi sono stato meglio. Mi ha resuscitato un demone interdimensionale di nome Trigon, il padre di Corvina. >>
<< Robin >>
Slado stava alzando sempre più la voce: << Per lui ho compiuto numerose azioni malvagie, ho tormentato i Titans, ho rapito Corvina e gliel’ho servita su un piatto d'argento, e cosa ho ricevuto in cambio? >> ormai stava urlando.
<< Robin >>
<< Niente!
Mi ha mandato a bruciare all'inferno! >> si voltò a guardarla, visibilmente furioso anche con la maschera: << Ho subito torture atroci, ho affrontato demoni di fuoco, ho scalato pareti di roccia roventi, ma mi sono vendicato.
Gli ho guastato le feste e l'ho rispedito a calci da dove era venuto.
Ma non da solo. >>
<< Robin >>
Slado si era calmato: << Esatto.
Mi ha aiutato.
Senza di lui non ce l'avrei mai fatta.
È come un figlio per me, gli voglio troppo bene per renderlo una versione distorta di sé stesso.
Trattamento che riservo per gli altri. 
Se mai vorrà passare dalla mia parte, lo farà di sua spontanea volontà. >>
<< Robin >>
<< Li sto alterando mentalmente, come ho fatto con Stella.
Sto invertendo la loro bussola morale.
Ho anche invertito l'immagine di Robin con la mia, così penseranno a me come il loro amico e leader. >>
<< Robin >> ripeté Kitten, stavolta a voce leggermente più alta.
Slado si voltò a fissarla per un secondo, poi continuò a parlare: << Il piano originale era diverso: attirarli in trappola e mandargli contro orde di robot finché non sarebbero morti; poi però ho pensato a tutti questi avvenimenti, e ho capito.
Ho capito che non aveva senso avere i Teen Titans come nemici.
Era meglio averli come amici. >>
<< Robin >> con voce un pochino più alta.
<< L'ho fatto a Stella e lo sto facendo a loro. >> disse indicando i ragazzi nei cilindri << Li sto rendendo più simili a me, quando usciranno saranno criminali, assassini, ladri, saranno i miei apprendisti. >>
<< Robin >>, la voce diventava sempre più forte.
<< Il procedimento ha funzionato in fretta con Stella per via della sua biologia aliena. Con gli altri ci vorrà più tempo.
Ma del resto ce ne vuole prima che apra la grotta di Robin. >>
La testa di Kitten scattò: << È qui? >> ormai stava facendo gli stessi errori dell’ex leader dei Titans: gli occhi emanavano scintille di follia, i muscoli ancora integri erano tesi, i nervi a fior di pelle. Ancora poco e ci sarebbe caduta anche lei.
Slado sapeva tutto questo ma, a differenza del suo pupillo, di lei non ne importava niente: << Sì >> disse con voce glaciale << Proprio qui accanto. >>
Kitten non ce la faceva più.
Tutte le torture, gli shock e il tempo passato rinchiusa da sola l’avevano logorata, ma non spezzata.
Ma bastava nominare l’ultimo essere per cui provasse ancora dei sentimenti e sapere che era lì accanto, così vicino, per farla crollare, per farla impazzire.
<< Ahhhhh... ROBIN!!!! >> cominciò ad urlare, a dimenarsi, a schiumare dalla bocca, ignorando il dolore atroce proveniente da ogni parte del suo corpo: << ROBIN, ROBIN!!!! >>
Slado si voltò a fissarla, stavolta scrutandola con attenzione: “Sono giorni che non dorme, non mangia da ancora più tempo ed è fortemente disidratata, senza contare le ossa rotte e tutti i danni ai muscoli ed ai nervi, eppure a sentir parlare di Robin riesce ancora a reagire così, uhm... Devo approfondire la cosa.”
Uscì, lasciando Kitten ai suoi deliri. Voleva tornare da Stella, per stare con lei, ma passando davanti alla grotta di Robin indugiò.
Dalla sala delle capsule provenivano ancora le grida della prigioniera, mentre nella grotta-prigione doveva regnare un assoluto silenzio, una calma totale.
Ma Slado sapeva che non era così, che le allucinazioni in quel momento del rituale erano potentissime e non lasciavano un secondo di tregua, che era il momento cruciale, il momento in cui l’anima comincia a morire per poter rinascere più forte di prima.
Il criminale si avvicinò all’entrata sigillata un’ultima volta, appoggiando la sua mano guantata sulla fredda e liscia pietra e pronunciando parole d’affetto nei confronti del ragazzo prigioniero: << Presto uscirai figliolo, presto.
So che è difficile, ma so anche che ci riuscirai, che supererai la prova e risorgerai più forte di prima.
Da qui non posso aiutarti, ma sappi che ci sono. Che ci sarò sempre per te.
Ti auguro la buonanotte.
Al tuo risveglio, la famiglia sarà di nuovo unita.
Stavolta per sempre. >>





Scusate per l’enorme ritardo, ma è stato un periodo un po' così.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che vogliate continuare a seguire le mie storie.
Alla prossima.

   
 
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