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Autore: bettethelword    11/11/2016    3 recensioni
[SwanQueen / Sesta Stagione / One Shot]
Dal testo: Piove da tanto tempo, come aghi minuscoli ad entrare nella pelle ed Emma ha il suo solito giubbotto di pelle rosso troppo sottile e Regina vorrebbe solo afferrarne i bordi e stringerlo per proteggerla, per salvarla, ma non può. Lei, non può.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri, Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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La verità è che sono le cinque e mezza del mattino, sono tornata da poco a casa e la voglia irrefrenabile di pubblicare questa shot ha avuto la meglio anche sul sonno.
A differenza delle long-fic, le one shot le scrivo quasi "tutto d'un fiato". Penso, e questi pensieri mi travolgono ed io tento di tradurli in parole scritte nere su bianco. Sono stata triste per qualche giorno, e forse proprio quella tristezza mi ha ispirato questo storia: ho immaginato, semplicemente, che Emma e Regina si ritrovino davanti al portico della dimora del sindaco e che affrontino la realtà dei fatti l'una di fronte all'altra. E la realtà dei fatti è che entrambe devono morire, lo sappiamo tutti (noi che guardiamo la serie, seguendo la messa in onda americana) e lo sanno loro. Qui, in questa shot, Emma e Regina ne parlano (in realtà molto poco), se lo sono appena detto che entrambe dovranno morire e ci sono i pensieri, le emozioni, le reazioni. Niente, non so che sto scrivendo e se quello che sto scrivendo ha senso, perciò perdonatemi.
Vi auguro una serena notte ed un meraviglioso risveglio (mentre io vado a dormire). Buona lettura.
A presto,
C.









Cieli Sommersi



Emma è dimagrita. Regina riesce quasi a scorgere le vene sotto la sua pelle lucida e sottile, splendidamente bianca, come modellata dalla luna. È la prima volta che ci fa realmente caso, eppure si era più volte soffermata ad osservarla, non si era mai lasciata sfuggire nulla, nessun dettaglio. Gli occhi scuri di Regina seguono le linee eleganti del volto di Emma, discendendo dalle gote sino alla mascella, dove il collo diventa viso. Le labbra di Emma sono screpolate, forse per il freddo o forse – più probabilmente – perché ha quella bellissima abitudine di mordicchiarle quando è nervosa o semplicemente sovrappensiero, poi se le lecca con la punta della lingua sperando di alleviare il bruciore e Regina non può far altro che osservare.

Emma trema, ma non per il freddo. Non ha mai avuto freddo a Storybrooke, e non perché aiutata dalla sua indole all’adattamento, ma perché, in qualche modo, quel freddo ha sempre fatto parte di lei. È solo che adesso il freddo, il cielo e la pioggia di Storybrooke fanno male. Piove da tanto tempo, come aghi minuscoli ad entrare nella pelle ed Emma ha il suo solito giubbotto di pelle rosso troppo sottile e Regina vorrebbe solo afferrarne i bordi e stringerlo per proteggerla, per salvarla, ma non può. Lei, non può. Emma non sa nemmeno come si sia ritrovata sotto quel portico, ma non ci pensa, alza gli occhi verso Regina e si perde nei suoi, che tremano ancora sotto l’effetto dell’eco delle sue stesse parole.

Storybrooke, all’alba, è grigio perla ed Emma solleva un po’ di più gli occhi per guardare il cielo e ritrovare il proprio riflesso, mentre socchiude le labbra per lasciar andare il respiro. Poi ritorna ad osservare Regina e le sembra tutto uno scherzo, tutto così fottutamente ridicolo perché la volontà divina o un maledetto destino ha deciso che è arrivata la fine, per entrambe, come se non potessero liberarsi dei loro sogni, incastrate nei propri incubi. Emma non dice nulla ma non ha bisogno di parlare, perché Regina non ha mai avuto bisogno delle parole per comprenderla, non sono mai state necessarie.

    Ora che non so chi ha torto o chi ha ragione
    Ora che non ho le forze per restare
    Ora mi muovo di nuovo e di nuovo non ho
    più niente nessuno da difendere


Emma corruga le sopracciglia e Regina vorrebbe solamente prenderle il viso tra le mani e sciogliere le sue preoccupazioni con la bocca premuta sulla sua fronte increspata, ma non ci prova nemmeno e preme i denti contro le sue stesse labbra. Pensa che avrebbe potuto o dovuto fare qualcosa, trovare una soluzione, avrebbe potuto cercare una formula magica da pronunciare a bassa voce, quando tutto il resto fa paura. Per proteggerla, e salvarla. Come Emma aveva fatto con lei per tutto questo tempo, sacrificando sé stessa finanche a costo di accogliere l’Oscurità dentro l’anima. Dovrebbe fare qualcosa di più, ma non ne è capace.

Emma è bellissima anche quando abbassa gli occhi, con i lunghi capelli che scivolano davanti al suo viso, ma «Dimmi che non è vero» le sta sussurrando, prima di fissare lo sguardo in quello di Regina. Lei dischiude le labbra senza che, però, nessun suono fuoriesca. Basterebbe pochissimo, una bugia, una semplice combinazione di parole a convincerla che andrà tutto bene, ma Regina non ci riesce. Non può mentirle, sarebbe ingiusto, dopo tutte le promesse fatte ed i chilometri e le vite vissute. Regina scuote la testa e chiude le labbra per aprirle di nuovo e balbettare «Emma, io…» mentre incrocia le braccia al petto, come fossero uno scudo contro la propria debolezza. Perché Emma è la sua debolezza.

    Tempo che non ho per stringerti le mani
    tanto me ne andrò, sia oggi o sia domani che cambia?
    Ora mi muovo di nuovo e di nuovo non ho
    più niente nessuno da difendere

Emma indietreggia e non la guarda più. A Regina sembra di morire nel vederla scappare ancora, per colpa sua, ed ora sono così distanti eppure così legate l’una all’altra, tanto da far male. Sono sempre state come due poli opposti, abissi ed anime e tutta una vita racchiusi tra i due estremi indissolubili. Il cielo è più scuro, inabissato in plumbee nubi, ma non offre rifugio ai loro fantasmi, piove più forte come dita battute sull’asfalto. Emma alza per un’ultima volta gli occhi in quelli di Regina e lei li accoglie con la delicatezza ed il calore che sono solo suoi. Poi Emma le mostra un sorriso pregno d’amarezza, «Non ci riesco, non posso» dice mentre le ciglia si bagnano di lacrime e pioggia. Apre le braccia e, semplicemente, si arrende.

Emma sorride ed è bellissima, ha gli occhi tristi e le guance rigate dalle lacrime, i capelli si stanno bagnando perché la pioggia è fittissima e lei ha addosso solamente quel maledetto giubbotto di pelle rossa. Regina stringe la presa delle sue braccia ancora incrociate e spinge le unghie contro il tessuto della sua giacca nera, si morde le labbra e la guarda allontanarsi. Poi Emma si ferma, proprio al centro del giardino – lì dove era iniziato tutto – chiude gli occhi, alza il mento e lascia che la pioggia cada giù, su di lei, come per sommergerla.

    È tutto qua, così scontato
    È tutto qua, manco fosse un pacco che
    ha cose mie, ha cose tue
    ha colpe da scontare in due
   
    (Atlantide – Daniele Celona feat. Levante)


Il cielo si è schiarito perché sta sorgendo il sole e Regina pensa che non vedeva l’alba da così tanto tempo che le sembra di dover tornare con la mente alla Foresta Incantata, prima di ogni cosa, lì, a Storybrooke. C’è una luce bianchissima, sta piovendo come fosse un castigo e Regina sta tremando. Non trema per il freddo – pungente, elettrico, quasi spaventoso – ma perché ha ancora le braccia conserte e non riesce a far nulla mentre Emma piange. Emma piange con la pioggia, si mescola ad essa, e Regina non riesce a far altro che darsi la colpa di ogni cosa ed ingoiare il sapore amarissimo del fallimento.

Emma è la cosa più pura che ci sia nella vita di Regina, insieme a Henry, di una purezza bianca come la sua pelle e Regina si sente come un veleno che è stata capace di macchiare anche la Salvatrice – perché Emma si è sacrificata per lei – e non le ha nemmeno mai detto grazie. Regina trema perché non riesce a smettere di ammirare l’innocenza di Emma nel chiudere gli occhi ed accogliere la pioggia scrosciante su di sé. Ci è arrivata troppo tardi, Regina, che tutto quello che aveva creato era stato un gioco troppo grande per lei, per Storybrooke – e per Emma. Ma adesso è tardi anche per tornare indietro.

Regina, allora, fa un passo in avanti. E poi un altro. Ed un altro, ancora. Lascia cadere le braccia lungo i fianchi e, lentamente, si avvicina ad Emma che ha ancora gli occhi chiusi e le lacrime e la pioggia a bagnarle il viso ed i capelli ed il collo. È ad un palmo di distanza da lei, la osserva per qualche secondo lunghissimo e respira serrando le labbra. I muscoli delle braccia si tendono, rigidi, solo per un attimo prima che Regina prenda tra le mani il viso di Emma e prema le sue labbra contro la sua fronte; e, mentre lo fa, strizza gli occhi e corruga le sopracciglia come se quel bacio facesse male come una liberazione. Emma spalanca gli occhi per lo stupore mentre Regina inizia a singhiozzare contro la sua fronte.

«Mi dispiace» sussurra, Regina, tra un singulto e l’altro. Poi si sposta più in basso e posa le labbra sulla gota umida ed assapora il gusto sapido delle lacrime di Emma. «Mi dispiace» ripete, di nuovo, sottovoce e con le labbra scende ancora sino a sfiorare l’angolo della bocca di Emma. La bacia sulla scia delle sue lacrime, come se volesse dissetarsi o assorbirne il dolore e poi si ferma, ha gli occhi chiusi – non ha il coraggio di aprirli – mentre Emma non riesce a chiudere le palpebre perché ancora non riesce a capire. Regina è così vicina, le tiene il viso tra le mani e riesce a percepire il calore del suo respiro, del suo corpo su di sé, a stento riesce a respirare e non sa che fare. Resta inerme e respira a bocca aperta il respiro di Regina.

La bocca di Regina è così vicina che quasi la sente sulle sue stesse labbra aprirsi, muoversi, contorcersi prima che dica un’ultima volta «Mi dispiace», come se avesse voluto gridarlo nella sua bocca e farlo arrivare sino a dentro il cuore o dentro l’anima, ma in realtà sta sussurrando ancora.

Regina è così vicina ed Emma resta inerme, chiude gli occhi e respira.

   
 
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