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Autore: KleineJAlien    11/11/2016    0 recensioni
Sulla diapositiva proiettata sulla parete nord della stanza, vi erano due colonne formate dai loro nomi. Apparentemente per loro sembravano disposti in maniera causale, ma dovettero ricredersi quando la donna riprese parola.
«Walsh, Adams, Clifford, Irwin, Lahey, Styles, Horan, Thompson, voi formerete il primo gruppo.» decretò solenne questa lasciando solo pochi secondi ai ragazzi per guardarsi tra di loro completamente increduli «Avete tre settimane di tempo per affinare le vostre potenzialità, dopodiché vi sarà affidata una sede in cui opererete a tempo indeterminato. Davanti a voi trovate delle cartelle nelle quali sono stilate delle liste sulle competenze che dovrete raggiungere prima dello scadere del tempo, e poi sostenere un esame finale con i nostri esaminatori stessi. Il fatto che voi siate stai chiamati oggi per far parte di una squadra d’intervento, non impedisce che prima della partenza possiate esser rimossi per mancato raggiungimento degli obbiettivi. Ci sono domande?»
AU | One Direction | 5 Seconds Of Summer
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Styles, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2



Jennifer oltrepassò la soglia sicura di dove stesse andando e di dove lo potesse trovare, nonostante ciò per qualche secondo osservò oltre lo spesso vetro antiproiettile, nella stanza adiacente. In essa, all’interno di uno dei cubicoli a schiera, vide subito il biondo di spalle.
Tornò sulla sua strada, rivolse un sorriso alla donna dietro al bancone e «Un paio normale.» chiese, mentre intanto compilava il registro d’ingresso al suo fianco.
L’attimo dopo la responsabile del poligono, le stava allungando delle cuffie antirumore blu, più o meno della sua taglia e un giubbino antiproiettile che sembrava proprio della sua taglia. Dopo averla ringraziata infilò prima le cuffie, assicurandosi che aderissero perfettamente ai lati del suo viso, successivamente la protezione del busto, ed entrò nella stanza principale con lo scopo di raggiungere Niall.
Avanzò verso il ragazzo lentamente, godendosi la vista del suo corpo in guardia, le spalle tese fasciate dalla t-shirt grigia e dal giubbotto antiproiettile, e le braccia tese in avanti mentre impugnavano una pistola calibro 9. Aspettò di sentire tutti e quindici i colpi che, come ben sapeva il caricatore potesse contenere, poi prima che potesse ricaricare eliminò la distanza che li separava e gli cinse il busto con le braccia.
Questo si irrigidì in un primo momento, voltata però la testa, e riconosciuta la mora, poggiò la pistola sul ripiano di fronte a sé e si voltò togliendo le cuffie antirumore blu che nel suo caso erano più spesse delle sue. Quando i loro occhi si incontrarono, anche se il biondo indossava un paio di occhiali, Jennifer poté notare le sue pupille restringersi velocemente, e il celeste delle iridi tornare a prevalere così sul nero. Il corpo rimanere ancora un po’ distaccato.
«Il tuo è barare. Con la supervista chiunque sarebbe in grado di fare tutti quei centri.» disse la mora punzecchiandolo appena. Le sagome dall’altra parte della stanza, risultavano essere bucate proprio nei punti critici, quelli che durante l’allenamento, i professori avevano sempre insegnato loro a mirare per primi. Nessuno di questi risultavano errare di oltre tre millimetri.
Niall inoltre non ricambiò subito l’abbraccio. In quel momento il suo corpo era rigido e lo sguardo serio mentre lei parlava. Nella sua testa mille ingranaggi giravano elaborando la scena.
«Scusa..» mormorò allora la mora sbattendo ripetutamente le sue folte ciglia.
Il ragazzo la osservò ancora, questa volta si morse l’interno della guancia e spostò l’attenzione da un’altra parte. Era passata meno di una settimana e Jennifer, come accadeva quasi sempre se non era lui, con la sua insistenza a farla cedere, era andata da lui facendo la sua migliore espressione pentita, chiedendogli di fare pace. Per quanto quegli alti e bassi per lui stessero diventando piuttosto fastidiosi, se si trattava di Jennifer, Niall era troppo debole per resisterle.
Sbuffò subito alzando gli occhi al cielo e avvolgendo spalle e capo della ragazza in modo che potesse avvicinarla maggiormente a sé  «Possiamo smetterla di litigare per stupidaggini?»
«Non litighiamo per cose stupide. Ma non voglio neanche starti troppo lontana.» controbatté lei.
Niall si morse la lingua e strinse le labbra tra loro. C’erano cose che avrebbe voluto dire ma che non lasciavano mai la sua bocca, e neanche quella volta lo fecero.
«Avevo intenzione di rimanere ancora un po’ qui per allenarmi. Ti va di rimanere?»
«Solo se mi fai provare qualche tiro.» abbozzò un sorriso Jennifer annuendo.
Niall sorrise e annuì a sua volta facendole cenno di infilarsi tra le sue braccia e di prendere posizione. A quel punto il biondo lasciò la pistola tra le mani della ragazza e poggiò su di esse le sue per poterla guidare in maniera sicura. Caricarono insieme l’arma, inserendo la cartuccia.
«Non mirare per me. Voglio vedere cosa sono in grado di fare.» disse lei.
Il ragazzo allora allentò appena la presa senza staccarsi dal suo corpo.
Dopo un arco di tempo che per lui, allenato e ormai esperto in armi da fuoco, parve esagerato se si fosse trovato dentro uno scontro in cui precisione e velocità sono importanti, Jennifer premette il grilletto. Il suo corpo venne appena balzato all’indietro e la presenza del ragazzo fu in grado di reggerla, mentre per quanto riguarda il bersaglio, il risultato non fu tanto male.

Si erano ritrovati come al solito alla fine delle lezioni nella mensa. Era ora di cena e dopo una giornata pesante come quella era un miracolo che non fossero tutti accasciati l’uno sull’altro.
Alexis ringraziò Ashton, con tono di voce alto il tanto da permettere che solo lui potesse sentirla, per averle portato il vassoio della cena fino al tavolo, poi lo osservò prendere posto al suo fianco.
Anche il resto del gruppo presto si compattò e in religioso silenzio cominciarono a mangiare.
Pensare che l’indomani mattina avrebbero avuto l’ultima lezione della settimana, prima della pausa weekend, era una delle cose che faceva loro tirare un sospiro di sollievo, pensare invece che avrebbero dovuto fare palestra nonostante la stanchezza con cui i loro corpi in quel momento già piangevano di stanchezza, beh, era un altro paio di maniche.
«Ash lo mangi il pane? Non ho voglia  di andare a prendermelo, sono sfinito.» chiese Harry.
Il castano scosse la testa «Se non devo spostarmi da questa posizione è tutto tuo.»
Il riccio piagnucolò perché quello sarebbe significato allungarsi per lui, ma Alexis intervenne e glielo passò senza che dovesse fare movimenti troppo bruschi. Sia Harry che Ashton al suo fianco, con la testa appoggiata al braccio opposto rispetto al lato su cui si trovava la castana, le sorrisero riconoscenti.
Erano passati più o meno dieci minuti quando Jess avanzò verso quella direzione, le mani dentro la felpa bordeaux che indossava, e l’intenzione di raggiungere il buffet.
Appena la vide Alexis rizzò la schiena e  accennò un gesto della mano in suo saluto. La mora notandola rallentò il passo, le sorrise cordialmente per qualche secondo, poi la sua attenzione si spostò al resto della tavolata, e dopo aver fatto correre lo sguardo su di essa - qualche secondo di troppo su Michael -, perse il sorriso e procedette per la sua strada.
«Wohoo Michael, ti ha proprio fulminato!» rise Harry nascondendo una risata dietro il pugno.
«Beh a me sembra che lo abbia fatto con tutti, tranne che con Alexis.» precisò Niall.
«Quella tipa si dimostra sempre più strana.» alzò le spalle Michael lanciando un’occhiata veloce alla nuova arrivata, in quel momento in fila con il vassoio tra le mani.
«Abbiamo una lezione in comune. Confermo cosa ha detto il moro.» aggiunse sempre il biondo.
«Non è così male.» s’intromise invece Alexis  «Vi sembra strana solo perché non la conoscete.»
Non la conosceva nemmeno lei, il massimo che sapeva era che dormiva di fianco con il viso rivolto verso il muro, che aveva una gran quantità di libri che si era portata dietro da casa.
Non aveva ancora capito quale fosse il suo potere, quali fossero le sue capacità, e la risposta che dava al resto del gruppo quando glielo chiedevano era sempre negativa e vaga. Per quanto potesse saperne poteva avere un passato oscuro, ma fino a quel momento, voci e pareri altrui a parte, aveva visto solo cose positive nei suoi riguardi, come la riservatezza, la gentilezza e l’ordine generale che quasi faceva sembrare che lei nemmeno ci fosse nella stanza.
Due giorni prima le aveva chiesto in prestito un evidenziatore, mentre il giorno prima le aveva offerto una ricarica zuccherosa sottoforma di caramelle colorate, mentre entrambe avevano i nasi immersi nei libri da ore. No, per lei non era male.
«Concordo con Alexis.» si schierò immediatamente dalla sua parte Ashton.
«E quando mai?» chiese Jennifer ridendo.
«Principalmente il vostro problema è che non conoscete i suoi poteri e un po’ avete paura di lei. Io non vi ho detto subito i miei poteri, eppure..» continuò il castano.
«Tu ti presentavi alle lezioni smaterializzandoti. Che ci conoscessimo già o meno, sapevamo già quale fosse il tuo potere già dal primo anno. Per non parlare del tuo avere sempre tutto a portata di mano.» disse Sylvia facendo ridere tutti gli altri.
«Abbiamo fatto tutti qualcosa di plateale. Alexis per esempio, ha quasi rischiato di spazzare via la palestra  e di far sordo chiunque  nel raggio di duecento metri, Niall durante il test d’ingresso al poligono ha fatto centro in ogni singolo bersaglio e ha abbattuto tutte le sagome a tempo record. Per non parlare di Sylvia quando si è presa l’influenza due settimane dopo l’inizio dell’anno scolastico. Era un continuò evitare pozzanghere e fontanelle.» gli fece notare Jennifer.
Più la ragazza elencava tutti quegli episodi, più Michael si ritrovava a darle ragione.
Magari fa parte di un’antica discendenza di streghe in grado di lanciare malocchi o peggio maledizioni..” pensò continuando intanto ad ascoltare i pareri degli amici.
Non era servito a molto ‘intervento del castano a favore dell’altra, ma Alexis lo ringraziò comunque «Grazie Ash.» gli sorrise mentre in sottofondo gli altri continuavano con le loro teorie «Grazie per avermi sostenuta e per aver provato a farli ragionare.» gli accarezzò un braccio.
«Quando vuoi.» fece spallucce lui aggiungendo un occhiolino.

«Perché non rispondi?» chiese con finto fare innocente «Sto simpatico a tutti, perché a te no?»
La mora sollevò il viso dal suo vassoio e mastico con una lentezza esagerata il boccone di mela che aveva addentato poco prima tra un tentativo e l’altro di Louis di attaccare bottone.
Il solo sopracciglio destro inarcato, dopo secondi di scrutarsi insistentemente a vicenda, sembrò far guadagnare un punto alla ragazza, che vide il moro sbuffare e distogliere lo sguardo per primo. Non dovette nemmeno dare una risposta verbale.
«Ok qui qualcuno sta giocando al gioco del silenzio. Io non mollo.» disse alzandosi di scatto dalla sedia «Potrebbe sembrare che io stia gettando la spugna, ma non è così, vado solamente a godermi il pranzo in compagnia dei miei amici.» sottolineò l’ultima parte il ragazzo.
Jess questa volta inarcò anche l’altro sopracciglio e Louis si voltò di spalle andando via.
Finalmente sola, e libera di finire il suo pranzo, lasciò vagare lo sguardo un po’ per tutta la sala. Evitò rapidamente di lasciar cadere lo sguardo sul tavolo del ragazzo che era appena andato via, per non correre il rischio di una nuova incursione e procedete tra i gruppi dei vari anni.
Nel breve periodo in quella scuola, il benvenuto che aveva ricevuto non era stato ottimo.
Come non sarebbe stato un problema per alcune delle persone capire cosa dicessero gli altri di nascosto nei confronti di terzi, non era difficile nemmeno per Jess, capire cosa dicessero nei suoi riguardi. Era perfettamente consapevole di quello che tutti - o la maggior parte delle persone - pensassero di lei da quando aveva messo piede in quell’accademia.
Era strana, misteriosa, talvolta le due cose coincidevano. Non dava loro tutti i torti, ma come temeva, gli studenti lì non erano abituati ad approcciarsi con qualcosa di diverso, e nonostante ammettesse lei stessa di non essere la persona più socievole del mondo - per più motivi - fino a quel momento aveva trovato solo Alexis con la reale intenzione di provare a conoscerla.
Il fatto che fosse costretta ad essere la sua compagna di stanza era poco rilevante. Non che avessero avuto parecchio modo di dialogare ma aveva un modo di porsi e di pensare diverso rispetto agli altri. In stanza con lei non si sentiva bersagliata come lo era invece in quel momento.
La sensazione di essere osservata la costrinse a voltarsi anche mentre sorseggiava dalla bottiglia. Come si aspettava, l’intero gruppo della sua compagna di stanza la stava osservando. Quando capirono però di essere osservati ritornarono ognuno a dialogare con il proprio vicino, o ad infilzare i maccheroni al formaggio ammassati sui loro piatto. Ancora una volta la sua attenzione rimase qualche secondo in più concentrata sul rosso seduto di spalle rispetto a lei. Fra tutti, lui probabilmente era la spina nel fianco più grande, quella che le dava più da pensare. “Idiota” mormorò scuotendo la testa.
Quel gruppo specialmente avrebbe dovuto aspettarsi che lei avrebbe potuto sapere cosa dicevano di lei, soprattutto visto che proprio uno di loro, il biondino, aveva l’udito super sviluppato ed era in grado di sentire conversazioni provenienti da grandi distanze e oltre le pareti.
I commenti però non l’avrebbero ferita. Era in quell’accademia per cercare di terminare i suoi studi nel minor tempo possibile e soprattutto nella pace. Non era rilevante per lei non avere amici, le bastava esser lasciata in pace.
   
 
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