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Autore: Gwen Chan    12/11/2016    0 recensioni
Un fandom e tre settimane per scrivere quante più storie possibili per celebrare la notte dei fantasmi. Vediamo dove arriviamo, shall we?
Presenza di AU.
Questa raccolta partecipa al contest “Halloween Party – La Grande Zucca” a cura di Fanwriter.it!
Genere: Generale, Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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• Iniziativa: Questa storia partecipa al contest “Halloween Party -La Grande Zucca ”a cura di Fanwriter.it!
• Numero Parole: 829
• Prompt/Traccia: A lavora in un obitorio e a B piace fare scherzi pesanti.

Still life

Il direttore dell'obitorio era stato chiaro a proposito della sua tolleranza zero sulla presenza di cibo sul posto di lavoro.
Kiril tuttavia riteneva che l'essere stato bloccato con un morto la notte di Halloween fosse un fastidio sufficiente per meritarsi una deroga alla regola. A sottolineare suddetta convinzione, il cucchiaio in plastica grattò sul fondo del vasetto di yogurt alla fragola, per pulirlo per bene prima che questo fosse gettato nel cestino all'altro capo della stanza con la precisione di un giocatore di pallacanestro professionista.
Rifocillato, Kiril tornò a dedicare la sua attenzione al cadavere, per il momento ancora coperto da un lenzuolo. Qualcuno doveva aver pensato che farsi - o far fare - un volo di dieci piani vestito da fantasma fosse una buona idea per celebrare Halloween.
"Allora, come va?" chiese al morto, come sua abitudine.
"Ho un po' di torcicollo."
Kiril cessò il gesto di scoprire il corpo, pizzicandosi la radice del naso e soppesando l'idea di aprire un altro yogurt. La carenza di zuccheri poteva causare butti scherzi. Optò invece per chinarsi a controllare che qualche burlone non si fosse nascosto sotto la barella. Nulla. Tastò il corpo, trovandolo rigido e immobile come si addiceva a un morto. Forse se lo era solo immaginato.
Con un gesto secco mise a nudo il torace del cadavere. In quel momento uno stridore attirò la sua attenzione. Si voltò verso la porta, ora aperta sul corridoio deserto. Strano, era sicuro di averla chiusa.
"Sarà stato il vento."
"Se lo dici tu!" rispose la voce di prima. Kirl la ignorò. Non poté però ignorare che il cadavere avesse deciso di incrociare la braccia sul petto. Strizzò gli occhi, contando fino a dieci, ripetendosi che fosse tutto il frutto della stanchezza di una lunga giornata di lavoro.
Li riaprì giusto il tempo per vedere un bisturi sollevarsi dal tavolo, sfrecciando a pochi millimetri dalla sua guancia. Si conficcò nel fragile cartongesso del muro. Le luci crepitarono, poi si estinsero ad una ad una. Kirl indietreggiò. Le mani percorse da un tremito cercarono a tentoni il pomello della porta, ma la trovò chiusa a chiave, cosa che era certo di non aver fatto.
“Credo che farò una passeggiata.”
Di nuovo quella voce, ora troppo chiara per essere solo un’allucinazione, seguita da un chiaro rumore lenzuola scostate e di piedi nudi sul pavimento in una stanza dove sarebbe dovuto essere l’unico a respirare.
Clack. La scodella metallica in cui di solito teneva le forbici chirurgiche cadde a terra.
Thud. Qualcosa – o qualcuno – doveva aver sbattuto contro il tavolo operatorio. Approfittando di quell’attimo di distrazione, Kiril tornò a tirare la porta con tutte le proprie forze. Quando si ricordò della chiava di riserva che portava sempre in tasca, il cadavere si era già ripreso.
I suoi passi si facevano sempre più vicini.
Qualcosa gocciolò sulla testa e sul naso del povero dottore, viscoso e pesante, dall’odore inconfondibile. Sangue.
Ora il cadavere aveva le sue mani sulle sue spalle. Kiril strillò come una ragazzina.
Il cadavere rise.

“Avresti dovuto vederti!”
Le luci erano tornate e il morto se ne stava tranquillo al proprio posto, dal quale non si era mai mosso. In compenso Andrei stava ancora sghignazzando.
“Mi hai fatto perdere un infarto!” sbottò Kiril, scosso per lo scherzo. Aveva deciso che preferiva prendersi una bella strigliata il giorno dopo e scusarsi personalmente con i parenti della vittima che rimanere un secondo di più in quella stanza. La caffetteria unta era un luogo migliore dove parlare. Andrei terminò la propria coca-cola.
“Credevo che uno che passa buona parte della sua vita a contatto con i morti non ne avesse paura.”
“I miei morti hanno la decenza di starsene tranquilli. Non parlano, non camminano e soprattutto non lanciano coltelli. A proposito, come hai fatto?”
“Fili invisibili” spiegò l’amico. “E il piccolo Vasile sa come funziona un contatore elettrico” aggiunse, anticipando la domanda sulle luci. Kirl assottigliò gli occhi, puntò un dito al soffitto e proseguì: “Il sangue?”
“Una sacca semi-permeabile, messa in modo che cominciasse a gocciolare quando saresti stato in posizione.”
“Le chiavi.” Con sorpresa di Andrei, Kiril aveva allungato la mano a palmo in su, scuotendola appena ad indicare il suo desiderio che qualcosa fosse restituito. Andrei ghignò e liberò una singola chiave dalla catenella che aveva attorno al collo. “Il calco non era perfetto, ma puoi sempre tenerla come riserva. Dovrei venirti a trovare più spesso.”
In fondo aveva un animo gentile, per quanto burlone, e non desiderava che i suoi scherzi costassero il lavoro all’altro. Certo, Kiril non sapeva che non aveva distrutto il calco della chiave, né aveva fatto parola a riguardo.
Aveva giusto un anno per preparare lo scherzo perfetto.

Note: Kiril è Bulgaria, mentre Andrei e Vasile sono Romania e Moldavia. Questa volta è davvero la fine. Ancora grazie!
   
 
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