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Autore: Sameko    13/11/2016    2 recensioni
Una Genocide rimasta incompleta.
Una Pacifist che si prospetta essere quella definitiva, quella che assicurerà il lieto fine a lungo sperato.
Ma gli ingranaggi erano già stati messi in moto da tempo. Fili che dal passato tendono verso il presente aspettano di intrecciarsi con un futuro ancora incerto. Ed è ora che iniziano le sfide più difficili, in cui anche una mano amica in più può fare la differenza.
L’importante è non perdere mai la propria determinazione.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chara, Frisk, Sans, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 5: Nessuna fiducia





 
Nero. Ovunque, dappertutto.
Intangibile… freddo… onnipresente.
Non ricordava l’ultima volta in cui, quando la cappa di oscurità del sonno era calata sui suoi occhi stanchi, aveva solo trovato una sensazione di così piacevole vuoto ad accoglierlo.
Nessuna paura. Nessun dolore. Niente di niente, a parte quel nero senza inizio o fine, praticamente sconfinato.
Mosse pigramente un braccio, non curandosi nemmeno di comprendere se lo stava allungando verso l’alto, o se lo stava abbassando. Era come galleggiare in un liquido più consistente dell’acqua, ma che scivolava lungo il suo corpo con la stessa facilità. Era… curioso
… No. Non era curioso.
Questo nero... questo luogo… non gli erano estranei.
 Lui… non dovrebbe assolutamente trovarsi qui.
« Da quanto tempo, ragazzo mio. »
Le sue pupille guizzarono verso la fonte di quel miscuglio disarmonico di suoni. Ma non c’era una vera e propria fonte. Era intorno a lui, su di lui, dentro di lui, era una sensazione opprimente all’altezza del petto e della gola.
Sans serrò gli occhi, boccheggiando per dell’aria che in quel posto, semplicemente, non esisteva. Si costrinse, perciò, a placare quelle sensazioni che lo avrebbero solo posto in una condizione di svantaggio. Doveva mantenersi rilassato, come faceva sempre a dispetto di qualsiasi circostanza. Questa volta, non era diverso.
Sollevò le palpebre. Una sagoma informe, di una tonalità di nero appena più chiara, era in attesa di una risposta.
Sans gli rivolse un sorriso spiacevole. Quanto era passato dall’ultima volta che si erano visti? Eh... non ne aveva idea. I giorni erano diventati anni, forse decenni, a causa dei continui reset. Potevano essere ormai coetanei e Sans non ne sarebbe comunque stato consapevole. Aveva un corpo che non invecchiava, ma una mente che portava con sé il fardello confuso dei ricordi di una quantità incalcolabile di vite, a volte fin troppo simili per consentirgli di adoperare un criterio di distinzione. Beh, qualcosa che forse li accomunava c’era, dopotutto.
« Ti trovo bene, Gaster. Stanco di questo postaccio, per caso? »
La sagoma assunse dei contorni più nitidi, acquistando le sembianze di un corpo umanoide. Un volto simile ad una statuaria e sfigurata maschera stava ora ricambiando il suo sguardo.
« Noto che non hai ancora perso l’umorismo, giovanotto. Fino ad ora, perlomeno… »
Sans rispose con un’alzata di spalle.
« Ognuno ha i suoi punti di forza. C’è chi si consola con una risata… e chi, invece, si rode l’animo con i suoi stessi deliri di onnipotenza. Non siamo fatti tutti con lo stampino, fortunatamente. »
La figura ridacchiò.
« Hai detto bene. Ognuno ha i suoi punti di forza. E, proprio perché non siamo l’uno la copia dell’altro, ricaviamo soddisfazione da occupazioni differenti. » Due mani biancastre scivolarono fuori da quelle che ricordavano vagamente le lunghe maniche di un vestito, dita sottili si congiunsero pigramente in un gesto contemplativo. « Nondimeno, certe persone dovrebbero essere le ultime a concedersi il lusso di giudicare. »
« Ma alcune sono più adatte di altre. »
Gaster inclinò la testa, le estremità deturpate del suo sorriso divennero ancora più marcate.
« Come te, Sans? »
Sans abbassò le palpebre, celando sotto di esse l’irritazione verso cui quel discorso lo stava portando. Non si sarebbe lasciato manipolare come un ragazzino inesperto. Quei tempi erano finiti.
« Qual è il motivo di tutta questa farsa? »
« Un’offerta che già conosci perfettamente. »
Oh, già… l’offerta. Perché si era anche solo preso il disturbo di porre quella domanda?
« Fammi indovinare, questa è l’ultima volta che me lo chiedi gentilmente, vero? »
Un brivido di avvertimento gli aveva scosso le ossa. Gaster era ora su di lui, ne percepiva la presenza ravvicinata da qualche parte sopra di sé.
« Esattamente. »
La sua voce uscì come un basso e aspro sibilo. Scegli con cura le parole, sembrava volergli riferire.
Sans sollevò una palpebra, scrutando con attenzione nei baratri di nero che erano gli occhi di Gaster. L’ho già fatto tempo fa, adesso è il tuo turno, avrebbe risposto, se quella frase fosse anche solo stata pronunciata.
« Hai rimesso la testa a posto? » Gli domandò invece, con ancora più intensità nel proprio sguardo.
La sagoma si ritrasse e allargò lentamente le braccia.
« Potrei porti la stessa domanda, ragazzo. »
Sans si strinse nelle spalle. Non che avesse sperato in un cambiamento, affatto. Con certe cause smetti di lottare e ne sapeva abbastanza sull’argomento per autodefinirsi un veterano in quel campo.
« La mia risposta, allora, già la conosci. »
« No, quindi? » Lo interrogò nuovamente Gaster, come se volesse essere sicuro di non aver frainteso... o fargli invece intendere che dalla sua ostinazione non ne sarebbe venuto nulla di buono.
« No. » Ribadì inflessibilmente Sans, stringendo gli occhi.
Da quel volto bianco gesso non trapelò nulla, né la scintilla dell’irritazione, né della disperazione, né dell’impazienza.
« Come preferisci. » Disse, con l’aria di uno che avrebbe sospirato se ne avesse avuto la possibilità. « Tua la decisione… tue le conseguenze. »
« Non che tu possa fare qualcosa a riguardo. » Gli ricordò lui, con un sorriso sfrontato.
Gaster scosse adagio il capo.
« Totalmente inesatto, giovanotto. » Un luccichio bianco brillò nella sua orbita sinistra. « Ci sono stati dei recenti sviluppi che, disgraziatamente, ti sei perso. »
L’oscurità si addensò attorno alla forma di Gaster in un battito di ciglia.
Sans si mise immediatamente in allerta e sentì la magia concentrarsi nel suo occhio senza che fosse lui stesso a richiamarla.
FTSH!
Alle sue spalle.
Scartò di lato, una propaggine di oscurità gli sfiorò il fianco. Ne evitò un’altra diretta verso il retro del suo cranio e si teletrasportò l’istante dopo, per uscire dalla traiettoria di altri colpi. Focalizzare il punto in cui ricomparire non gli risultò semplice come nel mondo reale, la mancanza di punti di riferimento in quel nero privo di increspature non gli era per niente d’aiuto.
Gaster non lo aveva mai attaccato prima d’ora, tantomeno Sans aveva creduto possibile che corresse il rischio di essere ferito nel Void. L’ex scienziato non avrebbe dovuto essere in grado di infliggergli danni, figuriamoci arrivare a toccarlo. Ma il modo in cui quegli attacchi erano stati pericolosamente vicini a colpirlo, come se avessero davvero potuto trafiggere il suo corpo con una inquietante facilità, gli diceva che non avrebbe dovuto dare per scontata la cosa. Era a questo che Gaster si riferiva quando aveva parlato di ‘recenti sviluppi’?
FSSSSH!
Da che parte ora? Il rumore non sembrava provenire da nessuna direzione in particolare!
Le propaggini giunsero da ogni dove e Sans riuscì a fatica a distinguerle dal nero del Void. Effettuò una sequenza rapidissima di teletrasporti, sperando di ridurre a percentuali minime, se non nulle, le possibilità di venire colpito.
Evocò un Blaster e spazzò via quante di esse il suo occhio riuscì ad individuare. Le propaggini si fusero sotto il calore dell’energia che il cannone eruttò, si sciolsero come olio e si ritirarono nelle tenebre con un cupo gorgogliare. Si piegò verso il basso, eludendo l’ennesima che aveva mirato al suo petto e si dovette teletrasportare per schivare la successiva e… urtò con la schiena contro una superficie solida.
Trasalì.
Fu una vitale frazione di secondo quella che perse.
Una mano si chiuse brutalmente intorno al suo collo, issandolo verso l’alto come un’erbaccia appena strappata. Sans emise un verso strozzato, causato a metà dal dolore e dall’incredulità e, quando riaprì gli occhi, stava fissando il cerchio di luce fluttuante nell’orbita di Gaster, ora divenuta un violento squarcio lungo la metà sinistra del suo volto.
« Preso. » Sussurrò quest’ultimo, con voce incolore. « Non hai ancora imparato a sondare meglio il terreno di battaglia, ragazzo? »
Sans cercò strenuamente di allentare la presa d’acciaio che gli stava spremendo le ossa cervicali, ma ogni tentativo di far schiudere quelle dita risultò vano e persino accennare un sorriso fu, per lui, tremendamente faticoso.
« H-ho... ugh… imparato dal m-maestro… ah, ah… AH-! » Il suo ridacchiare venne stroncato all’istante da un massiccio aumento di pressione intorno al suo collo.
L’occhio di Gaster parve socchiudersi leggermente a quel punto.
« Non confidavo in un cambio d’atteggiamento, Sans… ma il tuo continuare a provocarmi? Piccolo sciocco, quella è stata la tua scelta più incosciente. »
Sans, a dispetto del dolore, alzò tremolando un angolo del suo sorriso, a dimostrargli quanto avrebbe continuato ad ostentare quell'atteggiamento provocatorio se solo gli fosse stato possibile. Eh… era divertente persino come nessuno dei due si fosse aspettato, sin dall’inizio, qualcosa di diverso dal rifiuto. Quando si parla di fiducia verso il prossimo.
« F-farnetica quant-to vuoi. Confinato q-qui, non sei più pericoloso di un moldsmal. » Bisbigliò quindi, stringendo i denti con un acre sdegno.
« Dietro ad un moldsmal, può celarsi un moldbygg, ragazzo. » Le estremità del sorriso di Gaster divennero affilate come lame di coltello. « La tua testardaggine, la mia condizione particolare… rendono solo le cose molto più interessanti. »
Lentamente, Gaster sollevò il braccio opposto. Pollice e medio schioccarono producendo un lieve eco ed enormi propaggini si aggrapparono immediatamente attorno alla vita di Sans.
Lo scheletro si irrigidì. La sua espressione, fino ad allora rimasta risoluta a dispetto del dolore, vacillò.
« Buona notte, Sans. »
Le propaggini si strinsero attorno al suo bacino con la forza di mille tenaglie e tirarono, tirarono, tirarono, schiacciandogli le ossa, riducendogliele in briciole mentre tiravano ancora, più forte, più ferocemente.
Si dimenò, scalciò, cercando di liberarsi quando aveva ancora lucidità a sufficienza per reagire, ma il dolore diventò straziante nel giro di pochi e meri secondi, ogni suo pensiero si cancellò, sostituito dal suono assordante delle ossa che continuavano a frantumarsi senza sosta, a macinare tra di loro come infernali grattugie, ogni scheggia e minuscolo frammento erano cascate di aghi che, dalle anche, si diramavano dovunque nel suo corpo.
Gridò, fino a non riconoscere più il suono della sua stessa voce, fino a non sentire più la sua stessa voce.
Il bacino si separò infine dalla sua colonna vertebrale con un’atroce schioccare di ossa spezzate.
Ogni cosa perse forma.
 

Fu con le proprie urla rimbombanti nel cranio che si svegliò di soprassalto, magia e adrenalina ancora in circolo nel suo corpo, il respiro corto e l’anima che doleva nella sua cassa toracica, come se avessero appena tentato di strappargliela dal petto con la forza.
Le volute di magia del suo occhio rischiararono i contorni dei primi gradini delle scale di una luce azzurra e opaca, insieme a buona parte del corridoio del piano superiore di casa sua.
Casa. Era a casa, al sicuro e ancora tutto d’un pezzo.
Rise piano alla sua stessa battuta, inspirando profondamente. Questa, doveva ammetterlo, era stata proprio terribile, ancora più che terribile se si considerava quanto non avesse apprezzato il regalino d’addio da parte del farabutto.
Sentì la porta della stanza di Papyrus scricchiolare.
Estinse velocemente le fiammelle di magia concentrate nella sua orbita e mise su il suo solito sorriso di facciata, il tutto nel tempo impiegato da quel suono per disperdersi nell'aria.
A sbirciare prima e muovere timidamente un passo fuori dalla camera dopo, fu la ragazzina più minuta –Frisk.
« È-è successo qualcosa? » Gli domandò, con sguardo apprensivo, i suoi occhi ambrati riflettevano con un lieve alone dorato la poca luce presente in quella parte della casa.
Sans sospirò internamente, la tensione che ancora gli irrigidiva le articolazioni si allentò. Era sollevato che, perlomeno, non era stato il pericolo pubblico a fare la sua comparsa in corridoio.
« No, piccola. Torna pure a dormire. » Le rispose, misurando cautamente il respiro ancora irregolare. Si sentiva come se gran parte delle energie che una buona dormita avrebbe dovuto dargli gli fossero state tolte improvvisamente. Era anche questa opera di Gaster? Per quanto la possibilità da sola fosse sufficiente a farlo preoccupare, era sfortunamente l’ipotesi più probabile che potesse formulare al momento.
« Ti ho sentito urlare e… sembri sfinito… sei sicuro? » Insistette lei, ma le parve restia dall’avvicinarsi per controllare il suo stato di salute.
Se lo aveva notato persino la ragazzina, doveva essere fin troppo evidente perché potesse mascherarlo. Quel maledetto doveva avergli fatto qualcosa, ma… sottrarre energia nel sonno? Era davvero possibile che avesse acquisito una tale capacità? O la aveva posseduta per un tempo ancora maggiore e, semplicemente, non ne aveva mai fatto uso fino ad allora?
La porta dal lato opposto del corridoio si aprì e fu il turno di suo fratello di venire a verificare.
« Sans, che cosa è stato? Hai avuto un altro incub- »
Papyrus si interruppe. A giudicare dal movimento della sua testa nella semioscurità, sembrava stesse spostando lo sguardo da lui alla piccola e viceversa.
« Perché sei seduto in mezzo al corridoio con l’umana? »
La sua anima ebbe un impercettibile sussulto nella sua cassa toracica. Farsi beccare da Papyrus mentre teneva sotto ferreo controllo le loro ‘ospiti’ era proprio in cima alla lista di cose che avrebbe assolutamente voluto evitare. Ma, del resto, nemmeno addormentarsi sul pavimento era stato fra i suoi programmi.
« Sono seduto in mezzo al corridoio con l’umana? » Chiese, con nonchalance.
« Esatto. »
« Davvero? »
« SÌ. »
« Cosa sto facendo? »
« Sei seduto in mezzo al corridoio con l’umana! »
« Davvero? »
« ARGH, SAAA…! »
Lo scheletro più alto si coprì la bocca con i guanti, bloccando il suo urlo adirato prima che raggiungesse un livello di decibel pari ad un martello pneumatico.
Sans stirò gli angoli della bocca in un sorriso sornione, a cui Papyrus rispose con un gemito ancora più esasperato. La ormai familiare sensazione di viltà si fece strada nella sua anima quando vide Papyrus scuotere rassegnato la testa, gesto che indicava ‘scampato pericolo’ ogni qualvolta tentava di sviare una conversazione troppo scomoda. Rispondere ad una domanda, avrebbe implicato rispondere ad altre domande e, per quanto non gli piacesse agire in questo modo con Papyrus, meno suo fratello sapeva e meno entrambi avrebbero avuto di che preoccuparsi. Papyrus non meritava di vivere un’esistenza travagliata come la sua, coinvolgerlo in problemi più grandi di lui e che non poteva sperare di risolvere avrebbe solo finito col demoralizzarlo – e Sans non voleva in alcun modo veder intaccata la spensieratezza del suo fratellino, né voleva essere la causa prima della sua infelicità.
« Beh, io torno al piano di sotto. » Annunciò, cogliendo la possibilità di concludere il diverbio senza far sorgere altri interrogativi. Si alzò in piedi, ignorando le fitte che dai fianchi arrivavano fino alle rotule e il suo tono apparentemente affabile lo aiutò a mascherare il tutto. « A più tard… uhhh… »
Le ginocchia non lo ressero e dovette allungare velocemente le braccia verso il muro per non cadere faccia a terra.
« Gh! »
Quelle che prima erano soltanto delle punture fastidiose, ora erano divenute un bruciore diffuso che gli stava intorpidendo le gambe. Sans strinse convulsamente i denti per trattenere una smorfia di dolore, ma dubitava che il suo sorriso non sarebbe apparso forzato a chiunque lo avesse guardato in volto. Sentì suo fratello accorrere subito al suo fianco non appena quel basso lamento lasciò la sua bocca, per aiutarlo a sorreggersi sulle proprie gambe senza usare la parete come sostegno.
« Sans, che cos’hai?! »
Riuscì a cancellare la sua smorfia di dolore in meno di mezzo secondo, guardando Papyrus con una naturalezza che un nonnulla sarebbe stato sufficiente a far crollare.
« N-niente, Paps. Mi sono… alzato all’improvviso e mi sono venute le vertigini. Eh eh… »
Papyrus, senza lasciargli il tempo di dire altro, lo sollevò da terra e lo prese in braccio.
« È evidente, invece, che hai bisogno delle speciali cure del tuo eccezionale fratello qui presente! »
Sans sorrise leggermente, ma non protestò. A questo punto, non era nemmeno sicuro di poter arrivare in soggiorno con le proprie gambe, meglio quindi lasciare che suo fratello lo trasportasse fino al divano. Lì, lo avrebbe tranquillizzato, avrebbe lasciato cadere la questione con una battutaccia delle sue e ogni cosa avrebbe cessato di sfuggirgli di mano.
« Umana, ho bisogno urgentemente del tuo aiuto! » Dichiarò Papyrus, puntando l’indice guantato contro la piccola, preoccupata quasi quanto lo era suo fratello per le sue condizioni. « Potresti dare un’occhiata a Sans mentre cerco il kit medico? »
« C-certo! » Replicò, prontamente, lei.
Ok, qui la cosa stava andando troppo oltre.
« Paps, davvero, sto bene… calmati… »
« No, fratello! Potrebbe essere stato un semplice capogiro, o persino qualcosa di più grave! » Gli rispose prontamente Papyrus, alzando un dito in modo autoritario mentre scendeva le scale con Frisk appresso. « È mio preciso dovere in qualità di fratello minore controllare che sia tutto in regola con te! »
Sans sospirò docilmente. Dove avrebbe trovato un fratellino migliore di Papyrus – possibile ne esistesse anche uno soltanto che potesse sperare di eguagliare la sua bontà d’animo?
Venne posato sul divanetto del soggiorno il tempo necessario a Papyrus per trovare il famigerato kit medico – a tal proposito, ne avevano mai avuto uno? –, quando la voce delicata della ragazzina lo distrasse dai rumori per niente rassicuranti provenienti dalla cucina.
« Sans… non era un capogiro, vero? »
Sans la scrutò con attenzione e lesse sincera preoccupazione in quegli occhi che lo guardavano innocentemente, quasi timorosi di chiedere.
« Non ti si può nascondere nulla, eh piccola? » Mormorò, ridacchiando rassegnato. « Sei una buona osservatrice. »
“ Un po’ troppo però, forse. ” Aggiunse, tra sé e sé.
Lei chinò il capo, giocherellando nervosamente con le maniche del suo maglione.
« Scusami… non volevo intromettermi. Io… avevo paura che ti fossi fatto male… » Confessò, serrando poi gli occhi come se avesse detto qualcosa di sgarbato. Inevitabilmente, non poté fare a meno di chiedersi come un’anima all’apparenza tanto candida potesse andare in giro con una calamità come quella al piano di sopra. Ma, detto questo, nemmeno lui e suo fratello potevano essere considerati un abbinamento funzionante dall'esterno, avendo caratteri diametralmente opposti.
« Ehi, non stare in pensiero per me, ok? » Le disse, inclinando un angolo del suo caratteristico sorriso verso l’alto.
« Non posso non preoccuparmi per gli altri... » Bisbigliò la ragazzina, strofinandosi leggermente l’avambraccio sinistro. Rialzò gli occhi dopo qualche secondo, come se in quel lasso di tempo avesse meditato su un pensiero in particolare, che adesso desiderava esprimergli ad alta voce. « Anche tuo fratello si preoccupa per te. Perché… non… »
« Piccola. » La interruppe fermamente Sans, prima che potesse proseguire. « Voglio essere schietto con te: questi non sono affari che ti riguardano. »
L’umana lo fissò ad occhi sgranati. Era evidente che non si era aspettata di ricevere un rimprovero così duro.
« M-mi… mi dispiace… » Mormorò, distogliendo vergognosamente lo sguardo, la frangia le scivolò davanti agli occhi.
Sans se ne dispiacque. Non intendeva rimproverarla in maniera tanto dura. Forse, aveva esagerato.
« Piccola, ehi, guardami. »
La ragazzina alzò la testa, guardandolo con occhi mortificati.
« Non prenderla troppo sul personale, va bene? » Tentò di rinfrancarla lo scheletro, sporgendosi leggermente in avanti per quanto le gambe doloranti gli consentivano. « Non è un male preoccuparsi per gli altri, se non si esagera. »
Ricevette un cenno d’assenso pochi momenti dopo, insieme ad un sorriso tremolante. Accidenti, magari avrebbe dovuto mostrarle un po’ più di empatia. Non che fino a quel momento si fosse sforzato più di tanto, s’intende – impegnarsi troppo non faceva esattamente parte del suo modus operandi –, ma riconosceva di non averle fatto una gran bella impressione. Probabilmente, lei non lo aveva nemmeno mai visto atteggiarsi in questa maniera e lo sconcerto a volte eccessivo sul suo viso poteva essere una prova a favore di questa tesi.
Batté gentilmente la mano sul divano, invitandola a sedersi.
La vide tentennare.
« Io… p-pensavo… » Farfugliò lei, incespicando nelle sue stesse parole.
« Sarebbe insansato considerarti mia nemica quando non me ne hai ancora dato motivo. » Le disse con fare rilassato, le palpebre socchiuse sulle orbite. Aveva gettato un osso. Vediamo se qualcosa sarebbe uscito dal nascondiglio per rosicchiarlo.
La piccola rise, ma con una significativa frazione di secondo di ritardo, nella quale lo scheletro percepì una evidente esitazione. Neanche lei era completamente innocente, a quanto pare.
Fece di quell'osservazione un rapido appunto mentale nel frattempo che la ragazzina saliva sul divano, sedendosi ad una distanza accettabile per entrambi.
« C’è qualcosa che posso fare per aiutare? » Gli domandò l’umana, un sorriso appena visibile sulle sue labbra.
« Mi faresti un grande favore se non dicessi nulla a Papyrus, per il momento. Per non farlo preoccupare troppo, ok? » Le disse, strizzandole l’occhio.
La giovane lo guardò con un'indecisione che, seppur appena visibile nei suoi occhi, Sans fu comunque in grado di vedere. Infatti, la ragazzina annuì in accordo solo a distanza di qualche secondo, rendendo la sua insicurezza sulla questione ancora più palese.
« Ok… »
Non era l’ok più convinto che avesse sentito in vita sua, ma era comunque sufficiente per il momento. Fino a che non avesse appreso di più sia su Frisk, che su Chara, sarebbe stata tutta questione di riporre la sua fiducia in quella ragazzina solo per apparire meno ostile, usando l’astuzia con lo scopo di ottenere le informazioni che gli servivano. Se si fosse verificato un altro reset, non aveva idea di quanto avrebbe ricordato di questa linea temporale, ma chiarire i suoi dubbi avrebbe sempre potuto tornargli utile in futuro.
 

Si era svegliata con la sensazione che mancava qualcosa di importante, qualcosa di cui aveva data per scontata la presenza, qualcosa che – era sicura – avrebbe dovuto esserci.
L’altro lato del materasso era vuoto e solo leggermente tiepido al tatto. Frisk doveva avere lasciato recentemente la stanza, ma abbastanza a lungo per permettere al letto di raffreddarsi.
Scivolò fuori dalla camera silenziosamente, muovendosi sicura nel buio come un predatore notturno. Contorni di pareti e oggetti le parvero molto più nitidi di quanto ricordasse mentre scendeva le scale in punta di piedi, ma sul momento non prestò troppa attenzione a quel dettaglio perché, fermatasi sul secondo gradino, aveva trovato ciò che nel sonno era venuto a mancarle.
Frisk era sul divanetto del soggiorno e lo stava condividendo con quel nano di uno scheletro e il suo fratello sciocco. Papyrus, con l’ausilio di un solo braccio, riusciva a circondare le spalle di Sans e poggiare contemporaneamente la mano sulla spalla minuta di Frisk, raggomitolata contro Sans, di sicuro il più disordinatamente stravaccato tra i tre. A terra, vi erano i rimasugli di un piatto di spaghetti*, la cui sola vista le fece contorcere lo stomaco, tanto era ancora fresco nella sua memoria il ricordo di quella colla, camuffata da pasta, che le si era appiccicata al palato dopo un singolo boccone.
Dormivano in appena un metro e mezzo di divano, eppure, ognuno sembrava star comodo a modo suo. E… e Chara sapeva perché. Verso sera, lei andava sempre a sedersi in salotto sulla grande poltrona vicino al camino, stanca e un po’ assonnata dopo una giornata di giochi sfrenati. E aveva sempre condiviso quella poltrona, non aveva importanza quanto alcune volte avesse desiderato uno spazio maggiore per potersi stiracchiare, mai aveva negato ad Asriel il posto che di diritto gli spettava.
Frisk aveva già un posto – e non era vicino a lei.
Si era stupidamente illusa di potersi sentire di nuovo parte di qualcosa. La razza di esseri immondi a cui apparteneva la aveva ripudiata come uno scarto malriuscito e solo i mostri avevano provato ad offrirle un appiglio, una costante su cui poter sempre contare… ma quella costante aveva finito con lo svanire, quello che prima era solido si era liquefatto come acqua, disperso nei rimasugli di una fiducia che un semplice No era stato in grado di spezzare. Frisk le aveva offerto una mano da afferrare, la seconda in tutta la sua vita, ma lei non si stava dimostrando capace di stringerla saldamente come… c-come, invece, avrebbe voluto essere in grado di fare.
La colpa non era di Frisk. Era sempre stata lei quella indesiderata, quella senza un luogo dove stare, quella sbagliata. Probabilmente, era per questo che non sarebbe mai esistito un posto adatto ad accoglierla, ad accettarla. Era un ingranaggio incompatibile, che non poteva trovare una collocazione perché non avrebbe dovuto essere creato fin dall’inizio.
Si girò e risalì le scale, una cupa lentezza che accompagnava i suoi movimenti. In quel frangente, la tensione prese a gravarle bruscamente sulle spalle, il mescolarsi della magia con l’aria mise in allerta i suoi sensi. Non era l’unica ad essere ancora sveglia.
Ma per Chara non faceva comunque differenza, perché non voleva avere più sotto gli occhi quella pacifica visione di serenità. Aveva già visto e compreso abbastanza.
 
---
Note:
*La parte della chiacchierata tra Frisk e Sans sarebbe dovuta proseguire, nei piani iniziali, con la riapparizione di Papyrus, accompagnato da un piatto di spaghetti che aveva riscaldato appositamente per tirare su Sans. Ho dovuto eliminarla perché sarebbe risultata ridondante, ma non ho voluto eliminare anche il riferimento agli spaghetti che troviamo nel successivo POV di Chara. Nel videogioco, la presenza di alcuni oggetti può suggerire alcune situazioni piuttosto che altre, perciò non ho ritenuto necessario evitare di descrivere questo particolare.

 
 


Sameko's side 
Howdy!
Capitolo più lungo fino ad ora, con più di 4000 parole. Ero impaziente di pubblicarlo perché, con questo aggiornamento, quello che definisco il "primo arco narrativo" della fanfiction è finalmente finito! La parte introduttiva è per così dire terminata e, da ora, si procederà senza esclusione di colpi. Confesso che il titolo questa volta mi ha dato parecchi problemi, ma alla fine sono riuscita a trovarne uno che adattarsi a tutte e tre le parti di cui è composto il capitolo. 
Chiacchierata interessante e soprattutto diplomatica tra Sans e Gaster, mh? Tutto perfettamente normale tra quei due, non temete (?). E, nel caso qualcuno si stesse domandando il perché della mancanza del Wing Ding, beh, Sans ha tradotto per noi in questo capitolo, vi ha risparmiato una bella seccatura. ;)
Piccola noticina per chi non ricorda cosa sono i Moldsmal e i Moldbygg: i Moldsmal sono i mostri gelatinosi che si incontrano nelle rovine, i Moldbygg si incontrano invece a Waterfall e fingono di essere dei Moldsmal, per intenderci ( la wiki di Undertale saprà essere ben più specifica di me). Riassumendo, quindi, questi due riferimenti: sotto cose piccole si celano cose grandi e le apparenze possono ingannare. Da tenere a mente.
E qui comincia ad emergere un'altra delle mie shipping preferite di Undertale insieme alla Chara/Frisk ( shipping mooolto innovativa la Frisk/Sans, nevvero? ). Voglio però precisare che in questa fanfiction non ci saranno vere e proprie coppie, ma solo relazioni di tenera amicizia, fatta esclusione per shipping canoniche come la Alphys/Undyne che, comunque, non avranno una particolare rilevanza a livello di trama. No romanticismo, quindi ( non è nemmeno tra i generi )! Ma questo non significa che saranno tutti amici amicissimi subito, eh! ^^
Oh, ehi, altro momento Angst per Chara, è ormai gara tra me e lei ( ma so già di avere la vittoria in tasca, perché le mie autoumiliazioni gratuite non avranno mai fine finché continuerò a mettere giochi di parole e freddure, nonostante sia consapevole delle mie inesistenti capacità nell’inventarli e/o inserirli al momento opportuno ).  
Ok, scleri messi da parte ( solo per ora probabilmente ), la prossima settimana per me sarà abbastanza impegnativa, quindi non ho idea se riuscirò ad aggiornare. Comunque vada, con il capitolo 6 inizierà il secondo arco narrativo e... vabbè, poi si vedrà. :)
Se lascerete un commentino anche piccolo, mi farete molto felice! :D
Baci e buona domenica a tutti!
 
Sameko

 
Ps: note d'autore troppo lunghe, chiedo perdono!
 
   
 
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