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Autore: LeAmantiDiBillKaulitz    13/11/2016    1 recensioni
Prendete Chelsea e Alexandria, due migliori amiche particolarmente male assortite: una, rumorosa, casinista, molto oca e morbosamente ossessionata dal cinema, l'altra acida, nervosa, arrabbiata e decisamente pronta a picchiare tutti. Poi aggiungete Bill, antipatico, isterico, viziato ma terribilmente sexy. Mescolate con un'intervista ai Tokio Hotel per il giornalino universitario, con un Tom molto scemo, un Georg molto martire e un Gustav molto affamato. Il piatto è pronto: tra gaffes, incomprensioni, tacchi alti, litigi e romanticismo-fai-da-te, riusciranno le due ragazze a conquistare l'algido cuore del cantante?
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome, Triangolo
Capitoli:
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-CHELSEA SIENNA SPIEGELMANN- abbaio in preda al panico più nervosamente rabbioso e assoluto. Tante ne ho viste nei miei agitati e movimentati vent’anni di vita, e tante ne posso immaginare; ma che quella scema della mia coinquilina decerebrata -che pensavo conservasse almeno un briciolo di sale in zucca-, potesse mollemente e stupidamente rovinare sopra la –odiosa, schizzinosa, crudele, scorbutica, meravigliosa, affascinante, ammaliante, tutto tranne che amabile- Fatina (roba che ci denunciano per stupro. Non testimonierò a tuo favore, sappilo) non era una cosa che avrei pensato potesse essere possibile. E ripeto che ne ho, di immaginazione. E le tragedie sono la mia specialità. 
-Agh…- geme la scemo-rasta, alzandosi piano. Seh, seh, fai la dispiaciuta, che l’avevo capito che ci stavi godendo tremendamente a stargli distesa addosso. Ho dovuto tenermi molto saldamente le mani per non scansarti violentemente da lui e chiamare la polizia. O uno psicologo. È una cosa che pensavo di fare da un po’, chiamare uno psicologo per te. Ma so che non mi gioverebbe, perché se anche solo dovesse posare lo sguardo su di me sarei la prima a finire in analisi. Quindi ho scartato questa idea dai miei programmi per il futuro. Anche perché ti voglio troppo bene per fare una cosa del genere. Ah, i rapporti affettivi. Che cosa vomitevolmente fastidiosa e rompicoglioni. Finiscono sempre per metterti i bastoni tra le ruote, per quanto tu provi a non averne bisogno.
Tornando alla nostra scena di sfiorato stupro: non voglio nemmeno guardare la faccia di Bill, perché ho abbastanza inventiva da sapere che sarà una delle cose più meravigliosamente spaventose che un visino mortalmente perfetto come il suo (più unico che raro, il cui fascino non ho mai trovato in nessun altro, maschile o femminile. Per quanto io e gli effeminati mestruati abbiamo feeling. Questa cosa penso che sia grave; sia io che Chess non siamo capaci di farci piacere i ragazzi normali, le nostre preferenze vagano ai due estremi, o avanzi di galera super tatuati ed educati come scaricatori di porto fattoni o pseudo trans totalmente privi di palle che non aspettano altro che un principe azzurro che li accetti come belle fanciulle. Dovremo farci visitare entrambe … ed ecco che torna il discorso dello psicologo) possa esprimere combinando contrazioni di muscoli facciali differenti.
-Oh … scusa, Bill- farfuglia Chess una volta tiratasi in piedi. –Non l’ho fatto apposta, io … vedi inciampo sempre- ‘Io, vedi, sono idiota e decerebrata, non penso mentre faccio le cose, sono malata mentale grave e fra poco mi denuncerete, ma sai, inciampo sempre …’ ripeto nella mia mente.
La Fatina non risponde. Come previsto, complimenti soldato Herder, le tue previsioni strategiche sono sempre impeccabili. Non vorrei e non dovrei, sento ogni creatura vivente e non, ogni singola cellula presente in questo spaziotempo urlarmi di non farlo, ma mi arrischio a guardarlo in faccia. Come non detto: l’espressione della più perfetta rabbia animalesca sapientemente e artisticamente contenuta, mista ad un nervosismo tale a quello di una quindicenne mestruata alle verifiche di fine anno scolastico, coperta dai quintali di trucco incerato intorno ad un paio di pozzi neri che sembrano portare direttamente all’Inferno (riesco a scorgere una simpatica hostess che distribuisce biglietti di ‘sola andata con atterraggio violento e non sicura sopravvivenza’ per il Fondo Inesistente di quel paio di occhi); insomma, il capolavoro più capolavoresco, il sogno di ogni essere rabbioso, il Nirvana di ogni metallaro punk incazzato, il Volto della Misantropia più assoluta, è presente di fronte a me e sta a pochi centimetri dal pavimento della mia cucina. Ed ha un labbro sporco di biscotto al cioccolato.
Apre la bocca per dire qualcosa, ma non mi do tempo di ascoltarlo perché nella mia mente sta già urlando le peggiori ingiurie in scream alternato a growl, accompagnato da chitarre rabbiose, distorte e apparentemente scoordinate, urla di terrore in sottofondo e batteristi impazziti che sfondano con ira un tamburo dopo l’altro spaccando bacchette (decisamente non posso abbinare Winnie The Pooh a questa parte della visione, mi dispiace tesoro ma per questo momento dovrai cercare un altro batterista). Insomma, questa è una scena da death metal violento e selvaggio allo stato brado.
-Tom. Aiutami ad alzarmi- poche, semplici e mielose parole spengono spietatamente i miei sogni a occhi aperti sul futuro da metallaro di quest’uomo … no, uomo decisamente no. Essere, angelo, presenza celeste, demone, incubo umano, sogno più ambito, meraviglia delle meraviglie, effemminato schifoso, figura eterea, Donna se vuoi, ma uomo proprio no. Subito il fratello corre a dargli una mano, mentre Chelsea si mette da parte in un angolino vicino ai fornelli, zoppicando. Ci manca solo lo sguardo a spirale concentrica di qualche colore strano e il sorriso perverso stile Stregatto, e poi saresti perfetta, tesoro mio adorato: con te farò i conti dopo. Per il momento sono occupata a cercare di rimanere in piedi senza svenire in modo poco virile addosso alla Vedova Nera semidistesa a mo’ di Sirenetta sul mio pavimento.
-Ti sei fatto male?- chiede premuroso il vichingo ladro di chitarre (giuro che lo seguirò, mi nasconderò sotto il suo letto, e quando andrà a dormire gli taglierò rozzamente tutte e due le mani. Nessun fottuto chitarristucolo pop-mainstream può anche solo provare a pensare lontanamente di mettere le mani sulla mia adorata, unico ed eterno amore assoluto, fusione materiale di ogni manifestazione di magnificenza terrena e celeste ossia la mia chitarra, rigorosamente punk-metal-emo. Nessuno che non sia la sottoscritta, nemmeno Chess può. Lui l’ha insudiciata, l’ha oltraggiata, l’ha violentata con quella sua obbrobriosa melodia pop. Sarà una crudele vendetta quella che scatenerò su Tom Kaulitz, chitarrista dei Tokio Hotel. Mondo, preparati al terrore), aiutandolo a tirarsi su. Sembra sinceramente preoccupato, probabilmente la Fata gli ha fatto il lavaggio del cervello trasformandolo in una specie di schiavo a portata di mano (eh, eh, mi piaci!). O forse è solo quell’odiosa cosa che chiamano ‘amore fraterno’. Nah, una creatura del genere non può provare ‘amore fraterno’. Che parola plebea.
-No- mormora piatto il vocalist, sistemandosi i capelli e i jeans strettissimi. Sembra quasi di vedere le piastrelle sciogliersi dove il suo sguardo incandescente passa.
-Perfetto allora- trilla il chitarrista, rivolto a Chelsea. –Possiamo tornare alle nostre cassette!
-Ovvio!- urla lei di rimando, con un sorriso a sessantaquattro denti stampato sulla faccia. Lei è brava a mascherare il panico sotto i sorrisoni, perché le vengono maledettamente bene. Se io provassi a sorridere inizierebbe a grandinare, il condominio verrebbe abbattuto dai fulmini, arriverebbe un esercito di mucche volanti dotate di mitra, perfino i soggetti delle foto scapperebbero dalle cornici e se la darebbero a gambe, e tutti i presenti si procurerebbero una schizofrenia grave e dieci anni di sedute dallo psicologo. Ed ecco che si torna sempre su di lui, lo strizzacervelli.
In breve entrambi schizzano fuori dalla stanza, lasciando me e Fata Morgana in piedi come due fessi a guardarci intorno. Ho colto negli occhi di Chelsea un disperato bisogno di prostrarsi millemila volte di fronte a Bill e implorare il suo perdono in ogni modo possibile; ma il rasta l’ha trascinata fuori prima che potesse anche solo chiedergli come stava. Non saprei dire se sia stata una buona mossa. Affrettata, quindi sicuramente la migliore a cui si potesse pensare al momento. Così, adesso siamo soli soletti come due scemi, solo il soldato Herder bloccato sull’allerta più assoluta e il mercenario russo che lo fissa giocherellando tranquillamente con il telecomando per attivare la bomba nucleare.
Argh.
Non sono brava a fare conversazione, tantomeno con un soggetto –divino- del genere. Ti prego, musa discesa dall’Olimpo, abbi pietà di un povero soldato ferito in questa umana terra.
-Mh, bene- mugugna Bill, non so se rivolto a me o a sé stesso. –La tua amica è piuttosto maldestra. Io non sopporto le persone maldestre- adoro come calca l’”Io”, come se fossimo tutti poveri schiavi inermi di fronte alla sua oscura ed eterea magnificenza, e la confidenza che mi stia lasciando in questo momento sia solo un’eccezionale concedere un attimo di considerazione ad uno di noi.
-È fatta così. È …- scema, sto per dire. –un po’ particolare. Ha la testa tra le nuvole.
-Mh. Capisco.
Si abbandona mollemente su una sedia, e ricomincia a mangiare i miei biscotti. Ne ha già fatti fuori una buona metà, e meno male che facevano schifo.
-Ti piacciono, eh?- dai, non posso non tentare di fare almeno due parole.
-Mh, buoni.
-Prima dicevi che sembravano radioattivi.
Mi guarda con uno sguardo di odio misto a stizza da sotto i ciuffi neri che gli pendono dalla chioma semi-rasta (ma sono l’unica qui a non provare a sembrare Bob Marley? Voglio dire, se va così di moda me li faccio anche io). Io ricambio indifferente, mi dispiace, Fata, ma questo lo so fare meglio io.
-Allora- mi siedo sulla sedia di fronte alla sua, al contrario, appoggiando le mani sullo schienale, come sono solita fare nelle occasioni meno eleganti. Ma anche in quelle eleganti. –Com’è fare il cantante?- chiedo tentando di sorridere un po’. Non vedo nuvole portanti tempesta in cielo, forse riuscirò a non far scoppiare il pandemonio stavolta.
Lui mi fissa come se stessi parlando in aramaico con accento francese, continuando a sgranocchiare biscotti.
-Stressante- ok, di tutte le risposte non mi sarei mai aspettata ‘stressante’.  D’altronde, la persona con la quale sto parlando necessita di un codice cifrato da interpretare tutto suo, non si può adattare al registro ‘normali persone rimbecillite’.
-Ah.
-E com’è fare la normale studente universitaria?- chiede disinteressato lui. Almeno, apparentemente. Wow, ti meriti una medaglia d’onore, Fata, non pensavo ti interessassi alle vite di noi comuni umani poco eccitanti.
-Mh, noioso- sbuffo io, rinfacciandogli la sua freddezza.
-Lo immaginavo.
-Allora perché chiedi cose che immagini?
-Perché immaginare non significa avere ragione. Anche se io ho sempre ragione.
Alzo un sopracciglio. Non riesco a capire se mi stia sfidando o se si stia semplicemente divertendo. Sicuramente mentre ‘parla’ con me sta architettando un modo per farla pagare a Chess per essersi buttata addosso a lui come un sacco di patate olandesi in caduta libera. E chi non lo farebbe.
-Buon per te.
-Grazie.
Cala il silenzio. Si sente solo il rumore di Bill che mastica i biscotti. Mi arrischio a prendergliene uno, ma appena la mia mano semi-avvolta dal guanto senza dita consumato di dieci anni fa, dalla pessima manicure che tenta di sembrare un minimo ordinata gli scivola sotto il naso scatta peggio di una trappola per orsi, strappandomi il piatto per un pelo e gridando in modo sovrumano, facendo tremare la terra e scatenare fulmini, aprendo voragini sul terreno e suscitando il terrore in tutta la Terra (o lo scenario apocalittico è solo nella mia mente? … oh, conosco questa fase. Il soldato, disperato ad esausto, avvolto dal terrore assoluto, inizia a pregare come una suora di clausura, avendo le peggio traveggole sugli scenari biblici). Con gli occhi spalancati che mi fissano tremolanti di gelosia nera e la bocca piena di biscotti al cioccolato; ricorda –per quando possa essere blasfemo pensarlo- una gatta isterica che soffia contro un randagio che vuole toccare i suoi cuccioli. Con l’unica differenza che i cuccioli in questo caso sarebbero di mia produzione.
-Hey, rilassati, tesoro. Non ti mangio mica.
-Ma i biscotti eccome se li mangi!- mi accusa aggressivo. Come se fosse un reato.
Ora scusa, ma non posso fare a meno di scoppiare a ridere. E rido. E rido. E mi sganascio, mi stanno scoppiando i polmoni, mi si sta strappando la faccia, mi si stanno rompendo le costole, ogni particella di me va in completa confusione, allarmi suonano ovunque impazziti, qualche povero sopravvissuto implora il may-day, è evidente che non ero preparata a questo tipo di situazione, nel mio addestramento non era compreso, sto andando in palla, non so quando sia stata l’ultima volta che ho riso così tanto, ma … cazzo, rido.
Quando –com’era prevedibile- Chelsea irrompe nella cucina per vedere che succede, io mi sto rotolando sul pavimento in preda alle convulsioni.
-A … Alex … che … che cos’hai?- mi chiede terrorizzata. Posso solo immaginare la sua faccia in questo momento, insomma, Alexandria Herder che si rotola dal ridere, è perfino peggio di quando sorrido, potrei essere malata. Potrei stare per morire. E ho paura pure io. Solo che non riesco a smettere di ridere come una scema ritardata in preda ad una grave crisi epilettica.
Nel frattempo, con tutta la calma possibile e immaginabile, nella stanza entra a passi lenti Tom, che immagino si stia guardando intorno spaesato per cercare di capire cosa c’è che non va.
-Riconfermo che sei una iena. Ti sei sentita ridere?- borbotta strascicante una voce che potrei ricongiungere a lui.
Mi blocco. Ferma immobile così come sono, le braccia strette attorno al torace piegato ad arco, le ginocchia praticamente in bocca e i piedi tirati a martello, mi fermo con gli occhi sbarrati e la bocca serrata.
Molto lentamente, giro la testa verso di lui, che mi sta ancora fissando sbadigliando. Ma il bagliore di terrore nascente lo scorgo, anche se probabilmente non se n’è ancora reso conto.
-Come, prego?- chiedo gentilmente.
Ah, adesso sì che hai paura. Lo vedo in ogni centimetro del tuo fottuto corpo da matricola tremante, con il suo primo fucile in mano e il casco male allacciato che cade sopra il viso, bloccato nel terrore alla vista del soldato nemico che si è improvvisamente trovato di fronte, spuntato da chissà dove dietro le foglie verdi, silenziose e abitate solo da allegre cicale ridenti. Fino a poco fa. Fino a che non sono spuntato io. Non è vero, matricola?
-Cosa … intendi?- come sei carino mentre cerchi di mettere insieme due parole. Tanto per vedere che sei ancora capace di farlo. Mi ricordi la mia passata innocenza. Ah, dimenticavo, non c’è mai stata.
-Non serve che io gridi qualcosa di ovvio e prevedibile per annunciare che sto per strappare quel bel visino dal teschio che lo regge in piedi?- chiedo, retorica. Le matricole, così spassose.
È divertente chiedersi perché nessuno provi a fermarmi quando, in un paio di millisecondi il mio corpo leviti dal pavimento a Tom, con un simpatico e potente cazzotto ingranato diretto al suo bel faccino e tutta l’allegra intenzione di ridurre questo essere umano ad una quantità di marmellata sufficiente da preparare un bel vassoio di panini per una festa di compleanno fra bambini. Come sono buona, penso sempre agli altri.

Hey people. Qui è callingonsatellites, spero che il capitolo -un po' cortino we know- sia stato di vostro gradimentoooooooooo :DD
Mi raccomando lasciate qualche commentinooooooooo :DD adesso ce ne andiamo, sì, ciao.
Che il potere del punk sia sempre con voi! (questa era Alex) ... e mi raccomando, attenti con i biscotti al cioccolato.
Bye frens :DDDDD            Noi^^
   
 
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