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Autore: Sacchan_    13/11/2016    0 recensioni
Selena si è da poco trasferita in una nuova città, ma il suo primo giorno non sarà dei migliori.
In questa long si muovono diversi personaggi, ognuno di loro nasconde qualcosa o convive con qualcosa che tenta di tenere nascosto al prossimo. In fondo, abbiamo tutti i nostri scheletri nell'armadio.
Warning!: presenza di tematiche delicate, più coppie slash [boyxboy] e fem!slash [girlxgirl]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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wattpad
Ero stata messa nel sacco.
Già, decisamente mi ero lasciata fregare dagli occhi azzurri di Fabian e dai sorrisi gentili di Eris.
"Non so nemmeno dove andarlo a cercare." Lamentai, sperando così di impietosirla.
Cosa che non ebbe nessun effetto sperato: Eris portò le mani davanti agli occhi, giungendole a preghiera e guardandomi supplicante.
"Ti prego, mi toglieresti questo peso di dosso."
La guardai dubbiosa ricordandole che, proprio come aveva detto Fabian poco prima, era la rappresentante della nostra classe e stava a lei comunicare agli studenti comunicazioni dotate di una certa importanza. Eris chinò il capo consapevole di quanto le mie parole fossero vere.
"Ho pensato che, poiché sei nuova, magari a te Brendon avrebbe dato un minimo di ascolto. Di solito quando mi avvicino a lui per comunicargli qualcosa poco ci manca che mi caccia via a calci nel sedere. E credimi, sarebbe capace di farlo."
Scossi il capo per nulla convinta da ciò che mi veniva chiesto di fare, tuttavia Eris continuava a fissarmi con quello sguardo supplicante che, o avrei fatto come mi avrebbe chiesto, o avrebbe mantenuto quella espressione fino a quando mi sarei lasciata convincere.
Sospirai al pensiero che avrei dovuto di nuovo rivolgere la parola a quel ragazzo, ma a pensarci bene si trattava solo passargli una comunicazione: non è che dovevamo dialogare per conoscerci.
"Va bene, hai vinto." Mi rassegnai. "Dimmi solo dove posso trovarlo." Non mi sarebbe piaciuto l'idea di rincorrere qualcuno per tutta la scuola solo per dire un paio di parole.
Eris mi abbracciò contenta, portandomi quasi a chiedere se il ruolo di rappresentante fosse adatto a lei.
"Oh, ti ringrazio! Mi hai tolto un peso!" Mormorò contro il mio orecchio. "Solitamente, quando non ha voglia di seguire le lezioni, Brendon sale sul terrazzo della scuola."
Ah, bellissimo. Pensai, incrociando le braccia.
"Nella mia vecchia scuola il terrazzo era una zona a divieto d'accesso durante le lezioni." Precisai, pensando che potesse essere lo stesso.
"Lo è anche qui. Gli studenti possono salirci solo durante la pausa pranzo fra le lezioni del mattino e quelle del pomeriggio." Eris abbassò lo sguardo fino ai piedi. "A Brendon non è mai importato del divieto, quindi è sicuro che lo troverai lì."
Annuii in risposta, precisando però che avrei aspettato la fine delle lezioni mattutine e mi sarei mossa solo se non si sarebbe mostrato prima.
Eris mi guardò colpevole.
"Non ti avrei comunque chiesto di salirci adesso." Precisò, cosa che mi rimproverare me stessa per essere stata troppo dura verso l'unica che, finora, si era mostrata cortese verso di me.
Il piccolo intermezzo fra una materia e l'altra finì in quel preciso momento e il resto della mattinata volò fra ore di matematica e letteratura. Allo scoccare della pausa lunga Eris spinse verso di me un quaderno pieno di appunti, nel post-it attaccato alla copertina la sua calligrafia mi metteva al corrente che potevo tenerlo in prestito per quei primi giorni e si scusava per il disturbo. Le alzai il pollice sorridendole prima di avventurarmi fuori in corridoio alla ricerca delle scale che portavano verso il terrazzo.
La mia nuova scuola era da poco stata ristrutturata, quindi nasceva sulle basi della vecchia, messa in sicurezza grazie alle nuove normative che vigevano per gli edifici pubblici.
Si componeva di due piani: un piano terra e un primo piano, collegati soltanto da una scala di una quindicina di gradini per piano. Al piano terra, oltre all'ingresso e alla segreteria, vi si trovava un lungo corridoio che metteva a disposizione degli armadietti per gli studenti. Il colore degli armadietti determinava l'anno di chi lo usufruiva. Ai lati di questo corridoio vi si trovavano diverse aule, più la sala professori, l'ufficio della preside -che avevo avuto il piacere di conoscere solo telefonicamente-, e una sala studio che fungeva anche da biblioteca. Salendo al primo piano si trovavano i laboratori e il resto delle classi; infine, proprio in fondo a questo, una piccola scalinata conduceva al terrazzo della scuola. Non essendo grande come istituto era presente una sola sezione, per un totale di cinque classi in tutto.
Queste erano le informazioni che ero riuscita ad ottenere durante le mie ricerche sulla scuola stessa.
Mi aggregai a un gruppetto di studenti che stavano andando fuori per salire i cinque scalini che portavano a dove ero diretta. Attaccati alla parete cartelli di divieto invitavano studenti e professori a non fumare sulla terrazza.
Guardai in giro, pregando che colui che cercavo non se ne fosse già andato; il sole mi batteva contro gli occhi impedendomi la visuale, li andai a coprire con una mano mentre avanzavo.
Girai più d'una volta la testa fino a quando lo vidi: era appoggiato al parapetto di sicurezza, di spalle e con una sigaretta accesa fra le dita.
Mi avvicinai cauta, guardando schifata la sigaretta: non sopportavo il fumo, tanto più chi fumava.
"Ero convinta di aver letto un cartello con un divieto di fumo prima di salire qui." Mi lasciai scappare.
Brendon si girò lentamente dalla mia parte, per nulla sorpreso che io potessi trovarmi davanti a lui in quel momento. I capelli color cenere venivano spinti di lato da una leggera brezza di vento, alcune ciocche gli ricadevano sugli occhi, ma la cosa non sembrava minimamente dargli fastidio.
Prima di rispondermi prese un'altra boccata di fumo.
"Il divieto di fumo è totalmente inutile se sei in uno spazio aperto, non trovi?" Mi domandò fisso negli occhi, una arroganza tale che mi venne da rispondergli all'istante.
"Non so, se il cartello è stato appeso un motivo ci sarà."
Fece saettare lo sguardo di lato.
"Guardati attorno, nessuno sta rispettando il divieto."
Seguii i suoi occhi, notando che altri gruppetti di ragazzi stavano fumando le loro sigarette, disposti in cerchio.
"Eppure tu sei qui a dare contro solo a me." Concluse allargando le braccia e assumendo l'atteggiamento di un bambino, fingendosi una povera vittima.
"Solo perché adesso sto parlando con te." Precisai, cercando di non perdere la pazienza. Ero salita solo per poter dire una stupidissima cosa, non era mio intento litigare.
Brendon rigirò la sigaretta, quasi finita, fra le dita per poi porgermela.
"Vuoi provarla?" Chiese serio, portando i miei occhi a corrucciarsi.
"Sei qui per questo, no?" Domandò poi con malizia, cosa che mi fece quasi perdere la pazienza per la sua sfrontatezza.
"Non fumo." Replicai decisa, incrociando le braccia sotto al petto. La mia pazienza stava scemando sempre più.
Brendon la fece cadere a terra e poi la calciò via con il tacco della scarpa, facendola cadere giù di sotto dove, presumibilmente, c'era il giardino della scuola.
Quella tale mancanza di rispetto mi portò istintivamente ad aprire la bocca per dirgliene quattro, ma lui fu più veloce di me nel farmi tacere, forse aveva già previsto le mie intenzioni.
"Cosa vuoi, dunque?"
Contai fino a tre prima di rispondere, dovevo ritrovare la mia tipica compostezza.
"Eris dice che la preside vuole vederti." Risposi nel modo più calmo possibile. Dovevo solo dire quelle parole, non dovevo certo fare altro.
Brendon inclinò lo sguardo di lato.
"Scommetto che è stato Fabian a dirglielo." Pensò ad alta voce.
"Beh, sì." Gli rivelai io. D'un tratto sembrava essere diventato pensieroso, al punto di portarsi le nocche delle dita alle labbra.
Ma quel momento di riflessione durò ben poco.
"Come al solito non è capace di dirmelo di persona." Brendon scrollò le spalle con una risatina, lasciandomi per un attimo di stucco davanti a quel cambiamento improvviso. Portò poi le mani dentro al suo giubbotto e si incamminò verso di me, senza mai distogliere lo sguardo dal mio viso per un secondo.
"Posso chiederti che cosa hai esattamente visto ieri?"
Non sapevo spiegarlo, ma c'era un modo nel suo fissarmi e nel tono di voce che aveva usato da farmi presagire che, se avessi risposto nella maniera sbagliata, me l'avrebbe fatta pagare per un qualcosa che neanche potevo comprendere.
"Nulla, in verità." Abbassai il mento, scegliendo bene cosa dire. "La stanza non era illuminata e dalla mia posizione il letto non si vedeva nemmeno bene."
Un tocco mi sfiorò leggermente la spalla: Brendon si era avvicinato così tanto al punto da potersi chinare per sussurrarmi qualcosa all'orecchio.
"Dimentica ciò che hai visto." Mi intimò a bassa voce prima di ritornare verso l'interno dell'edificio.
Per un attimo avevo avvertito i brividi sulla schiena.

Il peggio della giornata arrivò proprio a fine della giornata stessa, quando la preside -una signora di mezza età agghindata da un pesante trucco sul viso, sì finalmente l'avevo conosciuta- mi aveva trattenuto nel suo ufficio per siglare le pratiche che ancora mancavano di una mia firma e che sarebbero poi finite nel mio dossier scolastico.
Con il sole che ormai calava giù per le finestre, donando al bianco dei muri un aspetto dorato, raccolsi le ultime cose sia da sotto il mio banco che dal mio armadietto personale. Era già passata un'ora dalla fine delle lezioni, gli studenti se ne erano andati tutti e anche i professori che si erano attardati avevano lasciato l'edificio. Restava solo la preside, chiusa però nel suo ufficio.
Fu in quel momento, un momento di assoluto silenzio, che udii uno schianto metallico, come se qualcosa avesse sbattuto. Mi girai di scatto verso il rumore, non curandomi del mio zaino lasciato aperto, per andare a vedere cosa fosse successo e, girando l'angolo, capii di essere finita nel posto sbagliato al momento sbagliato.
La mano di Brendon era premuta contro il collo di Fabian, quest'ultimo pressato contro un armadietto.
L'impeccabile camicia di Fabian era sgualcita come se qualcuno l'avesse afferrata di forza, le sue mani facevano pressione sul braccio che lo tenevano bloccato.
Entrambi si accorsero di me non appena sbucai da dietro l'angolo.
Fu Brendon il primo a parlare.
"Non sei ancora andata a casa, eh?"

   
 
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