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Autore: Dreamcatcher96    13/11/2016    2 recensioni
Clexa AU
Clarke e Lexa hanno appena avuto il loro primo appuntamento, ma dopo sembra che Lexa sia sparita nel nulla.
Clarke sta aspettando notizie da Lexa, finché non riceve una telefonata inaspettata...
Prima Fanfiction che pubblico in assoluto, non ho pretese spero solo che possa piacere come a me è piaciuto scriverla.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Non ricordo neanche di essermi vestita, aver preso le chiavi della macchina ed essere uscita. L’unica cosa che ricordo è la corsa che ho fatto per le scale, dopo che ho chiesto di te alla reception dell’ospedale. Arrivata al piano trovo Anya, che come me ha il terrore dipinto in volto.

Non ha bisogno che le dica nulla, poiché appena mi avvicino mi abbraccia e non mi lascia andare finché entrambe non smettiamo di piangere.

‘Co-come sta? Hai saputo qualcosa?’ chiedo in un sussurro.

‘No. Sono arrivata anche io da poco, ma non mi hanno voluto dire nulla. Solo alla famiglia, hanno detto.’ Risponde lei sconsolata.

Fanculo. Fanculo queste maledette procedure. Fanculo i medici. Fanculo tutti. Io voglio sapere come stai. E nulla mi impedirà di farlo, dovessi anche urlare contro a tutti.

‘Mi hanno chiamato. I soccorritori mi hanno chiamato dal suo cellulare. Devono averlo trovato e il mio numero è tra i contatti da chiamare in caso di emergenza.’  Dice con un filo di voce, smorzata dal pianto.

‘Che-che ti hanno detto?’ anche la mia voce esce in un sussurro. Ho ancora il fiato corto, ma non per la corsa che ho fatto.

‘Non molto a dire il vero. Sospettano che sia stato un qualche ubriaco che andava troppo veloce e in contromano. Dicono anche che fortunatamente Lexa lo abbia evitato, altrimenti non ci sarebbe stato nulla da fare, ma facendo ciò è finita fuori strada.’ 

Una rabbia immensa si impossessa di me a quelle parole e in men che non si dica mi ritrovo a pensare a come farla pagare a chiunque ti abbia fatto questo. Maledico quella persona con ogni genere di insulto che mi passa per la testa, finché rimane solo un vuoto insostenibile. Maledico anche me stessa per averti trattenuta quei minuti in più nel locale solo per passare altro tempo in tua compagnia. Se ti avessi lasciata andare via prima, forse ora saresti nel tuo appartamento, magari staresti pensando a noi, alla nostra serata insieme, fantasticando su un possibile futuro insieme, perché questo è quello che ho fatto io appena ho chiuso la porta alle mie spalle dopo che te ne sei andata. Invece sei qui in ospedale, non so neanche in che condizioni e questo mi sta divorando l’anima.

Solo quando riacquisto un po’ di lucidità capisco che tu non vorresti questo e che nemmeno io lo voglio. Ora voglio solo che tu stia bene.

Mi volto a guardare Anya che ha lo sguardo rivolto nel vuoto. Non la conosco bene, perché non abbiamo mai avuto l’occasione di organizzare uscite con i nostri amici. A noi bastava la compagnia dell’altra. È vero non la conosco, ma so per certo quello che le passa per la testa. Ha il terrore di perderti. Di perdere quell’unica persona di cui le importa davvero, che è quasi una sorella per lei.

D’istinto le prendo una mano e la stringo per farle vedere che sono con lei, nonostante tutto io e lei siamo insieme in questo dolore.

Poco dopo prendiamo posto nella piccola sala d’aspetto, rimanendo nel più totale silenzio.

Passiamo delle ore in quel dannatissimo ospedale senza avere tue notizie. Il via vai di medici e infermieri assomiglia ad una danza perfetta, dalla quale nessuno sembra volersi fermare per fare caso a noi.

Il senso d’impotenza che ho in questo momento mi sta letteralmente divorando. Mi sento inutile perché non so come sostenere questa situazione. Anya sembra chiusa nel suo mondo, chissà in quali pensieri, tu sei qui da qualche parte, che lotti per superare tutto questo e io sono seduta su questa poltrona da un’eternità senza sapere cosa fare.

Dopo un po’ non sopporto più di rimanere ferma e devo assolutamente fare qualcosa. So che per la privacy non possiamo avere tue informazioni, ma ancora non conoscono l’uragano Griffin. Quando mi metto in testa una cosa nessuno è in grado di farmi cambiare idea o fermarmi. E questo non sarà di certo un caso diverso.

Aspetto impaziente finché non vedo un medico passare di fronte a noi e subito lo fermo.

‘Mi scusi.’ Lo vedo fermarsi e voltarsi verso di me, così continuo ‘Una mia amica ha appena avuto un incidente ed è stata ricoverata qui. Lo so che non può dare informazioni se non alla famiglia, ma la prego noi abbiamo bisogno di sapere come sta.’ La mia era quasi una supplica.

‘Ma signorina…’

‘La prego’ non lo lascio terminare che lo imploro nuovamente. Deve essermi scesa una lacrima perché improvvisamente sento la mia guancia bagnarsi.

Il mio sguardo deve essere davvero sconvolto, poiché lo vedo osservarmi per qualche istante prima di emettere un sospiro.

Subito dopo mi rivolge un sorriso. Tutto ciò è molto incoraggiante. Forse ora riusciremo a sapere qualcosa. L’emozione che provo è davvero immensa.

‘Mi dica signorina, come si chiama la sua amica?’

Ringrazio il cielo di aver trovato qualcuno di così collaborativo, ma sono ancora più felice di poter avere notizie di te. Se avessi aspettato ancora probabilmente il mio stomaco mi avrebbe fatto vedere le stelle.

‘Alexandria, Alexandria Woods’ dico tutto d’un fiato.

‘Controllo subito e torno da lei appena saprò’

‘La ringrazio infinitamente’ e non so per quale motivo ma lo abbraccio come se fosse la mia ultima speranza.

Torno da Anya che è ancora immobile, nella stessa posizione di prima. La informo della conversazione avvenuta con il medico e, non riuscendo più a contenere la felicità, mi salta al collo abbracciandomi e urlando come una pazza.

Ci vollero circa cinque minuti prima di veder ricomparire lo stesso medico.

‘La signorina Woods è appena uscita dalla sala operatoria. L’intervento è stato lungo e per nulla facile. Le sue condizione non erano delle migliori quando è arrivata. Ora è stabile, ma ha bisogno di riposo. È ancora sotto l’effetto dell’anestesia, ma se quando si sveglierà sarà tutto apposto, potrà essere dimessa entro qualche giorno.’ Ci spiega con tutta calma, nell’intento di rassicurarci sulle tue condizioni.

‘Oh mio Dio. Grazie, grazie mille. Non ci sono parole per ringraziarla. È possibile vederla ora?’ pregai con tutte le mie forze perché potessi vederti. Non avrei retto neanche un secondo in più lontana da te.

Erano bastati pochi mesi poiché tu diventassi così indispensabile nella mia vita. Non potevo ancora credere alla tua capacità di entrami dentro, fino alle profondità della mia anima. Ora, in quel corridoio d’ospedale, ero davvero certa di amarti, con tutta me stessa.

‘È possibile vederla, ma solo uno alla volta. È nella stanza 316’ E detto questo si congedò, lasciandoci di nuovo sole.

Non faccio in tempo a voltarmi, che sento la voce di Anya.

‘Vai tu.’ mi dice con un sorriso appena accennato.

Vedo la sua voglia di venire da te, ma deve aver capito che la mia è maggiore. Probabilmente le hai parlato di me, in fondo siete anche amiche oltre che coinquiline. Avrà sicuramente capito il legame e i sentimenti che condividiamo ancora prima che lo capissimo noi.

La ringrazio con un cenno del capo, per poi sparire dietro l’angolo in cerca della tua camera. 

 
   
 
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