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Autore: simocarre83    14/11/2016    3 recensioni
Può una telefonata cambiare la vita di una persona? Dipende dalla telefonata. Il problema è che spesso non sappiamo quale sarà quella telefonata. Potessimo saperlo, la registreremmo per ricordarcela, o non risponderemmo neanche. Ma non lo sappiamo. E quando ce ne accorgiamo è troppo tardi e possiamo solo sperare che la vita cambi. In meglio.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA LINEA SOTTILE
Dopo mangiato rimanemmo per qualche minuto a chiacchierare a tavola. Prima dell’arrivo di Giuseppe, era necessario, essenziale, chiarire ciò che non avevo chiarito da quasi 3 anni. Michele aveva avuto un ottimo recupero dal primo pomeriggio. Evidentemente le cure gli avevano fatto molto bene, sia emotivamente che fisicamente. Dolore ne sentiva ancora tanto, ma soprattutto all’occhio. Il mio pugno. Non soffriva più molto per le percosse e le torture del giorno prima. Quando vide il mio sguardo, Michele abbassò nuovamente il suo. Io però continuai a scrutarlo. Per due motivi. Il primo era perché sapevo quello di cui dovevamo parlare in quel momento. Il secondo perché sapevo ciò di cui stavamo per parlare, cioè sapevo che Michele non avrebbe mai potuto impedirmelo. Anche Michele lo sapeva. Fosse stato per lui avrebbe volentieri fatto finta di niente. Ma sapeva che sarei stato io a cominciare comunque quel discorso. Quindi, coraggiosamente e dimostrando una maturità che potevo solo sperare che avesse, fu lui ad iniziarlo.
“Non vorrei farlo, solo che sono talmente sicuro che stiamo per parlare di quel 13 Luglio 1997 che non vale la pena continuare a evitare di farlo. Però devi permettermi di lasciarmi raccontare tutto senza interrompermi e prima devi rispondere ad una mia domanda. D’accordo?”. Non ebbi nulla da obiettare.
“Prima di tutto, dimmi, perché non hai detto niente agli altri di quel pomeriggio?”
In effetti quella domanda mi colse un po’ alla sprovvista. Però la risposta la conoscevo già.
“Per due motivi. Prima di tutto perché speravo che tu fossi un giorno tornato con noi, e sapevo che se avessi raccontato agli altri quello che mi avevi detto sarebbe decisamente stato tutto più difficile. Poi perché se avessi detto delle accuse da te mosse contro di me, avrei permesso a dei dubbi infondati di far breccia nella loro mente. Sapevo che avevi torto marcio. Ho pensato che l’influenza negativa di qualcuno su di te avrebbe potuto influenzare anche loro. E sarebbe stato peggio per tutti. Convinto?” risposi.
“Si. In questi anni segretamente ho apprezzato tutto questo. Prima ho pensato che l’avessi fatto per paura della loro reazione. Ma poi lentamente mi sono reso conto che eravate tutti mossi da vera amicizia. Ma era troppo tardi”
“Va bene! Però adesso tocca a te!” tagliai corto. Volevo sapere subito come si erano svolti i fatti. Ero infatti convinto che, in qualche modo, tutto poteva essere chiarito a partire proprio da quella giornata.
“Dunque, qualche settimana prima del tuo arrivo, mi ritrovai una sera a passeggiare da solo per il corso. Avevo litigato con mia sorella e come al solito i miei avevano preso le sue difese. D’altra parte, con una bambina di otto anni, nessuno avrebbe preso le mie, di difese. Ma a tredici anni come potevo comprendere una cosa del genere… per puro caso incrociai Dorian e Amaraldo. Mi chiesero se mi andava di proseguire con loro la passeggiata. E io accettai. Quell’Amaraldo era fenomenale. Aveva una capacità di conoscermi, di farmi sentire vicino a lui, di includermi nei suoi ragionamenti, che molto presto sembravamo due grandissimi amici. Ci vedemmo qualche altra volta la sera. Ancora le scuole non erano chiuse, tu ancora non eri sceso e con gli altri spesso non riuscivamo a vederci. Comunque presto incominciammo a frequentarci praticamente ogni giorno. I nostri genitori non avevano nulla in contrario. Quindi non ci vidi nulla di strano. Lentamente, però, mi accorsi che incominciava a fare discorsi strani. Prima incominciò a parlare male di Giuseppe. Poi Emanuele e Francesco divennero per lui dei poveri sfigati mocciosi. Poi, quando arrivasti, puntò tutte le sue attenzioni su di te. Continuò a dirmi di non dire niente a voi, che voi non avreste capito e che tutto si sarebbe sistemato. Ma intanto faceva di tutto per farmi capire che di te non c’era da fidarsi. Che eri di un altro posto e tutte le altre cose che poi sciaguratamente ti dissi quel pomeriggio. Che a Milano tutte le cose vanno così. Praticamente ogni volta che ci ritrovavamo insieme, Amaraldo continuava a criticare ogni singola vostra scelta. Dal giocare a nascondino al contrario, fino alle ragazze che frequentavate. Tutto. Così continuai ad essere bombardato da quei ragionamenti e quasi inconsciamente incominciai a pensarci. E a crederci. Fu quello che iniziò a farmi allontanare da voi. Alla fine di tutto ci fu quel pomeriggio”.
Io rimasi in silenzio e immobile per tutto il tempo del racconto. Con lo sguardo fisso nel vuoto. Mi ero fatto una certa idea di tutta quella storia ma adesso iniziavo a vedere con una luce diversa tutto. Michele si voltò improvvisamente verso di me.
“Quando prima vi ho chiesto scusa, ero sincero. Mi dispiace veramente aver causato tutti questi problemi. Mi dispiace aver perso la tua amicizia. La vostra. Mi dispiace aver fatto tutto questo. Sono stato un idiota a credere a tutte quelle balle di Amaraldo. Ma non potevo immaginare che poi sarebbero finite così. D’altra parte non avrei mai pensato che Amaraldo facesse già parte della banda dei Tre Fratelli. Non ho voluto crederci neanche ieri e poi mi sono ricreduto”
Un fulmine attraversò la mia mente a quest’ultima frase.
“Aspetta un attimo. Chi ti dice che quando Amaraldo ti ha avvicinato, tre anni fa, faceva già parte della banda?” chiesi.
“Lui! Stanotte mi ha detto che ero la sua prova di iniziazione. Mi ha detto che se riusciva a portarmi a quel punto avrebbe fatto parte della banda dei Tre Fratelli, e adesso, con tutte le cose che mi hai detto perché non pensare che tutto questo gioco malefico nei miei riguardi sia partito proprio 3 anni fa?”
A Michele bastò il mio volto per capire di non aver bisogno della mia risposta.
Potevo immaginare che Amaraldo fosse una persona subdola e malvagia ma, visto il ruolo che gli avevamo affibbiato, mi sembrava logico concludere che, sebbene quello fosse l’obiettivo principale, lui avesse incominciato a perseguirlo seriamente solo l’anno prima. Però il ragionamento di Michele era valido e incontestabile.
Però questa era una cosa alla quale non avevo pensato prima. Dovevo assolutamente fare il punto della situazione, nonché quattro conti. Perché nel profondo della mia mente, qualcosa non stava tornando più. Presi una matita ed un foglio di carta ed incominciai a scriverci sopra. Come sempre quando facevo qualsiasi punto della situazione.

"Primavera-Estate 1997 – costituzione banda dei Tre Fratelli – iniziazione di Amaraldo.
Estate 1998 – Michele/Amaraldo VS Simone/Co.
Estate 1999 – Amaraldo spinge Michele ad entrare nella banda dei Tre Fratelli.
Estate 2000 – Michele fuori dalla banda."
 
Michele si era appena alzato per incominciare a sparecchiare. Ed io lo lasciai fare. Senza farlo apposta reggevo il foglio a mezz’aria con le mani. Michele si voltò nuovamente verso il tavolo ed inevitabilmente si accorse di quello che c’era scritto dietro il foglio su cui io avevo scritto quella minima cronologia di avvenimenti. Si avvicinò e me lo strappò letteralmente dalle mani.
“Ma che ti prende?” fu la mia reazione, ma poi immediatamente compresi, perché mi accorsi di quello che conteneva il retro del foglio che avevo fino a poco prima tra le mani: l’organigramma che avevamo ricavato della banda dei Tre Fratelli giusto la sera prima.
“Come fate a sapere tutte queste cose?” chiese, stupito, Michele.
“Beh! Diciamo che in questi ultimi tre o quattro giorni ci siamo spremuti le meningi. Ma questo è tutto quello che sappiamo della banda”
“Mi stai dicendo che sapevate già di Amaraldo. Ma come facevate?”
Ci interrompemmo perché Giuseppe era appena entrato in casa. E dall’uscio della porta aveva ascoltato l’ultima frase e si era reso immediatamente conto di quello che stava succedendo. Giuseppe non avrebbe voluto perdersi per nessun motivo quella conversazione. Comprendendo la situazione, continuammo.
“Perché tu non sei stato l’unico idiota che ci è cascato!” fu la mia risposta. Giuseppe mi osservò. Sapeva che avevo il permesso di raccontare quelle cose, ma non sapendo quello che ci eravamo detti prima non sapeva quello che stava per succedere. Poi ripresi in mano la situazione.
“Caro Giuseppe, abbiamo appena scoperto che Michele è stato l’iniziazione di Amaraldo. Per entrare nella banda dei Tre Fratelli Amaraldo doveva farlo litigare e allontanare da noi. E ci è riuscito” e Michele porse il foglio con la cronologia a Giuseppe.
Osservandolo e scoprendo cosa conteneva il retro di quel foglio, cosciente del fatto che Michele l’aveva tenuto in mano fino a qualche secondo prima, riuscì a giustificarsi la domanda di quest’ultimo. Non ritenne necessario approfondire il senso di quello scambio di battute tra noi due.
Giuseppe stava, evidentemente, acquisendo anche l’umiltà necessaria per capire che avevamo il sacrosanto diritto di parlare dei fatti nostri quando lui non c’era. D’altra parte, e Giuseppe non l’aveva scordato mai, prima che Michele incominciasse a comportarsi male con noi, io e lui eravamo molto uniti. Quindi, pur non rendendosi pienamente conto di quello che era accaduto qualche anno prima, conoscendomi, si era fatto un’idea delle prove fatte per riconquistare l’amicizia di Michele. Aveva anche ipotizzato che ci fossimo parlati, ma, per rispetto nei miei confronti, non si azzardò mai a farmi domande alle quali non avrebbe comunque ricevuto una risposta. Concluse i suoi ricordi non appena continuai a parlare.
“Consideriamo Amaraldo il reclutatore della banda. Abbiamo motivo di ritenere che, a seguito di altre situazioni disagiate, sia riuscito a convincere altri ad entrare a far parte della banda. Uno di questi fu Emanuele, che per qualche tempo ne fece anche parte. Poi però ne uscì. Volontariamente. E fino a qualche minuto fa tutto lasciava pensare che Emanuele fosse la causa di tutta questa animosità nei nostri confronti. Però poi sei arrivato tu”.
“Perché? Cos’è cambiato in questi ultimi minuti?” chiese Giuseppe, ma anche Michele a questo punto non si era reso conto del problema.
“Eh! Le date non tornano. Scusa, Emanuele è entrato a far parte della banda nell’anno scolastico 97/98. Solo che in quel momento i Tre Fratelli avevano già incominciato ad agire, fondamentalmente, nei nostri confronti. Con Michele. E sembra proprio che loro non facciano nulla per gioco. Ma sembra che tutto quello che abbiano fatto sia confluito nel nostro gruppo. Come se avessero quasi formato la banda solo per combattere contro di noi. Prima con Michele, poi in qualche modo con Emanuele. Infine di nuovo con Michele, questa volta più seriamente. Non sembra anche a voi?”
Michele e Giuseppe erano rimasti a bocca aperta. In quell’ultima miriade di ragionamenti, avevo evidentemente colto sempre aspetti che loro non erano riusciti a cogliere. Però solo gli altri due ebbero il coraggio di chiedere quello che io non osavo chiedere.
“Perché?” chiesero all’unisono.
“Non lo so! Non ho la più pallida idea di quello che abbiamo fatto per meritarci una cosa del genere! Questa storia mi sembra sempre più una partita a scacchi: gli avversari si contendono i vari pezzi, mangiandoli, come è successo a Michele. Mettendoli sotto scacco, come mi è successo qualche volta. Sacrificando pedine e pezzi per avere più spazio e libertà di movimento, come è successo oggi con Michele e tempo fa con Emanuele. Il problema è che ancora non ho capito chi sono, nelle squadre, i due re. Ancora non ho capito dove vogliono arrivare loro con tutta sta cosa” conclusi. Ed era vero. Proprio non lo sapevo, a quel punto, perché avevano messo su tutto quello spettacolo.
“Ah! Ma chi è quell’Angelo nell’organigramma?” chiese Michele.
“Ah già! Tu non ne sai nulla. Quello è il vostro tatuatore. È un compagno di classe di Giuseppe” risposi, senza neanche farci troppo caso.
“Come l’avete riconosciuto? Con noi è sempre stato con il viso coperto”
“E’ stato lui che mi ha portato, l’anno scorso, la lettera con cui mi intimava di non parlare con Simone e salire in casa fino alla conclusione della spedizione punitiva nei confronti di Simone. E poi abbiamo, come dire, avuto altre opportunità di scontro” e Giuseppe raccontò anche quello che era accaduto solo pochi giorni prima, conclusosi con la difesa di Francesco e Emanuele con le scatolette di tonno.
“Impossibile che sia un compagno di classe di Giuseppe. Ha un anno più di me” fu la risposta di Michele.
Fu lì, proprio in quel momento, che iniziai ad agitarmi. Fu come se quella informazione, per me, giungesse del tutto inaspettata. Era una variabile, l’età di Angelo, che avendola data per scontata, avendolo sempre “conosciuto” come compagno di classe di Giuseppe, non mi aveva interessato neanche un po’ in quella storia. Se Angelo aveva, come disse Michele, un anno più di lui, però, aveva un anno più di me. E questa era una cosa fondamentale. Una cosa così importante non avremmo potuto scoprirla prima. Capii, in quel preciso istante, che forse ci stavamo avvicinando alla conclusione di quel mistero. E mi venne mal di testa.
“No! Ti posso assicurare che Angelo è un mio compagno di classe. Abbiamo incominciato il liceo insieme l’anno scorso”
“E io ti posso assicurare che, se si tratta dello stesso Angelo che dici tu, ha tre anni più di te; come può essere possibile?” chiese Michele.
“Può essere, se ha cambiato scuola!” risposi. “Non ci hai mai parlato?” chiesi poi a Giuseppe.
“Si! Qualche volta. In effetti fisicamente sembra più grande di me, ma non ci ho mai fatto molto caso”
“Hai una sua foto?” chiesi. Non mi spiegai neanche come mi era uscita quella frase. Capii però che avevo un bisogno enorme di vederlo. Dovevo dargli un volto. Un volto che non ero ancora riuscito a dargli.
Il mal di testa mi aumentò.
“Qui no! Posso vedere a casa, nelle foto di classe. Ma non mi ricordo che compaia in nessuna. Strano, ma vero. Non è mai stato presente nei giorni della foto di classe. Non avevo mai fatto caso a questo”
“Ma sai per quale ragione non dovrebbe mai comparire in una foto? Che so! Qualche segno particolare che lo caratterizza sul viso o nel corpo?” gli chiese Michele.
“No! È un ragazzo normalissimo. Ma perché me lo chiedi?”
“Non so! È che mi sembra strano che questo qui conduca una vita normale, alla piena luce del sole e poi quando lavora come membro della banda dei Tre Fratelli si copra sempre il volto. Non sembra strano anche a voi?” chiese Michele. Aveva ragione. Non posso ancora descrivere quanto sicuro fossi ormai del fatto che lui avesse maledettamente ragione. E il mal di testa mi aumentò ancora.
“Forse non si vuole far riconoscere da me come membro della banda dei Tre Fratelli. In effetti quando ci siamo visti al mare ha fatto di tutto per impedirci di vedere il livido che gli ha lasciato Emanuele” rispose Giuseppe
“O forse…” dissi, ma a quel punto mi fermai.
Avete presente quando, per qualche tempo, siete nel buio più completo, e poi aprite una porta o una finestra verso l’esterno e venite inondati dalla luce? Per prima cosa quella luce vi da fastidio. Anche se poi vi fa vedere le cose nei minimi particolari. Vi fa prendere coscienza del mondo intorno a voi. Ecco. Fu esattamente quello che mi accadde. Prima mi spaventai. Eccome se mi spaventai. Perché quel particolare venne a galla e capii che era mia la colpa di quel piccolo particolare. Detto in una sola parola: il casco. Ecco cosa non mi tornava di quello che era accaduto in quella sera: il casco. Poi mi spaventai ancora di più, perché, come avevo previsto, chiarito quel piccolo particolare, aperta quella porticina, il buio completo che avevo addosso era stato inondato di luce. E capii tutto. La testa, ora, mi scoppiava. Cominciai a respirare affannosamente. Tanto che i miei due amici si preoccuparono. Mi agitai, portai le mani al viso, chiudendole su di esso. Avrei voluto mangiarmele quelle mani. I due capirono che ero arrivato alla fine del ragionamento. Ma la mia reazione non lasciava intendere niente di buono.
“Che scemo! Che idiota!! Ma come ho fatto a non capirlo prima. Sono un deficiente!” fu la mia sola continuazione.
“Cosa è successo?” “Che è stato?” chiesero immediatamente i due.
“Sono semplicemente un cretino!” risposi ancora.
“Giuseppe! Vai immediatamente a chiamare Francesco e Emanuele. Poi ritornate immediatamente qui!”
Giuseppe, senza farselo ripetere due volte uscì. A quel punto mi rivolsi a Michele.
“Ascoltami amico mio. Prima che tornino gli altri, devo dirti che mi dispiace per tutto quello che stai per sentire. Non avrei mai voluto che accadesse tutto questo!”
“Ma che stai dicendo? Tu mi hai aiutato finora. Sono io che devo chiedere scusa a tutti voi, te l’ho già detto. L’ho combinata veramente grossa”
“Non preoccuparti. È peggiore la mia. Ma capirai tra un attimo”.
Come una porta si apre e la luce inonda tutto dissolvendo in un attimo il buio, così quel piccolo particolare venne a galla e sistemò definitivamente il mio pensiero. Dapprima mi dette fastidio. Quasi mi spaventò, per la potenza del ragionamento. E mi preoccupò per le possibili conseguenze ed evoluzioni di quelle verità, che solo ora erano tornate a galla. Ma come la luce, dopo averti dato fastidio e averti spaventato, sa curare quei sentimenti illuminando nitidamente tutti i contorni dello spazio intorno a noi, così quel ragionamento, del quale mi stavo convincendo sempre più, mi stava rendendo più forte e più deciso di prima a giocare fino in fondo quella partita. Anche se oramai l’avevo capito che ci sarebbe costata parecchio.

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Buongiorno a tutti! eccoci a questo nuovo capitolo. sì, con il prossimo direi che arriveremo a svelare completamente cosa e soprattutto chi c'è dietro a tutto questo. anche se di indizi ne ho lasciati nei precedenti capitoli (almeno credo... :) ) 
Grazie a tutti per essere arrivati fin qui. grazie per le vostre opinioni e per le vostre recensioni!
Alla prossima settimana!
  
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