Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: SoltantoUnaFenice    15/11/2016    3 recensioni
Touma era immobile in quella posizione da chissà quanto. Le mani premute contro il lavandino, le braccia tese, le spalle contratte. Lo sguardo fisso sul proprio riflesso allo specchio.
Occhi negli occhi, stava fissando sé stesso così intensamente e così a lungo che ad un certo punto gli sembrò di non riuscire a riconoscersi più.
Tutto quello che voleva era capire cosa ci fosse di diverso, e perché non riuscisse a togliersi di dosso quella sensazione di strano e sbagliato che si portava dietro da tre settimane, da quando si erano scontrati con quel demone. Ma il riflesso nello specchio continuava a guardarlo in una maniera che lo faceva sentire come se tutti i piani verticali e orizzontali della sua esistenza slittassero e si inclinassero, fino a comprimerlo come dentro ad una scatola schiacciata.
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cye Mouri, Kento Rei Faun, Rowen Hashiba, Ryo Sanada, Sage Date
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Shu appariva assorto, e Jirogoro si ritrovò ad attendere una risposta da lui.
Quando si erano incontrati la prima volta – Quando il samurai non era niente di più di un ragazzino e lui era un demone – lo aveva giudicato uno sciocco.
Ai suoi occhi quei cinque non erano altro che un branco di marmocchi trovatisi per caso ad indossare armature degne di ben altri guerrieri.
Ingenui e fin troppo fiduciosi nelle proprie forze.
E Shu era il più stupido di tutti: impulsivo, irragionevole e intriso fino al midollo di concetti di “Bene” e “Male” che sembravano usciti dalle favole che doveva aver appena smesso di ascoltare.
Giustizia.
Solo ad uno sciocco si addiceva una simile virtù: Rajura aveva pensato che non avrebbe potuto capitargli nemico più facile da manipolare.
Da allora erano cambiate talmente tante cose che il Masho era stato costretto a mutare opinione praticamente su ogni cosa che si trovasse a Bonnokyo o nel mondo degli uomini.
Ciò nonostante, non si aspettava di ritrovarsi a quel punto: aveva iniziato a parlare convinto di voler soltanto raccontare la propria storia, ed ora si rendeva conto che non gli bastava.
Per qualche strana ragione, voleva sentire cosa ne pensasse il samurai.
Lo vide sollevare finalmente gli occhi.
“Il mio nome è Shu. - Il masho annuì. - Shu Rei Fan. Quando trovai Kongo ero talmente stupido da pensare che mi spettasse per via della mia forza. O per il mio coraggio, o perché tutti mi avevano sempre detto che ero buono. Quel bambino erediterà il clan, dicevano le donne a mia madre, e io ero praticamente sicuro di conoscere quale fosse il mio destino. Solo a quattordici anni si possono avere così tante certezze, no?”
“Nel mio tempo a quattordici anni si era già considerati adulti, ma comprendo cosa vuoi dire.”
“Da allora le cose di cui sono certo si sono decisamente ridotte. - Scrollò le spalle. - Ci hanno pensato le yoroi a farmelo capire, e tutte le creature che abbiamo dovuto affrontare.”
“Io per primo.”
“Già. Ma non provare a scusarti o ti do un pugno.”
“Non mi scuserò. Ma voglio dirti almeno questo: so che sono passati molti anni da quando Arago è stato battuto.”
“Ne sono passati venticinque.”
“Sulla terra è un tempo lungo, ma qui... abbiamo impiegato molto a liberarci dell'influenza di colui che era stato il nostro padrone, i ricordi sono tornati a poco a poco. All'inizio non sapevamo nemmeno di essere nati umani. Quando finalmente abbiamo riacquistato la nostra vera natura e abbiamo trovato un luogo in cui stare, abbiamo compreso che sulla terra erano accadute molte cose. - Si fermò, cercando di leggere l'espressione di Shu, poi riprese. - Kayura è stata destinata a vegliare sul confine tra i due mondi, ed in ogni caso è guidata dalla volontà di Kaosu, ma noi siamo liberi. Possiamo scegliere a chi votare la nostra spada.”
“Cosa vuoi dire?”
“Avete affrontato battaglie difficili, e almeno per alcune avreste avuto bisogno di qualche alleato. Forse vi sarete chiesti con quali diritto ci degniamo di offrirvi il nostro aiuto soltanto ora, ma come ti dicevo, eravamo come sospesi, totalmente assorbiti dalla nostra trasformazione.”
Il samurai sembrò soppesare le sue parole. In quegli anni l'argomento Masho era venuto fuori di tanto in tanto tra lui e i suoi nakama, ma nessuno di loro si era mai spinto ad immaginarli come possibili alleati. Ora che si erano trovati ad affrontare assieme questa difficoltà, l'idea non sembrava più così tanto assurda.
“Beh, meglio tardi che mai.” Scherzò.
“Significa che accetterete il nostro aiuto, in futuro?”
“Può darsi. - Tornò serio. - I miei nakama hanno deciso di fidarsi di voi, ed io mi fido di loro e del loro giudizio. E in fondo... non c'è motivo per cui non dovremmo volervi come alleati.”
Jirogoro non potè fare a meno di stupirsi: fino a poco prima Shu sembrava fermo nel non volerli attorno. Ma in un certo senso il masho lo conosceva molto bene, e sapeva che la sua virtù gli impediva di chiudere gli occhi davanti alla verità.
“Grazie.”
“Oh, ti prego. Ci manca solo che ci mettiamo a fare convenevoli. Ho già fatto il pieno di assurdità, in questi giorni, non superiamo il limite.”
Jirogoro ridacchiò, e Shu riprese a parlare.
“E per quanto riguarda le yoroi... come ti dicevo, non saprei dire con certezza nemmeno perché Kongo abbia scelto me, quindi non posso rispondere alla tua domanda. Posso dirti soltanto che le yoroi si uniscono ad un cuore che le sappia guidare. Forse Mugen ha visto in te ciò che tu stesso non sapevi riconoscere.”
“Ed io l'ho tradita, portandola ad Arago...”
“Le armature non scelgono tra bene e male. Cercano un cuore degno di loro, e finché esso ne è capace, se ne lasciano guidare. Perciò lascia perdere ciò che è stato, e non sprecare altri venticinque anni a rimuginarci sopra, d'accordo?”
Jirogoro fissò Shu per un attimo, poi scoppiò a ridere, gettando indietro la testa.
"Hai decisamente ragione. Beviamo, dobbiamo suggellare questa grande verità.”

 

“Si sta muovendo.” Shu aveva cercato di non alzare la voce, ma non era semplice restare calmi.
Le palpebre del samurai del cielo tremolarono, nuovamente, ma non aprì gli occhi.
Un moto di disappunto serpeggiò in forma di sospiri e bisbiglii: erano tutti lì attorno, ad aspettare che si risvegliasse.
Poco prima c'era stata una sorta di onda che si era allargata attraverso il nucleo delle armature, raggiungendo i cuori di chi le vestiva.
Naotoki l'aveva percepita, riaprendo i sigilli della propria casa e permettendole di arrivare anche a Shin.
Kujuro aveva appena iniziato a ritirare il proprio manto di oscurità quando Ryo era entrato di nuovo nella stanza, ed assieme avevano aiutato Seiji a riemergere dal silenzio.
Shu e Jirogoro l'avevano sentita nello stesso istante, ed il masho dell'illusione aveva lasciato ricomparire Bonnokyo al di là della porta della casa.
Nel giro di poco si erano ritrovati tutti nella grande stanza dalle pareti di pietra, perché era chiaro che l'animo di Touma stava finalmente cominciando a risalire dall'oblio in cui era stato spinto a forza, ed ora aspettavano che si svegliasse.
Shin allungò una mano su quelle di Touma, provando a chiamarlo piano. Anche gli altri tre samurai si accucciarono lì accanto, mentre i masho si facevano rispettosamente indietro.
Touma si mosse appena, corrucciando il volto in un'espressione sofferente, poi finalmente riuscì ad aprire gli occhi.
“Touma!”
Li guardò ad uno ad uno, cercando si orientarsi. Lo sguardo non era del tutto limpido, ma era senza dubbio il suo.
Quando lo scampolo di soffitto che il samurai vedeva sopra di sé venne coperto da altri quattro volti, la sua espressione si fece talmente confusa che i suoi nakama non poterono fare a meno di scoppiare a ridere, abbracciandolo e nascondendo le lacrime di sollievo gli uni contro gli altri.

 

Touma mosse qualche passo, cercando di riprendere confidenza con il proprio corpo e con ciò che lo circondava. Era strano essere di nuovo sé stessi, ed i ricordi si accavallavano un po', spezzati nella logica e nella consequenzialità come in un sogno confuso. Si avvicinò ad una delle finestre, e strinse i lembi del collo dell'haori, rabbrividendo.
Forse il suo corpo faticava ancora un po' a svegliarsi, o forse l'aria di Bonnokyo era cambiata all'improvviso, divenendo immobile e gelida.
Passi leggeri alle sue spalle gli dissero che non era più solo, ma per qualche motivo non si voltò. Da quando aveva aperto gli occhi si sentiva come se ogni movimento, ogni parola producesse una perturbazione destinata ad espandersi ovunque.
La chioma bionda di Seiji entrò nella sua visuale.
Per un po' rimasero uno di fianco all'altro, osservando il paesaggio immobile al di là della stretta finestra. Poi Seiji si volse, fissandolo con durezza.
“Non farlo mai più.”
“Cosa? Dare ospitalità ad uno youja? - Touma sorrise storto, mentre cercava di venire a patti con quello che era successo. - Ti assicuro che non è stata una mia scelta.”
“Smettila!” Seiji aveva alzato la voce repentinamente, e Touma capì che stavolta non c'erano margini per sdrammatizzare. - Non è di questo che sto parlando.”
“E di cosa, allora?”
“Lo sai da solo, Touma. - Strinse i pugni, mentre abbassava lo sguardo. - Non chiedermi più una cosa del genere. Mai più, hai capito?”
Touma sospirò, sentendosi improvvisamente molto più colpevole. Ricordava bene la promessa che aveva estorto a Seiji: era qualcosa di terribile, ma in quel momento era terrorizzato all'idea di poter diventare un demone. Non riusciva a controllarsi, e per poco non aveva ucciso degli innocenti: era così disperato che gli era sembrata l'unica soluzione.
“Scusami. Sapevo che avreste cercato di liberarmi, ma...” Gli poggiò una mano su una spalla, cercando di fargli alzare lo sguardo, ma Seiji fece un passo indietro, allontanandosi dal muro e da lui.
“L'avrei fatto! - La voce era una lama che sembrava dovesse tagliare in due la sua stessa gola. - Io l'avrei fatto, Touma! Lo capisci?”
“Seiji...” Lo sapeva di avergli chiesto troppo. Lo sapeva nel momento stesso in cui l'aveva fatto, ma solo ora riusciva a sentirne davvero il peso. Poteva vederlo negli occhi spiritati del suo nakama, poteva sentirlo mentre il rimorso gli faceva bruciare la bocca dello stomaco.
Seiji si prese la testa tra le mani, chiudendo le palpebre con forza.
“Io ti avrei ucciso, se fosse stato necessario. - Si lasciò scivolare a terra, senza riaprire gli occhi. - Cosa sto diventando?”
“Scusami. Perdonami, Seiji, scusa... - Touma si era accucciato accanto a lui, abbracciandolo. - Mi dispiace. Non avrei mai dovuto vincolarti ad una promessa del genere. Sono stato egoista e ho pensato solo a ciò che mi spaventava. Mi dispiace...”
“Non farlo mai più. - Cercava di apparire di nuovo calmo, ma Touma sapeva riconoscere quanto fosse sconvolto. - Promettilo.”
Touma sospirò, chiedendosi perchè il loro destino cercasse sempre, in un modo o nell'altro, di spezzare ciò che univa i loro cinque cuori. Non poteva sapere a quali prove sarebbero stati sottoposti in futuro, ma giurò a sé stesso che, qualunque cosa sarebbe successa, non avrebbe mai più messo nessuno dei suoi nakama in una situazione simile.
“Mai più. - Strinse l'abbraccio, cercando di trasmettergli un po' di calma. - Te lo prometto, Seiji.”

 

“Dunque siete decisi a partire subito?”
Il vento sollevava i lunghi capelli azzurrati, scompigliandoli sul kimono grigio percorso da rami scuri e fiori scarlatti. Lo Shakujo riposava quieto sulla spalla.
“Sì. Spero che questo non ci faccia apparire irriconoscenti, ma non possiamo restare di più. Non sappiamo quanto tempo sia trascorso sulla terra mentre eravamo qui, e ci sono persone che si staranno preoccupando per noi.”
Kayura annuì.
“Siete sicuri di stare bene?”
Ryo gettò uno sguardo ai suoi nakama, sparsi qua e là lungo la grande terrazza. I masho si erano congedati poco prima, non appena era stato chiaro che Touma stava abbastanza bene.
“Di certo stiamo molto meglio di quando siamo arrivati qui. - Sorrise. - E lo dobbiamo a voi. Vorrei essere capace di esprimere quanto vi siamo grati.”
“Non occorre, davvero. E' il minimo che potevamo fare. - Fece qualche passo verso il centro della terrazza, sollevando lo Shakujo. - Se siete pronti, aprirò il passaggio.”
Ryo scambiò un cenno con gli altri.
“Siamo pronti.”
Kayura fece compiere al bastone una mezza rotazione, puntandolo davanti a sé. Gli anelli tintinnarono per il movimento, poi si fermarono.
Ripresero a muoversi poco dopo, mentre un cerchio luminoso si apriva nel pavimento di pietra, facendo salire sottili lampi. Quando la luce fu tale da formare una colonna continua che si disperdeva verso il cielo e sprofondava verso il basso, Kayura abbassò lo Shakujo.
“Ecco. Questo vi riporterà a casa.”
“Grazie.”
Si avvicinarono, ringraziandola con un leggero inchino.
Solo Touma rimaneva immobile, poggiato al parapetto. Sapeva che era arrivato il momento di tornare alla sua vita, ma c'era qualcosa dentro di lui che gli urlava a gran voce di non andare.
Da quando si era svegliato aveva accarezzato più di una volta l'idea di restare ancora un po' in quel luogo sospeso, pensando con una sorta di malinconia rassicurante che sarebbe stato una scelta facile, la prima dopo una serie di scelte dolorose, di scelte-compromesso e di scelte-non-scelte, perché il destino aveva già deciso tutto e loro non potevano far altro che piegarvisi.
Ma ora che i suoi nakama erano sull'orlo del passaggio che Kayura aveva aperto per loro, Touma si rese conto di non riuscire a muovere un passo.
Scendere e tornare al mondo degli uomini significava riprendere la propria vita dal punto in cui l'avevano lasciata, e nel suo caso significava anche parecchie cose in più di questo, come ad esempio scoprire cosa era rimasto della sua posizione all'università, dopo essere sparito nuovamente, a lungo, e senza alcuna spiegazione.
O fare i conti col fatto di aver ferito un uomo, senza nemmeno sapere se nel frattempo qualcuno aveva scoperto qualcosa e si era messo sulle sue tracce.
E lui era stanco. Troppo stanco per ricominciare per l'ennesima volta, troppo stanco per pagarne il prezzo.
Si avvicinò al passaggio, rimanendo comunque un passo indietro rispetto agli altri.
“Io... non vengo.”
Si aspettava un coro di esclamazioni e domande, ma ottenne solo silenzio. I suoi nakama sembravano congelati sul posto, come se quella manciata di parole li avesse resi statue di sale.
Nessuno parlava, così Touma proseguì.
“Mi dispiace, ma non me la sento. - Abbassò gli occhi, incapace di sostenere tutti quegli sguardi increduli. - Non ancora.”
Ryo fu il primo a muoversi, allontanandosi di un paio di passi dalla colonna di luce.
“Cosa succede?”
“Niente. Credo che mi occorra soltanto un po' di tempo.”
“Touma, è normale che tu ti senta ancora scosso. - Shu gli posò una mano sulla spalla. - Ma non sarai da solo: non abbiamo certo intenzione di mollarti ad Hirakata e tornarcene a casa.”
“E' proprio questo che non voglio. Ho bisogno di riflettere di riordinarmi le idee. Mi serve tempo, e non ci riuscirei sapendo che ogni ora che mi occorre è un'ora che tolgo a voi, obbligandovi a starmi accanto. Mi conoscete: lo sapete che in certe cose me la cavo molto meglio da solo...”
“Se non ci vuoi ad Hirakata torneremo a casa, ma scendi almeno sulla terra. Come potremmo raggiungerti se resti qui?” Shin sembrava il più ostinato.
“Non voglio tornare a casa. E sono sicuro che Kayura potrà metterci in contatto, se sarà necessario. - Si voltò verso di lei, che annuì. Poi tornò a fissare i suoi nakama, sperando che capissero che non avrebbe cambiato idea. - Andate voi, io vi raggiungerò.”
Il passaggio tremolò, mandò un paio di lampi, poi si chiuse.
Ryo fissò per un attimo il punto in cui fino a poco prima aveva crepitato la porta tra i due mondi, poi tornò a guardare Touma.
“Non riusciremo a farti cambiare idea, vero?”

 

In qualche modo era riuscito a convincerli. Credeva che sarebbe stato più difficile, ma forse anche loro sapevano che non era così ovvio tornare alla normalità dopo che la propria anima si era mescolata a quella di uno youja, rischiando di divenire tutt'uno con lui.
Dato che non sarebbero rimasti tutti assieme a casa di Touma, come avevano deciso inizialmente, Kayura aveva deciso di aprire un passaggio diverso per ciascuno di loro. Sarebbero occorse più energie, ma almeno sarebbero arrivati ognuno a casa propria, risparmiando tempo e strada.
Touma aveva parlato brevemente con ognuno dei suoi nakama, prima che entrassero nel passaggio, ed ora restava solamente Seiji, che aveva continuato a fissarlo da lontano.
Gli andò incontro.
“Sei pronto? Tra poco sarai a Sendai.”
“E tu resterai qui.”
“Seiji, cerca di capire...”
“Non occorre che ricominciamo, ci hai già spiegato le tue ragioni.” Fece per raggiungere l'ultimo passaggio, che l'energia dello Shakujo stava già iniziando a formare.
Touma gli si avvicinò con uno scatto, fermandolo.
“Non è per te. - La mano era stretta attorno al polso, non lo avrebbe lasciato andare finchè non lo avesse ascoltato. - Non è per quello che hai detto. Sei arrabbiato con me ed hai ragione di esserlo. Lo capisco, e non ti sto evitando. Ho solo bisogno di un po' più di tempo, davvero.”
Seiji lo guardò, i suoi occhi erano difficili da interpretare. Non disse nulla, così Touma continuò.
“Hai capito cosa voglio dire?”
“Sì.”
“Dici , ma il tuo volto dice il contrario.”
“Ma la mia bocca non ne ha il diritto.”
“Cosa significa?”
“Mi hai inseguito per così tanto tempo, e io ho continuato ad erigere un muro dietro l'altro. Sapevo che cercavi di aiutarmi, e so che ci hanno sempre provato anche gli altri. - Seiji si voltò, fissando la luce che scorreva viva come una cascata e che lo avrebbe riportato a casa. - Credevo di poter tenere aperto soltanto lo spiraglio che vi concedevo, ma non ho capito cosa significava fino ad ora.”
Touma fece soltanto un cenno, così Seiji proseguì.
“Non eri l'unico a dormire, lo sai? Mentre aspettavamo che tu tornassi, ho riposato nel silenzio creato dall'armatura dell'oscurità. Ed è come se tutto ciò che avevo costruito attorno al mio animo si fosse polverizzato. Come se fossi pronto a ricominciare da capo.”
“Ti ha... resettato?”
Seiji sollevò gli occhi al cielo, mentre una minuscola frazione di sorriso balenava sul volto.
“Se proprio devi esprimerti così...”
“E quindi?”
“E quindi sono abbastanza libero da riuscire a capire. - Si passò una mano tra i capelli, tirandoli indietro anche se il volto era già sgombro. - Ci stai mandando a casa senza di te, e per la prima volta comprendo cosa vi ho fatto passare in tutti questi anni. Cosa significa vedersi chiudere fuori da qualcuno a cui tieni.”
Touma scosse appena la testa. In qualsiasi altro momento sarebbe stato euforico davanti a quelle parole che aveva aspettato così a lungo, ma ora sembrava incapace di qualsiasi sentimento troppo intenso.
“E allora cerca soltanto di non essertene dimenticato quando tornerò.”
“E tu cerca di non tornare troppo tardi.”
“Ci proverò.”
“Touma. Dico davvero.”
“Vai. Resta vicino a quei tre, per favore.”
Seiji annuì, ma era chiaro che avrebbe voluto ribattere ancora. Si allontanò di qualche passo, scambiando un ultimo cenno con Kayura.
“A presto.” Mormorò, mentre entrava nella colonna di luce.
“A presto.” Rispose Touma, mentre la figura del suo nakama si assottigliava fino a scomparire.

 

E così sono riuscita a tornare su questa storia. (meglio tardi che mai! XD)
Mi devo scusare con tutti voi che leggete: questa storia ha subito ben due lunghe pause, e stavolta mi sono fermata proprio ad un passo dalla fine, il che mi faceva dispiacere ancor di più.
Ma ormai ci siamo.
Questo era l'ultimo capitolo. Ora manca soltanto l'epilogo e i consueti saluti e ringraziamenti di rito...
Nel frattempo, un bacione!

  
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