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Autore: Temari    16/05/2009    6 recensioni
Precedentemente 'Pain' e in via di revisione.
- "Solo ora si rendevano veramente conto che c'era stato qualcosa prima della prigionia e mentre lo guardavano agitarsi, avevano iniziato a domadarsi cosa si nascondesse nel passato di Goku che fosse così angosciante e doloroso [...]" -
Genere: Avventura, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Cho Hakkai, Genjo Sanzo Hoshi, Sha Gojio, Son Goku
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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2/12/2011

Salve a tutti! =D
Revisione del capitolo, completa ^^

Ja ne,
Temari


Pain of the Past
 


 

 



«Chissà se tu riusciresti
ad addossarti 
il peso della mia vita...» -
 
(Jikoku,
Saiyuki Reload)

 



 

Chapter 3


 

        Una volta dissipata la luce, i loro occhi impiegarono qualche secondo a riaggiustarsi al candore che di nuovo li accolse. Il sole del primo pomeriggio splendeva alto nel cielo azzurro privo di nuvole del Mondo Celeste, una forma indistinta ed in gran parte nascosta dalla finestra alla destra dei tre ospiti.
        Guardandosi intorno, Hakkai fu il primo ad accorgersi che si trovavano all'interno di una stanza.
        Era la stanza privata di Konzen—il Dio infatti era disteso sopra le lenzuola bianche del letto, con la testa poggiata ad un braccio, sul cuscino, e gli occhi chiusi. Il gruppo di 'terrestri' era incerto sul cosa facessero lì, ma il rumore di passi accorrere verso di loro diede loro una risposta: Goku corse dentro la stanza e si gettò a peso morto sul letto, finendo quasi addosso a Konzen, che si svegliò con una vena in evidenza sulla tempia.
        «Konzen! Konzen! Dammi un nome! Voglio un nome...! Così posso presentarmi a Nataku!» Disse il piccolo, tutto eccitato ed impaziente, tirando una manica della tunica avorio del Dio.
        Hakkai e Sanzo a quel nome alzarono un sopracciglio.
        Nataku? Il Principe Dio della Guerra?
        Il predecessore di Homura?
        «Lasciami in pace, scimmia... Te lo darò più tardi, un nome...» Fu l'unica risposta che ottiene dal Dio infastidito.
        «Ma io lo voglio adesso!!» Insistette Goku. Una leggera sensazione di calore si fece strada in Sanzo ad assistere alla scena: era così simile al ragazzino che aveva sempre avuto tra i piedi durante i primi tempi dopo il Monte Gogyo... Instintivamente quasi rispose lui, anziché il suo antenato.
        «E va bene! Saru. Il tuo nome sarà 'Saru'.» Disse Konzen e subito dopo si girò su un fianco e fece per tornare a dormire quando, da dietro, un cuscino lo colpì alla nuca; il gruppetto di spettatori osservò alquanto divertito, mentre il biondo sul letto scattò a sedere, irritato, voltandosi per sgridare il ragazzino.
        Le parole non lasciano le labbra, però, perché un singhiozzo sfuggì dal controllo del bambino che gli dava la schiena. Gli occhi viola di Konzen si addolcirono un po'. «... Goku.» Disse, sospirando, con un tono stranamente solenne. «Corto e semplice, così che anche una scimmia come te possa ricordarlo.»
        Sanzo, Gojyo ed Hakkai fissarono Konzen con stupore.
        Il monaco ricordava che quel nome era stata l'unica cosa riguardante il passato che Goku ricordava, eppure non avrebbe mai immaginato questo: era stato lui, implicitamente, a dargli quel nome.
 
        (Il potere di un nome è enorme. Darne uno ad una persona permette di avere un controllo incredibile su di essa.
        Ed un incredibile legame, difficile da spezzare.
        È un onore ed un greve peso da portare.)
 
-x-


        Il battito di ciglia successivo portò i tre del Gruppo ad un cambio di scena. Si trovavano in una stanza piuttosto spoglia, un ufficio.
        Lo scarso arredamento era composto da una scrivania di legno scuro - sulla cui superficie due o tre pile di documenti erano accatastate in equilibrio precario -, un vaso con dei fiori dai colori sgargianti in parte appassiti e quello che sembrava un timbro. Dietro la scrivania, c'era una sedia dall'alto schienale lavorato su cui stava seduto il Dio dai lunghi capelli biondi che, con un cipiglio tra l'annoiato e l'irritato leggeva il documento stretto fra le dita lunghe ed esili della mano.
        Sanzo si lasciò sfuggire un «Ch'.» di irritazione a sua volta, a quella vista, e Gojyo, accorgendosene, non riuscì a resistere dallo scoppiare a ridere facendo commenti sul Karma e le Dee sadiche.
        Un leggero bussare alla porta dell'ufficio di Konzen, fece sobbalzare i tre spettatori ed interruppe il lavoro del Dio biondo che disse solo, «Vieni avanti, Tenpou.»
        «Konzen.» Il nuovo arrivato entrò silenziosamente, lasciando la porta aperta dietro di sé.
        Hakkai sentì uno strano brivido percorrergli la schiena mentre i suoi occhi studiarono le fattezze di quello che presumeva essere il suo antenato: capelli castano scuro lunghi fino alle spalle con una frangetta che copriva l'occhio sinistro, occhi verdi dietro ad un paio di occhiali, un chakra tondo in fronte, uno strano camice da laboratorio sopra ad una camicia bianca e dei pantaloni neri, ai piedi delle ciabatte.
        Sorridendo allegramente al Dio di fronte a lui, Tempou domandò, 
«Come sapevi che ero io?»
        «... Sai benissimo che non sono molte le persone che si avvicinano a questo posto. E in ogni caso, sei l'unico di quei pochi che si prenderebbe la briga di bussare.» Rispose secco Konzen.
        Sanzo, Hakkai e Gojyo restarono lì ad ascoltare mentre i due iniziavano una discussione che riguardava il ruolo dell'armata Celeste; di come la sua esistenza fosse poco più di una farsa, dato che l'unica persona in tutto il Regno Celeste che possedeva il permesso di uccidere era il Principe della Guerra... Nataku, la 'bambola assassina'.
        Passarono molto tempo a discutere - le ore in quel posto sembravano non passare mai, perfino l'aria aveva la parvenza di essere immobile - fino a quando, in un momento di silenzio, Tenpou si guardò discretamente intorno, commentando il disordine che regnava nell'ufficio con un sorriso minuto. «È diventato decisamente più vivo, qui, dall'ultima volta che ci siamo visti.»
        «È tutta colpa di uno stupido animaletto...» Rispose sottovoce Konzen. Il Dio con gli occhi verdi stava per chidere delucidazioni, quando un rumore di piedi frettolosi si avvicinò alla stanza e, in meno di tre secondi, Goku si fiondò all'interno dell'ufficio con in mano un mazzo di fiori. Stava per rivolgersi a Konzen quando notò la nuova persona in piedi vicino alla scrivania.
        «Konzen...? Chi è lui?» Chiese, puntando un dito verso Tenpou, che gli si avvicinò abbassandosi per poterlo guardare meglio.
        «Ciao! Io sono Tenpou, ma tu puoi chiamarmi Ten-chan! E tu, come ti chiami?» Rispose lui con un sorriso. 
        «... Ten-chan...» Disse Goku, quasi tastando il modo in cui il nuovo nome gli scorreva sulla lingua. Gli piaceva, così come gli piaceva quella persona dall'aria gentile che gli sorrideva senza remore - al contrario di tutti gli altri che, quando lo vedevano, tentavano di incenerirlo con lo sguardo -.
        «Io sono Goku!» Lo disse con un'espressione talmente felice ed orgogliosa, che Konzen si lasciò scappare un sorriso. Il bambino venne poi distratto da una farfalla e, ancora con i fiori in mano, si mise a seguirla con uno sguardo ammaliato, dimenticandosi degli 'adulti' che continuavano ad osservarlo.
        Tenpou sorrise, un sorriso leggermente più accentuato del solito, e si rivolse nuovamente al suo amico biondo (ovviamente Konzen lo avrebbe picchiato se avesse saputo che lo riteneva un amico). «Goku... Una scelta davvero particolare, Konzen. Go: ciò che può essere compreso; Ku: ciò che non può essere visto con gli occhi.»
        I tre spettarori, rimasti in silenzio durante la conversazione, si guardarono a vicenda.
        Hakkai e Gojyo, dopo un momento di sorpresa, non poterono trattenere un piccolo sorriso: c'era da aspettarselo, che la persona in grado di trovare un modo di racchiudere l'essenza stessa del loro amico in un paio di semplici sillabe fosse stato Sanzo (o in quel caso, il suo antenato).
        Nei loro occhi, però, c'erano il medesimo pensiero e la medesima paura: Goku - il loro Goku, non questo bambino - era riuscito a percepire 'ciò che era invisibile agli occhi'? Che avesse scrutato nei loro animi, carpendo segreti nascosti ad altri...? Proprio lui che, nonostante il più delle volte sembrasse ingenuo, nascondeva dei segreti ben più oscuri dei loro e che a volte faceva commenti che parevano senza senso—ma che ora acquisivano tutt'altro spessore...
        Una parte dei loro cuori tremava.
        Il luogo che racchiudeva i loro peccati più neri, più deprecabili.
        La parte di loro stessi che tornava a tormentarli nei sogni; che li coglieva impreparati nei momenti di riflessione durante una giornata di pioggia.
        Quel 'mostro' che tutti loro celavano al mondo, ma che non poteva essere tenuto a bada da un dispositivo, perché faceva parte dell'essere umani.
        Già, perché gli esseri umani sono le creature più complesse tra quelle esistenti... Sembrava impossibile che esistessero persone tanto innocenti, pure, buone, benevole ed al contempo persone così vili, crudeli, pronte a tutto pur di raggiungere i propri scopi.
 
        E se Konzen avesse scelto un altro nome... Anche il loro Goku sarebbe potuto diventare qualcuno di molto diverso dal ragazzo che conoscevano?
        Un pensiero, questo, che in qualche modo li angosciava: non potevano immaginare la loro vita senza di lui e il realizzarlo li lasciò di stucco.
 
        (Il terrore che ve lo impedisce.
        Il terrore di rendervi conto a cosa sareste andati incontro senza quella creatura che vi è stata accanto e che vi ha fatto sentire vivi.)
 
        «Ehi!» Gojyo interruppe il silenzio che era calato sul gruppo, «Che ne è di me?» disse e agli sguardi vuoti di Hakkai e Sanzo, il mezzo demone chiarificò. «Cioè, abbiamo visto i vostri doppioni... E il mio che fine ha fatto??»
        «Oh... Non saprei Goj—» La risposta di Hakkai si congelò a metà insieme al suo sorriso quando l'ormai familiare luce dorata li investì, trasportandoli verso un'altra 'visione'.
 
-x-


        Quando la luce scomparve, Hakkai sorrise. «Beh, Gojyo, sembra che chiunque ci sta facendo vedere questo 'spettacolo' ti abbia sentito...»
        I tre erano nel bel mezzo di un corridoio, le cui pareti erano sempre candide e le colonne sempre rosse. Se prima Sanzo, Gojyo e Hakkai erano rimasti affascinati dal palazzo, a mano a mano che il tempo passava iniziavano a trovare il tutto noioso, monotono ed irritante: una purezza che, per quel poco che sapevano del Mondo Celeste, non aveva nulla a che fare con le persone che ci vivevano - con una sola, unica, vera eccezione -.
        I tre uomini erano voltati nella stessa direzione, quindi tutti poterono vedere un Dio avanzare verso di loro. Fu Gojyo questa volta che dovette trattenere il fiato dalla sorpresa, ed a ragione, perché quello che avevano davanti era senza ombra di dubbio l'antenato del mezzo demone, eppure era anche quello più irriconoscibile dei tre: corti capelli neri, occhi azzurri, un chakra dalla forma insolita che svettava sulla fronte, una sorta di collana con un teschio alato spuntava dalla giacca nera aperta di un uniforme e, al fianco, quella che sembrava una fiachetta di liquore legata alla cintura.
        Il Dio procedeva con fare arrogante, a grandi falcate, e in poco tempo si trovò davanti ai suoi osservatori.
        D'un tratto Sanzo si accorse che c'erano degli altri passi, nel corridoio, e che si stavano facendo strada verso di loro, così si voltò e gettò un'occhiata noncurate alle sue spalle... Ma finì per voltarsi completamente e fissare la persona che si stava avvicinando dall'altra parte. Dopo qualche secondo, decise di attirare l'attenzione di Hakkai. «Ehi, Hakkai... Non ti sembra familiare?» Chiese, fingendosi disinteressato.
        Hakkai (e quindi Gojyo) seguì lo sguardo di Sanzo e quando vide a chi il monaco si stesse riferendo, quasi non credette ai suoi occhi. La persona era sicuramente un altro Dio, anche se non aveva un chakra in vista. La pelle bianca, a scaglie, i capelli dello stesso colore e gli occhi rossi... Sì, erano estremamente familiari: Hakuryuu.
        Sotto i loro sguardi, i due Dei si avvicinarono l'uno all'altro, lo spazio che li separava sempre meno. Si incrociarono e, per un attimo, parve che non si conoscessero, poi—
        «Oi. Non dovresti salutare i tuoi superiori quando li vedi?» Chiese il Dio dagli occhi cremisi con tono autoritario.
        «... Ah, mi scusi.» Rispose il 'doppione' di Gojyo, «Buongiorno.» disse inchinandosi. «Arrivederci.» Concluse, girando le spalle per andarsene. Gojyo scoppiò a ridere borbottando il suo consenso con il comportamento dell'altro se stesso.
        «... Kenren Taisho.»
        «Che vuoi? Che rottura... Non sono poi così libero, sai?»
        «Che cosa ci fai con una bottiglia di sakè alla cintura?» Domandò imperioso il Dio dalla pelle bianca.
        «È il mio carburante.» Kenren ghignò beffardo, per poi voltarsi. «Ciao ciao.»
        Il gruppo di mortali decise di seguire Kenren - senza nemmeno chiedersi dove si stesse dirigendo - e quando lo strano essere divino sparì alla vista, lo sentirono parlare, quasi soprappensiero. «Il Gran Generale dell'Oceano dell'Ovest, Goujin... Quella personalità severa, la pelle pallida e gli occhi rossi... Anche se è un mio superiore, proprio non lo sopporto.»
        Dal nulla dei passi frettolosi risuonarono poco più avanti e qualcosa andò a sbattere contro Kenren a velocità considerevole.
        «Whoa!» Esclamò il Dio, preso di sorpresa.
        In contemporanea, un'altra voce saltò fuori da qualche parte vicino la vita di Kenren. «Ah!» Goku alzò lo sguardo sul soldato, sbottando un «Uh... Scusa!» mentre Kenren rimase a fissare il bambino con curiosità, senza dire nulla.
        Dopo non aver ricevuto risposta, il bambino fece per andarsene. 
«Okay, ciao!»
        «Oi, ragazzino.» Disse il Dio, tirando il suddetto ragazzino per i lunghi capelli castani.
        «Ahia! Ma che fai?!» Strillò Goku, indignato, massaggiandosi la testa.
        «Sei tu quello di cui Tenpou va sempre in giro a raccontare, che si chiama 'Goku' ed è in custodia a Konzen?» Domandò Kenren.
        «Eh? Zio, sei un amico di Ten-chan?»
        «Ehi, ehi! Non chiamarmi 'zio'!! Sono ancora giovane!» Sbottò Kenren.
        In quel momento, due guardie arrivarono di corsa, chiamando il soldato a gran voce e spiegando che Goku si era introdotto in quell'ala del palazzo senza permesso e dicendo che dovevano buttarlo fuori, ma Kenren li fermò.
        «No, va bene così...» Disse tranquillizzando le due guardie e quando queste gli chiesero se conoscesse il bambino, Kenren continuò con una faccia serissima. «Lui è il mio figlio segreto.» Disse, e se ne andò portando Goku con sé, lasciando le due guardie interdette.
        Dopo qualche altro minuto, i cinque si ritovarono all'esterno del palazzo; Kenren seduto su una roccia sotto ad un ciliegio e il ragazzino in piedi lì vicino.
        «Senti, che ci fai qui? Non dovresti stare nella residenza di Konzen?» Chiese Kenren, accendendosi una sigaretta.
        «Sì... Ma la prima volta che ho incontrato Nataku ero da queste parti, così sono venuto qui a cercarlo...» Rispose Goku, le mani sulla nuca.
        «Hai detto... Nataku? Cioè Nataku Taishi...?»
        «Sì! È mio amico! La prima volta non avevo ancora un nome, adesso che ce l'ho, voglio dirgli come mi chiamo!»
        «Ah... Un amico della bambola assassina.»
        A Sanzo e agli altri questa frase fece uno strano effetto. Nessuno di loro aveva mai avuto modo di vedere il vecchio Dio della Guerra, ma se ciò che Homura aveva detto loro corrispondeva a verità, allora anche Nataku doveva essere stato un eretico: una ragazzino sfruttato dagli Dei per portare a termine un compito che era loro proibito, uccidere.
        E Goku ne era diventato amico...
        "Tipico di quello stupido, farsi amici i personaggi più turbolenti e problematici..." Pensò Sanzo con una smorfia infastidita, sopprimendo però l'ultima parte di quel pensiero che sarebbe suonata qualcosa come 'esattamente come noi tre'. 
        Quando Kenren si alzò senza preavviso dalla roccia, Sanzo e gli altri rimasero a guardare mentre il Dio infilava le mani sotto le braccia di Goku. Iniziamente non capirono il motivo di quel gesto, poi notarono la sua espressione.
        «Che stai tentando di—?» Iniziò a dire Hakkai, quando il soldato rinunciò e lasciò penzolare le braccia ai fianchi, respirando affannosamente.
        «Non sei... Un po' troppo pesante...?» Chiese dopo aver ripreso fiato.
        «Huh?? Ah, sì.» Risponde Goku, sollevando un braccio esile e facendo oscillare gli anelli della catena al movimento. «È per colpa di queste.»
        «Queste catene—una di queste non pesa circa 20 chili...?!» Disse Kenren, completamente scioccato. Goku lo fissò non capendo.
        "... 20 Chili?!" Fu quello che passò per la testa degli spettatori. Inconsapevolmente si ritrovano a pensare all'incirca la stessa cosa di Kenren. "E Goku riesce a muoversi con tutto quel peso addosso?!"
        «Si può sapere che cosa diavolo—» Sbottò Kenren, ma venne interrotto dall'arrivo di una guardia che lo avvisò che il Principe Nataku era tornato dalla sua missione di soppressione del demone Gyumaoh.

-x-

 
        Quando Sanzo vide Nataku, in un certo senso, gli ricordò Goku... Eppure era anche molto diverso...
        Un bambino. Un ragazzino ingenuo.
        Un guerriero temuto. Il suo potere faceva tremare anche i soldati più esperti.
        Una marionetta controllata da uomini avari, vili.
        Un Dio che non aveva abbastanza carattere.
        Un debole.
        Goku e Nataku.
        Così simili eppure, per Sanzo, fortunatamente anche molto diversi.
 
        (La sentite? Sentite la sensazione di qualcosa di inarrestabile che si avvicina sempre più...?)
 
 


 



«C'è calore corporeo e respiro,
ma se non c'è la forza motrice, ovvero le emozioni,
non è poi diverso da un cadavere.
Per quanto hai intenzione di aspettare...?» -
 
(Kanzeon Bosatsu,
Gensomaden Saiyuki)
 
   
 
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