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Autore: sam_di_angelo    20/11/2016    2 recensioni
Quando gli occhi di un ragazzo dalle cattive abitudini incontrano per puro caso lo sguardo dell'altro, inchiodato in un letto d'ospedale, tutto cambia, tutto assume un aspetto differente.
Due mondi a sé stanti, due personalità troppo simili eppure così puramente diverse.
casa[cà-sa] s.f.
1 Edificio a uno o più piani, di dimensioni e aspetto vari, adibito ad abitazione dell'uomo.
Qual è la vera casa di Cole Blaze? La sua piccola dimora numero 251 affacciata sulla strada più vecchia e consumata del suo quartiere, oppure quegli occhi a mandorla color caffè che continuano imperterritamente a tormentarlo?
"It's their loss. Not yours."
CAST:
Park Chanyeol - Cole Blaze
Byun Baek-hyun - Boyce Hanks
© Sam Di Angelo.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol, Kai, Kai, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1

«No, no. Chanette, mi rifiuto.» la donna guardò male il figlio da dietro la spalla, mentre l'acqua continuava a scrosciare sulle stoviglie che stava lavando.

«Oggi è il mio giorno libero, Cole. Devo aggiustare la casa entro l'ora di pranzo, non ho tempo neanche per andare a bere un caffè con le mie amiche! Perciò, oggi che è domenica e sei a casa anche tu, vedi di aiutarmi.» Cole sbuffò, sentendosi in colpa. Sua madre era costretta a spolverare e pulire tutto anche nei giorni di ferie, e lui non sapeva neanche come prendere in mano una scopa.

«Va bene, va bene... Quando arriva la peste?» Chanette strofinò un piatto di ceramica con una spugnetta, i guanti di plastica gialli stridettero fra la schiuma al profumo di lime.

«Fra mezz'ora, più o meno, vai a prepararti.» Cole salì in camera sua, a testa bassa, con le calze a righe rosse e blu che scivolavano sul legno.

«Proprio a me doveva capitare...» borbottò.

«Ti ho sentito!» gridò la madre dalla cucina.

 

2

Cole si strinse nella felpa. Per essere maggio, faceva davvero freddo. Le cuffiette bianche nelle sue orecchie continuavano a suonare Break Your Little Heart, mentre Cole con il piede - numero 47 1/2 - continuava a tenere il tempo. 

Il treno era in ritardo di venti minuti abbondanti.

Cole sbuffò sonoramente, mentre con lentezza prese a guardarsi attorno. 

Le case grige oltre i binari sfioravano appena il cielo, che esplodeva in un azzurro forte e vivo. Le nuvole sembravano le striature di una tigre: vaporose strisce bianche che interrompevano quel turchese pulsante di tanto in tanto. Il sole era coperto da una di esse, e brillava di una luce candida e soffice.

Il silenzio era riempito da sbuffi, stridere di ruote contro i binari e dal vociare dei passeggeri. C'era chi salutava i parenti in partenza, mogli che piangevano, bambini che scorrazzavano pericolosamente vicini alla linea gialla - genitori incoscienti - e controllori con la pancia grossa.

Cole osservò una ragazza scura di pelle, sulla ventina, girarsi e cercare con lo sguardo qualcuno. Il suo amore? Sua mamma? 

A Cole piaceva immaginare quale potesse essere la storia di ogni singolo passeggero, il suo nome, i suoi interessi, il suo passato.

Quella ragazza era davvero bella. Era avvolta in uno scialle colorato e pieno di perline e campanelle, aveva una gonna lunghissima che ricordava un arcobaleno e dei capelli voluminosi e ricci, riccissimi. Le labbra carnose, scure, il naso schiacciato e gli occhi allungati, dalle iridi nere come la pece. Era perplessa, e si voltava freneticamente; si bloccò e sorrise nella direzione di Cole. Aveva i denti bianchissimi, che brillavano in contrasto con la pelle color cioccolato.

Ce l'aveva con lui? Prese a camminare svelta proprio verso il ragazzo.

Cole non sapeva che fare. Fortunatamente, la ragazza lo superò, arrancando e trascinando dietro di sé il trolley giallo canarino. Le ruote facevano un rumore ipnotico, come un ticchettio. 

La ragazza - Kenya, per Cole - mollò la valigia, che cadde a terra con un tonfo, e si gettò fra le braccia di un ragazzo.

Era alto molto più di lei, e la stringeva fortissimo, con il viso perso fra i suoi capelli neri. 

Biondo, muscoloso, bianco. Cole li studiò attentamente, catturando ogni dettaglio di quell'immagine con gli occhi. Erano una coppia davvero bellissima.

Immaginò Kenya nella sua terra natale, in Africa, che danzava attorno al falò con gli altri membri della sua famiglia, mentre intonava una canzone allegra e vivace, come lei. Aveva proprio il viso di una cantante. Magari aveva conosciuto il suo ragazzo - Jackson, sì, che fantasia - mentre entrambi facevano volontariato per aiutare i più poveri. Lui un medico, più grande di lei. Lei un uragano di vita, che lo aveva travolto, superando la differenza di età, probabilmente di cinque, sei anni, che li divideva. Si erano innamorati e tutto il resto era stato storia.

Lo sbuffo di un treno distrasse Cole, portandolo a voltarsi. I vagoni presero a scorrergli davanti, in una tempesta di colori. 

Il ragazzo adorava i treni della sua città. Erano coloratissimi, veloci, e soprattutto sicuri.

Quando le porte si aprirono Cole riuscì subito a notare il viso allungato e pallido di sua zia spuntare fra la folla. Aveva i capelli arruffati, come sempre, il sorriso stampato sul volto ed era vestita con i suoi soliti abiti scuri. 

Cole scattò in piedi, quasi ribaltando la panca su cui era seduto. Si sfilò le cuffiette dalle orecchie e le mise in tasca. 

La donna lo individuò fra il caotico turbinio di persone e allargò ancora di più il suo dolce sorriso. Gli occhi color cielo era brillanti e belli come una volta, lei stessa era ancora bellissima come una volta. 

Magra, dalla figura slanciata, con le curve sinuosamente disegnate dalla maglietta grigia che indossava. Un lamento richiamò lo sguardo di Cole verso il basso.

Sua zia Lucinda stringeva la mano di un bambino. Era piccino, con il viso paffutello e gli occhi azzurri come quelli della madre. I capelli però erano più chiari, biondi, del colore del miele, a differenza di quelli di Lucinda, castani scuri.

Il bimbo agitava il giocattolo che stringeva nella mano grassoccia, e stava tirando la madre, appendendosi al suo braccio a peso morto.

Il sorriso di Cole tremolò sul suo viso incerto: sarebbe stata una lunga e stressante giornata. 

Il gigante dalle orecchie a sventola agitò la mano in segno di saluto, e la donna che non vedeva da ben quattro anni prese a camminare veloce verso di lui. 

«Cole! Dio mio, sei diventato un uomo!» disse, prima di stringerlo in un forte abbraccio. I boccoli di Lucinda gli solleticarono le guance, mentre il familiare profumo di vaniglia gli invase le narici: una vagonata di ricordi prese a scorrere nella mente del ragazzo, ricordi felici, del bambino felice che era stato.

«Sei cresciuto così tanto...» continuava a ripetere la donna, accarezzando la spalla del nipote. 

Lucinda era la sorella più piccola di Chanette. Aveva trentacinque anni, ma ne dimostrava molti di meno, sembrava ancora una ragazzina. 

«Mamma! Soffoco!» il piacevole abbraccio zia-nipote si sciolse, interrotto dal figlio di Lucinda, che continuava a tirare i jeans della madre. Irritante come lo era a tre anni.

«Cole, ti ricorderai di Jimmy, vero?» il bambino lo guardò con le sopracciglia corrucciate. 

«Certo!» rispose il gigante, piegandosi sulle ginocchia. Allungò la mano per scompigliare i capelli tagliati a scodella del cuginetto, che strinse le labbra rosse in una sottile linea. 

«Mamma, chi è questo?» Cole restò per un attimo impassibile, con la mano bloccata a mezz'aria.

«Jimmy, non essere così maleducato! E' Cole, tuo cugino, non ti ricordi di lui?» 

"Non ti ricordi del ragazzo a cui lanciavi i giocattoli sul naso? A cui scarabocchiavi i compiti e distruggevi la stanza?" pensò Cole, con i brividi sulla schiena.

 «No.» disse il bambino, incrociando le braccia al petto. Aveva una salopette di jeans, con una maglia a righe che spuntava sotto, delle scarpette piccoline e bianche, ovviamente tutte sporche e consumate. 

«Perdonalo, ha dovuto rinunciare alla festa di compleanno della sua fidanzatina per venire qui, non è stato facile... vero, Jimmy?» la madre sorrise al bambino, che la guardò con un'espressione arrabbiata e tremendamente buffa.

«Da' a me, zia, ci penso io.» disse Cole, prendendo la valigia della donna e il suo borsone. «Ho la macchina parcheggiata un po' lontano da qui, c'era una tale confusione stamattina!»

«Oh, il mio ometto... Già con la patente... L'ultima volta che ti ho salutato eri un ragazzino di appena quattordici anni... Poi arrivo qui, e mi trovo davanti un uomo.» sospirò Lucinda, con gli occhi lucidi.

«Tu sei rimasta sempre la stessa, zia, bella come sempre.» la donna lo abbracciò nuovamente, con un "ooooooh" che colpì i timpani di Cole.

«Jimmy è diventato anche lui un ometto, ricordo com'era piccolo quando aveva tre anni appena...» disse Cole, non appena la zia lo ebbe liberato dalla stretta ferrea.

«Ora ne ho sette! Vado già a scuola, non sono più piccolo!» ribadì Jimmy, gonfiando il petto. Cole rise; quel bambino era davvero buffo.

«Mi racconterai tutto più tardi, adesso andiamo a casa, zia Chanette ci aspetta con una bella torta di mele.» il bimbo sembrò rilassarsi un po', e accennò ad un sorriso, ancora un po' incerto.

«Adoro mia sorella.» disse Lucinda, sorridendo. Poi prese Cole sottobraccio e iniziò a camminare, con Jimmy dall'altra parte.

«In mezzo ai miei uomini oggi! Be', raccontami un po'... Hai trovato finalmente una brava ragazza?» Cole arrossì a quella domanda. 

«No...» rispose, in imbarazzo.

«Devi raccontarmi un bel po' di cose, sono rimasta molto indietro!» Cole sorrise, mentre insieme si dirigevano verso il parcheggio.

Gli era mancata quella donna impertinente, e forse un pochino anche quel bambino pestifero.

 

 

 

Nota Autrice: AHAH! Purtroppo per la Lista dovrete aspettare il prossimo capitolo, sono cattiva, lo so... Ma non temete, scorgo un barlume di Boyle nella prossima puntata! Stay tuned guys, love you all ~ (Vi piace di più il nome Boyle per la ship, oppure Coyce? O ne avete in mente altri? Fatemi sapere qui sotto, vi aspetto!

-Sam ♥

 

   
 
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