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Autore: nainai    17/05/2009    0 recensioni
Spin off di una bellissima storia - putroppo troppo breve - di Lisachan "The Wizard - The almost true story of a necklace pick". Da quell'unico episodio tra Matthew e Brian è nato cosa? La casualità degli eventi porta i due musicisti a reincontrarsi e rincorrersi in una catena di sogni spezzati e rancori mai espressi.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Muse, Placebo | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione: il presente scritto ha come protagonisti persone realmente esistenti. Non s'intende offendere alcuna di queste persone, nè dare una rappresentazione veritiera delle stesse. Nessun diritto legalmente tutelato s'intende leso.

"Fury" è uno spin off di una storia ben più meritevole - "The Wizard - The almost true story of a necklace pick" - scritta da Lisachan e che potete trovare qui: Polychrome .
Chiaramente per seguire gli eventi qui raccontati bisogna aver letto la storia che li precede, ma posso assicurarvi che ne vale la pena! Quindi non perdete tempo e datevi da fare, l'archivio di Lizzie è lì che attende ù_ù
Premesso ciò, io ringrazio Lizzie per avermi permesso di scrivere questo spin off.
Ringrazio anche coloro che dovessero passare di qui e leggere / commentare questa storia.
Auguro a tutti una buona lettura ^_^


Fury

 
Sono pazzo.
Non ci sono altre spiegazioni plausibili, altre ragioni condivisibili, altri elementi che valga la pena considerare.
Sono pazzo.
 
La gente lo dice sempre, di me! Ero solo io a dovermene convincere.
 
Certo, non avrei mai immaginato – e sinceramente non avevo neppure voglia di immaginare – che il motore della mia presa di coscienza dovesse essere questo.
Ma, ad essere completamente onesti, perlomeno è un “motore” abbastanza chiaro da darmi anche l’esatta misura di quanto io sia pazzo.
…e su una scala da uno a dieci, io mi darei un bell’undici e mezzo…magari anche dodici.
 
Respiro a fondo, trattenendo il fiato per non lasciarlo uscire tutto in un botto. Ho il sacro terrore di fare rumore. Il sacro terrore che facendolo lui si svegli. Ed io so che questo sarebbe un disastro a cui non sono ancora pronto.
Più che altro, credo di non essere pronto a trovare qualcosa da dire. Qualcosa che valga a spiegare ad entrambi comeperchèquandoachescopo siamo arrivati qui.
 
…non è ridicolo che io mi stia ponendo il problema di dover fornire una spiegazione in via esclusiva? soltanto io? come se avessi tutte le responsabilità del caso?
Sì, è ridicolo.
Ma a conti fatti è abbastanza ridicolo già che io sia qui, rigido in questo letto come un ciocco di legno, a fissare il soffitto pregando che lui non si svegli ed a parlare con me stesso.
 
Dicendomi che sono pazzo.
 
Cazzo.
È praticamente l’unica certezza che sento di avere nella vita in questo momento.
***
Vorrei riuscire a puntualizzare la situazione, a fornirmene una ricostruzione razionale, sono quasi certo che mi aiuterebbe molto ora come ora. Mi aiuterebbe perfino nel caso l’ipotesi spaventosa di dover sostenere un dialogo su quanto successo dovesse concretizzarsi.
Al momento tutto quello che sono in grado di fare, però, è recepire un dato numero di verità incontestabili.
 
Una mi dorme affianco.
È bella.
…o bello?
In ogni caso è un uomo. Ed in ogni caso è una delle cose più incredibili con cui io abbia mai avuto a che fare fino ad oggi.
…in ogni caso…beh sì, in ogni caso rappresenta una debolezza un po’ amara che mi porto dietro da tanto tempo. Troppo tempo. Certe cose s’incancreniscono in fretta ed i tumori a lungo andare fanno danni.
 
Come tumore non sei granché, Brian. Mi viene da sorridere a guardarti in questo momento.
Ammetto che mi spaventa sorridere di te…o per te, non so. Fatto sta che ne ho paura, perché ora come ora dovrei essere terrorizzato da tutto questo ed essere già fuggito da qui per non tornare indietro. Ed invece non mi muovo, prendo coscienza della mia pazzia e non mi muovo. La radico in me con maggior convinzione ad ogni respiro.
Forse, se ho paura che ti svegli, dipende proprio da questo: dalla consapevolezza che magari, in quel caso, saresti tu a fuggire. Sono quasi certo che tu non sia nemmeno lontanamente pazzo quanto me.
 
Eppure ammetto che stasera, quando ti ho visto fuori dal backstage, non ho potuto fare a meno di credere che lo fossi almeno un pochino.
 
No, non mi sto illudendo. Sono un ingenuo, è vero – questa è un’altra cosa che dicono di me, ma non hanno idea di quanto si sbaglino…anche se vorrei non lo facessero: l’ingenuità tiene a posto il cuore. Ma non sono neppure io così ingenuo da non sapere che tra il te che ho trovato fuori dal backstage stasera ed il me che ti scrutava adorante quel 24 ottobre non c’era mai stata tanta differenza quanta quella che si è tesa tra noi due stanotte.
Una differenza concreta e palpabile, di quelle pesanti che non si possono ignorare. La differenza di quell’elettricità carica di implicazioni con cui tu mi hai sorriso, io mi sono bloccato raggelato ed il silenzio è sceso intorno a noi come in un film.
Ovviamente Dominic e Chris sono tutto meno che stupidi. Chiaramente loro e Tom sanno che le cose tra noi non sono mai state più complicate di così. Inevitabilmente hanno tentato di decifrare il mio sguardo ed il tuo.
So di aver sbagliato a rassicurarli e mandarli via. Avrei dovuto tenermeli vicini. Avrei dovuto liquidarti come facesti tu quel giorno.
Ma io non avevo nemmeno un sogno da offrirti.
 
È vero, Brian, tu sei stato molto più generoso con me di quanto mi meritassi, fin dal primo giorno.
Ed è vero, Brian, hai il sacrosanto diritto di chiedermi indietro tutto quello che ti ho strappato.
Quindi, è vero, Brian, io devo pagarti in qualche modo il prezzo delle illusioni che hai perso e che, invece, io sembro riuscire ad afferrare una ad una.
…non immagini neppure quanto mi senta in colpa per questo.
 
Sì, potrei dirmi che in realtà è stato il senso di colpa a tenermi lì, stasera, fermo davanti a te. Noi due da soli. Non fosse che la rabbia che mi sentivo scorrere nelle vene con i sensi di colpa non avesse proprio niente a che vedere.
Ero infuriato con te. Ero infuriato per il fatto che mi avessi preso in giro solo la sera prima, che mi avessi preso in giro – ed io stupidamente mi fossi fatto prendere in giro – lasciandomi con il sapore della tua bocca sulla mia e la consapevolezza che ti avevo appena fornito un’arma. Ero arrabbiato, per quel dannato ciondolo che al collo mi pesava come un macigno, eppure lo avevo messo lo stesso, sperando, ridicolo come una ragazzina, che in mezzo al pubblico ci stessi davvero e mi vedessi. Immagina quanto potessi essere arrabbiato stasera.
E poi ho scoperto che tu c’eri sul serio in mezzo al pubblico. E non solo. Ho scoperto anche che tu, a differenza mia, non avevi nessun problema a presentarti lì davanti a me, in una parodistica presa per il culo del ragazzino diciassettenne che avevi avuto davanti vent’anni fa.
È stato inevitabile che io me ne uscissi con quella battuta infelice.
Anche se sapevo che lo avevi fatto apposta e che io mi stavo piegando a recitare il tuo copione.
 
-Come sei entrato?- ti ho chiesto quando Dom, Chris e Tom sono spariti in un borbottio distorto e stizzito ed uno scalpiccio di passi svogliati. Nessuno di loro ci teneva a vedermi sbranato da te e tutti loro sapevano che mi avresti sbranato
Hai riso. Come se quella storia ti divertisse, quando era evidente che ti feriva. Ti ho odiato con più convinzione.
Ma tu ti sei avvicinato a passo lento. Così falso.
…no, in effetti ti odio ancora.
-Io non sono un Signor Nessuno, Bellamy.- mi hai deriso rivolgendoti al me ragazzetto che si era intrufolato di soppiatto nel tuo backstage- E’ bastato dire il mio nome.- hai sogghignato.
Avrei voluto dirti di voltarti ed andartene. Il tuo scopo era umiliarmi, c’eri riuscito e potevamo chiuderla lì. Ma tu hai allungato una mano e mi hai sfiorato la pelle.
È stato casuale, lo so.
Volevi solo prendere il plettro sul mio petto.
Volevi toccare solo quello.
Ma sai, ce lo avevo appoggiato addosso, era anche inevitabile, Brian.
 
-Te lo sei messo davvero.- hai constatato in un tono indecifrabile.
Sai che i tuoi occhi riescono ad essere privi di qualsiasi espressione quando vuoi?
Hai soppesato il triangolo di plastica sul palmo.
-Sei proprio un idiota.- hai concluso nello stesso modo, lasciandolo ricadere.
Sapevo che saresti andato via.
In effetti non ci voleva molto per capirlo, ti eri già voltato e mi davi le spalle, avevo un istante e poco più per afferrarti. Un istante, è vero, e tanta, tantissima voglia di riprendermelo.
-…lo rivuoi?- ti ho chiesto in un eco che è arrivata chiara e precisa attraverso uno spazio di anni.
Decenni.
…secoli.
Mi hai guardato sgranando appena gli occhi. Ho capito che te lo ricordavi ancora, sia le mie parole sia quel tono esitante, quasi una preghiera. E tu hai capito che per me non era passato un solo giorno.
 
Quanto sono stato imbecille, Brian?
***
In questo istante – questo, non il prossimo o quello precedente, questo e dubito ce ne sarà un altro – mi dico molto. Troppo.
Tanto per cominciare perché abbiamo, appunto, troppo da perdere. Tu. Io. Per una volta tanto accomunati da qualcosa.
Questo qualcosa è la mia idiozia, come tu l’hai definita, ma anche la tua voglia di rivalsa. Ci ha portati a fare una cazzata – perché, diciamoci la verità, questa cosa è stata una cazzata – e questa cazzata ci marchierà entrambi. Entrambi dovremo nasconderla e dimenticarla e, se devo essere onesto…ed io voglio esserlo, perché, hai ragione tu, sono un idiota, non ho neppure così tanta voglia di dimenticarla.
Forse è davvero per questo che spero che tu non ti debba svegliare mai più.
 
-Il criceto nel tuo cervello fa talmente tanto rumore quando pensi, Bellamy, che mi viene da chiedermi se la sua ruota non si sia arrugginita a furia di stare ferma.
 
Deglutisco a fatica.
Sei tu a spezzare l’immobilità. Ti rigiri tra le lenzuola con un fruscio talmente sottile ed insieme così penetrante che mi perfora le orecchie. Io resto comunque fermo, recupero il fiato dal fondo della gola e ti guardo. Hai degli occhi talmente vividi che riesco a vederli perfino al buio e so di averceli puntati addosso come la canna di una pistola.
Fanno anche più o meno lo stesso effetto.
-Sei sveglio?- interrogo in una domanda che so già totalmente superflua.
Mi costerà l’ennesima presa in giro della nottata, la mia imbecillità riesce a stupire perfino me stesso e, se potessi, ti risparmierei anche la fatica di prendermi a parolacce.
Evidentemente intuisci i miei pensieri, sbuffi un sorriso storto e non ti sprechi neppure ad affondare.
-Respira.- mi consigli, invece, pacato. E poi ironicamente fai notare- Sono quasi certo tu sia ancora un organismo aerobico.
 
Il momento successivo lui – sì, è tornato ad essere “lui” nel mio cervello in confusione – è già lontano. Si è alzato dal letto ed ha iniziato a recuperare i propri vestiti. Mi sento molto una puttana.
Presumibilmente sono la cosa che ci si avvicina di più in questo frangente.
-…Brian- mormoro, pur sapendo di non avere assolutamente nulla da attaccare a quel nome per giustificare il suo voltarsi verso di me in attesa.
Intuisco la figura magra, tonica, ritta in piedi al fianco del letto e con il capo voltato nella mia direzione, lascio perdere immediatamente l’idea di ricambiare i suoi occhi, fanno abbastanza paura anche al buio. Preferisco abbassare lo sguardo a studiare il profilo del suo addome, dei fianchi e delle gambe snelle, mentre nel silenzio pesante registro che l’unica domanda che vorrei davvero formulare non ha alcun senso porla.
“Che significato ha tutto questo?”
La risposta la conosco già.
 
Per lui è qualcosa di simile a “nessuno”.
Per me è qualcosa che suona tragicamente come un “ti amo”.
Sono bugie entrambe le risposte.
 
Sono bugie.
 
Sono menzogne.
 
E si trascinano da anni.
 
 
  
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