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Autore: BrokenSmileSmoke    20/11/2016    1 recensioni
"Tu saresti troppo restrittivo, io e te non potremmo mai andare d'accordo!"
Fu così che Anita descrisse Kevin in una fredda mattina di Febbraio.
Erano due persone completamente opposte.
Lei, riservata, che preferiva passare più tempo da sola che in compagnia, che non amava particolarmente essere circondata da persone, e che era alla perenne ricerca dell'indipendenza, della sua libertà.
In un giorno qualunque scopre l'esistenza di questo ragazzo. A primo impatto si trovano a 50 e 50.
Per una metà simili, per l'altra totalmente opposti.
Entrambi sono consapevoli di queste divergenze, ma nessuno dei due è intenzionato a lasciar perdere l'altro, a farlo proseguire da solo per la propria strada. Saranno i loro sentimenti a fargli capire se troveranno un punto d'incontro per i loro caratteri o se uno prevalerà sull'altro, se l'orgoglio è più importante di ciò che provano o se sono destinati a restare insieme.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Intestazione
I passi della nostra Vita

Capitolo 1

Avrebbe mai potuto sapere che quella mattinata avrebbe cambiato ciò che credeva essere la sua esistenza?

Nella metro di Londra qualsiasi passante sembrava un fantasma, nessuno calcolava minimamente l'altro. Sembrava un luogo freddo, ostile nonostante le centinaia di persone che c'erano.
Stava tornando a casa, era stanca e oltre questo nella sua mente si proiettava sempre il volto del ragazzo che aveva visto in foto.
Le sembrava vagamente di conoscerlo, ma era sicuramente solo un'impressione. Non sapeva nemmeno della sua esistenza fino a quando lui le aveva mandato la richiesta d'amicizia su Facebook.
Non ci aveva mai parlato, lo aveva visto da qualche parte, questo forse sì, ma nient'altro.
Lui le aveva scritto dopo nemmeno mezz'ora, e ad ogni messaggio lei si sentiva le farfalle nello stomaco. Sì.. avrebbe descritto la sensazione così.
Era una cosa nuova per lei, non le era mai successo con nessuno, si sentiva strana.
Una tipica persona che crede nell'amore avrebbe detto probabilmente che si era innamorata follemente, ma lei non credeva in queste cose.

Anita entrò nell'appartamento che aveva comprato due mesi prima e si gettò a peso morto sul divano.
Le piaceva quell'abitazione, l'aveva trovata ad un prezzo bassissimo anche se valeva molto di più.
Sua madre le aveva dato una mano a comprarlo, aiutandola anche con i traslochi.
Anita non ricordava l'esatto motivo per il quale aveva fatto quell'acquisto, ma non le dispiaceva affatto vivere da sola.
Accese il televisore e guardò MasterChef, consapevole che lei non sarebbe mai arrivata a cucinare ai livelli dei concorrenti che partecipavano a quel programma.
Sapeva cucinare, sì, ma non era nulla di speciale, giusto le basi per chi vive solo e non vuole passare la vita a mangiare cibi d'asporto.
Passata nemmeno mezz'ora calò in un sonno profondo.
Ultimamente le capitava di sognare sempre un ragazzo che però giurava di non conoscere, ma questa volta seppe chi era.
Kevin Pearson.
Ma perché lo sognava sempre?

Si risvegliò che fuori pioveva a dirotto, e la mattinata soleggiata che l'aveva portata ad andare a correre sembrava solo un lontano ricordo.
Ma quello era il tempo di Londra, e in una stagione invernale le volte in cui c'era il sole si potevano contare sulle dita di una mano.
Nonostante il brutto tempo decise di uscire lo stesso, aveva letto per caso su un giornale che quel pomeriggio ci sarebbe stata una fiera al coperto, e lei non aveva alcun motivo di restare chiusa in casa.
Indossò un vestito che le arrivava leggermente sopra il ginocchio ed un cappotto, ormai il freddo non le faceva effetto, ci era abituata a quel clima.
Prese la Jubilee Line, la fiera distava giusto una centinaia di metri da quella fermata.

Quando arrivò rimase sorpresa nel vedere che c'erano poche persone, solitamente le fiere erano stracolme di visitatori curiosi, ma non se ne fece un problema.
La tranquillità era parte del suo essere, come poteva non apprezzarla?
Si fermò ad alcune bancarelle, c'erano souvenir per turisti, prodotti tipici ed anche una bancarella dedicata interamente al Fish&Chips.
«Ehi, ciao» si sentì da dietro di lei, si voltò immediatamente e rimase quasi paralizzata.
Era proprio lui.
Capelli corti e neri, occhi marroni, alto e magro.
«Anita DeVitto?» le domandò insicuro.
«S..Sì, ma tu.. Tu sei il ragazzo dei miei sogni»
Si accorse troppo tardi di ciò che aveva detto, che Kevin adesso l'avesse presa per una pazza?
Invece sorrise beffardo «Abbiamo solo chattato per mezz'ora e già sei pazza di me?»
Anita si fece rossa in volto.
«Credo tu abbia frainteso, non intendevo in quel senso, cioè sì, ma.. Oddio, è imbarazzante» si coprì il volto con le mani ridendo nervosamente.
«Sì, lo è decisamente ahahah»
«Vedi, il punto è che.. ecco, ogni volta che mi addormento tu appari nei miei sogni.»
Il ragazzo si fece serio, per poi farle l'occhiolino.
«Beh, allora sarà destino, non credi?»
«Niente affatto, ti avrò visto da qualche parte e mi sarai rimasto in mente»
«E quindi è destino.»
Anita sbuffò. Era testardo, molto testardo. E si capiva anche che era abituato che le ragazze gli andassero dietro.
Si vede che non mi conosce, si disse.
«Ora.. Che ne dici di dare ascolto al nostro destino ed andare a prenderci qualcosa alla bancarella dei caldi?» le propose Kevin.
Effettivamente non l'aveva considerata una pazza, e probabilmente avrebbe voluto saperne un po' di più di lei.
«Posso prendermi un thè English Breakfast o poi sembrerà un po' troppo alla Cinquanta Sfumature di Grigio?»
«Bhe direi di no, visto che io non sono nemmeno lontanamente un Cristian Grey» le sorrise.

«Ma non mi dire.. E poi che è successo?» chiese curiosa sorseggiando il thè.
«Sono stato espulso anche da lì, ed una volta uscito fuori c'era uno del gruppetto che ha cercato di menarmi, l'ho sbattuto contro al muro della scuola stessa e da lì ho capito che fare arti marziali e cose del genere non faceva per me» concluse ridendo.
Rideva anche Anita, quel ragazzo non le sembrava tanto male infondo. Era abbastanza interessante, aveva di cosa parlare senza dire sempre "Io sono, io faccio, io ho", ne parlava come se fosse una cosa del passato di cui ridere, ma non si vantava affatto.
«Immagino che anche tu abbia fatto qualche bravata da giovane, racconta» la incitò bevendo il suo caffè.
«Beh sì.. In terza media facevo danza classica» si fermò perché Kevin aveva iniziato a ridere «Cosa c'è di tanto divertente?»
«Niente, è solo che.. Tu, danza classica. Non mi sembrano due cose che possano andare d'accordo»
«E invece sì, ascolta. I miei mi impedirono di andarci, e sai perchè? C'era una ragazza, che oltre tutto mi era compagna di classe, che non faceva altro che cercare di deridermi davanti a tutti, così un giorno eravamo rimaste solo io e lei negli spogliatoi e lei aveva iniziato a prendermi in giro, così mi sono incazzata e l'ho picchiata con le scarpette con la punta in gesso, ha avuto dei lividi che sono durati per settimane, la madre mi voleva denunciare, e così la maestra di danza mi aveva detto che per poco non rischiava un'emorragia a livello celebrale, visto che poi l'ho sbattuta contro un muro, ero un po' vivace diciamo.»
«Sì, decisamente, ma diciamo che se dobbiamo paragonare i tuoi racconti ai miei, o sono sullo stesso piano oppure i miei sono leggermente più terribili dei tuoi»
Anita concordò «Ma c'è anche da riconoscere che io sono una ragazza, sono decisamente molto più delicata, è ovvio che non potrei mai fare quello che hai fatto tu»
Il ragazzo guardò l'orologio, per poi dirle «Beh, il tempo è volato, ora purtroppo ho degli impegni, ci possiamo vedere un'altra volta?»
La ragazza rimase stupita. Le stava dicendo che voleva uscire insieme a lei?
«Sì, certo, fammi sapere quando così vedo se ho impegni o meno.»
Sapeva di mentire, ma non voleva mostrarsi disponibile sin da subito.
«Tieni pure il mio numero»
Le porse un biglietto da visita.
«Sei un architetto?» domandò Anita, sul biglietto c'era scritto "Kevin Pearson, specializzato in design di interni ed esterni".
Aveva fatto l'affare della sua vita.
«Più o meno, mi occupo solo di arredare e dare sistemate ai locali, chiamami quando decidi se vuoi uscire con me o meno, anche se, da come ti vedo, non vorrai sembrarti troppo disponibile, sbaglio? Alla prossima» la salutò con un bacio sulla guancia, lasciandola lì immobile.
Come aveva fatto a capirla? Giravano già voci su come lei si comportava con gli individui di sesso maschile?
Prese la sua borsa e tornò a casa, non prima di andare alla bancarella e comprare un involucro di giornale con Fish&Chips, non aveva affatto voglia di cucinare.

Mentre era sul divano intenta a mangiare la sua cena sentì girare la serratura della porta.
Si spaventò, il suo primo pensiero fu "Oddio i ladri", visto che nemmeno sua madre aveva la chiave dell'appartamento.
Subito dopo prese un vaso da sopra il tavolino e si avvicinò alla porta.
Fu questione di attimi.
La porta si aprì, entrò una figura alta e lei, da dietro le spalle, gli scaraventò il vaso in testa.
L'uomo, sì, era decisamente un uomo, si accasciò a terra, con un forte dolore alla testa, poi si voltò verso il suo aggressore.
«Tu? Oh, altro che non sei Cristian Grey, tu non sei MINIMAMENTE Cristian Grey, sei solo un maniaco! Uno stalker! Che ci fai qui? Chi ti ha dato le chiavi di casa mia?» gli urlò contro Anita.
Il ragazzo le fece segno di abbassare la voce, la testa gli faceva male, e tanto. Era un miracolo che non fosse svenuto.
La guardò stralunato.
«Tu cosa ci fai in questo appartamento?» le domandò a bassa voce.
«Cosa ci faccio? Io qui ci abito, non hai visto il cognome sul campanello? È il mio, vieni a vedere» lo prese da un braccio e lo strattonò fuori alla porta e gli indicò la scritta sul campanello, poi rimase stupita.
Su quel campanello c'era il suo cognome, sì.. Ma accanto c'era anche quello del ragazzo.
Kevin la guardò serio. Non capiva se quello fosse solo uno stupido scherzo o se magari si fosse confuso, sì, si era sicuramente confuso.
Magari aveva fatto un piano in più o uno in meno e aveva sbagliato appartamento, magari la ragazza che aveva di fronte viveva con qualcuno col suo stesso cognome.
Ma risultava anche impossibile.
La chiave di Kevin aveva aperto quella porta, lui viveva lì da due mesi circa. E sapeva che il suo appartamento era il numero 6, e quello che aveva di fronte era proprio l'appartamento numero 6.
Ma allora perchè Anita DeVitto era lì dentro e gli aveva rotto un vaso in testa? Ci era entrata di nascosto?

«Ed anche tu dici che vivi qui da due mesi, perciò o vivevamo senza vederci mai, che quando c'eri tu ero fuori io e viceversa, oppure non lo so. Magari tu sei solo ubriaca o fatta e qui ci sei capitata per caso.»
Anita lo guardò male. Come si permetteva a dirle quelle cose?
Certo, aveva fumato e bevuto qualche volta, ma di certo non era una cosa di dominio pubblico.
Uno schiaffo arrivò sulla faccia del ragazzo, che la guardò come se fosse pazza.
«Io non sono fatta, ubriaca, o chissà cosa, mi hai capito? Magari lo sarai tu, ma non io!» detto questo riprese il cartoccio che conteneva la sua cena «Anzi, facciamo così se ti va bene. Io ti ospito qui, a casa mia, fin quando non capiremo cos'è successo, magari ci sarà stata una frode con quelli dell'agenzia delle vendite, o fino a quando non troverai un altro posto in cui stare» propose infine.
Certo, l'idea di avere uno sconosciuto in casa non la convinceva molto, ma in un certo senso lei lo conosceva.
In fin dei conti lui era il ragazzo dei suoi sogni.

   
 
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