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Autore: dream_more_sleep_less    21/11/2016    0 recensioni
A diciotto anni non si sa mai esattamente cosa si voglia dalla vita, né chi si voglia diventare. Si passa il tempo a porsi domande accompagnate da porte in faccia, e rimaniamo indecisi fino all'ultimo. Leeroy invece è cresciuto con la convinzione di poter diventare esattamente ciò che vuole: un calciatore. Non ha mai voluto altro e non ha mai sognato altro. Gli studi non fanno per lui. La sua presunzione lo porta a distruggere i sogni della squadra del suo liceo proprio alla finale di campionato. Ha deluso soprattutto i compagni che stanno ormai per diplomarsi. Per loro non ci sarà un'altra possibilità, sono arrivati all'ultimo giro di giostra. Alla fine scenderanno da vincitori o da perdenti. Dipenderà tutto da Leeroy, che dovrà riuscire a mettere le redini al suo ego per andare d'accordo con il portiere. Secondo lui, Lance è la vera causa della loro sconfitta.Troppo calmo, troppo sicuro di sé. Ma il loro rapporto dovrà cambiare per permettere ad entrambi e al resto della squadra di guadagnarsi il titolo di campioni. { In corso }
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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The last chance
XXVIII
 

Erano gli ultimi venti minuti di partita, erano ancora zero a zero. Daniele sembrava fiacco; aveva corso dall'inizio dell'incontro come un pazzo dietro quel pallone e ora si ritrovava senza fiato. La cosa non era piaciuta affatto a Leeroy, soprattutto lo aveva infastidito che Stan non avesse ancora cambiato il giocatore. La difesa avversaria era tosta, non c'era dubbio. Con i nuovi arrivati ormai le loro forze erano quasi alla pari. Sputò per terra, tornando in posizione e aspettando il numero 10. Lo seguì da lontano, mentre Drew lo raggiungeva dal lato opposto. Riuscì a togliere la palla all'avversario e la passò in lungo a Miles prima che gli altri due giocatori potessero fare lo stesso. Il ragazzo si trovò tutto il centrocampo avversario andargli incontro.

"Fantastico!"

Non potè fare altro che retrocedere e passare la palla a Leeroy. Se la ripassarono cercando di tenere il gioco fermo per qualche secondo e riflettere sul da farsi.

Dovevano fare qualcosa. Lance alle sue spalle sembrava con la testa da un'altra parte. Sarebbero dovuti passare il prima possibile in attacco. Cercò di nuovo con lo sguardo il capitano, ma era troppo lontano. Stava per urlare ad Akel, ma Stan in quel momento chiamò il cambio. Rogers si sentì sollevato. Ora che stava entrando Julio al posto di Daniele avrebbero potuto ancora fare qualcosa. Chiamò Liam, che in quel momento aveva la palla ed era circondato. Il ragazzo iniziò a correre nella direzione del compagno di squadra, scartando gli avversari e fece un tiro lungo. Leeroy, a quel punto, iniziò ad avanzare con la palla ai piedi fino ad arrivare al centrocampo. 

"Miles, a Julio!" 

Riuscì a farla arrivare a pochi metri davanti al capitano, il quale, non riuscendo a passarla al compagno la diede ad Akel. Il ragazzo sembrava ancora in forma e scattò in direzione della porta avversaria. Julio intanto era già in posizione. Fu questione di pochi secondi e la palla fu dentro. 

*

Stan si riteneva soddisfatto del risultato. Julio era un bravo giocatore, era solo un peccato che Daniele avesse strafatto. Avrebbero potuto comunque vincere. Avrebbe dovuto parlargli al prossimo allenamento. Al contrario, Leeroy e Lance avevano fatto un buon lavoro, nonostante il portiere gli sembrasse con la testa tra le nuvole. Sospirò e chiuse gli occhi, accendendosi una sigaretta. Avrebbe dovuto parlargli, ma dal momento che non aveva ancora ricevuto alcuna risposta dal West Ham, non sapeva come comportarsi. Si diede ancora tempo fino al prossimo fine settimana, poi avrebbe parlato con il ragazzo. Si sentiva un idiota. Aveva pure chiamato gli uffici più volte, ma non era successo nulla, lo mettevano sempre in attesa. Non sopportava nemmeno più lo sguardo severo di Reginald; il ragazzo aveva pienamente ragione. I ragazzi uscirono in quel momento dallo spogliatoio. Quella sera niente pub, aveva bisogno di raccogliere le idee e dormirci sopra ancora una volta.

"Stan, lo so, sono un coglione," ammise Daniele, uscendo per primo. Aveva subito notato lo sguardo accusatore dell'allenatore.

"Balboa, ne riparliamo lunedì. Riposati."

L'attaccante sapeva già che ci sarebbero state delle conseguenze, come giri di campo per temprare il corpo. Non vedeva l'ora di buttarsi a letto.

"D'accordo. Ci vediamo," rispose, sparendo per andare al parcheggio, mentre gli altri lo seguivano. Leeroy ed Akel lo raggiunsero subito.

"Dai, andiamo a bere qualcosa, è sabato. Rompi sempre le palle che vuoi uscire, facciamolo. Portiamo anche Andy," disse il terzino, afferrandolo per il borsone prima che questo scappasse via. 

"Non ho voglia." 

"Non fare la mezza sega. Ti passiamo a prendere alle nove dai, si va a fare festa," aggiunse il ragazzo.

Daniele sembrò pensarci un po' su. "Però niente ragazze e niente travestimenti," disse fissando Leeroy.

"Non rompere dai. Andiamo a bere e basta," promise il ragazzo. 

"Vedi che quando vuoi sei un vero uomo," disse Akel, prendendolo in giro. I ragazzi si salutarono e il terzino fu l'ultimo ad andarsene, in quanto doveva fare il giro dell'isolato per andare a riprendere l'auto. Quel giorno era arrivato tardi e non aveva trovato parcheggio. Prima che potesse andarsene, però, arrivò Stan. "Stai andando?" domandò l'uomo.

"Sì, ho lasciato l'auto lontano."

L'allenatore sembrò squadrarlo da capo a piedi. "Qualcosa non va?" domandò il terzino. 

"Sai che non ti ho fatto domande per l'occhio, vero?"

Leeroy si sentì male per un secondo, ma cercò di non darlo a vedere. Per sua fortuna nessuno aveva detto nulla. Lance aveva promesso quel giorno stesso di non aprir bocca. "È successo a casa con mia cugina," rispose cercando di essere il più naturale possibile. 

"Sai che devi andarci piano. Se combinate qualcosa sei fuori," replicò Stan, serio.

"Puoi stare tranquillo." Leeroy lo guardò negli occhi più sicuro che mai. Una sua bugia non era mai sembrata così convincente. 

"Lo sono. Ora vai, non voglio farti arrivare tardi alla vostra serata. Non fate cazzate." 

Leeroy sospirò di sollievo, vedendolo andare via. L'occhio non era più gonfio come prima, ma era ancora abbastanza scuro. Sua madre si era spaventata a vederlo e gli aveva detto che era successo a casa a sistemare la spesa con Jo. Una balla più stupida di così non l'aveva mai inventata. Per loro fortuna, ci aveva creduto. Per sua ancora più grande fortuna, Jo non aveva fatto domande quando Lance si era fermato a cenare e a dormire a casa loro. Non sapeva nemmeno come spiegarglielo e a dire la verità non poteva ancora farlo. Il rapporto tra di loro era tornato come prima che Lance sparisse e litigassero. Era comunque strano. Non sapeva se chiamarlo per chiedere anche a lui di uscire quella sera o meno. Aveva detto ai ragazzi che sarebbero stati solo loro, e così sarebbe stato. Lo avrebbe chiamato, doveva anche far vedere a Miles che non aveva cattive intenzioni. Sospirò esasperato. Quella situazione con il capitano lo stava distruggendo.

*

Era in camera sua più o meno da mezz'ora a fissare il soffitto. Avrebbe dovuto davvero chiamarlo? Dopo che Lance aveva dormito a casa sua, non avevano propriamente "parlato" della situazione. Gli sembrava solo che ora Lance non avesse più intenzione di mandarlo all'ospedale, ma niente di più. Alla fine erano compagni di squadra, se usciva con gli altri poteva venire anche lui e non ci sarebbe stato nulla di strano.

"Roy!" Chiamò Jo dal corridoio.

"Lasciami a morire, sono stanco."

La ragazza se ne infischiò ed entrò comunque. "Ho finito ora di pulire casa, ricordati che domani devi pulire il piano di sopra," disse lei con tono un po' acido. Non aveva mai dovuto pulire casa sua in tutta la sua vita e la cosa la stava un po' infastidendo. Il problema principale era che, appena finiva di pulire, il cugino passava come un uragano.

"Lo so, lo so."

"Perché sta sera uscite da soli?" domandò lei curiosa, andando a sedersi sul letto di fianco a lui.

"Devo fare qualcosa con i miei amici, con il fatto delle ripetizioni non sono mai uscito."

"Ma uscivi con Lance," rispose lei prontamente.

"Quello non era uscire per andare a divertirsi ma per studiare."

"Ma ti divertivi," affermò lei con un sorriso furbetto.

Il ragazzo la guardò con aria quasi colpevole. "Non ci si diverte a studiare, "rispose indignato, quasi la cugina avesse bestemmiato.

"Quindi stanotte non devo aspettarvi?"

Leeroy assottigliò lo sguardo. "Non so quando tornerò," disse sottolineando il fatto che sarebbe stato da solo. Jo non era stupida; se se ne stava accorgendo lei, forse anche qualcun altro se ne sarebbe reso conto. Probabilmente perché era l'unica ad averli visti da soli. Si chiese però come cavolo potesse saltare a certe conclusioni.

"Stan sa che il mio occhio nero non è stato un incidente a casa, anche se non ha preso provvedimenti. Non so come faccia, è come se avesse un sesto senso per le mie puttanate," disse con voce sommessa, cacciando la testa sotto il cuscino.

"Sul serio? È più probabile che, visti i tuoi precedenti, non si fidi molto e basta. Se non ha fatto nulla, allora non ti preoccupare."

"Ora non mi leverà gli occhi di dosso," replicò esasperato.

"Ritieniti fortunato." Fece una breve pausa. "Comunque, domani resti in casa con me, dobbiamo fare il giorno della vergogna," gli ricordò lei. Aveva bisogno di stare un po' in famiglia, e le giornate sul divano a guardare film erano le sue preferite quando era in compagnia del cugino.

"Oh cazzo,sì! Prendi le schifezze da mangiare per domani e non dimenticare la cioccolata," disse Leeroy, risorgendo dal letto. Guardò poi l'orario. Pensò che era ancora presto per prepararsi, ma poteva ancora chiamare Lance.

"Vado a vedere la tv, vieni anche te?" domandò Jo a quel punto, guardandolo divertita.

"No resto a letto, ho bisogno di energie per stasera."

Quando fu rimasto solo, prese di nuovo il cellulare in mano, fissandone lo schermo per qualche secondo. "Ma che cazzo!" Esclamò e cercò il numero in rubrica.

Squillò a vuoto e si attivò la segreteria. Riprovò un paio di volte e solo alla fine realizzò che forse era al lavoro. Decise di lasciargli un sms, chiedendogli se aveva voglia di uscire con la squadra. Poi tornò a fissare il soffitto. Odiava aspettare. Non poteva continuare a pensare a tutto quello che era successo. Lo aveva baciato in macchina dopo che gli aveva spaccato un sopracciglio e fatto un occhio nero. La sera poi avevano solo dormito. Non che fosse deluso della cosa, ma era stato strano. Era rimasto a guardarlo prendere sonno, cercando di ascoltare il suo respiro e chiedendosi cosa diavolo stesse facendo. In quel momento, nell'oscurità della notte, tutti I dubbi che forse provava Lance lo avevano preso d'assalto. Non erano compatibili e non erano nemmeno opposti che si attraggono. Stark per lui era ancora un'incognita. Avrebbe voluto avere la risposta pronta a quel problema. Ma rimase dell'idea di fidarsi del proprio istinto. Le sensazioni che aveva provato baciandolo, però, erano il motivo che l'avevano spinto a fare la prima mossa. Non se l'era aspettato. Era sempre stato sicuro di essere lui l'uragano, quello che come passa, combina solo guai. Londra ne era stata una prova. Avendo conosciuto Lance, però, non si era mai reso conto quanta vita quel ragazzo avesse dentro. Lo sconvolgeva e lo faceva sentire in balia di una tempesta di continuo e allo stesso tempo lo calmava. L'odore d'erba e di salsedine gli oscurò per un momento i sensi e si sentì infinitamente stupido.

*

Appena arrivò a casa, buttò le sue cose sul tavolino all'entrata, poi si levò le scarpe e andò a prendere una birra al frigo. Quel giorno sarebbe rimasto a casa a fare nulla se non bere e guardare la tv sul suo vecchio divano. Non aveva neppure voglia di controllare i messaggi in segreteria. Rimase per qualche minuto sdraiato, contemplando quanto fosse diventato vecchio. Una volta non avrebbe sentito tutta quella stanchezza, anche dopo quattordici ore di lavoro.

Invidiava i suoi atleti e la loro giovinezza. Fosse tornato indietro, forse non avrebbe mai fatto la cazzata di sposarsi a ventiquattro anni e fare subito un figlio. Giusto, Garrett. Avrebbe dovuto chiamarlo in giornata.

"Alla fine sono sempre i figli che fanno muovere il culo a noi vecchi," disse Stan tra sé e sé, cliccando distrattamente sul tasto della segreteria telefonica mentre si dirigeva verso il divano, aspettandosi di sentire la voce di Garrett.

"Buon pomeriggio. Sono la signora Vega. Lavoro per il West Ham e le sarei molto grata se Lunedì richiamasse. Abbiamo preso in considerazione la sua proposta e gliene vorrei parlare. A presto."

In quel momento non seppe se sentirsi sollevato o meno. Forse avrebbero preso Lance.

*

"Stasera mi sfondo talmente tanto da non vedere domani," esordì Akel con tono scocciato, mentre saliva in macchina.

Leeroy e Daniele inarcarono un sopracciglio nello stesso istante, fissandolo dallo specchietto retrovisore.

"Che c'è?" rimbeccò il turco.

"Non voglio spiegare a tua madre perché sei tornato a casa ubriaco."

"Quello con la giornata storta sono io," sbottò Balboa, atteggiandosi a primadonna come sempre.

Akel alzò gli occhi al cielo. "Scusa, non voglio fregarti il posto." rispose acido. "I miei stanno viziando i miei fratelli in un modo allucinante e volevano che restassi a fare il babysitter," aggiunse poi, sospirando.

"Poteva essere peggio dai," sdrammatizzò Leeroy, mettendo in moto.

"Io li adoro, ma stanno crescendo come rompicoglioni."

*

Fuori dal locale gli altri li stavano aspettando, ma Lance non c'era. Non doveva essere deluso; in fondo gli aveva risposto che non sapeva ancora a che ora si sarebbe liberato. Aveva voglia di vederlo. Seguì gli altri, cercando di pensare ad altro. Andy gli si accostò subito.

"Sei stato grande oggi!"

"Se continui così sono sicuro che Stan ti metterà presto sul campo," ammise Leeroy; non cercava di consolarlo o di dargli false speranze, era convinto delle sue parole.

"Non penso."

"Dai vieni, ti offro da bere," disse il difensore, cambiando discorso.

"Devi offrire anche a me!" sentenziò Daniele.

"Non sono la banca d'Inghilterra," rispose scocciato, ma andò comunque al bancone.

Gli altri erano già spariti sulla pista a fare I Casanova dei poveri con l'intera squadra di pallavolo femminile.

"Ma non doveva essere una serata solo ragazzi?" fece l'italiano scettico.

"Non è colpa mia se in questa città ci sono solo due locali in croce."

Leeroy riuscì a vedere Abigail da lontano, i suoi capelli erano inconfondibili. Si chiese se sarebbe venuto anche Miles. Nei suoi messaggi con il portiere aveva detto che poteva portarlo. Forse aveva fatto una cavolata se c'era anche lei.

Bevve con gli altri e poi si buttarono in pista, anche se odiava ballare. Subito venne afferrato per un braccio e trascinato in mezzo.

"Cosa ci fai qua?" gli chiese Abigail all'orecchio.

"Serata tra ragazzi. Te?"

"Serata tra ragazze. Ma dov'è?" domandò lei.

"Lance? A lavoro."

"Dobbiamo ancora brindare." Lo riafferrò per il braccio e se lo portò davanti al bancone.

"Guarda che non stiamo insieme," disse lui in fretta, per mettere subito le cose in chiaro. Lei non lo ascoltò nemmeno, ordinando subito da bere.

"Se fosse come dici te, lui non sarebbe andato a prendere Miles per venire qua."

Leeroy la guardò di sasso. "Come lo sai?"

Abigail sorrise, per poi brindare e buttare giù lo shot di tequila.

Il ragazzo fece lo stesso e sentì l'alcol bruciargli la gola. Quello era il momento di smettere di bere; doveva guidare per tornare a casa e non voleva combinare altri casini.

"Comunque, ti ha fatto proprio un bello scherzo questa volta," disse lei, indicando il sopracciglio.

Leeroy smise di stupirsi del fatto che lei sapesse tutto, sapeva già chi era ad aver cantato con lei.

"Torniamo a ballare."

Riuscì solo a pensare che Daniele si sarebbe incazzato a fine serata per il fatto che fosse sparito a quel modo. Erano nel locale ormai da due ore quando sentì il cellulare vibrare.

Il messaggio era breve: Vieni fuori. Inarcò un sopracciglio, per poi alzare la testa dallo schermo e puntare lo sguardo all'entrata, senza però vedere nessuno se non Miles.

"Torno subito," disse titubante ad Abigail.

"Divertiti," sorrise lei maliziosa.

Prima di andarsene, però, le prese la mano, alzandola sopra la testa per fare segno a Miles di raggiungerla. Quando lei se ne accorse il ragazzo era già partito nella sua direzione e Leeroy sparito.

"Stronzo."

Si preparò un broncio di circostanza per salutare Reginald, ma divenne subito un sorriso timido. Le scappò un'altra imprecazione.

*

Fuori dal locale non c'era alcuna traccia di Lance. Fece per riprendere il telefono in mano quando il ragazzo gli comparì davanti, facendogli prendere un colpo.

"Avvisa quando arrivi, cazzo."

"Se non stessi tutto il tempo con il telefono in mano non avresti questi problemi."

Leeroy alzò gli occhi al cielo. "Miles è già dentro."

"Lo so," rispose sinteticamente Stark.

"E credo che Stan sappia che l'occhio nero sia colpa tua," gli confidò il terzino, sospirando. "A 'sto giro mi spacca il culo se combino di nuovo qualcosa, lo so," ammise frustrato.

"Non credo farà qualcosa," disse il portiere, accendendosi una sigaretta.

Per un momento Rogers pensò di dirgli che Abigail sapeva tutto, ma poi avrebbe dovuto spiegare perché era andato a parlare con lei dei suoi problemi. Preferì di no.

Rimasero per qualche secondo in silenzio. Leeroy si passò una mano tra i capelli nervosamente, non sapeva di che parlare tutto d'un tratto.

"Perché mi hai chiesto di venire fuori?" buttò lì il terzino.

"Non ho voglia di entrare. Non è serata, ho scazzato con la mia collega al lavoro."

A Leeroy venne da ridere. "E quindi vieni da me per peggiorarla?"

"Devo comunque sfogarmi in qualche modo. Sei sempre servito a quello in realtà," rispose Stark, ridendo a sua volta.

"E certo, sono un sacco da box."

"Non te la prendere, il più delle volte è colpa tua."

Lance gli fece segno di seguirlo. C'erano troppi occhi indiscreti in quel momento. Il portiere aveva voglia di stare da solo con Rogers. Era rimasto stupito nel leggere quel messaggio ed era ancora più stupito del fatto che aveva sorriso leggendolo.

Non appena Leeroy superò l'angolo della strada, lo spinse contro il muro, prendendogli il volto tra le mani, e lo baciò. Il terzino rimase per un secondo interdetto. Quella era l'ultima delle cose che si sarebbe mai aspettato da Stark in un posto simile. Ricambiò subito il bacio. Sentì una mano dell'altro afferrarlo possessivamente per il fianco. Il piacevole freddo che aveva sentito fino a quel momento si tramutò in un vento rovente. Non era abituato a quelle sensazioni. Si sentì come una bomba a tempo. Quando Lance si staccò per permettere ad entrambi di riprendere fiato, Leeroy si riavventò sulle sue labbra. 

Non sarebbe durata. Sarebbero bruciati prima.

"Sono ancora un sacco da box?"

"Sempre stato."

   
 
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