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Autore: dream_more_sleep_less    25/11/2016    1 recensioni
A diciotto anni non si sa mai esattamente cosa si voglia dalla vita, né chi si voglia diventare. Si passa il tempo a porsi domande accompagnate da porte in faccia, e rimaniamo indecisi fino all'ultimo. Leeroy invece è cresciuto con la convinzione di poter diventare esattamente ciò che vuole: un calciatore. Non ha mai voluto altro e non ha mai sognato altro. Gli studi non fanno per lui. La sua presunzione lo porta a distruggere i sogni della squadra del suo liceo proprio alla finale di campionato. Ha deluso soprattutto i compagni che stanno ormai per diplomarsi. Per loro non ci sarà un'altra possibilità, sono arrivati all'ultimo giro di giostra. Alla fine scenderanno da vincitori o da perdenti. Dipenderà tutto da Leeroy, che dovrà riuscire a mettere le redini al suo ego per andare d'accordo con il portiere. Secondo lui, Lance è la vera causa della loro sconfitta.Troppo calmo, troppo sicuro di sé. Ma il loro rapporto dovrà cambiare per permettere ad entrambi e al resto della squadra di guadagnarsi il titolo di campioni. { In corso }
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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The last chance
XXIX


Pioveva a dirotto e, nonostante ciò, aveva acconsentito ad andare a prendere Lance al lavoro. Era rimasto tutto il giorno con Jo in casa a guardare serie tv, aveva bisogno di una boccata d'aria, ma non si aspettava quel diluvio. Non aveva neppure senso usare l'ombrello. Il portiere lo stava aspettando all'angolo della strada, sotto la tettoia del locale. Gli fece segno di salire.

"Cazzo, che tempo," berciò, salendo con la sigaretta accesa.

"Non tirare giù il finestrino, cazzo."

"Non rompere, è solo acqua," rispose a tono Lance, abbassando comunque il finestrino di poco.

"Perché mi hai chiamato?" domandò Leeroy, concentrato sulla guida.

Starkevitò la domanda con un'altra domanda. "Ti va un caffè da me?"

Il guidatore alzò un sopracciglio, interdetto. Lo aveva fatto uscire per andare di nuovo in casa? Sarebbe potuto rimanere sul suo divano a quel punto.

"Prendo un tè a casa tua, non sai nemmeno cosa sia il caffè," rispose acido.

Lance alzò gli occhi al cielo. "Sempre simpatico."

"Come te, dopotutto." Fece una breve pausa. "Tua madre non dice nulla se vengo a quest'ora?" 

Gli sembrò che lo sguardo di Lance si fosse indurito per un momento. Sapeva più o meno com'era la situazione a casa sua, immaginava che non dovesse essere propriamente facile per lui. Soprattutto quando il padre sparisce dal giorno alla notte senza farsi più risentire. In quel momento, si rese conto di quanto poco sapesse veramente di lui. Era a conoscenza delle voci che giravano, ma Stark non aveva mai raccontato nulla. Quasi sì penti della sua domanda quando sentì la sua risposta.

"Non c'è. Io e mia sorella l'abbiamo portata in clinica," rispose con voce spenta, guardando la strada.

Leeroy si diede del cretino. "È per questo che sei mancato da scuola?"

Lance annuì e basta.

Il terzino pensò che se Lance avesse voluto parlargliene lo avrebbe ascoltato, ma non avrebbe fatto domande. Era troppo incasinato.

Arrivarono dopo poco. Il tragitto dall'auto al portone bastò a renderli fradici. "Porco cane," imprecò Roy.

"È solo acqua."

In casa faceva anche più freddo rispetto a fuori.

"Ho dimenticato di accendere i termosifoni," disse Lance per scusarsi, andando a prendere degli asciugamani.

Intanto Leeroy si era tolto gli occhiali per cercare di pulirli alla meno peggio con la maglietta, anche quella bagnata. Quando aveva bisogno della custodia degli occhiali non l'aveva mai appresso. Prese un pezzo di carta e li asciugò con quello.

Lance gli tirò uno degli asciugamani in testa. "Se il tempo resta così è meglio se vai ora a casa, potrebbe peggiorare," commentò Lance, cercando di far capire al ragazzo che non era obbligato a restare. Non riusciva ancora a spiegarsi come fossero arrivati li, ma ora che c'erano non voleva tornare indietro. La cosa iniziava a piacergli. Continuava ad essere dell'idea che fosse uno sbaglio però.

Rogers lo guardò perplesso per qualche secondo. Assottigliò lo sguardo e si tolse la maglietta, stando attento a non far volare gli occhiali, per poi fronteggiare Lance. Notò subito come lo sguardo di Stark cambiò.

"Mi hai fatto venire qua con questo tempo, non me ne vado," disse, prima di baciarlo in punta di piedi.

Lance si staccò senza rispondere.

"Che c'è?" chiese Leeroy perplesso.

Il padrone di casa lo ribaciò a fior di labbra e poi con calma gli sfilò gli occhiali. "Questi danno noia," rispose, posandoli sul tavolo della cucina. Lo afferrò poi per i fianchi e si rigettò sulle sue labbra. Il sospiro di piacere che sfuggì al terzino lo fece sorridere sulla sua bocca. Era bello come lo faceva sentire. Tutto quello che c'era stato prima di Rogers non era niente a confronto. Un brivido di piacere lo scosse per un momento. Cazzo, riuscì solo a pensare. Lo voleva di nuovo sotto di sé come l'altra volta, lo voleva fino all'ultimo respiro.

Il telefono del terzino squillò in quel momento e dovette rispondere, lasciando Lance interdetto. La cugina voleva che andasse subito a casa a controllare della roba.

Il 'mai una gioia' negli occhi di Lance.

*

Stan era rimasto tutto il giorno nel suo ufficio dopo la chiamata con la signora Vega. Aveva finto un mal di testa atroce per non dover tenere lezione, dicendo anche però che non poteva andare a casa. Il preside, per sua fortuna, essendo un suo caro amico, non aveva fatto domande. Non aveva smesso di guardare fuori dalla finestra, cercando di realizzare cosa aveva fatto. Aveva troncato le gambe a Rogers, il suo giocatore migliore. Si sentiva un infame. Un vero allenatore non avrebbe mai fatto una cosa del genere, lui non era quel tipo di persona. Non lo era mai stato. Si tirò in piedi controvoglia e andò alla finestra. Aveva bisogno d'aria e di una sigaretta. Uscì dall'ufficio e si diresse verso il bar sulla strada opposta alla scuola, aveva bisogno di sgranchirsi le gambe.

Aveva chiesto alla segretaria se per il prossimo anno ci sarebbe stato posto per un'altra recluta e lei non aveva saputo rispondere. Lo aveva salutato con un: Ci faremo risentire noi dopo la finale, se ci arriverete. Il telefono era volato dentro il cestino della spazzatura subito dopo che lei aveva riagganciato.

"Cazzo, cazzo!"

Rimase tutto il giorno al bar finché non fu ora dell'allenamento. Avrebbe dovuto parlare subito con Lance e poi con Miles. Il suo capitano si sarebbe infuriato, lo sapeva, e non poteva dargli torto. Reginald aveva pienamente ragione.

Tornò in ufficio poco prima delle quattro e, come volevasi dimostrare, il ragazzo era già lì con tutta la sua solita aria da: io te l'avevo detto.

"Bene, Miles, cosa posso fare per te?" chiese sarcasticamente l'uomo. Sapendo come stavano le cose, non aveva voglia di fare la solita persona educata. Avrebbe fatto la parte del cattivo fino in fondo.

"Voglio sapere cosa ti ha risposto il West Ham," elargì autoritario.

L'uomo sospirò pesantemente. "Prenderanno Lance nel caso in cui arriveremo in finale, alla fine ho mantenuto la mia promessa."

"E per quanto riguarda Leeroy?"

"Avrà più fortuna il prossimo anno," rispose secco, cercando dismorzare la cosa.

Miles lo pietrificò quasi con lo sguardo. "Cosa significa 'avrà più fortuna il prossimo anno'? Lui è quello che si merita di andare in quella squadra, lui è il genio. Lance è fottutamente bravo, ma non al livello di Roy. Questa è un ingiustizia," disse duro. La rabbia lo stava facendo diventare il ragazzo che di solito non era. "Non ci credo che tu abbia fatto una cosa simile."

"Rogers è bocciato un anno, non può andare via senza finire la scuola. È più saggio mandare lui piuttosto che Leeroy," rispose secco l'uomo, non ammettendo risposta.

Miles lo fissò a lungo negli occhi, studiandolo. "Lo dirai a Leeroy?"

"Assolutamente no, renderò pubblico che il West Ham verrà a vedere Lance giocare se arriveremo in finale, ma niente di più."

"Se la metti così, io non sono più il capitano," disse, girando i tacchi e dirigendosi all'uscita. Non aveva intenzione di rendersi partecipe a quella tragedia che avrebbe solo peggiorato la situazione tra i due ragazzi. Era troppo e le scelte di Stan non avevano scusanti.

"Ci vediamo quando dirai la verità, non meritano di sentirla da me."

Stan rimase a guardarlo sparire. Se lo meritava.
 

Andò dai ragazzi subito dopo, prendendo il coraggio che gli era mancato fino a quel momento. Li trovò già sul campetto a riscaldarsi. Se Leeroy avesse preso male la cosa, si sarebbe giocato il posto in finale. Lo vide insieme a Balboa e Akel mentre facevano gli stupidi come sempre. Lance, invece, lo osservava dall'altro lato del campo, mentre parlava con Drew. Miles se ne era proprio andato. Di lui non avrebbe detto nulla.

"Ragazzi, ascoltate. Non so se lo sapete già o meno, ma ho una buona notizia per il signor Stark. "

Il ragazzo, sentendosi chiamato in causa, rivolse lo sguardo sull'allenatore, capendo subito dove sarebbe andato a parare. Non voleva che lo dicesse così apertamente, con Leeroy non ne aveva ancora parlato. Se n'era completamente dimenticato, non voleva che lo venisse a sapere così. Pensava che la storia del West Ham fosse solo una remota possibilità. Scosse la testa in segno di diniego verso Stan.

L'uomo non capì quel gesto e proseguì. "Se voi idioti vi aggiudicherete il posto in finale, verrà un agente del West Ham a vedere giocare Lance. Quindi fatemi il piacere di continuare come avete fatto fino ad ora. E Leeroy, ti osservo," disse l'uomo, guardando il ragazzo.

Rogers rimase per un attimo interdetto, con lo sguardo vacuo. Non si rese nemmeno conto che Lance aveva ripuntato gli occhi su di lui.

"Ora iniziate con i giri di campo."

Daniele quasì fulminò Stan con lo sguardo. "Ti sembra normale, cazzo?" sbottò una volta che erano lontani dalle orecchie dell'allenatore. "Perché cazzo dovrebbero venire a vedere lui quando ci sei te?" continuò arrabbiato.

"Probabilmente perché Roy deve ancora finire la scuola?" fece Akel. La cosa aveva sconvolto anche lui, ma riusciva a capire il perché di quella decisione.

"Così non lo fai stare meglio," berciò l'italiano.

Leeroy li lasciò perdere e li superò senza dire nulla. Passò tutto l'allenamento senza proferire parola.

Stark non poteva fare a meno di sentirsi in colpa. Non riusciva nemmeno a capire dove fosse Miles. Aveva detto che lo avrebbe preceduto ma, quando era arrivato negli spogliatoi, non aveva trovato nemmeno il suo borsone.

Avrebbe dovuto parlarne con Lee prima, senza fargli avere quella sorpresa da incubo. Perché diavolo non potevano scegliere entrambi? Era Rogers quello nato per stare sul campo, non il contrario. Sapeva di essere bravo, ma allo stesso tempo sapeva di non essere come lui. Erano su due pianeti differenti.

Gli sembrò che gli allenamenti non finissero mai. Fu un supplizio enorme riuscire ad arrivare alla fine senza rivolgere parola al terzino. Si sentì un coglione senza precedenti. Stan avrebbe potuto consultarsi con lui prima di parlarne. Non che non volesse tenere la cosa segreta, ma avrebbe preferito mettere lui stesso il compagno di squadra al corrente. Cercò di darsi una calmata. Dove cazzo era Reginald quando serviva?

Quando negli spogliatoi riprese il suo telefono, trovò varie chiamate da parte del suo migliore amico. Probabilmente voleva spiegargli cosa fosse successo; decise di chiamarlo più tardi, doveva prima parlare con Rogers.

Riuscì a rincorrerlo fuori dal parcheggio, arrivando giusto in tempo prima che mettesse in moto la macchina. Gli si parò davanti come se si trattasse di vita o di morte. Ci erano vicini.

Leeroy lo fissò ad occhi sgranati, facendosi scappare un'imprecazione. Abbassò il finestrino e lo invitò a salire.

"Possiamo parlare?" domandò il portiere.

Il terzino sembrò pensarci su, ma poi annuì. Aspettò che fosse salito e mise in moto. Non c'era nulla di cui parlare. Era solo deluso da se stesso in realtà. Se non si fosse fatto bocciare a Londra ci sarebbe lui al posto del portiere, oppure avrebbero preso entrambi.

"Tu lo sapevi già?" domandò, cercando di intavolare il discorso.

"Sì, me l'aveva detto Stan qualche settimana fa, ma credevo fosse solo una  possibilità remota. Non credevo che poi sarebbe diventata ufficiale," spiegò sinceramente, con un sospiro pesante. "Con tutto quello che è successo l'avevo completamente dimenticato. Avrei dovuto parlartene," aggiunse, cercando di leggere l'espressione del guidatore.

"Non devi scusarti. Se sei venuto a parlarmi perché pensavi mi sentissi tradito o chissà cosa, hai visto male," replicò con tono duro.

"Allora perché ti stai comportando così?" domandò Lance seccato; si era sinceramente preoccupato per Leeroy e, nonostante non stessero insieme, si era reso conto di tenerci. Non sapeva nemmeno se la loro fosse una relazione. Si era fatto tutti quei problemi per nulla prima?

Leeroy svoltò prima di arrivare a casa Stark, verso il parco giochi del quartiere. Se doveva raccontare la storia, tanto valeva farlo con calma e per bene. Parcheggiò in silenzio e pensò bene alle parole che avrebbe dovuto usare. A quell'ora era buio e aveva ripreso a piovere, fortunatamente non c'era nessuno nei paraggi. Odiava stare in auto e avere gente che fissava mentre passava di fianco.

Lance lo stava ancora guardando, aspettando una risposta in trepida attesa.Non capiva quale fosse il problema del ragazzo. Probabilmente non lo conosceva come pensava. Cosa sapeva di Leeroy prima che tornasse a Brighton? Nulla.  Sapeva che il periodo di Londra  l'aveva cambiato, ma nessuno sapeva cosa fosse successo; o meglio, gli unici a sapere tutto erano i suoi pochi intimi. Non riusciva ancora a credere che Daniele riuscisse a mantenere segreti del genere. Quel ragazzo era quasi una vecchia zitella con il gossip sulla lingua dalla mattina alla sera.

"Il problema non è che abbiano scelto te. Sei bravo, nella mia classifica mentale vieni subito dopo di me," disse serio.

"Modesto."

"Anche tu sai che è vero. Non è questo il punto." Prese un respiro profondo, massaggiandosi le tempie. Avrebbe volentieri fumato. "La mia bocciatura a Londra. Se io non mi fossi fatto bocciare, ora sarei all'ultimo anno e avrei la mia possibilità. Dovrò aspettare un altro anno e a quel punto sarò un anno più vecchio."

"Puttanate. Lo sai che se sei un fuoriclasse, ti prenderanno a prescindere."

"Sì, ma sarei andato volentieri a giocare in una squadra tutta nuova, che si sta ricostruendo ora," ammise. Si accasciò sul sedile.

Lance aveva paura a chiedere, ma voleva sapere. In giro era girata la voce che Rogers fosse troppo stupido per la scuola di rampolli e poter continuare a studiare là, ma secondo lui era una balla inventata.

"Perché sei stato bocciato? Perché sei tornato a Brighton quando eri a Londra e avresti avuto più possibilità?" 

Leeroy rise tra sé e sé, volgendo poi lo sguardo al compagno di squadra. "Mi faceva schifo. La squadra di calcio era piena di rampolli mezze seghe. Ho visto ragazzi migliori giocare in spiaggia."

"È per quello quindi?" domandò.

Rogers strizzò gli occhi, sorridendo amareggiato e cercando di ricordare quei momenti. "No, i professori e mia nonna. La famiglia di mia madre mi ha obbligato ad andare a Londra, io volevo restare qua. A scuola andavo bene, diciamo," spiegò, guardando fuori dal finestrino.Quelle cose le sapevano solo i sue migliori amici e la sua famiglia. Si chiese cosa avrebbe pensato Lance di lui dopo quelle parole.

"Odiavo stare là, non sono un figlio di papà. Odiavo i loro commenti del cazzo quando la sera si usciva per andare a bere. Avevo degli amici che avevo conosciuto al campetto ma, siccome non erano ricchi, per loro erano dei pezzenti. Queste cose non le sopporto, non sopporto le ingiustizie. Mi sono picchiato con i compagni della mia classe, ne ho mandato uno all'ospedale, mi sono preso una denuncia e da quel momento a scuola le cose non andavano più bene. Mia nonna poi aveva cercato di fare donazioni per garantire la mia permanenza lì, ma poi ho mandato a fanculo tutti i prof ed eccomi qua," disse sarcastico, guardandolo poi negli occhi. "Lo rifarei cento volte e per questo non verrò scelto quest'anno," aggiunse infine, sospirando.

Leeroy si appoggiò con la schiena al finestrino e continuò a guardare Lance negli occhi. "Quindi no, non ce l'ho con te perché non mi hai detto nulla. Non ti biasimo. Anch'io ho i miei problemi, anche se non sono uguali ai tuoi, ma non mi sogno nemmeno di paragonarli," disse poi, avvicinandosi al viso dell'altro.

"Ti chiedo solo... se io condivido qualcosa con te è perché mi fido. Se vuoi, puoi fare " sussurrò Leeroy sulle labbra di Lance, guardandolo negli occhi prima di baciarlo.

 Fu come quando l'onda si abbatte sugli scogli. Ciò che più di tutto spaventò Lance fu la consapevolezza che si sarebbe scopato Leeroy anche lì in auto, vicino al parco giochi. Gli accarezzò la testa all'attaccatura dei capelli. Quando poi si staccarono, gli lasciò un altro bacio a fior di labbra, fissando gli occhi neri come la notte del terzino. Il desiderio che provava Leeroy per lui lo lasciò di nuovo spiazzato. Ciò che vedeva in lui non l'aveva mai visto. Da quando si erano avvicinati a quel modo, aveva scoperto lati del ragazzo che sperava nessun altro avrebbe mai visto. Rise per un momento.

"Che c'è?" chiese Rogers, passando lo sguardo su quello dell'altro e poi alle sue labbra.

"Sei sicuro di quello che stai facendo?" domandò di nuovo con una risata incredula, baciandogli una guancia.

Leeroy non gli era sembrato così serio, neppure la prima volta che lo avevano fatto.

"Se non fosse così non sarei qua," disse, mordendogli il labbro inferiore.

Si baciarono ancora a lungo. L'odore di Leeroy era così forte e così travolgente da tramortirlo quasi. Non riusciva a dire quanto fosse perfetto per lui tutto ciò. Era irreale. Era irreale che provasse tutto quello solo stando a contatto con lui. Solamente respirando la stessa aria. Dovevano andare a casa. 
 

Quando arrivarono all'appartamento di Lance, lo invitò di nuovo ad entrare. Non riusciva a togliergli le mani di dosso.

"Non posso fermarmi tanto, domani abbiamo scuola," disse il terzino

"Come se fosse la prima volta," scherzò il padrone di casa, facendo strada.

"Le altre volte sono stati casi non programmati," rispose a tono. "Non posso arrivare tardi a scuola o mi segano."

Lance avvolse il collo dell'altro con le braccia, poggiando la fronte sulla sua. "Non ti manderò a letto tardi."

Leeroy lo baciò, lasciando poi che l'altro lo trascinasse nella camera da letto. Gemette di piacere quando Lance lo afferrò per una natica prima di cadere entrambi sul letto.

"Non lasciarmi segni come l'altra volta," disse Rogers irremovibile.

"È stata una svista," sussurrò l'altro sul suo collo, facendolo rabbrividire.

Leeroy si sentì afferrare di nuovo per i fianchi e combaciare perfettamente con l'altro, sentendo risvegliare tutti i sensi in una volta. Un brivido di piacere gli scosse di nuovo la schiena e il corpo, facendo in modo che ribaltasse le posizioni, ritrovandosi in testa.

Lance sentì chiaramente i denti dell'altro chiudersi sulla sua giugulare. Gli scappò una risata sorda. Non seppe come, ma riuscì a togliergli la maglietta e subito iniziò a baciargli il petto. A quel modo però non gli piaceva, voleva anche lui avere la sua parte di divertimento.

Leeroy sorrise di nuovo sulle sue labbra, rubandogli un altro bacio prima di riprendere sul suo collo. Tolse anche a lui la maglietta, ritrovandosi pelle su pelle, e il fuoco che dentro iniziava a bruciare, incenerendogli farfalle e viscere. Inconsciamente mosse i fianchi su quelli di Lance, sentendo scosse di elettricità pervadergli il corpo.

Aprì i jeans sotto di lui senza troppo convenevoli. Lance lo riportò sotto di sé per riuscire a sfilargli tutto di dosso. Lo distraeva accarezzandogli e ricoprendogli il corpo di baci. Vedeva perfettamente il modo in cui gli occhi nocciola di Leeroy diventavano sempre più neri, oscurati dal piacere. Lo avrebbe voluto così per l'eternità. Si sentì un idiota. Aveva solo diciott'anni e tutto in quel momento gli sembrava perfetto. Non avrebbe voluto che il tempo andasse avanti, non avrebbe voluto cambiare lui con nessun altro.

Riuscì a spogliarlo con non poca fatica e, per forza di cose, Rogers lo obbligò ancora una volta a cambiare posizione, ritrovandoselo sopra di sé. Quando si sentì inglobare nel corpo dell'altro senza alcun preavviso, quasi perse un battito. Vedendo però il volto di Leeroy, cercò di stare fermo. La prima volta per lui non doveva essere stata il massimo. Rimase immobile, aspettando che fosse lui a fare la prima mossa. Se continuava a stare così, però, sarebbe sicuramente morto.

Lo strinse a sé, avvicinando la propria bocca all'orecchio del ragazzo. "Lee, quando vuoi," lasciandogli poi un bacio sullo zigomo. Continuò a ripete quel diminutivo sussurrandolo, e cercando di tenere le redini, finché non sentì i fianchi di Rogers muoversi.

Se lo avesse saputo prima, non avrebbe passato quasi due anni a fargli la guerra.
 

Il modo in cui si muoveva, in cui lo chiamava con lo sguardo e in cui lo baciava fece credere a Lance che, in fondo, su questa terra un paradiso può esistere. Avrebbe voluto trascorrere così le sue ultime ore, sarebbe potuto morire lì. Tra quelle cosce e quel respiro spezzato dalle spinte, e la preghiera che leggeva in quello sguardo. 

   
 
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