Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: metaldolphin    23/11/2016    3 recensioni
Eccomi di nuovo qui, questa volta con una vicenda di ambientazione un po' diversa per i nostri pirati preferiti.
Tra mari sconosciuti e lo spazio profondo, si troveranno ad affrontare una minaccia inattesa, portatrice di dolore per un intero popolo.
Non è il seguito di una serie anime o del recente film in CG: l'equipaggio dell'Arcadia è quello tradizionale e il Capitano forse è più vicino a quello scostante e duro di Endless Odyssey, ma non è ambientata in quel contesto... è più una vicenda indipendente, se mi fate passare il concetto.
Per chi mi segue dai tempi di One Piece: no, non mi sono sbagliata di fandom, anche se il primo capitolo potrebbe dare una diversa impressione...
Ci tengo a precisare che non è un crossover con Dr. Who, anche se ho preso a prestito il termine "balena astrale" e anche se le creature a cui si fa riferimento hanno punti in comune, differiscono da quelle presentate nella famosa serie di sci-fi.
Per chi mi voglia seguire, e li ringrazio sin da adesso, non resta allora che "tuffarci" in questa nuova storia! ^_^
Genere: Azione, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dottor Zero, Harlock, Miime, Nuovo personaggio, Yuki
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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858q892 era una sfera blu punteggiata da svariati arcipelaghi e stava sotto di loro in tutta la sua magnificenza.
Si trovava in un settore insplorato e quel sistema non aveva un nome vero e proprio, solo un codice ad identificarlo, valido sia per la stella gialla che per i suoi pianeti. Leelaine lo guardava con la stessa espressione che avrebbe avuto un amante nell'osservare il proprio oggetto del desiderio dopo lungo tempo. Mormorava un motivo leggero e coinvolgente che risollevava lo spirito, guardando quel mondo blu e verde, pennellato da vortici bianchi di nuvole leggere, un accenno lieve di ghiacci ai poli ed illuminato da una giovane stella gialla che avrebbe occupato un posto simile a quello del sole in un diagramma di H-R1.
Da tre giorni l'Arcadia cercava i riferimenti fisici trasmessi dai ricordi delle balene astrali, non avendo quelle misteriose creature cognizione di coordinate geografiche, che erano convenzioni prettamente umane.
Quando ebbe trovato con sufficiente sicurezza i punti di riferimento cercati, l'Arcadia proseguì sicura verso la superficie, trovò la giusta inclinazione e si tuffò in quel mare limpido nella fascia temperata sud di quel pianeta, non troppo lontano dalla mezzaluna che sembravano formare una miriade di isolotti coperti da una rigogliosa vegetazione tropicale.
Navigarono in immersione per una mezz'ora, poi l'astronave rallentò progressivamente per fermarsi subito dopo.
Harlock diede l'ordine ad un pugno di uomini di indossare gli scafandri e di prepararsi ad uscire. Tra essi erano Kei, Sarah e Marc. Si vestì a sua volta, poi si occupò di persona di prelevare Leelaine e portarla nella sala di decompressione. Quando furono tutti presenti, la paratia si chiuse e le pompe cominciarono ad allagarla; non appena la pressione eguagliò quella esterna, il portellone si aprì ed Harlock lasciò andare la sirena che euforica, si lanciò in avanti, lasciandoseli dietro.
-Leelaine!- le gridò dietro Kei da dentro il casco del suo scafandro. Non poteva sentirla fisicamente, ma a loro bastava che fosse il pensiero a raggiungerla. -Aspettaci!
Solo a quel richiamo lei si fermò e, battendo la grande coda come un cetaceo, tornò verso di essi. Era nel suo elemento naturale, aggraziata ed elegante e anche i suoi colori sembravano aver ripreso vita, l'argento delle squame striato da bagliori iridescenti, come di opale.
I raggi luminosi fendevano le profondità marine, perdendosi nel blu cobalto che ingoiava i colori e le forme, perdendosi in basso verso il fondale invisibile, ma la sirena sembrava sapere bene in che direzione andare, nonostante l'apparente mancanza di punti di riferimento, così la seguirono, nuotando in formazione e seguendo le sue gioiose evoluzioni subacquee, ricevendo i suoi pensieri colmi di gratitudine.
"Grazie, Capo Harlock, grazie a tutti voi! Leelaine è tornata alle sue acque, Leelaine è felice!"
Dentro i caschi non poterono fare a meno di sorridere per quella manifestazione così esplicita d'affetto. Però Harlock e Kei, che avevano ricevuto le immagini mentali del ratto accaduto in quei luoghi non troppo tempo prima, si prepararono al peggio. Erano rimasti sopravvissuti a quel massacro? E loro come sarebbero stati accolti? Leelaine aveva diffidato a lungo di loro e anche se poteva prendere le loro difese, l'esito di una eventuale aggressione non era del tutto scontato.
Nella luce incerta che illuminava quelle profondità, iniziarono a vedere in lontananza l'inequivocabile profilo di vere e proprie costruzioni, per quanto bizzarre potessero apparire ad occhi umani.
Erano sensibilmente più vicini alla superficie adesso, rispetto a dove avevano lasciato l'Arcadia e i colori dello spettro più bassi di frequenza tornavano a vedersi.
Riapparvero i gialli e i rossi dei coralli ramificati, di gorgonie flessibili che si muovevano placide nella corrente e il contrasto dato dai pesci colorati e degli altri esseri alieni che popolavano quelle acque sconosciute agli umani.
Le arcate gemelle del tempio della vita furono le prime che incontrarono e davanti a quelle Leelaine si fermò.
"È qui che mi hanno presa" il suo pensiero si era fatto un sussurro e Kei le si fece vicino.
La sirena si voltò a guardarla: "Perché non mi hai protetta? Questo è il tempio che abbiamo eretto per te..." il tono disperato di chi non capisce il perché di qualcosa già accaduto e così difficile da accettare.
La ragazza era sconvolta... Davvero ancora Leelaine credeva che lei fosse la personificazione della Dea che presiedeva alla vita?
-Ma Leelaine, cosa dici? Sai benissimo che io sono Kei, che sono umana...- e la sua voce dentro il casco dello scafandro risuonava incredula. La sirena la prese per la mano guantata dallo scafandro e la condusse nella penombra di quelle mura antiche, all'interno della navata deserta, fino a giungere alla parte opposta, sulla parete di fondo.
La statua era stata tenuta libera dalle concrezioni che cercavano di ricoprire un po' tutto e brillava sotto i raggi del sole che la illuminavano grazie all'assenza di copertura dell'edificio.
Harlock, prudentemente, aveva seguito le due, facendo cenno agli altri di stare in allerta fuori dal tempio. Era rimasto un po' indietro ma si era bloccato a vederla: era enorme e contemporaneamente leggiadra, era splendida ed era il ritratto di Kei che al posto delle gambe aveva una squamosa coda, dorata come i capelli. Rimase basito, anche se la cosa spiegava il timore e la benevolenza con cui Leelaine aveva accolto la presenza del suo Secondo Ufficiale. Le avvicinò e mise una mano sulla spalla della sirena, che si voltò a guardarlo.
-Leelaine, sai bene che Kei non è la vostra Dea... è una donna ed è un membro del mio equipaggio. Non sapeva nemmeno dove fosse questo pianeta!
Quella lo fissò, poi si riscosse ed annuì. Lui guardò nuovamente la statua ed ebbe un brivido: la somiglianza era davvero impressionante, doveva ammetterlo. Le incitò a muoversi ed esse lo seguirono. Leelaine rimase muta e riprese a guidarli verso la città subacquea. Neanche Kei disse nulla, meravigliata da quella enorme statua che sembrava quasi rifletterla.
Abbarbicati sui costoni sommersi di roccia, gli edifici ornavano gli spazi tra i coralli con i vivaci colori che li contraddistinguevano. Spesso non era facile capire dove terminava la roccia ed iniziava la casa, ma l'effetto generale non era certo sgradevole.
Però ebbero l'impressione che fosse tutto deserto. Le aperture con gli usci lasciati accostati o spalancati, i pesci che vi guizzavano dentro e fuori indisturbati. Udirono il richiamo disperato di Leelaine, un pensiero quasi gridato agli spazi deserti.
"Leelaine è qui, nessuno nuota incontro a Leelaine che ritorna?"
Lo ripeteva ininterrottamente, senza tregua, mentre nuotava in maniera sempre più concitata tra le vie, e i pirati rischiarono di perderla in quel labirinto di scogli, coralli e case. Harlock fermò i suoi: -Forse hanno paura di noi... Qualcuno deve esserci, altrimenti ci sarebbero molti più resti in giro. Per quanto i pesci possano contribuire allo smaltimento dei cadaveri, non credo sia passato abbastanza tempo affinché tutto possa essere sparito così. Devono esserci stati per forza dei superstiti che si sono occupati dei loro morti.
Gli altri furono d'accordo, così si fermarono presso un grosso edificio dalle finestre scure e vuote come orbite dei teschi che portavano come insegne. Kei guardò la sua amica sirena allontanarsi tra i rami dei coralli, malinconica. Avevano affrontato tutti quei pericoli solo per trovare quella desolazione? Era vero che Leelaine aveva trovato il suo pianeta, ma se fosse rimasta sola?
 

Stavano guardandosi intorno, quando una lancia colpì Kei, spaccandole il casco, e la ragazza si ritrovò con la preziosa aria che fuggiva in un miriade di bolle e l'acqua che cercava di entrarle negli occhi e nel naso. La tuta ormai violata offriva un rapido ingresso al mare e lei cercò di liberarsene, perché la appesantiva nella risalita che doveva tentare verso la superficie, se voleva tornare a respirare e salvarsi.
Sguainato il pugnale che portava ben assicurato alla sua tuta, Harlock lacerò lo scafandro di Kei, aiutandola a disfarsene per alleggerirla, poi la afferrò per la vita, accompagnandola in una vertiginosa risalita verso la superficie, regolando al massimo i piccoli propulsori che gli scafandri montavano sulla schiena. Non si guardò indietro, ma percepì i movimenti concitati di un combattimento tra i suoi e qualcosa di snello che guizzava agile.
Uscirono sulla superficie con tutto il busto, grazie allo slancio che avevano offerto i propulsori di Harlock e lei inspirò profondamente, a bocca aperta, avida dell'ossigeno che le era venuto a mancare. Lui la tenne ancora, preoccupato, due minuscoli esseri sulla superficie deserta di uno spaventoso ed immenso oceano.
-Kei! Come stai?- le chiese, aiutandola a sostenersi.
Tossendo ed ansimando, lei si voltò a guardarlo e per rassicurarlo riuscì ad elargirgli un pallido sorriso.
-Non preoccuparti, Capitano, non hai bisogno di farmi la respirazione artificiale, stavolta!- le venne spontaneo dire non appena riuscì a parlare, per poi rendersi conto della portata dell'allusione fatta ed arrossire violentemente. Lo vide fissarla da dietro il visore del casco che lui ancora indossava e non resse quello sguardo muto, così difficile da interpretare.

Dal canto suo, Harlock pensò che avrebbe dovuto lasciarla andare e il groppo in gola che sentiva forse era dato da quel casco dello scafandro che stringeva un po' troppo sotto il mento... però ebbe il dubbio che fossero state quelle parole e quegli occhioni azzurri che lo guardavano a dargli quella strana sensazione. Ad interrompere quel momento ci pensò Leelaine, che emerse preoccupata, seguita da altri due esseri acquatici come lei. "Kei! Stai bene?"  le giunsero i pensieri della sirena. -Sto bene...- la rassicurò la ragazza -Ma cosa è successo?
Uno dei nuovi arrivati, che la guardavano con gli occhi sgranati dallo stesso stupore che aveva colto Leelaine nel vederla la prima volta, si scosse e le inviò il suo pensiero, denso di sentimenti contrastanti, tra stupore, mortificazione e venerazione: "Che la Madre della Vita mi perdoni! Vi abbiamo scambiato per i nemici e la mia lancia ti ha colpita, Figlia della Madre! Sono mortificato." Portate le mani al volto, sembrava volersi nascondere da quell'affronto che pensava di aver arrecato alla Dea che credeva personificata in Kei.
Harlock assottigliò lo sguardo e chiese se gli altri stessero bene; fu la sirena a rassicurarlo: era giunta in tempo per fermare i due guerrieri. Le somigliavano molto, soprattutto nei colori, ma erano più grandi di lei e ben allenati alla lotta a giudicare dai muscoli ben evidenti.
"Non siamo rimasti in molti" sussurrò il pensiero della sirena. "Pochi sono sopravvissuti al passaggio degli umani" e quella frase fece scendere un velo di tristezza su tutti.  
Kei e il Capitano si posero il problema della mancanza dello scafandro di lei. -Mi basterebbe un autorespiratore compatto, sono brava nel nuoto, potrei benissimo immergermi con quello, se ne avessi uno.
Harlock parlò al comunicatore interno al proprio casco e chiese se nello zainetto di Marc ce ne avesse uno di riserva.
Lo aveva e le fecero indossare quella specie di mascherina che le copriva solo il volto e riusciva ad estrarre l'ossigeno dall'acqua con un sistema miniaturizzato uguale a quello presente negli scafandri. Ma non era dotato di comunicatore e la mancanza di uno scafandro avrebbe limitato la sua permanenza in acqua, perché avrebbe perso calore molto prima.
Prima che si reimmergessero, il Capitano le disse: -Ascoltami, ti porterò io, ti stancherai meno.- la strinse da dietro con le mani forti in vita e si portò sotto la superficie dell'acqua senza nemmeno attendere la risposta di lei che, imbarazzatissima, stava ancora elaborando l'unione di quelle parole e di quell'azione.
Forse la strinse un po' più del dovuto, forse era lei che sotto lo scafandro aveva indossato poca roba e adesso era rimasta soltanto con il suo bikini turchese e una maglietta bianca e leggera, resa ormai trasparente dall'acqua, ma a Kei quell'immersione provocò un miscuglio di sensazioni contrastanti: la vicinanza tra i loro corpi e il fatto che doveva affidarsi totalmente a lui, la fecero deconcentrare sull'effettiva missione che dovevano portare a termine. Si riscosse da quei pensieri e cercò di capire dove stessero andando: dopo la verticale che li aveva riportati al luogo dell'attacco, seguirono la sirena e i due guerrieri lontano dalla città, forse dove i sopravvissuti avevano cercato rifugio dopo la tragedia che li aveva coinvolti. Ma non poteva averne la certezza, dato che con la perdita del casco era stata esclusa dalle comunicazioni e la cosa la innervosì. In quel frangente l'unica consolazione era l'essere tra le braccia del Capitano, per il resto doveva passivamente assecondare i suoi movimenti.

Nello stesso momento in cui lei si arrovellava in quelle considerazioni, Harlock ringraziava il fatto di indossare lo scafandro, così da limitare il contatto con il corpo di Kei, perché altrimenti gli sarebbe stato difficile mantenersi lucido. Era la sensazione che lo assaliva ogni volta che le era troppo vicino e si accorse che anche adesso che non poteva sentirne il calore o il profumo, era sempre presente. Cercò di non farsi distrarre perché era convinto di poter mettere in pericolo tutti, se solo i suoi riflessi avessero tardato di un secondo. Forse, almeno per questa volta, avrebbe dovuto sfruttare il senso di protezione che lei gli suscitava, per non fallire... Di certo, se avesse assecondato quell'istinto, la sua mente e il suo corpo avrebbero reagito con la solita prontezza, come ogni volta che Kei era stata in pericolo. E come sempre, sapeva che non poteva permettersi di sbagliare.

Il secondo tempio era stato eretto in un canyon sommerso dove giungeva davvero poca luce. Le nere arcate sostenevano una volta ormai completamente coperta dalle concrezioni di secoli e la poca luce era data da fioche torce che sfruttavano un qualche tipo di bioluminescenza. Si erano radunati nella Casa della Morte, i superstiti, ancora impauriti dall'esperienza del primo attacco, appena avevano avvertito nell'atmosfera del pianeta la mole dell'Arcadia.
Per precauzione entrarono nell'edificio per primi i due guerrieri, affinché altri non si scagliassero contro gli umani, fino a quel momento visti soltanto come aggressori. Quando fu concesso loro di entrare, Leelaine varcò per prima la soglia buia e videro una figura più anziana di lei andarle incontro ed abbracciarla stretta. Era irreale quella scena che si svolgeva in silenzio: gli umani non potevano sentire il frenetico flusso di pensieri che si scambiavano le due sirene, ma era certo che stessero comunicando fittamente. Ad un tratto un bimbetto si staccò dal gruppo che continuava a tenersi lontano e a diffidare di loro, per avvicinarsi a Kei che era ancora vicina ad Harlock, l'unica tra gli umani senza scafandro e quindi riconoscibile, coi suoi capelli chiari leggeri nell'acqua attorno al suo capo. La guardò con gli occhioni sgranati, poi la additò agli altri che la osservarono con lo stesso stupore e si portarono le mani al volto per non guardarla, in un eloquente gesto di disagio, identico a quello del guerriero che l'aveva colpita. A lei parve così simile alla piccola che non erano riusciti a salvare che la commozione la prese, poi fu distratta dagli altri che continuavano a nascondere il volto e il cui brusìo di pensieri affollati e confusi avevano iniziato ad invaderle la mente.
La ragazza si voltò verso il suo Capitano, confusa, fino a che non fu la stessa Leelaine a spiegarle: "Kei è la Figlia della Grande Madre, colei che da' la vita. La sua presenza in questo tempio è fuori luogo e loro se ne vergognano."
Additò qualcosa in fondo alla navata, ma gli occhi degli umani non erano abbastanza sensibili, così uno dei ricercatori accese una torcia per puntarla in quella direzione. Al loro sguardo apparve una statua del tutto simile a quella che rappresentava Kei, ma con le sembianze di Meeme, a parte i padiglioni auricolari che qui erano più minuti e meno appuntiti. Ma il viso senza bocca e gli occhi senza pupille erano indubbiamente i suoi. A Kei venne in mente l'esatta definizione che le aveva dato la stessa Leelaine alla vista dell'aliena di Yura.
"La morte che muta di bocca non si annuncia e cieca di pupille colpisce a caso."... Non aveva mentito, quella era davvero la rappresentazione dello spirito della morte.
La sirena tranquillizzò Kei: "Adesso Leelaine spiega agli altri che Kei non è davvero la Figlia della Grande Madre. Allora forse non sarà più un errore la sua presenza qui."
Kei le sorrise da dietro la maschera con gratitudine e quella fece come promesso. Era strano vederla gesticolare senza proferire parola, ma pian piano gli abitanti di quello strano oceano tolsero le mani dai volti increduli per fissarla con curiosità. Poi Leelaine guardò Harlock e certamente si parlarono, ma Kei non poteva sentire i pensieri dell'una, che chissà perchè non l'aveva resa partecipe, tantomeno le parole dell'altro, dato che non aveva comunicatore. Rimase a guardare incuriosita quel popolo di sirene, forse poco più di un centinaio, superstiti di una città certamente più popolosa e le si strinse il cuore. Fu attraversata da un brivido, aveva iniziato a sentire freddo già da un po', ma adesso la sensazione stava intensificandosi, certamente a causa di una qualche corrente sottomarina che sembrava provenire da una maggiore profondità e che penetrava dalle numerose aperture del Tempio della Morte. Cercò di non pensarci e si distrasse osservando quel misterioso popolo di sirenidi.
Avevano tutti gli stessi colori argentati di Leelaine, le squame più chiare e minute sul ventre che sulla schiena e lunghi capelli nelle tonalità metalliche che andavano dall'acciaio brunito al platino che fluttuavano morbidi nella corrente leggera accompagnando il minimo movimento.
Uscirono dal tempio e per gli umani fu come vederci di nuovo, nonostante la luce non fosse ancora bastevole. Quella che Leelaine presentò al Capitano come sua madre gli si avvicinò timorosa, gli prese la mano guantata dallo scafandro e se la portò alla fronte, in un gesto che aveva tutta l'aria di sottomissione, poi fece lo stesso con la mano di Kei che cominciava già a corrugarsi per la prolungata immersione senza protezione. Era il gesto di una madre che li omaggiava per averle riportato la figlia e furono sommersi, più che da pensiero preciso, da un gioioso sentimento di gratitudine.






1 Il diagramma di Hertzsprung-Russell, noto come diagramma H-R (prende il nome dai due studiosi che furono i primi a usarlo all’inizio del secolo) è uno schema che ordina tutte le stelle dell’universo. In un sistema di assi cartesiani si pongono sull’asse delle ordinate la luminosità delle stelle (o, in termine tecnico, la “magnitudine visuale assoluta”) e su quello delle ascisse il loro colore (tipo spettrale), legato alla temperatura della stella in superficie. La maggior parte delle stelle si raggruppano su una diagonale, detta sequenza principale (disegno accantto), che mette in relazione la temperatura e la luminosità (più una stella è luminosa più è “calda”). Fanno eccezione tre gruppi di stelle: le giganti e le supergiganti, molto luminose ma relativamente fredde, e le nane bianche, calde e poco luminose. Le stelle vengono classificate in classi spettrali con le lettere: O, B, A, F, G, K e M, ciascuna suddivisa in sottoclassi da 0 a 9. Dal momento della sua ideazione, il diagramma H-R è diventato uno strumento fondamentale dell’astrofisica.
   
 
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