Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: Lady Five    23/11/2016    6 recensioni
Dopo la fine della brutta faccenda di Noo, l'equipaggio dell'Arcadia, finalmente riunito, riprende la solita vita vagabonda nello spazio. Con qualche piccolo cambiamento.
Ma la “routine”, per quanto piratesca, non si addice proprio ad Harlock e alla sua ciurma. Così, un po' per caso, un po' per scelta, si lasciano trascinare in una nuova avventura, sulle tracce di un antichissimo mistero e di un'oscura profezia. Con esiti assolutamente imprevedibili.
Genere: Avventura, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Yattaran fu di parola e, prima di scendere dall'astronave insieme ai compagni, consegnò a Clarice un portatile di ultima generazione. Lo installò nella sua cabina e le spiegò come usarlo.
“Grazie, molto gentile - disse la donna, affabile come sempre - Poi, quando vuole, le posso illustrare quello che sto studiando in questo momento... sempre che le interessi, beninteso. Ma, visto che è la ragione per cui vi sto dando tanto disturbo... magari mi può dare una mano...”
Yattaran, che la ascoltava un po' distrattamente mentre armeggiava ancora con il computer, a quell'ultima frase drizzò le orecchie. In effetti, il capitano non aveva spiegato a nessuno per quale motivo avesse preso a bordo la sua vecchia amica, e in quale genere di guai si trovasse. Si ripromise di chiederglielo alla prima occasione. Se voleva la sua collaborazione, doveva dirgli come stavano le cose.
“Certo, se posso... molto volentieri.”
Il primo ufficiale si congedò, ma ormai Clarice aveva stuzzicato la sua curiosità.
La donna bussò poi alla cabina di Harlock per riprendere il codice.
Il capitano tolse la piccola teca dall'armadio in cui l'aveva riposta e gliela porse.
“Posso... vederlo?” chiese un po' titubante. Chissà perché, gli sembrava di osare troppo.
“Ma certo, caro! Sono stata scortese, avrei dovuto mostrartelo subito! Ecco qua!”
Clarice indossò i guanti protettivi di cotone che aveva portatò con sé, poi lo prese delicatamente e cominciò a sfogliarlo sotto lo sguardo affascinato di Harlock.
“Il codice sembra diviso in quattro parti, ognuna dedicata a un argomento diverso: botanica, astronomia-astrologia, biologia, farmacologia... Lo si deduce dai disegni, perché, come ti dicevo, il testo non è mai stato interpretato. Alla fine c'è una specie di indice. Ma si tratta di una suddivisione grossolana, adottata più che altro per motivi pratici... anche perché pure i disegni sono di difficile comprensione.”1
“Che cosa potrebbe essere, a cosa poteva servire, secondo te?”
Clarice scosse la testa sconsolata.
“Una sorta di enciclopedia? Un manuale scolastico? Sono state fatte innumerevoli ipotesi, ma nessuna soddisfacente. Purtroppo finché non si riuscirà a capirne la scrittura e la lingua, il mistero è destinato a rimanere. Per molti studiosi del passato si tratta di un falso creato ad arte per truffare qualche ricco sprovveduto amante delle antichità2, ma questa teoria non mi ha mai convinto. Si è poi sempre pensato che ne esistesse un'unica copia, che fu conservata per molti anni presso l'università di Yale, allora negli Usa, e di cui poi a un certo punto, circa un secolo fa, si persero le tracce. Ma ora che ho trovato questa, è chiaro che potrebbero esisterne altre, più antiche, e tutte le teorie precedenti sono messe in discussione...”
Harlock aggrottò la fronte davanti a una serie di disegni che rappresentavano delle figure femminili nude, immerse in strane vasche, collegate da tubi, contenenti un liquido in alcuni casi azzurro e in altri verdastro. Molte sembravano incinte, ma non si capiva assolutamente che cosa stessero facendo.3
“Hai detto che il professor Daiba riteneva che la scrittura e la lingua potessero essere di origine aliena...”
“Sì, ne era sempre più convinto. Io sono più scettica. Sono più propensa a ritenere che il testo contenga un messaggio in codice, che insomma si tratti di un linguaggio artificiale, che solo determinate persone erano in grado di comprendere, quelle che ne possedevano la chiave. Ma la mia è solo un'ipotesi come un'altra. Oltretutto, la tecnica con cui è stato prodotta questa copia, sconosciuta a quell'epoca sulla Terra, potrebbe dare ragione a Daiba.”
Harlock rifletteva a occhi chiusi e braccia conserte, come suo solito.
“C'è un'altra cosa che non continuo a non capire... Perché un volume che nessuno è mai riuscito a leggere, che non si sa di che cosa parli, di cui in fondo pochi addetti ai lavori sono a conoscenza, abbia causato tanti danni: forse la morte di Daiba, le minacce contro di te, i boicottaggi ai tuoi scavi ...”
“È quello che intendo scoprire, Harlock. Evidentemente in realtà il testo cela delle informazioni che qualcuno vuole continuare a tenere nascoste. Sono sempre più convinta che la soluzione dell'enigma sia tra le rovine di Castel del Monte, dove infatti, guarda caso, mi è stato impedito di proseguire gli scavi. E non può essere una coincidenza!”
“Ti daremo tutto l'aiuto necessario, Clarice. Puoi lasciarmi una copia di questo volume su un supporto elettronico? Vorrei guardarlo con calma, senza disturbarti.”
“Certo, ne ho diverse. Te ne darò una.”
La donna andò nella sua cabina e tornò poco dopo con una chiavetta.
“Ecco qua. Ti sei convertito anche tu alla tecnologia, eh?”
“Lo stretto indispensabile.”
Evitò di raccontarle che Kei gli aveva fatto una testa così, dicendogli che un uomo nella sua posizione non poteva permettersi di non saperlo nemmeno accendere, un computer. Alla fine lui aveva ceduto per sfinimento, e in effetti gli si era aperto un mondo... ma non amava pubblicizzare la cosa, e soprattutto non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura.
“Ah, c'è un'altra cosa curiosa che non ti ho detto - proseguì Clarice - Il volume del XV secolo, quello che è andato perso, era incompleto. In base alla rilegatura, si ritiene mancassero 14 pagine.4 Bene, invece il codice che ho trovato io ha anche quelle pagine, che però sono molto differenti dal resto: non hanno disegni e sono scritte con altri caratteri, sempre sconosciuti, ma comunque diversi. Un ulteriore rompicapo, non trovi? Bene, vado a lavorarci, ti ho rimbambito abbastanza con le mie chiacchiere! E tu approfittane per stare un po' all'aria aperta... sei troppo pallido! E poi la tua ragazza ti aspetta, è così adorabile!”
Clarice gli strizzò l'occhio e si dileguò prima che lui potesse replicare.

Rimasto solo, Harlock si girò e rigirò la chiavetta tra pollice e indice. Poi si decise a inserirla nel suo portatile. Non sapeva bene nemmeno lui perché avesse chiesto di averla. Chissà che cosa pensava di trovarci. Non era così presuntuoso da credere di capirci più di Clarice o del professor Daiba. Non era certo un esperto, e a prima vista quella non era altro che una sterile diatriba tra studiosi, fine a se stessa... sì, se non fosse con tutta probabilità costata la vita a un uomo e non avesse costretto una pacifica e anziana professoressa ad abbandonare la sua vita e a scappare nel cosmo con una banda di pirati. Evidentemente, come pensava Clarice, il contenuto del codice interessava anche a qualcun altro... qualcuno senza scrupoli, che non si fermava davanti a nulla pur di ottenere il proprio scopo.
La chiavetta conteneva tutto il codice, oltre agli appunti di Clarice e alla bibliografia relativa alla copia del XV secolo, quella perduta. La studiosa non aveva certo avuto tempo di pubblicare nulla sul volume da lei ritrovato tra le rovine del castello... quindi, in teoria, solo poche persone dell'ambiente accademico e scientifico ne erano a conoscenza... era una di loro che voleva impadronirsi del libro misterioso? Magari soltanto per invidia o per prendersi il merito della scoperta? Poteva essere... Ma gli sembrava una spiegazione troppo semplicistica. O forse quella persona era in contatto con qualcun altro... con entità occulte... con poteri superiori...
Calma, Harlock, stai correndo troppo. Attieniti ai fatti.
Scorse lentamente le pagine, osservando soprattutto i disegni, e li trovò davvero strani, sembravano quasi eseguiti da una mano infantile. Si soffermò sulla parte astronomica, ma anche lì, che pure era il suo elemento naturale, non riuscì a raccapezzarsi, non riuscì a identificare una costellazione, un pianeta, una galassia... E poi, quelle figure femminili che ritornavano ossessivamente, sempre collegate con l'acqua o qualcosa di simile... come le piante...
Alla fine del libro, dopo le pagine che Clarice aveva indicato come un indice, c'erano quelle mancanti, prive di disegni e compilate con un'altra scrittura. Harlock sgranò l'occhio. Un flash esplose nella memoria. Lui quei caratteri li aveva già visti... ma dove, e quando? In realtà un'idea si era subito affacciata alla sua mente. Ma sperava tanto di sbagliarsi.
Spense il computer e si lasciò andare sullo schienale della poltrona. Doveva riguardare quel codice insieme a Kei e a Yattaran, oltre che con Clarice. E magari interpellare anche Tochiro...
Spinse lo sguardo fuori dalla vetrata, dove i suoi uomini si stavano divertendo e rilassando sulla spiaggia, e si rassegnò a raggiungere Kei... sennò chi l'avrebbe sentita, quella sera?

Harlock lasciò trascorrere alcuni giorni prima di tornare sull'argomento. Clarice sembrava essersi perfettamente ambientata sull'Arcadia. Passava molto tempo nella sua cabina, assorbita dalle sue ricerche, ma la sua porta era sempre aperta a chiunque volesse fare quattro chiacchiere con lei, che fossero Harlock, Kei, Meeme o il dottor Zero, con cui aveva finalmente fatto conoscenza e con cui sembrava trovarsi molto a suo agio. Perfino Mayu era incuriosita dagli studi di quell'effervescente signora e passava spesso a trovarla, con grande soddisfazione del capitano.

Come Harlock ben sapeva, Yattaran non riusciva a stare lontano dall'Arcadia troppo a lungo. Anzi, spesso approfittava della tranquillità che vi regnava in quei giorni di vacanza per fare alcuni “lavoretti”, come li chiamava lui. Ma non erano affatto cose da nulla: erano invenzioni geniali, sistemi o strumenti volti a migliorare sempre di più le prestazioni dell'astronave.
Il capitano non ci capiva granché, ma si fidava ciecamente del suo primo ufficiale, sapeva per certo che i risultati finali sarebbero stati eccellenti.
Però ogni tanto gli piaceva andare a curiosare nel suo studio-laboratorio, dove, in un caos totale, i suoi amati modellini si mescolavano a oggetti misteriosi, progetti, attrezzi da lavoro più “seri”.
Fu in una di quelle occasioni che Yattaran gli chiese di Clarice.
“Come si trova la professoressa qui con noi?” chiese con noncuranza.
“Bene, direi... Perché me lo chiedi?”
Il primo ufficiale alzò la testa da un ammasso di fili, circuiti e altri marchingegni.
“So che dovevo aiutarla in qualcosa, ma... non mi ha più chiesto niente...”
“Tranquillo, Yattaran, quando avrà bisogno si farà viva lei.”
“Sì, ma... non mi hai mai detto perché si trova qui. Lei ha accennato al fatto che le sue ricerche sono la ragione per cui ci sta dando tanto disturbo... beh, mi sono incuriosito. In più, se devo collaborare con lei, tanto vale che sappia tutta la verità, no?”
“Ma certo, non intendevo tenerti all'oscuro, ma a essere sincero non ci ho capito molto nemmeno io...”
Harlock gli illustrò brevemente le circostanze che avevano spinto Clarice a chiedere il loro aiuto.
“Accidenti, Daiba è morto e noi non ne sapevamo nulla!” commentò il pirata, colpito dalla notizia.
“Già... non siamo sicuri che la sua uccisione sia collegata con questo codice e con gli studi che stavano conducendo insieme... ma giustamente Clarice non ha aspettato di scoprirlo a sue spese! Comunque, volevo proprio chiederle se uno di questi giorni ci spiega meglio tutta la faccenda e mi farebbe piacere se ci fossi anche tu. Magari possiamo usare i computer in plancia e le proiezioni tridimensionali, e ci darai anche il tuo parere. Perché - aggiunse abbassando la voce - io l'ho sfogliato quel codice... e c'è effettivamente qualcosa di strano!”
Harlock non aggiunse altro e se ne andò, roteando il mantello e lasciando Yattaran ancora più interdetto.

Clarice fu felice di tenere una piccola “conferenza” sulle sue ricerche in plancia, sfruttando, grazie all'aiuto di Yattaran, le avanzate tecnologie della sala comando. Ad assistere furono però ammesse poche altre persone: Kei, Mayu, Meeme e il dottor Zero. Masu preferì declinare l'invito. Harlock per il momento non voleva divulgare troppe informazioni, non prima di averci visto un po' più chiaro.
Clarice ripeté quanto aveva già detto ad Harlock, aggiungendo però altri particolari, mentre sui grandi schermi comparivano le riproduzioni del codice e, al centro del grande ambiente, le immagini olografiche di Castel del Monte, come doveva essere in origine, prima del suo progressivo decadimento. Lo spettacolo era sicuramente affascinante e Clarice sapeva come inchiodare il suo pubblico alla sedia.
“Il fatto che una copia più antica del codice sia stata trovata tra le rovine del castello conferma che probabilmente c'era un legame, come ipotizzarono gli studiosi italiani. Ma in realtà, purtroppo, non aggiunge nulla a quanto sappiamo dell'edificio, che è molto poco. Non si sa nemmeno esattamente quando fu costruito, si presume che i lavori siano iniziati intorno al 1240, dieci anni prima della morte del committente, l'imperatore. E non si è nemmeno certi che lui vi abbia mai soggiornato... Quanto alla sua funzione... L'interpretazione ufficiale è che si trattasse di una dimora di caccia, di cui Federico, come quasi tutti i nobili del tempo, era grande appassionato, oppure una costruzione difensiva... ma la sua ubicazione così isolata, la sua struttura, la mancanza di zone di servizio adeguate (cucine, magazzini, stalle, cantine...), i numerosi simbolismi, hanno fatto dubitare molti di questa teoria. Senza peraltro trovarne altre più convincenti...”
“E che cosa potrebbe essere, allora?” chiese Kei.
“Oh, se ne sono dette di tutti i colori: che fosse un laboratorio alchemico, un osservatorio astronomico, un luogo per lo svolgimento di riti magici ed esoterici, la sede dove era custodito il Sacro Graal, una reliquia cristiana preziosissima di cui Federico sarebbe venuto in possesso durante la sua crociata... I ricercatori italiani di cui vi dicevo ritenevano fosse una sorta di edificio termale, un luogo dedicato alla rigenerazione del corpo e dello spirito, e al culto della bellezza. Edifici con questo scopo sono documentati in Oriente, dove l'imperatore viaggiò a lungo, ma anche in Europa, già qualche secolo prima, e anche nel regno di Sicilia, proprio in epoca federiciana. Secondo questi studiosi, l'imperatore era ossessionato dalla giovinezza e dalla forma fisica e cercava in ogni modo di procurarsi l'immortalità.5 E, in effetti, alcune parti del codice potrebbero avvallare questa teoria: ci sono disegni di piante curative, ci sono molti riferimenti all'acqua e alle stelle... In quell'epoca si pensava che il cosmo influenzasse in modo determinante la vita degli uomini...”
“E tu cosa pensi, Clarice?” chiese Harlock, che fino a quel momento non aveva fiatato.
La donna scosse la testa.
“Io sono una scienziata. Nessuna di queste teorie è supportata da prove inconfutabili. Potrebbero essere valide tutte, o nessuna. Manca sempre l'elemento decisivo. Anche su Federico II fiorirono molte leggende, addirittura si diceva che fosse immortale e che un giorno sarebbe tornato a riportare ordine e pace nel mondo... Era un fine politico, un abile diplomatico, un guerriero, e sicuramente un uomo colto, curioso e intellettualmente aperto. Ma non c'è nessun documento storico che dica chiaramente che si dedicasse, per esempio, all'esoterismo. E dubito avesse il tempo e la testa per pensare all'eterna giovinezza, era alle prese con ben altri problemi!”
“Quello che non capisco, Clarice - si intromise il dottore - è che cosa abbia a che fare tutto questo con te, tanto da metterti in pericolo. Insomma, sono cose accadute migliaia di anni fa! A parte per meri motivi di studio, a chi possono interessare? Che minaccia possono costituire?”
La professoressa alzò le spalle.
“È quello che sto cercando di capire.... ma purtroppo non ho avuto alcuna illuminazione... Anche Daiba non era giunto ad alcuna conclusione definitiva... Ho i suoi vecchi appunti, ma non emerge nulla di nuovo. E lui non ha avuto il tempo di visionare la copia che ho trovato io!”
Mayu osservava affascinata le immagini del castello, risalenti a quando era ancora intatto, in cui si vedevano chiaramente la sua struttura ottagonale, le torri, i particolari architettonici e decorativi.
“Hai parlato di simbolismo... che cosa significa esattamente?” chiese la fanciulla.
“L'edificio è costruito seguendo rigorose regole geometriche e matematiche, addirittura vi ricorre il numero aureo.6 E c'è una ripetizione ossessiva del numero otto: la pianta è ottagonale, ci sono otto torri, otto sale per ogni piano e una vasca a otto lati nel centro del cortile... L'otto è un numero altamente simbolico in molte civiltà, rappresentava l'eternità e la rinascita. In più, si sa che gli interni erano decorati con marmi e mosaici di grande bellezza, di cui non è rimasto nulla, purtroppo.7 Insomma, è tutto un po' troppo complesso e studiato per essere una semplice dimora di caccia, men che meno una fortezza. Ma anche questo non fa luce sul mistero... un mistero ben custodito per millenni, se ci pensate, visto che siamo ancora qui a parlarne...”
“Yattaran, ingrandisci per favore le immagini delle donne dentro quelle vasche...” chiese Harlock, riportando l'attenzione sul codice.
Quando le immagini furono visibili con più chiarezza, il capitano esternò finalmente i suoi pensieri.
“Ecco, guardatele bene... sono figure femminile, nude, e sono immerse in specie di vasi con un elemento liquido, collegati tra loro...”
Kei impallidì.
“Come se fossero piante...” mormorò.
“Già. E ora, Yattaran, vai alle ultime pagine del volume ritrovato da Clarice. Come vedete, sono scritte in caratteri diversi rispetto al resto... e noi quei segni li abbiamo già visti...”
Calò sui presenti uno strano silenzio, che Clarice non capiva. Guardava i suoi interlocutori con aria interrogativa, ma tutti loro fissavano lo schermo con le mascelle serrate.
Fu Yattaran a riportarli alla realtà.
“Mazone!”




 

 

 

 

1 Vero.

2 Vero. La prima volta viene nominato in una cronaca del '600, a Praga, quando viene acquistato a peso d'oro dall'imperatore Rodolfo II d'Asburgo, appassionato di alchimia, che lo credeva opera di Bacone (1214-1294). Poi il codice è rispuntato nel 1912, in un collegio gesuita vicino a Frascati, dove fu comprato da un antiquario, Wilfrid Voynich, da cui il nome con cui il codice è attualmente noto.

3 Vero.

4 Vero.

5 Anche tutte queste teorie su Castel del Monte sono state proposte da vari studiosi. Quella dell'edificio termale è la più recente.

6 Spiegare che cosa sia esattamente il numero aureo (o “sezione aurea”) è davvero complicato, almeno per me, che non ho mai capito un'acca di matematica e geometria! In soldoni, è un rapporto tra grandezze, che corrisponde circa a 1,61803398875... In architettura, sembra essere il rapporto più estetico fra i lati di un rettangolo. Oltre che in geometria e architettura (le piramidi egizie, il Partenone...), è utilizzato anche in pittura (l'Uomo Vitruviano di Leonardo), musica, fisica... ma si ritrova anche in natura (tanto che viene chiamato anche “proporzione divina”). È anche legato alla famosa serie di Fibonacci, che si compone di una sequenza di numeri (1,1,2,3,5,8,13,21,34…) in cui ogni termine è la somma dei due precedenti. Il rapporto tra due termini successivi tende al valore della sezione aurea. Leonardo Pisano detto il Fibonacci (1175-1235 circa) è considerato il più grande matematico del medioevo e fu a lungo in contatto con Federico II. Un caso?

7 Vero.

  
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