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Autore: Selhin    24/11/2016    2 recensioni
Sequel della mia precedente storia The Passing of Seasons
Pairing [ HopexLight ]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hope, Lightning, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Passing of Time'
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Fandom: Final Fantasy XIII

Pairing: Hope/Lightning

Personaggi: Lightning Farron, Hope Estheim, Rika Lennet ( nuovo personaggio )

Tipologia: One Shot ( 5249 parole )

Genere: Romantico, Introspettivo, Sentimentale

Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Square-Enix che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in "Final Fantasy XIII", appartengono solo a me.

 

20° Argomento: Tema Libero

96. Tema Libero - Imbrunire

 

 

 

 

 

The Passing of Days

Capitolo 4

 

 

 

 

 

 

“ Wishes can come true.

But not if you just wait for miracles.

Miracles are things we make for ourselves.

Here and now.”

 

 

 

 

 

 

 

  Labbra contro labbra. Respiri caldi, veloci, ansimanti.

Le dita si sfiorarono, s’intrecciarono, accarezzarono la pelle accaldata, s’insinuarono fra i soffici capelli. Lei si ritrasse un istante, aveva dimenticato di respirare. Lui si concesse quel momento per guardarla ed era così bella con le guance arrossate che non resistette all’impulso di attirarla nuovamente a sé. E la baciò, ancora e ancora, come aveva sognato in quelle lunghissime notti di solitudine, quando si era permesso di concedersi all’illusione di averla dimenticata. E lei rispose, si lasciò baciare. Sapeva che se si fosse fermata i dubbi e le insicurezze avrebbero preso nuovamente il sopravvento ed era stanca di aver paura, era stanca di vergognarsi di ciò che provava, era stanca di temere il giudizio della gente. Le labbra di lui erano calde, morbide, rassicuranti, il mondo sarebbe potuto finire là fuori e a lei non sarebbe importato.

I baci si fecero più appassionati, più voraci quasi come se lui fosse sul punto di divorarla. Spostò le labbra da quelle di lei e, senza smettere di assaporarla, proseguì la sua corsa lungo il collo, la sua pelle era così dolce, avrebbe vissuto solo di lei. Brividi di piacere la invasero non appena il suo respiro caldo la toccò, lui le scostò la camicetta e le baciò la spalla, gemiti fuoriuscirono dalle labbra semi dischiuse della donna. Inarcò il collo per dargli più accesso ma lui, come fosse un dispetto, tornò sulle sue labbra.

Voleva cullarla, proteggerla, amarla per sempre.

Giocò con la sua lingua distraendola mentre allentava i bottoni della camicia che in un attimo finì sul tappeto dietro di loro. Lei si sorprese della rapidità con cui lui aveva agito e sorridendo appena lo allontanò, infilò le mani sul bordo della maglietta scura e gliela sfilò da sopra le spalle. I suoi capelli chiari si arruffarono un poco e lei vi passò una mano sentendone la consistenza morbida. Si guardarono per un istante lunghissimo, lui non riusciva a credere di averla finalmente fra le braccia. L’aveva sognata così tanto, l’aveva desiderata così a lungo, da quasi tutta una vita ed ora eccola lì a pochi centimetri da lui, fragile e bellissima. Lei considerava quella sua fragilità una debolezza, per lui era uno dei suoi aspetti migliori, forse proprio quello che l’aveva fatto innamorare di lei. Le sorrise e lei si ritrovò a rispondere arrossendo leggermente quando abbassò lo sguardo sulla sua pelle chiara. Le spalle larghe e il fisico asciutto, non quello allenato di un soldato ma comunque tonico e ben proporzionato, si sentiva così minuta fra le sue braccia.

Lui le alzò il mento, posò un dito sulle sue labbra umide, le accarezzò per sentirne la morbidezza. Si accorse che fremevano impazienti, volevano essere baciate ancora. Con una lentezza quasi esasperante le accontentò e si chinò a baciarla piano, gustando il suo sapore sapendo che non sarebbe più riuscito a farne a meno. Le loro lingue danzarono all’unisono mentre a poco a poco lui l’adagiò sul tappeto rimanendole sopra con leggerezza. I suoi capelli scivolarono verso il basso e lei li sentì solleticarle la pelle della fronte. Le appoggiò una mano sul ventre, poi risalì sul seno accorgendosi solo in quel momento che era ancora costretto dalla biancheria. Spostò la mano sulla schiena per cercare di liberarla da quell’impiccio ma in quella posizione gli risultava più difficile del previsto. Aprì gli occhi e vide quelli azzurri di lei, sorrideva divertita ed inarcò la schiena per aiutarlo. Lui arrossì un po’, riusciva sempre con poco a farlo sentire come un ragazzino alle prime armi, poi accettò il suo aiuto e in un gesto la liberò dall’indumento. Non poté trattenersi e la guardò quasi spudoratamente. Era magnifica, più di quanto avesse mai potuto immaginare, ma non aveva mai avuto alcun dubbio su questo. Il ventre era piatto, gli addominali scolpiti ma non troppo evidenti, i seni rotondi e perfetti. Si accorse di averla messa a disagio, di averla guardata forse troppo a lungo, lei non riusciva a restituirgli lo sguardo rossa per l’imbarazzo. Così la baciò di nuovo mentre con la mano libera risaliva lungo la coscia, sul fianco, fin dentro ai pantaloncini. La desiderava così tanto e non aveva timore di dimostrarglielo.

Improvvisamente fu lei a prendere il comando spingendolo appena, facendolo rotolare sulla schiena ed in un attimo gli fu sopra. Poteva sentire la sua eccitazione attraverso il tessuto fremere per lei. Lo baciò sul collo cercando d’imprimersi il suo sapore, il suo profumo di giovane uomo ancora legato all’adolescenza. Avrebbe voluto dirgli tante cose ma si limitò a cercare soltanto i suoi occhi verdi, non voleva rovinare tutto con parole inutili.

Con pochi gesti si liberarono degli ultimi indumenti rimasti stringendosi poi l’una contro l’altro, tacendo, ascoltando solo i loro respiri affannati. In un lampo lei era di nuovo schiena a terra mentre il ragazzo si puntellava con i gomiti continuando a guardarla. Le baciò nuovamente il collo, poi scese su un seno soffermandovisi per qualche istante solleticandole la pelle rosea, la sentì gemere e si ritrovò a sorridere felice che fosse lui a farla tremare dal piacere. Scese ancora a baciarle l’ombelico, il ventre caldo e di nuovo come un dispetto ritornò sulle sue labbra divertito dalla reazione vagamente delusa che lesse nel suo sguardo velato.

Aderì ancora di più al suo corpo nudo quando la vide sorridere timidamente, quando capì che era pronta. Le sue dita salirono ad arruffargli i capelli argentei quando lui scivolò piano sopra e dentro di lei, sollevandole appena il bacino con le mani. Respiri affannati, simultanei, ritmati. Il battito dei loro cuori all’unisono, stessa pelle, stesso desiderio l’una dell’altro. Lui si mosse con decisione, con dolcezza, percorrendo con le labbra la pelle del viso, del collo mentre lei lottava per non gemere troppo forte. Le unghie s’insinuarono nelle sue spalle, graffiandole un poco.

Gambe legate, intrecciate fino all’ultimo istante. Nomi singhiozzati appena nelle labbra dell’altro, solo due nomi, solo loro. E quando infine il piacere arrivò e finì se ne restarono immobili, silenziosi, stanchi. Lui le scivolò accanto e la strinse a sé senza dire una parola, entrambi ascoltavano i loro respiri che andavano via a via a calmarsi. Lei appoggiò il capo sul suo petto avvertendo attraverso il corpo il battito del cuore ancora ansante, lo ascoltò fino a che non lo sentì calmarsi. Gli accarezzò la pelle mentre lui le passava la mano fra i capelli rosei, cullandola. E prima che lei si addormentasse riuscì a sentirlo pronunciare due parole ben distinte, la voce bassa, dolce, leggermente roca, una voce che era cambiata nel tempo ma che era sempre la stessa.

  - Ti amo. -

 

 

*~*~*~*~*

 

 

  Fu un tintinnio di stoviglie a svegliarla. Prima di aprire gli occhi sbatté le palpebre parecchie volte poiché un piccolissimo raggio di luce le arrivata dritto sul viso. Sospirò concentrandosi sul rumore in lontananza cercando di ricordare dove si trovasse infine aprì gli occhi facendo spuntare le iridi azzurre da sotto le ciglia scure. Si stiracchiò appena poi si avvolse ancora di più nella coperta leggera nascondendo il viso a quel fastidioso raggio di sole. Rimase immobile per qualche secondo fino a che tutto le tornò in mente all’improvviso. Avvampò al solo ricordo della giornata precedente, era stato tutto così surreale, possibile che se lo fosse sognato? Scostò il tessuto per guardare la stanza in cui si trovava e non c’erano dubbi, quella non era la sua camera. Si tirò su a sedere non sapendo cosa fare e si accorse di essere completamente nuda ma non c’era traccia dei suoi vestiti da nessuna parte. L’ultima cosa che ricordava era Hope che la svegliava e la portava in quella camera per non farle prendere troppo freddo. Poi c’erano solo le sue mani, le sue carezze, i suoi baci ancora e ancora.

Lightning nascose il viso nella coperta come se qualcuno la stesse osservando e potesse capire i suoi pensieri ma non c’era nessuno accanto a lei. Il rumore di stoviglie non poteva che essere lui. Si alzò e, avvolta nella coperta, raggiunse con passi leggeri e silenziosi la cucina. Quando lo vide il suo cuore mancò un battito un po’ per l’imbarazzo un po’ perché non si aspettava di trovarlo a torso nudo, era affascinante anche mentre era intento a lavare i piatti. Avrebbe voluto toccarlo, raggiungerlo e abbracciarlo ma si trattenne, deglutì e raschiò poco con la gola per farsi notare. Lui si voltò in fretta, la guardò e le sorrise. Quello sguardo, se possibile, la fece arrossire ancora di più. Accennò un gesto di saluto chinando la testa e quando la rialzò se lo ritrovò davanti. Le scostò una ciocca dalla fronte e poi la baciò, piano, con dolcezza. Lei rimase immobile catturata dalle sue labbra morbide, dal suo respiro caldo. Si sentiva la testa leggera, come se fosse sotto l’effetto di qualche droga e, in effetti, poteva lui essere diventato questo per lei?

  - Buongiorno. - le disse appoggiando la fronte contro la sua. La voce era bassa e leggermente roca e la donna pensò che lo rendesse terribilmente attraente.

  - ‘Giorno. - rispose lei con la voce più sottile del solito.

Rimasero a guardarsi per qualche istante, poi lui iniziò a sistemarle i capelli arruffati. - Preferisci fare una doccia prima di colazione? -

Lei annuì grata che le avesse dato una scusa per sottrarsi momentaneamente ai suoi occhi. Ancora intorpidita da quella strana sensazione di benessere che provava da quando si era svegliata, si diresse verso il bagno, i suoi vestiti erano asciutti e piegati, pronti per essere indossati. Si guardò per un istante allo specchio, riluttante a togliersi la coperta, come se quel gesto potesse porre fine a quell’atmosfera. Guardò il riflesso dei suoi occhi pensando che avrebbe colto qualche differenza dal giorno prima, ma niente, tutto in lei sembrava essere come al solito.

Dopo qualche istante di esitazione s’infilò nella doccia sotto il getto d’acqua calda cercando di fare mente locale ma si sentiva totalmente confusa. Ogni volta che pensava a loro, a cosa fosse successo, si ritrovava a sorridere appena e non riusciva a restare totalmente lucida sulla questione.

Doveva riflettere.

Cosa sarebbe accaduto adesso?

Come doveva comportarsi?

E a Serah avrebbe dovuto dire qualcosa?

Si lavò in fretta, si asciugò e vestì con altrettanta rapidità.

Doveva riflettere, forse doveva parlarne con lui. Non si sentiva ancora pronta a dirlo a tutti, non che se ne vergognasse anche se è difficile annientare i propri nemici interiori così in fretta, solo non era pronta. Sperava che lui avrebbe capito.

Quando raggiunse nuovamente la cucina lo trovò sul divano del soggiorno intento a sorseggiare del caffè mentre batteva qualcosa al computer, sembrava molto concentrato. Lightning prese una tazza e vi versò il caffè appena fatto poi si sedette di fronte a lui, su quel tappeto che il giorno prima li aveva accolti e si permise di osservarlo con più attenzione del solito. Notò come la pelle della fronte si contraesse leggermente sotto i capelli argentei quando era assorbito nei suoi pensieri, di come i suoi occhi verdi nascondessero sfumature azzurre, di quanto in realtà fossero lunghe le sue ciglia chiare. Le labbra si arricciavano appena come leggermente infastidite da quello che gli occhi vedevano, Lightning provò l’impulso di allungarsi e catturargliele con le proprie per cercare di alleviare quel malessere dal suo volto ma riuscì nuovamente a trattenersi. Anche se la tentazione era tanta, forse troppa mentre fissava la mascella contratta.

Forse in risposta ai suoi pensieri Hope alzò lo sguardo su di lei e sembrò tornare alla magia che li aveva avvinti dal giorno precedente perché non appena incrociò i suoi occhi cambiò completamente espressione, il viso si distese in un sorriso.

Lei si morse il labbro inferiore per trattenersi di nuovo.

  - Scusami. - disse lui inclinando appena la testa.

La donna sorseggiò il caffè. - Lavoro? - replicò indicando il computer con lo sguardo.

Lui annuì sospirando. - Sembra che la mia assenza per un pomeriggio abbia mandato tutti in tilt. -

Lightning sorrise appena. Quante volte aveva sorriso quella mattina?

  - Fanno affidamento su di te perché sei il loro capo, sei molto importante. -

  - Forse… - confermò guardandola fisso. -… ma io ho altre priorità al momento. -

Lei abbassò lo sguardo imbarazzata e non disse niente, dopo qualche istante di silenzio il ragazzo parlò di nuovo. - Dovremmo parlare. Di quello che è successo intendo. -

Fu come un fulmine, la donna non si sarebbe aspettata che lui potesse essere così diretto sulla questione. Restò in silenzio non sapendo cosa dire.

  - Light, ho bisogno di sapere una cosa. -

Lo guardò attenta e non c’era traccia di esitazione in lui.

  - Sei pentita? - lo disse piano ma con decisione, come se volesse scandire bene quelle parole. - Dimmi la verità, voglio sapere a cosa stai pensando. -

Lei si prese un istante per riflettere, bevve l’ultimo sorso di caffè, poi appoggiò la tazza sul tavolo come a prendere tempo. Ma la risposta la sapeva già, non aveva bisogno di rimuginarci ancora.

  - Credevo che lo sarei stata. - rispose decisa, poi lo guardò. - Ci ho pensato tante volte, dicendomi che non sarebbe stato giusto, convincendomene. Ero certa che se in qualche modo fosse accaduto poi me ne sarei pentita, che lo avrei reputato uno sbaglio. E forse lo è. -

Fissò lo sguardo su di lui, nei suoi occhi. - Ero davvero convinta che lo sarei stata ma… non è così. -

  - Davvero, ne sei sicura? -

Lei sorrise ancora, brevemente. - Ne sono sicura. -

Il ragazzo sembrò distendere finalmente il volto, sollevato, dopo che lo aveva tenuto contratto per quei secondi che gli erano parsi durare ore. Sospirò di sollievo, le sorrise in risposta.

  - Ho solo bisogno del tuo aiuto adesso e della tua comprensione. - aggiunse però lei senza smettere di guardarlo.

Ti prego fa che capisca.

  - Dimmi. - disse lui sorpreso.

Lightning prese un profondo respiro. - Per il momento, possiamo tenere la cosa per noi? -

Negli occhi del ragazzo passò un piccolo e veloce lampo di delusione, ma durò meno di un istante, c’era una domanda che gli sfiorava le labbra ma lei fu più svelta a coglierla.

  - Non me ne vergogno, non si tratta di questo. -

Hope non capiva ma sembrava intenzionato ad ascoltarla e ad aiutarla se possibile. - Non so nemmeno io cosa sia ma, semplicemente, non sono pronta. Non ancora. Ho bisogno di tempo per capire cosa sia questa sensazione che mi frena. Potrebbe solo essere paura oppure potrebbe essere che sotto sotto, in un piccolissimo angolo dentro di me, sento che c’è ancora qualcosa di sbagliato. E non si tratta di te ma di me, e devo capire cosa sia prima che il mondo sappia di noi. Ti chiedo di aspettare un po’, pensi di poterlo fare? -

Lui sospirò e invece di risponderle si alzò per andare a sedersi accanto a lei. Allungò una mano e lei si raggomitolò fra le sue braccia, l’aveva capita. Come poteva aver avuto dubbi che non l’avrebbe fatto? Si sentì in colpa per aver diffidato di lui, non l’aveva mai delusa, mai in tutti quegli anni. Non avrebbe iniziato a farlo adesso. Rimasero in silenzio ascoltando solo il rumore dei loro respiri e il battito dei loro cuori.

Poi al ragazzo sfuggì una piccola risatina. - Così ci hai pensato tante volte, eh? - le chiese in tono canzonatorio sottolineando con cura la parola. Allora anche lei aveva pensato a lui in tutti quegli anni.

Lightning avvampò capendo le sue allusioni, nascose un po’ il viso nel suo abbraccio.

  - Abbastanza. - replicò con una punta di malizia cercando di non dare a vedere quanto fosse imbarazzata. Lui rise e la strinse di più, poi la baciò di nuovo. Un bacio lungo e carico di tanti significati. Quando si staccarono lui rise ancora, la guardò e disse.

  - Allora diamoci da fare. -

 

 

*~*~*~*~*

 

 

  Ancora prima di aprire gli occhi avverte la consistenza morbida e granulosa della sabbia sotto ai piedi nudi. Le iridi azzurre si rivelano puntando lo sguardo davanti a sé, verso la vastità dell’oceano. Ma è un mare completamente diverso da quello che è abituata a vedere a Bodhum. Davanti a lei si estende un’infinita distesa di sabbia bianchissima.

Oerba.

Sono tanti anni che non visita quel luogo, la casa di due preziose amiche.

Non troppo lontano da sé si staglia la figura di un giovane ragazzo. La guarda, immobile, sorridente. Lei allunga la mano e inizia a correre verso di lui ma quando lo raggiunge questo si volta e si allontana velocemente fermandosi qualche metro più avanti, poi torna a guardarla sempre sorridente. Vuole essere seguito. E lei lo rincorre, ancora e ancora, lui è sempre a un metro di distanza.

Poi un urlo spaventato spezza quel silenzio surreale, Lightning si guarda intorno confusa ma non c’è nessuno oltre a loro due. Il ragazzo la raggiunge e le prende la mano, la costringe a camminare ancora e lei non si ribella, lo seguirebbe ovunque.

Un altro urlo squarcia il silenzio, le orecchie le fanno male, poi un lampo e le sue mani sono sporche di sangue. E’ sola, circondata unicamente da sabbia bianca.

E’ in quell’istante che inizia a urlare.

 

 

*~*~*~*~*

  

 

  Riuscire a vedersi non fu un problema nelle settimane seguenti, mantenerlo segreto fu tutt’altro discorso. Per la maggior parte s’incontravano la sera tardi, quando lui finiva di lavorare oppure in momenti rubati dai turni d’ispezione di lei. Qualche volta era Hope a raggiungerla fino a casa, le lanciava sassolini sulla finestra come nei vecchi film e Lightning si ritrovava a inventare scuse su scuse del perché aveva un’improvvisa voglia di fare una passeggiata notturna. Serah e Snow non sembravano sospettare niente, la trovavano semplicemente più strana del solito ma erano troppo occupati dietro alla loro quotidianità per badare a lei.

Quel giorno Lightning si era fatta coraggio e aveva deciso di approfittare del suo giorno libero per raggiungerlo in ufficio. Erano due giorni che non lo vedeva e, stentava a crederlo ma soprattutto ad ammetterlo ad alta voce, quel ragazzo le mancava terribilmente. Sapeva che l’aspettava solo per quella sera eppure non aveva resistito ben consapevole di star agendo come una ragazzina alla sua prima cotta. Hope aveva il potere di farle dimenticare ogni cosa, ogni dovere, ogni responsabilità. Non appena varcò la soglia del portone d’ingresso si sentì in imbarazzo per l’ennesima volta, quel posto non riusciva proprio a metterla a suo agio e non se ne spiegava la ragione. Ignorò alla svelta Coco, la ragazza della reception, e si diresse verso le scale. Aveva imparato in fretta a muoversi per quei corridoi e lì era più facile che non incontrasse nessuno. Quando raggiunse la porta del suo ufficio, riuscendo ad evitare con tempestività una delle sue assistenti, esitò per qualche istante. Forse non era stata una buona idea, magari era troppo impegnato per stare con lei. All’improvviso si sentì molto sciocca e fu tentata di voltarsi e andarsene. Alcune voci nel corridoio la riportarono alla realtà costringendola finalmente a bussare e, non appena sentì la voce del ragazzo, aprì la porta ed entrò nella stanza.

Lo vide come sempre seduto alla scrivania, una mano sulla tastiera del computer l’altra con una penna, scrivendo su un foglio quelli che sembravano calcoli indecifrabili. Lei non ci avrebbe mai capito niente, nemmeno se avesse studiato per anni. Non che fosse stupida, certo, ma era l’azione il suo punto di forza.

Hope alzò lo sguardo e si sorprese nel vederla.

  - Come mai sei qui? - le chiese dopo qualche attimo di esitazione, Lightning non era solita fare improvvisate senza un motivo e lui non poteva fare a meno di pensare che non portasse buone notizie. L’amava ma il non poterlo dire apertamente lo stava schiacciando.

Lei sorrise imbarazzata mentre un lieve rossore le colorava le guance. - Ho pensato che potevamo pranzare insieme e… avevo voglia di vederti. - disse piano abbassando lo sguardo, era strano per lei esprimere così apertamente i suoi sentimenti. Si sentì a disagio e si affrettò a parlare ancora. - Ma se sei occupato non importa, posso andarmene. -

Hope scosse la testa e si alzò per raggiungerla, le cinse la vita con un braccio mentre le sistemava alcune ciocche dalla fronte. Era un gesto che faceva spesso, amava accarezzarle i capelli.

Senza dire niente si chinò a baciarla, assaporò con delicata lentezza le sue labbra morbide e calde. La donna lo lasciò fare rispondendo con velata passione al suo abbraccio. Spostò le mani dietro al collo, sull’attaccatura dei capelli e lo attirò di più a sé. Non le importava più di niente, né di dove si trovasse né che qualcuno avrebbe potuto vederli. In quel momento l’unica cosa che contava era il suo bacio, il suo respiro, le sue carezze. Forse era davvero come una ragazzina innamorata.

Sentì le sue mani alzarle di poco la maglietta, le dita insinuarsi sulla sua schiena, il contatto la fece rabbrividire mentre s’inarcava appena per dargli accesso al suo collo. Lui in risposta scese a baciarla sulla gola e la sentì ansimare appena con le labbra semichiuse.

Non si erano minimamente accorti del vociare nel corridoio e quando la porta si aprì di scattò voltarono lo sguardo in simultanea, immobili.

  - Sono certa che… - Rika si zittì immediatamente nel vederli, il sorriso abbandonò il suo volto lasciandole solo un’espressione sgomenta. Sbatté le palpebre un paio di volte poi fece per richiudere la porta. I due non riuscivano a staccarle gli occhi di dosso, sconvolti.

  - No… - iniziò a dire la ragazza rivolta ad alcune persone poco dietro la porta. -… devo essermi sbagliata. Forse è già andato a pranzo, possiamo raggiungerlo al piano di sotto. -

Detto questo chiuse definitivamente la porta, qualcuno le rispose ma qualsiasi cosa avesse detto era ormai incomprensibile, il vociare si allontanò lentamente e solo allora Lightning riprese a respirare. Hope deglutì e la guardò. Sorrise appena, imbarazzato.

  - Credo che abbiamo un grosso debito nei confronti di quella ragazza. -

 

 

*~*~*~*~*

 

 

  Lightning bevve un lungo sorso di vino prima di tornare a rivolgere lo sguardo sulla sorella. Si sentiva ancora come una mamma il cui unico dovere fosse quello di proteggere la figlia, solo che Serah non era una bambina né tantomeno era sua. Durante quel lungo viaggio aveva imparato a conoscere meglio Snow, aveva capito che nonostante l’apparenza fosse quella di un bamboccione, se c’era da combattere e proteggere chi amava era il primo della fila. Però c’era ancora qualcosa che non le piaceva e l’idea che adesso era infine diventato davvero parte della famiglia la irritava. Ma adesso erano ufficialmente sposati e lei non avrebbe più potuto fare niente.

Si chiese che cosa avesse spinto Serah ad amare un uomo tanto ingenuo, tanto immaturo e dopo svariate riflessioni - e qualche sorso più tardi - giunse alla conclusione che non doveva esserci un unico motivo. L’amore veniva così, all’improvviso, per la persona più inaspettata. Era fortunata, si diceva, a non provare quel sentimento per nessuno. Non le interessava e non aveva il tempo nemmeno per pensarci.

Hope le si avvicinò cauto notando gli sguardi di fuoco che stava lanciando ai neo sposi, sorrise e le porse un salatino. Lo sguardo della donna si ammorbidì nel vederlo ed accettò di buon grado il dono dicendosi che stava bevendo un po’ troppo per quella sera.

  - Non sei ancora convinta, vero? -

Lightning arricciò appena le labbra e tornò a guardare nuovamente il suo nuovo parente. - Non è che Snow non vada bene… - disse senza farsi sentire troppo.

  - Ma? -

Esitò. - Ma… non mi piace il modo in cui Serah si comporta. Insomma, guardala, è così sciocca. -

Il ragazzino sollevò un sopracciglio. - Bè è innamorata. -

  - Già, fortunatamente so che a me non accadrà mai. -

  - E perché? - chiese lui sorpreso da quell’ostilità nella voce della donna. - Non devi più occuparti di Serah, non come prima. Puoi farle da sorella adesso, puoi pensare a te stessa. Sei libera di farlo se vuoi. -

Lei non rispose, non sapeva cosa dire. Effettivamente Hope aveva ragione, non doveva più fare da madre a Serah, se avesse voluto. Ma sapeva che non lo avrebbe fatto.

  - E ridurmi in quello stato confusionale? No grazie, non sono interessata. -

Hope rise appena divertito da quella sua decisione. - Chissà, staremo a vedere. -

 

 

*~*~*~*~*

 

 

  Più i giorni passavano più Lightning iniziava a sentirsi inquieta. Provava un enorme senso di colpa verso la sorella che l’aveva sempre sostenuta, tenerla all’oscuro la stava tormentando. Non le sembrava giusto ma allo stesso tempo nemmeno l’idea che tutti venissero a conoscenza del suo segreto le piaceva. Si sentiva confusa e nervosa al solo pensiero. E se avessero riso di lei? Si diceva che non doveva preoccuparsene, che se era felice andava bene comunque, eppure quel piccolo sassolino non ne voleva proprio sapere di andar via. E lei era felice quando era con Hope, sapeva di esserlo perché ogni cosa a parte lui perdeva d’importanza. Questa cosa l’appagava e la spaventava al tempo stesso. Se si fosse distratta al lavoro - spesso si ritrovava immersa nei suoi pensieri persa a fantasticare - qualcuno avrebbe potuto pagarne le conseguenze. Era quello il suo più grande timore.

Cercò di calmarsi, ogni volta che pensava a quella possibilità il suo cuore accelerava come impazzito. Espirò e poi bevve un sorso dalla tazza fumante colma di un infuso alle spezie che si era fatta preparare nel bar in cui si trovava. Era relativamente vicina all’abitazione di Hope e stava aspettando che arrivasse l’ora di cena, momento in cui lui sarebbe rientrato dal lavoro.

Tolto quel piccolo incidente a pranzo la giornata era filata liscia, per non correre altri rischi era sgusciata via dal suo ufficio dopo una decina di minuti, e poi aveva passato il resto della giornata lungo le vie della città.

Il sole era tramontato da poco, il cielo si stava scurendo e Lightning pensò che quello era il momento della giornata che preferiva in assoluto.

Una ragazza le passò davanti in fretta, poi si voltò e dopo averla guardata le sorrise. Lightning si sorprese nel vederla e quando questa entrò nel bar non riuscì a trattenere uno sguardo sgomento. Voleva forse urlarle quanto la odiasse o qualcosa del genere?

Dopo l’episodio in ufficio aveva ancor meno voglia di vederla, il essere così perfetta e dolce la rendeva nervosa, forse se avessero iniziato a schiaffeggiarsi avrebbe perlomeno apprezzato la sua motivazione. Rika ordinò un caffè e si sedette al suo tavolo, sempre carina, sempre sorridente.

Dopo un piccolo cenno di saluto le due rimasero in silenzio non sapendo come relazionarsi, da una parte c’era Lightning che si sentiva in imbarazzo dall’altra Rika che con il suo modo di fare cercava sempre di piacere a tutti.

  - Perché sei qui? -

La più giovane la guardò confusa. - Ti ho vista e ho pensato di salutarti. -

  - Ma dovresti odiarmi, non dovresti voler parlare con me… -

Lightning non capiva, che la sua fosse una finta?

  - E perché dovrei? Sono una ragazza abbastanza furba da capire che non ci guadagnerei niente ad essere tua nemica. -

Rika iniziò a ridere divertita poi la guardò. - Vorrei provare ad esserti amica, se a te va naturalmente. Sento che potremmo andare d’accordo. -

La donna le restituì lo sguardo appoggiando la sua tazza bollente. - Non è qualcosa che mi dicono spesso. -

  - Non hai amiche? -

  - Solo mia sorella. -

Rika sembrò sinceramente dispiaciuta. - E confidi a lei tutte le tue preoccupazioni, o i tuoi dubbi e le paure? -

La donna scosse la testa. - No, solitamente tengo tutto per me. -

Per un istante Rika non disse niente mentre Lightning si limitava ad osservare passiva fuori dalla finestra. - Bè, lo so che forse è un po’ prematuro ma se vuoi puoi parlarne con me. Cosa c’è che ti preoccupa? -

La più grande la guardò di nuovo sorpresa. - Perché credi che mi preoccupi qualcosa? -

  - E’ vero, non ti conosco molto, ma sembri turbata. Ha a che fare con Hope? State insieme vero? Perché non avete detto nulla? -

Com’era possibile che una sconosciuta avesse capito perfettamente il suo stato d’animo? Forse non era più capace di nascondere quello che provava, forse anche Serah se n’era accorta.

  - Se non vuoi dirmelo va bene, non preoccuparti. -

Lightning si lasciò sfuggire un sospiro. - Non lo so, temo solo di non essere ancora pronta per dirlo a tutti. -

Rika si sorprese della facilità con cui la donna le aveva parlato. - Non sei sicura? -

  - Non si tratta di questo… -

Si zittì non sapendo come continuare. Era assurdo persino per lei il solo pensiero che un brutto sogno la impensierisse in quel modo, anche se era lo stesso da giorni.

  - Perché non ne parli con lui? - esordì la più giovane ma l’altra scosse la testa decisa.

  - Non posso farlo preoccupare. -

Fu allora che Rika si spazientì, appoggiò forte la mano sul tavolo quasi spaventandola. - Ti rendi conto che lui non è tuo fratello, non è vero? Non ha bisogno della tua protezione, non è un fratellino che ha bisogno d’aiuto. Se c’è un problema tu glielo devi dire, è così che si fa in una coppia, ci si confida i propri problemi, le proprie paure. -

Per Lightning fu quasi una folgorazione, quella ragazza aveva ragione, aveva capito perfettamente il problema. Lei continuava a pensare ad Hope come un fratellino, era per questo che continuava a sembrarle sbagliato. Ma non era suo fratello, non lo era mai stato. Si alzò in piedi e Rika temette di ricevere uno schiaffo per essere stata troppo diretta.

Ma Lightning le sorrise. - Hai ragione, grazie! -

La ragazza la guardò sorpresa poi le sorrise in risposta. - Forza, vai da lui adesso. -

E la donna non se lo fece ripetere, fece un profondo inchino e uscì dal bar diretta verso l’appartamento di Hope. Sorrideva e si sentiva come se fosse riuscita finalmente a togliersi quel sassolino che non le dava pace. Forse l’incubo non sarebbe più arrivato.

Forse aveva infine trovato un’amica in quella ragazza.

Ci sperava.

 

 

*~*~*~*~*

  

 

  Ancora sabbia sotto ai piedi, ancora un’infinita distesa perlacea.

Ancora Hope che le chiede con lo sguardo di seguirla e allunga la mano verso la sua, gliela stringe e lei riesce ad avvertirne il calore e la morbidezza. Iniziano a correre insieme, mano nella mano, sembra quasi stiano giocando a un gioco di cui solo lui conosce le regole.

Poi una voce acuta irrompe nel silenzio, lei si volta confusa, cerca di capire a chi appartenga quella voce familiare.

Hope le afferra il meno e la bacia e lei si abbandona alle sue braccia. Poi nuovamente un urlo, e un altro ancora, lei apre gli occhi e Hope la sta guardando fissa. E’ spaventato, è confuso.

Lightning abbassa lo sguardo e scopre con orrore una ferita all’altezza dello stomaco, le mani rosse di sangue.

Una vocina urla e la chiama per nome e lei è sconvolta, non sa cosa fare. Vorrebbe chiamare aiuto ma non c’è nessuno. Hope si accascia al suolo tingendo la sabbia di uno scuro color carminio, la guarda e sembra volerle dire qualcosa. Poi la voce la chiama nuovamente ed è in quel momento che la riconosce.

  - Claire! -

 

 

 

 

 

 

 

Note Autrice:  Lo so, sono in un tremendo ritardo!

Mi ero ripromessa di aggiornare più velocemente ma proprio non ci sono riuscita. Domani inizio a lavorare e fino a gennaio non avrò nemmeno il tempo per respirare, così in questi due giorni mi sono messa d’impegno e nonostante il raffreddore e il pc che non ne voleva sapere di collaborare, CI SONO RIUSCITA!

Mi merito un biscotto!!!

Detto questo, aiuto.

Voi non avete idea di quanto io mi stia vergognando in questo momento… insomma siate clementi se la scena ehm, QUELLA non è delle migliori. E’ una delle prime che provo a scrivere, e la prima che pubblico! >///<

Avrei voluto addentrarmi di più ma non volevo alzare il rating solo per quella perciò sono stata molto contenuta… insomma spero almeno sia leggibile ç___ç

Per la verità questo è un capitolo aggiunto, inizialmente tutto ciò che avete letto non doveva esserci, poi pensandoci mi sono resa conto che le cose così non avevano senso, che mancava qualcosa. Così ho aggiunto un capitolo prendendo uno dei prompt a tema libero. Spero vi sia piaciuto!

E niente, vi saluto ma non vi prometto che riuscirò ad aggiornare entro la fine dell’anno ( il capitolo 5 è già mezzo pronto ma con i miei tempi non garantisco più niente )

Se vi va, come sempre, di lasciarmi un commentino anche solo per farmi sapere che apprezzate questa storia, mi farebbe tanto piacere. Il mio livello d’insicurezza è ai massimi storici!

A presto!!

 

Selhin <3

   
 
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