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Autore: benzodiazepunk    26/11/2016    1 recensioni
Frank e Gerard, due ragazzi dalle vite completamente opposte che si incontreranno, o meglio scontreranno all'improvviso, negli anni '40 del XX secolo.
Il primo in cerca di indipendenza e di un posto nel mondo, il secondo scontento della sua vita e plagiato da un padre autoritario.
Quando poi la forte stratificazione sociale, i pregiudizi e una guerra imminente si aggiungeranno ai loro problemi, il loro incontro migliorerà o meno le loro vite?
---Aggiornamento ogni mercoledì---
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QUESTA STORIA NON MI APPARTIENE MA E' STATA SCRITTA DA MCRmichi UTENTE DI WATTPAD DA CUI HO AVUTO IL CONSENSO DI PUBBLICARLA SU EFP. TUTTE LE IDEE APPARTENGONO A LEI.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'SCAR'
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CAPITOLO QUINTO
 

 

"Cazzo!" fu la prima cosa che disse Frank guardando la ferita da cui continuava a sgorgare sangue.

"Ma che diavolo è successo qui?! Non posso girarmi un attimo che qualcuno combina un casino" La barista sembrava davvero arrabbiata. "Ma come cazzo hai fatto a farti quel taglio da solo? Sei proprio un idiota, lasciatelo dire ragazzino" sbraitó quella, lanciandogli sgarbatamente uno strofinaccio da cucina in cui avvolgere il braccio.

"Sei proprio un idiota, lasciatelo dire ragazzino" le fece il verso Frank imitando la faccia della donna, appena quella si fu voltata. Non riusciva proprio a capire perché tutti continuassero a chiamarlo 'ragazzo' o 'ragazzino' quel giorno.

"Non me lo sono fatto da solo, pezzo di idiota" le rispose Frank quando quella si mise a fissarlo. "Non sono mica il tipo di coglione che stringe il bicchiere così tanto da romperselo in mano, sai? È stato quel tizio seduto qui a rompermi il tuo prezioso bicchiere addosso" disse Frank, indicando il posto a sedere accanto al suo.

"Il bel ragazzo in giacca e cravatta?"

"Sì sì, proprio lui, esattissimamente" annuì Frank. Era ancora visibilmente ubriaco, il che era avvalorato anche dal fatto che non riusciva a togliersi quel sorrisetto dalla faccia.

"Certo, certo. Vattene a casa ok? Penso che per stasera tu abbia bevuto abbastanza" La donna sembrava molto seria, perché rimase lì a fissarlo con le sopracciglia alzate fino a quando Frank non si alzò dallo sgabello. Fissandola negli occhi, tirò fuori qualche moneta dalla tasca, le buttò sul bancone, e tenendosi il braccio stretto nel panno, uscì dal locale.

L'aria fresca della notte ebbe un effetto rigenerante su Frank, che riuscì a riacquistare un po' di lucidità. Il sangue continuava a uscire, rosso e caldo, colava sul braccio e inzuppava tutto il cappotto.

Doveva assolutamente riuscire a bloccare l'emorragia, o si sarebbe dissanguato, dannazione! Strinse lo straccio più forte che poté intorno al braccio, vi fece un nodo e si incamminó velocemente verso il motel.

Arrivato a metà strada, si rese conto che il sangue non avrebbe smesso di uscire, la ferita era troppo profonda per rimarginarsi autonomamente. Si guardò intorno in cerca di un ospedale, e avvistata una insegna, cominciò a seguire le indicazioni fino ad arrivare davanti a un edificio piuttosto grande. Esitò un po', ma poi si decise ad entrare.

"Scusi, scusi ho bisogno di aiuto"

L'infermiera all'entrata sembrava sul punto di addormentarsi.

"Qual è la sua emergenza signore? " gli chiese sbadigliando.

"Qual è la mia emergenza?! Eccola la mia emergenza!" Frank, che si era spazientito per l'atteggiamento non curante della donna, le appoggiò il braccio grondante proprio davanti, imbrattando volutamente tutto quello che riusciva. L'infermiera per poco non fece un balzo dalla sedia, e si mise a strillare: "Dottor Sandrez! Dottor Sandrez!"

Nel giro di pochi secondi il dottore arrivò di corsa. Vedendo il braccio che Frank continuava a sventolare, lo prese per la giacca e lo trascinò in un'altra sala.

"Si stenda qui, prego" gli ordinò l'uomo indicando una sorta di barella. Frank si sdraiò sul lettino e appoggiò il braccio al tavolino che il dottore gli aveva avvicinato. "Non sarà piacevole" lo avvertì.

Dopo aver pulito e disinfettato la ferita, Sandrez cominciò a cucirla. Mentre era lì steso sul letto, Frank cominciò a ripensare all'accaduto delle ultime ore. Aveva appena saputo che l'azienda in cui lavorava aveva chiuso, e aveva quindi deciso di andare in un bar per cercare di dimenticare per qualche ora tutti i suoi problemi.

Un paio di giorni, tzé! Frank si sentiva molto stupido e anche un po' ingenuo per aver pensato che al capo sarebbero bastati due giorni per rimettere a posto la storia del processo.

Era andato in quel bar per svagarsi, e invece ci aveva trovato lo stronzo violento di turno. Fece mente locale su ciò che era accaduto, ma i suoi ricordi erano annebbiati a causa dell'alcool. Però riuscì a ricordare che non solo era stato lui a cominciare versando la sua vodka sulla giacca di quel riccone, ma che era stato lui ad avvicinarsi al ragazzo, attirato da quel bel visino. Evidentemente i suoi pensieri stavamo degenerando, perché, di ritorno dal mondo dei sogni, fece un sobbalzo che gli costò una sgridata da parte del dottore, che gli aveva piantato erroneamente l'ago nel braccio.

Ci vollero quasi mezz'ora e circa venti punti di sutura.

"Non voglio sapere come o dove si sia fatto questa ferita, ma ha fatto bene a venire qui, era troppo profonda per guarire da sola. Venti punti sono tanti signore, dovrà tornare qui tra un paio di settimane per farseli togliere"

Frank annuì, e lasciò che il dottore gli fasciasse il braccio molto stretto, poi si alzò, riprese il suo cappotto e fece per uscire, dopo aver ringraziato il medico.

"Signor Iero, aspetti" lo rincorse lui. "Lei non possiede una assicurazione non è vero?"

"Un' assicurazione signore? No, non ne ho una" Frank si sentiva disorientato: non aveva mai capito bene come funzionassero queste cose. 
"Allora temo che lei debba pagarmi in contanti, se non le dispiace"

Frank sentiva che le gambe non lo avrebbero retto ancora a lungo. Non sarebbe mai andato in ospedale se avesse saputo che avrebbe speso tanti soldi per quel dannato taglio.

Non avendo altre possibilità, si infilò una mano in tasca e ne estrasse alcune monete.

"Questi dovrebbero bastare" Affermò il dottore prendendone alcune dalla mano di Frank. Poi si girò e sparí dietro una tenda.

Si rimise in tasca quel poco che gli era rimasto e tornò al motel.

Poteva anche scordarselo il caro dottor Sandrez di rivederlo tra due settimane, pensò Frank lungo il tragitto. Se tornare in ospedale avesse significato spendere altrettanti soldi, se li sarebbe tolti a morsi quei dannati punti.

Arrivato, stanco morto per la giornata lunga e terribile, quella sera si addormentò subito, e dormì profondamente e fino a tardi. Una dormita così riposante non l'avrebbe più fatta per molto, molto tempo.

Il giorno seguente, Frank decise di contare i soldi che gli rimanevano, così si svuotò le tasche dei pantaloni, le tasche del capotto e rovesciò sul tavolo anche il contenuto del portamonete. Quello che vide non gli piacque affatto. Non pensava di aver speso tanti soldi, ma probabilmente il giorno prima era troppo ubriaco per rendersi conto di tutti i soldi che aveva speso tra bicchierini di vari alcolici e prestazioni ospedaliere.

Tutto ciò che gli rimaneva erano pochi spiccioli, bastanti giusto per un' altra nottata al motel e un paio di pasti. Aveva ancora il contenuto della busta paga ricevuta qualche giorno prima dal signor Blake, ma quella gli serviva per saldare il debito che aveva con la padrona di casa, alla quale doveva ancora pagare l'ultimo mese di pernottamento in quel lurido posto.

Ora non sapeva proprio cosa fare. Mentre si disperava, sentì tre colpi alla porta.

"Lo so che sei ancora lì dentro, Iero! Lo sai che devi andartene a quest'ora, e oltretutto mi devi pagare ancora l'ultimo mese! Muoviti! Mi hai sentita?!"

Frank sapeva che avrebbe continuato a urlare e bussare fino a quando non fosse andato ad aprire, così si arrese, e aprì una fessura.

"Buongiorno a lei Signora" le sfoderò un grande sorriso, nel tentativo di riuscire a strapparle ancora qualche giorno prima di dover pagare tutto: voleva almeno tentare di trovarsi un nuovo lavoro.

"Me ne stavo proprio andando, non vede che sono già tutto vestito?"

In realtà Frank era ancora in mutande, ma la donna poteva vedere solo la sua faccia.

"Allora muoviti, esci di lì e consegnami quelle cavolo di chiavi!" 
Gli urlò lei, spingendogli la porta sul naso.

Massaggiandosi il naso dolorante, Frank si vestì, prese tutti i suoi soldi per evitare che la stanza venisse derubata in sua assenza, e uscì dal quel postaccio.

Si rese subito conto che questa volta non sarebbe stato fortunato come qualche mese prima, nessuno sarebbe uscito da un cancello offrendogli un lavoro, e tanto meno nessuno lo avrebbero assunto se avesse continuato ad insistere come aveva tentato di fare un paio di volte, quando tutto quello che aveva ottenuto era stata una minaccia di arresto.

Per qualche giorno andò avanti così, passando ore e ore in cerca di qualcuno che lo volesse assumere, ma dopo circa una settimana i suoi spiccioli erano definitivamente terminati e tutto ciò che gli rimaneva era il contenuto della busta, che alla fine si dovette convincere a consegnare alla grassa donna.

"Ecco a lei capo" disse col solito tono scherzoso Frank. "Tutto ciò che le devo è qui dentro" affermò allungandole la busta oltre il bancone.

La donna la aprì, lanciandogli di tanto in tanto uno sguardo sospettoso. Contó i soldi, e quando fu convinta che c'erano davvero tutti, gli disse "Bene Iero, ora puoi andare" senza sapere che quello sarebbe stato un addio e non un arrivederci.

Frank raccolse da terra la sua sacca, se la mise sulla spalla, e con il braccio ancora fasciato, si avviò verso la porta, senza avere la minima idea di dove andare.








Note.
Dico solo: sorry.
Ma, avrete più capitoli questa settimana.
A molto presto!

  
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