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Autore: Lilith_and_Adam    26/11/2016    2 recensioni
Naruto è un ragazzo normale ossessionato dalla morte dei genitori e Sasuke è normale ragazzo invischiato nella Yakuza per colpa della sua famiglia. In una città che risucchia l'anima da ogni suo abitante si intrecceranno le storie di questi due ragazzi alle prese con una vita che non lascia spazio alla felicità.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Hinata Hyuuga, Karin, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Suigetsu | Coppie: Hinata/Naruto, Karin/Suigetsu, Naruto/Sasuke
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Nessun contesto
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Capitolo 5: La verità non sempre serve a qualcosa.


 
I giorni passarono diventando settimane, l’estate era ormai inoltrata e a breve le vacanze estive avrebbero fatto vagabondare gli studenti a tutte le ore.
Quel giorno la campanella era suonata scandendo la fine di un’altra noiosa giornata. Naruto uscì sbadigliando dirigendosi verso il cancello, il cielo era leggermente grigio quel pomeriggio e il ragazzo sperava che non iniziasse a piovere.
Hinata era girata con le spalle appoggiate al cancello della sua scuola guardandosi attorno; Naruto con la cartella semivuota sotto al braccio aspettava con calma che il semaforo diventasse verde sgomberando l’enorme viale intasato dalle auto.
Un gruppo di ragazze con la sua stessa uniforme si avvicinarono a Hinata, Naruto non poteva sentire le loro voci ma vide chiaramente una delle ragazze spintonare Hinata dalla spalla. Pochi secondi dopo, il semaforo si illuminò di verde e lui attraversò quel viale con la velocità di un fulmine andando a interporsi tra le ragazze con in viso il ghigno di una belva.
«Naruto-kun?» lo chiamò come se fosse il suo salvatore.
«Ahaha! Hai la guardia del corpo ora?» lo schernì la ragazza.
«Non pensare che non ti farò niente solo perché sei una ragazza.»
«Oh che paura!» Le altre risero all’unisono. «Tranquillo, stavamo solo parlando e lei da maleducata ancora non ci ha risposto. Allora Hinata-chan come sta tuo padre?» risero ancora.
Hinata con lo sguardo irritato si liberò dalle spalle del ragazzo strattonando l’altra. «Fatti gli affari tuoi!» Naruto cercò di allontanarla.
«Tesoro questi mocciosi ti stanno infastidendo?» Un ragazzo alto dall’aria tutt’altro che tranquilla sbucò fuori dal nulla ridacchiando e andando ad abbracciare il collo della ragazza. Aveva la sua stessa uniforme, ma Naruto non lo aveva mai visto a scuola.
La ragazza con uno sguardo lascivo mise un finto broncio e lo baciò sulle guancie. «Si caro, quel tipo è proprio un gran maleducato!» Le altre risero ancora.
Quello calciò il cancello bloccando Naruto con le spalle al muro e provocando un rumore assordante. «E va bene, ora sono incazzato!»
«Ehi aspetta io non ho proprio fatto nulla!» Naruto abbassò la testa per evitare il pugno che gli stava arrivando, quello colpì una sbarra del cancello urlando dal dolore poi diede una forte ginocchiata a Naruto che era ancora piegato facendogli perdere il respiro, poi un colpo lungo la schiena.
«Ehi voi!» Un paio di professori si stavano avvicinando velocemente dall’interno del cortile.
Naruto tirò a sua volta un pugno nello stomaco di quel tipo per liberarsi, prese la mano di Hinata e la portò via correndo lungo il viale trafficato.
«Si, scappa codardo!» da lontano si sentivano le risa.
Quando furono abbastanza lontani, Hinata invertì la presa e lo trascinò in una via secondaria dove si fermarono per riprendere fiato.
«Stai bene Naruto-kun?» lui annuì tenendosi ancora l’addome.  «E tu?»
Anche lei annuì ma sembrava avere la faccia arrabbiata. «Ma non dovevi arrivare in quel modo! Avresti potuto farti male sul serio.»
«Scusa ma le ho viste infastidirti e non ho pensato...» Si appoggiò con la schiena vicino al muro e alzò lo sguardo al cielo quando una goccia gli cadde sul naso.
In pochi secondi iniziò uno dei soliti e fastidiosi alluvioni estivi. Hinata lo prese di nuovo per mano e correndo lo portò via di lì, nessuno dei due aveva l’ombrello con sé. Non ci volle molto tempo prima di arrivare di fronte casa Hyuga.
Alquanto fradici, entrambi si appoggiarono alla porta d’ingresso per riprendere fiato, poi Hinata si allontanò.
«Prendo degli asciugamani.»
Naruto rimase immobile realizzando che quella era la prima volta che visitava la casa della ragazza. Aveva uno stile piuttosto moderno rispetto a quanto sembrasse dall’esterno; l’ingresso era disseminato di fotografie, una in particolare ritraeva Hinata da piccola, poteva avere forse tre o quattro anni, Naruto pensò che fosse la cosa più adorabile che avesse mai visto.
Hinata tornò dopo essersi cambiata d’abito, la camicia zuppa e lo sgargiante fiocco rosso avevano fatto posto ad una semplice felpa azzurra. Porse a Naruto un asciugamano e una maglietta dall’aria semplice.
«Scusa se è femminile ma non ho fratelli.» Sorrise gentilmente poi gli indicò il bagno in cima alle scale per potersi cambiare.
Quando tornò di sotto non trovò Hinata ma vide che la ragazza aveva appoggiato la sua giacca sul calorifero.
Aveva sentito i suoi passi che scendevano le scale così uscì dalla cucina. «Naruto-kun sto preparando del tè.» gli sorrise gentilmente prima di sparire ancora dietro la porta.
Naruto si sedette sullo sgabello della piccola isola guardando Hinata riempire le due lunghe tazze. Per un po’ bevvero in silenzio, Hinata guardava il liquido verdastro con aria pensierosa.
«Quelle ragazze... ti danno fastidio spesso?»
All’inizio lei non rispose ma poi scrollò la testa scacciando via un po’ di preoccupazioni. «Sai, mio padre è un poliziotto... e l’anno scorso ha mandato in prigione il padre di quella ragazza... è così da allora.» bevve un sorso con gli occhi quasi spenti.
«E lo hai detto a tuo padre?» per un attimo si sentì in imbarazzo pensando al padre della sua ragazza.
Lei scosse la testa, «Non voglio che pensi che non so cavarmela in queste cose...» Hinata vide il volto del ragazzo diventare incredibilmente triste.
«Anche i miei erano poliziotti...» fissava la tazza, non sapeva che si stava aprendo così tanto con lei, forse per consolarla o perché trovava qualcosa di affine, sapeva solo che doveva farlo. «Non li ho mai conosciuti e non so quasi nulla di loro, ma credo che un genitore non penserebbe mai una cosa del genere, penserebbe solo a proteggerti...» Pensò che probabilmente per Hinata quelle erano solo le fantasie di un orfanello.
«Non conosci mio padre...» Lei distolse lo sguardo, forse infondo sapeva che quello che le stava dicendo poteva essere vero.
La porta di ingresso si chiuse rumorosamente e dei piccoli passi si avvicinavano velocemente alla cucina. Hanabi abbracciò la sorella da dietro mostrandole il largo foglio dell’esame, nell’angolo troneggiava un 99 scritto in rosso. «Guarda! Guarda! Sono stata brava?»
Hinata le stropicciò i capelli e la abbracciò forte. «Tantissimo!»
La risata sottile contagiò anche lui e finì per guardare Hanabi con uno sguardo quasi paterno. La bambina lo guardò di sbieco e sghignazzando si avvicinò all’orecchio della sorella. «Lui è il tuo ragazzo, vero?»
«Zitta!» Hinata arrossì e andò a tappare la bocca della sorella in modo nervoso mentre si sentiva ancora la risata soffocata di Hanabi. Quando girò la testa verso Naruto si pietrificò e scattò in piedi. «Bentornato, padre.»
Nell’udire quella parola, Naruto si alzò e si inchinò meccanicamente, un goccia di sudore gli si formò sulla fronte. «Buonasera signore!» nell’alzarsi vide il viso perplesso di Hiashi che lo squadrava dalla testa ai piedi. «E tu saresti?»
«Ah.» Si inchinò ancora. «Uzumaki Naruto, signore.»
Hiashi si girò riprendendo le chiavi dal tavolino di fianco la porta. «Sta ancora piovendo. Ti riporto a casa.» Più che una richiesta gentile sembrò un ordine.
I due ragazzi si guardarono quasi terrorizzati in cerca d’aiuto, per quanto Hinata riuscisse a mostrarsi determinata in alcune situazioni, non poteva fare nulla contro suo padre. Lo salutò nervosamente mentre Hiashi accendeva il motore.
 
Le luci della periferia rendevano tutto un po’ più inquietante. Naruto rimaneva seduto dritto, per quanto potesse riuscirci, teso come non mai, il viso dell’uomo sembrava impassibile ed estremamente severo. Quando Hiashi iniziò a parlare, il ragazzo sussultò come se avesse udito uno sparo.
«Hinata ultimamente mi era sembrata diversa, quasi più serena.» l’uomo abbozzò un sorriso lasciando Naruto leggermente confuso. «Tranquillo, non ti farò la paternale, cerca solo di essere un bravo ragazzo con mia figlia.»
Naruto si rilassò, Hiashi gli sembrò diverso dall’uomo che gli aveva descritto Hinata. «Lo sarò signore.»
«Bene.» Hiashi sospirò. «È difficile che lei riesca ad aprirsi con qualcuno, è sempre stata timida e scrupolosa persino con me, quindi... se dovesse trovarsi nei guai cerca di aiutarla.»
Naruto guardò l’uomo impegnato a guidare, pensava a come sarebbe stato trovarsi in macchina con suo padre, per un attimo ripensò alle famiglie felici delle pubblicità, quelle che fanno gite in auto di domenica. Quell’uomo dall’aria stoica probabilmente non aveva mai imparato come si deve a fare il padre eppure i suoi pensieri erano sempre rivolti alle sue figlie.
L’auto si fermò di fronte la piccola casa, aveva smesso di piovere.
«Hinata ha solo paura di deluderla.»
Naruto per la prima volta nella sua vita vide un sorriso paterno. «Non potrebbe mai fare nulla per rendermi meno orgoglioso di quanto già sono.»
 
Naruto entrò in casa ancora pensieroso.
«Naruto.»
Nagato era seduto al tavolo della cucina con un’insolita sigaretta in mano. Di solito non si faceva vedere da lui, ma Naruto sapeva che lo zio fumava solo quando era nervoso. Si avvicinò lentamente.
«Ha chiamato uno dei tuoi professori mentre ero al lavoro.» uno sbuffo di fumo uscì dal suo naso «Hanno detto che sei stato coinvolto in una rissa di fronte a scuola.»
Naruto si girò freddamente lanciando la cartella sul divano. «Non era nulla.»
«Non girarti mentre ti sto parlando.» Aveva il tono di un interrogatorio.
«Te l’ho detto non era nulla, non si ripeterà. Buonanotte.»
«Ti hanno sospeso per due giorni.»
Naruto si pietrificò. Nagato si alzò lentamente spegnendo la sigaretta nel posacenere sul tavolo, gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla. Parlò con tono incredibilmente calmo. «Avevi promesso, Naruto. Niente più risse, eri stato tu a dirlo.»
Naruto si girò di scatto scacciando quella mano, per sbaglio lo guardò negli occhi diventando ancora più nervoso.
«Quando ci siamo trasferiti avevamo deciso di far funzionare le cose...»
«Appunto! Avevamo deciso insieme! Allora perché dovrei essere l’unico a non poter infrangere la parola? Sei sempre fuori chissà dove e non venirmi a dire che è sempre per lavoro!» Senza accorgersene iniziò ad urlare.
«Smettila ora...»
«NO!» Scacciò lo zio mentre lui cercava di abbracciarlo come faceva sempre. «E ancora non mi hai detto perché siamo dovuti andare via così all’improvviso!»
Nagato perse la sua naturale calma. «SMETTILA! SE SIAMO TORNATI NON SONO AFFARI PER UN BAMBINO!»
Naruto rimase spiazzato. «Tornati? Che vuol dire? CHE VUOI DIRE?» Molto tempo prima Nagato aveva giurato di non voler più vedere quel ringhio sulla sua faccia; rimase lì di fronte con lo sguardo basso a veder andare via suo nipote riboccante di disprezzo.
 
That’s a lie, you such a liar
See me, see me, ya you’re a hypocrite
Why’re you telling to go a different path? Take care yourself
Please don’t force me[1]
Il grido di aiuto penetrava nelle sue orecchie mentre correva. Finiva sempre per correre via da qualcosa o qualcuno. Questa volta, l’energumeno di quella mattina e i suoi sgherri lo avevano riconosciuto vicino la stazione, quella giornata stava iniziando ad essere davvero fastidiosa.
Imboccò un vicolo buio seminandoli per poco ma qualcosa di grosso lo fece cadere in avanti. Quando si rialzò vide Sasuke che lo fissava con aria esasperata.
«Fantastico...» Sussurrò il biondo sbuffando.
Le voci di quegli altri iniziavano ad avvicinarsi.
«WHA!» Sasuke prese Naruto per il cappuccio della felpa trascinandolo dentro il locale. La pensante porta verde si chiuse dietro di loro.
Naruto si poggiò al muro tirando un sospiro di sollievo, «Grazie amico!».
«Da quando siamo diventati amici?» Sasuke lo guardò di sbieco.
«È solo un modo di dire! Antipatico!» Sussultò leggermente quando sentì le voci appena dietro la porta, seguì Sasuke oltre la porta che li divideva dal bar.
Nel locale non c’era quasi nessuno, solo un gruppetto rumoroso di ragazzi in un angolo e qualche colletto bianco perso in un boccale di birra.
Dietro il lungo bancone deserto, Yahiko stava leggendo il giornale fumando.
«Che faccia ragazzo! Non sembri aver passato una bella serata.» Sghignazzando gli servì del tè freddo.
Naruto fissava il ghiaccio galleggiare nel lungo bicchiere di vetro. In un angolo lì dietro, Sasuke era alle prese con una cassa di liquori da sistemare. «Ho sentito che sei stato sospeso.» Sbottò un po’ compiaciuto, poi vide il viso basso e sconsolato del ragazzo e aggiunse: «Le persone hanno il vizio di non farsi mai i fatti propri qui intorno.» e tornò al suo lavoro.
«Nagato deve averti fatto una bella strigliata.» Yahiko lo prese un po’ in giro ma Naruto rimase fisso sul suo bicchiere. L’uomo tornò serio. «Deve essere stata davvero una brutta serata.»
«Con mio zio vi conoscete da tempo?» Fu incredibilmente diretto.
Yahiko tornò con la testa dietro il giornale. «Da quando eravamo piccoli...»
«Odio quando mi tratta come un bambino... Dovrebbe potermi dire tutto ormai...» Sasuke anche da lì dietro poteva vedere la rabbia ribollire nei suoi occhi.
Uno sbuffo di fumo uscì da dietro il giornale. «Magari è perché gli ricordi troppo come era lui alla tua età, probabilmente vuole solo evitare che prendi una brutta strada.»
Un lieve sorriso si formò all’angolo della bocca di Sasuke, «Vacci a parlare e basta...» Yahiko che dispensava consigli gli ricordava sempre troppe cose.
Naruto si alzò con decisione.«Hai ragione!» La sua bocca quasi rifiutò di dirlo. Prese l’ultimo sorso e andò via.
«Da dove ti arriva tutta questa saggezza?» lo prese in giro Yahiko.
Sasuke alzò le spalle, Yahiko sghignazzò un po’ prima di sparire ancora dietro il giornale.
 
Appena varcò la porta di ingresso, Nagato scattò in piedi dal divano. Naruto lo fissava con uno sguardo che sembrava dirgli “Ora parlo io”.
Nagato si diresse verso il mobile sotto la televisione e ne tirò fuori un piccolo astuccio nero. «Siediti.» Si mise di fianco al nipote e gli fece cenno di aprirlo. All’interno c’era un vecchio e logoro anello nero, la lacca sulla superficie era talmente sbiadita da non far leggere più il simbolo che era impresso sul metallo.
«Il quartiere dove sono cresciuto non era dei migliori ma si tirava avanti. Tuo nonno aveva una piccola officina, era una brava persona, un buon padre anche se aveva dovuto fare dei sacrifici... avevo più o meno la tua età quando mia madre lo trovò di fronte alla saracinesca chiusa a metà in una pozza di sangue.» Nagato chiuse gli occhi per un momento, Naruto fissava l’anello cercando di capire cosa lo zio gli stesse dicendo. «Non so se fu per vendetta o solo stupidità, so solo che mi ritrovai invischiato in brutti affari. Tuo padre e mia sorella avevano iniziato da poco come semplici poliziotti, lei sentiva che c’era qualcosa che non andava e cercarono di riportarmi sulla giusta via, però io ero troppo testardo. La polizia non aveva fatto nulla per mio padre ed ero convinto che non potesse fare nulla nemmeno per me. Questa città è sempre stata un po’ alla mercé dei criminali, ma prima era diverso, tutto quello che faceva le grandi famiglie non poteva essere toccato.»
Naruto guardava il dolore dei ricordi scorrere sul viso dello zio. «Cosa gli è successo?»
«La stazione di polizia saltò in aria, volevano colpire Minato. A quel tempo era un detective e stava iniziando a fare troppe domande scomode in giro, così il capo della famiglia a cui sottostavo decise di eliminarlo.» Naruto fu sorpreso nel sentire con quanta confidenza usava quel gergo. «Perfino per gli altri quello fu un gesto esagerato, lui andò via dopo essere stato cacciato, è latitante da allora. Io non avevo nessun precedente così lasciai tutto, finii la scuola e entrati in polizia.»
«Per cercarlo?»
Nagato annuì. «Mi dispiace se ti ho trascinato in tutto questo. Mi dispiace se ti ho sballottato per metà paese ma...»
«Ma è qualcosa che dovevi fare.»
«Naruto...» gli mise una mano sulla spalla.
«Avresti dovuto dirmelo.» Si alzò con calma dirigendosi in camera sua. «Non mi piace quando mi tratti come un bambino.»
Chiuse la porta e si lasciò cadere sul letto fissando il soffitto. Dopo tutto, anche sapendo ogni cosa, non poteva fare nulla. Sentirsi così impotente era davvero fastidioso.
 
 
 
[1] No More Dream dei BTS tradotto in inglese.
   
 
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