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Autore: alessandras03    27/11/2016    2 recensioni
SEQUEL BISBETICA VIZIATA.
Dal Capitolo 1...
"In fondo è l’alba per tutti. E’ l’alba di un nuovo inizio. L’alba che porta con sé la notte, schiarendo il cielo, colei che reca luce e spensieratezza.
E’ questa la mia alba. Guardare avanti e capire che non bisogna fermarsi.
Come il tempo scorre, come la notte passa e arriva il giorno, così i cattivi pensieri svaniscono per dar spazio ad una pace interiore senza limiti. "
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 9


POV DYLAN

Sta dormendo al mio fianco, il suo respiro non si sente neanche. E’ aggrovigliata al lenzuolo, le sue gambe nude sono raggomitolate ed è posizionata di fianco, di fronte a me.
La osservo, sorreggendomi il capo con una mano. Non posso crederci che lei sia qui con me. Abbiamo trascorso la notte a parlare e coccolarci, nonostante entrambi avessimo il desiderio di spingerci oltre. Poi si è addormentata fra le mie braccia e per tutta la notte ho fissato il soffitto, incredulo della situazione. Gli occhi hanno ceduto alle quattro del mattino, ma ora alle otto in punto, sono di nuovo aperti e vispi contro di lei.
Amo guardarla, in qualsiasi momento della giornata, in qualsiasi movimento, in qualsiasi situazione lei si cimenti. La seguo con gli occhi perché anche loro sono gelosi.

La sua bocca si schiude lenta, respira profondamente, strizza gli occhi e si sistema a pancia in su. Non si è ancora accorta di me che la fisso, altrimenti darebbe di matto.
Sogghigno al pensiero. Così mi metto in piedi, indossando un pantaloncino, ma quando sto per uscire dalla casetta, un cuscino mi arriva addosso. Mi volto e la noto sorridere, ha ancora gli occhi chiusi.
«Dove vai bel culetto» mugugna stirando le braccia, poi raggomitola le gambe e si rimette su di un fianco. Apre gli occhi perfettamente e mi osserva.
Mi avvicino e salgo a cavalcioni sul letto. Acchiappo un cuscino e glielo lancio in viso. Lei si ripara ridendo.
«Non sai fare di meglio» commenta provocatoria.
Così la spingo giù dal letto, la sento lamentarsi, mentre la osservo dall’alto. E’ sdraiata sul pavimento.
 Salta nuovamente su e mi viene contro, spingendosi sopra di me. Poi si blocca e poggia il mento sul mio petto. Mi scruta.
«Stamattina mi guardavi, vero?» Arriccia il naso.
Poso le mani sul suo sedere mezzo scoperto dal perizoma che indossa e sorrido estasiato.
«Sì» annuisco.
Accenna una smorfia e sbuffa, «non dormirò mai più con te» annuncia.
«Con il perizoma» aggiungo di rimando, abbozzando un sorriso sghembo.
Mi becco uno schiaffetto, mentre lei si siede al mio fianco con il broncio, la riprendo e la rigetto a peso morto su di me. So che è imbarazzata.
Avvicino le mie labbra alle sue, per un caldo bacio, che diventa subito dopo passionale. Ci capovolgiamo ed io finisco su di lei, mentre le sue mani s’insinuano dentro il mio pantalone, all’altezza del sedere. Proprio mentre io sto scendendo a baciarle il collo, il seno e di seguito il ventre, qualcuno bussa accanitamente alla porta. Mi blocco sbuffando, mentre lei si copre con il lenzuolo, facendomi cenno di andare ad aprire.
Così di controvoglia obbedisco. Clay ed Ian spuntano davanti lanciandomi un gavettone. Rimango esterrefatto, con gli occhi sgranati ed un sorrisetto confusamente amaro.
Sento Grace ridere a crepapelle, mi volto e la osservo, si sta tenendo la pancia. Rido malignamente ed avanzo verso il letto.
Lei scuote il capo, «no Dylan ti schiaffeggio» minaccia corrucciata, ma sta ancora ridendo.
Le serro una caviglia, trascinandola più giù, mentre si dimena. Poi la metto su di una spalla a mo’ di sacco e mentre mi prende a pugni la schiena, io mi faccio spazio tra i miei amici, che avranno anche loro la dose ripagata, e la lancio in piscina.
Sbraita e mi insulta dall’acqua, com’è solita fare. Porto le mani sui fianchi ed osservo, invece, gli altri due.
«Dylan non potresti farci niente, siamo due contro uno… lei è una femmina indifesa» commenta Clay.
«E poi ci vuoi bene» aggiunge Ian. Nel frattempo Grace è uscita dall’acqua, mettendo in mostra il suo fisico. Ha la pancia piatta, il seno tirato su dal reggiseno di pizzo nero e il perizoma dello stesso colore. Ian e Clay rimangono, ai bordi della piscina, interrotti sul suo sedere per qualche istante, così ne approfitto per spingere anche loro dentro.
«Ci hai preso alla sprovvista» urla Ian.
«Riguarda il culo della mia ragazza» ringhio assottigliando lo sguardo ed incrociando le braccia al petto. Poi rivolgo gli occhi su Grace. «Sistemati» sospiro malizioso.
«No» s’impone lei, rivolgendo le chiappe verso i miei amici.
«Ehi amico, adesso non è colpa nostra» commenta Clay, alzando le mani in segno di resa.
Abbasso il capo e rido. Sarà la mia rovina, ma amo quando non obbedisce.
Così scattante l’acchiappo e le stringo le natiche con le mie mani, capaci di coprirglielo.
«Uh» mormora lei osservandomi negli occhi.
«Possiamo sempre guardare quello di tua sorella!» Esclama Ian nuotando. «Mi sa che ha scordato che sta in una casa piena di maschi» aggiunge.
Le mie mani rimangono fisse sul sedere di Grace, ma i miei occhi si incupiscono e divento nervosamente geloso in un batter d’occhio. Mi distanzio bruscamente e corrucciato avanzo dentro l’appartamento.
Mia sorella sta ondeggiando e canticchiando davanti i fornelli. Ha addosso uno short inguinale ed una canottierina aderente bianca. Incrocio le braccia al petto e schiarisco la voce. Lei si volta e mi sorride.
«Buongiorno» dice entusiasta, poi porta la tazza con il caffè alla bocca.
«Beth qua siamo ospiti, cortesemente quando giri per casa fallo con una tuta per andare sulla Luna» decreto, ma l’affermazione fa ridere Grace, che al mio fianco nasconde la bocca con una mano, mentre Ian e Clay hanno un sorrisetto malizioso stampato in viso. Odiosi.
Mia sorella boccheggia per qualche istante, posa poi la tazza sul tavolo e corre di sopra, imbarazzata. Grace, nel frattempo, acchiappa la tazza, osserva dentro e lo porta alle labbra. Sorseggia e poi strizza gli occhi, disgustata. Lo allontana e mi fissa.
«E’ corretto» deglutisce rumorosamente.
Scuoto il capo e glielo prendo dalle mani, inalo l’odore e mi distanzio. «E’ impazzita» commento.
«E allora? Che si fa? Mare?» Gabe fa la sua entrata  in pantaloncini da costume ed un cappello di paglia. Smorzo una risata.
«Mi vesto e andiamo» Ian scompare dalle scale, Clay lo segue in silenzio.
Così rimango solo con Grace. La osservo aprire il frigo, uscire una banana, sbucciarla e portarla alla bocca. Non è proprio sensuale nei suoi atteggiamenti, ma rimango piacevolmente incantato a fissarla. Mastica come una bimba, si guarda intorno, canticchia con suono gutturale e poi quando si accorge di me, alza gli occhi e sbuffa.
«Che hai da guardare?» Abbozza una smorfia.
Sogghigno, scuoto il capo, «nulla.» In realtà ancora non ci credo. Molti potrebbero prendermi per scemo, insomma, così preso da una come lei, così immerso in questa situazione. E’ vero. Sono diventato un po’ scemo.
«Vado a vestirmi» sculetta fuori schiacciandomi un occhio ed io la seguo fino alla casetta in piscina.

Mi getto sul letto, mentre lei si rifugia in bagno. Osservo il soffitto e quando all’improvviso sento vibrare un telefono dal comodino, mi volto e noto quello di Grace. Mi sporgo spontaneamente ed il mio occhio è repentinamente catturato da quel nome “Brian Turner”. Lo leggo senza sfiorare il cellulare.

Probabilmente avrai scelto lui. Se una piccola parte di te crede ancora in noi, se una piccola parte della tua mente mi pensa e crede di amarmi, ti scongiuro… torna da me.
Non riesco a garantirti che non farò il possibile per convincerti che Dylan non è la persona giusta… Perché non lo è Grace. Prima di lui avremmo fatto invidia a chiunque.


Socchiudo le palpebre, respiro affannatamente, serro la mascella e stringo i pugni. Massaggio la fronte e ringhio. Ritorno con la testa sul cuscino, affondando il viso. Inalo il suo profumo che riesce a calmarmi in pochi secondi.
In quel preciso istante esce dal bagno, con addosso un bikini rosso.
«Non ti vesti?» Domanda.
Mi volto per osservarla, sta legando i capelli con una mollettina, mentre il resto li lascia ricadere sulle spalle. Annuisco con suono gutturale e mi metto in piedi.
Acchiappo il suo iPhone e glielo porgo, «messaggio» dico con tono severo.
Lei inarca un sopracciglio, mi fissa corrucciata e poi osserva il display. E’ seria. Suppongo stia leggendo.
«E’ Brian» ammette schiarendo la voce. Si avvicina nuovamente al comodino e lo ripone lì.
Sospiro e lei avverte il clima di tensione.
«Dylan… va tutto bene» scrolla le spalle.
Abbozzo una smorfia con le labbra, «non avevo considerato di dover fare i conti con la presunzione di Brian» incrocio le braccia al petto ed assottiglio lo sguardo.
Lei prende un lungo respiro. «Ho avuto la possibilità di scegliere» abbassa gli occhi ed armeggia con uno short di jeans che tiene fra le mani. «Tu sei andato via dal campus ed io sono rimasta sola con Brian» deglutisce. A quel punto ritorna a guardarmi. «Non sarei andata via di lì… se anche una piccola parte di me avrebbe voluto restare» annuisce.
«Brian è arrivato prima di me, ti ha fatta ridere prima di me, è stato tutto prima di me… e questa cosa mi farà paura sempre Grace» ammetto sincero.
Avanza e le sue braccia mi si allacciano alla vita. Poggia il capo sul mio petto e sospira.
«Ma io adesso dove sono?» Chiede con voce flebile.
Accenno un risolino, «qui.» Decreto.


POV GRACE

Sono distesa sulla sabbiolina che mi si appiccica dappertutto. La ritrovo fra i capelli, sulle braccia, negli occhi. Dylan è appena uscito dall’acqua, mi metto su sorreggendomi dai gomiti, mentre lui strizza il pantaloncino del costume, scompiglia i capelli circondando i presenti di goccioline di acqua fastidiose e si getta sul telo, al mio fianco.
Mi sorride e sospira, «ho qualcosa che non va?» Probabilmente i miei occhi lo fissano straniti, ma sono ammaliata dal suo fascino e dal suo modo di rendersi così bello, anche solo sbattendo le ciglia.
Mordo il labbro inferiore, «sì» acchiappo un pugno di sabbia e già ridendo in partenza gliela scaravento in testa, infine spalmandogliela per tutto il viso.
Ha gli occhi strizzati, un sorrisetto beffardo e la tipica aria di chi presto combinerà una strage. Così, senza neanche pensarci, mi metto in piedi e lui mi segue a ruota. Corro sghignazzando verso l’alto, percorrendo un attraversamento in legno. Mi dirigo verso gli spogliatoi e le docce, apro una porta a caso ed entro. Cerco di tenere la maniglia, mentre sono al buio, ma quando dalle troppe risate cedo la presa, lui la spalanca e mi fissa famelico. Indietreggio scuotendo il capo, mentre lui, al contrario, avanza sorridendo malizioso.
«E dai, scherzavo» singhiozzo.
Lui annuisce. «Io no» afferra la maniglia e chiude la porta. Ritorna nuovamente il buio intorno a noi.
Quando la sua mano, però, mi sfiora il ventre e poi il suo respiro si insinua sul mio corpo, riesco a capire quanto sia poco distante da me.
«Stewart» mormora con voce rauca.
«Murphy» sussurro, poi gli sfioro il volto.
Il suo corpo si incolla al mio, mentre le sue mani mi serrano la vita.
Avvolgo le braccia intorno al suo collo e mi lascio andare in un caldo e passionale bacio. Le nostre lingue si cercano lente, poi veloci, poi di nuovo lente. Entrambi sappiamo che non sarà solo un semplice bacio. Credo di aver resistito già abbastanza.
Quando la pressione aumenta, i battiti accelerano e la fibrillazione cresce, le sue mani mi sciolgono il laccio del costume, il quale scivola lento a terra. Mi accarezza il collo con una mano, per poi scendere sul mio seno. Lo massaggia, mentre riprende il bacio interrotto. Alzo una gamba involontariamente contro il suo bacino e con una mano mi stringe una natica, poi accarezza la coscia. Scioglie i laccetti del bikini e rimango completamente nuda contro la salsedine del suo corpo. Allaccio le gambe alla sua vita, mentre lui abbassa il costume.
«Ti amo» e mentre lo dice mi penetra voglioso.
Gemo accanitamente, poi serro i denti e mi scappa un risolino. Le sue labbra si insinuano sul mio mento e mentre le spinte aumentano gradualmente, mi godo dei baci senza eguali. Ansima sulla mia bocca e respira affannatamente.
Raggiungiamo entrambi l’apice del piacere, lui cerca di trattenere un gemito, mentre io mi lascio andare, noncurante di nulla. Esce subito e le sue mani mi serrano il volto, spingendo le labbra contro le sue. Mi stampa un tenero bacio ed un altro ancora in fronte.
«Vestiti, non voglio che qualcuno ti veda.» Sentenzia severo.
Cerco di riprendere fiato, ma sono ugualmente sudaticcia, stanca, ma soddisfatta e serena.
Credo di non essere mai stata talmente felice, da sorridere come un ebete anche dopo esser uscita di lì. Finalmente rivediamo la luce del sole, ma alla nostra uscita trionfante, una coppia di anziani ci osserva curiosi.
«Siamo giovani» alzo le spalle e poi scoppio a ridere.
Mi sembra di notare lo sguardo malizioso del marito, che dà un’occhiata d’intesa alla moglie, ma quest’ultima declina clamorosamente l’invito fulminandolo.
«Mi dispiace» Dylan fa lo stupido, mentre io trascinandolo per mano, lo spingo giù di lì.
Le nostre dita s’intrecciano e saltellando a causa della sabbia cocente, ritorniamo a destinazione.
Beth abbassa gli occhiali per osservarci bene, «che bello fare l’amore» scrolla le spalle e ritorna a prendersi il sole.
Inutile dire quanto mi imbarazzi questa circostanza, insomma i suoi amici ci osservano con malizia, neanche avessimo partecipato ad un’orgia. Per non parlare di Alec.


«E quindi tu e mio fratello, finalmente…» fa Beth, mentre i ragazzi proseguono più avanti.
Camminare sotto il caldo non è mai stato il mio forte.
«Beth sono felice» sospiro ed indosso gli occhiali da sole.
«E se lo sei tu, lo sono anche io» mi prende per mano ed io la stringo, «trattamelo bene, perché non riuscirei a sorriderti ancora e stringerti la mano, se lo facessi soffrire» m’intima.
Beth tiene anche a me, quanto una sorella, ma Dylan non è solo suo fratello, è l’unica figura di riferimento maschile. Dylan è colui che sa ci sarà sempre ed l’unico uomo che sa non potrebbe mai farla stare male. Sono legati da un filo invisibile, ma così retto bene, che non riuscirebbe nessuno a sciogliere. Credo di essermi presa una grossa responsabilità.

Poco dopo i miei occhi sono catturati dall’attenzione di una ragazza che gironza intorno ai ragazzi, prende la parola e sorride soprattutto a Dylan. Corrugo la fronte e quando Beth getta un urlo di eccitazione, mi si blocca il respiro.
«Judy Treccine!» Le corre incontro e l’abbraccia.
Ha i capelli neri corvino, lunghi, stirati. E’ alta, le gambe chilometriche senza neanche un filo di cellulite ed un sorriso mozzafiato. Le opzioni sono due: mi avvicino da pantera, come solo io so fare e mostro gli artigli; cammino silenziosa, mi affianco a Dylan e la fisso come una tigre fissa la propria preda.
Così avanzo e mi tengo distante. Sembrano tutti troppo presi dalla nuova conoscenza, persino Beth.
« Judy stasera dobbiamo uscire!» Esclama quest’ultima.
Lei sorride annuendo, ma non riesce a distogliere gli occhi dal mio fidanzato. «Certo che sì. Non vedo l’ora di sapere quante ne avete combinate in questi anni» sogghigna.
Gabe si accorge del mio sguardo, mi osserva ed abbassa il capo ridacchiando.
Lo fulmino e serro la mascella. Mi faccio spazio tra Beth e Dylan, allungo il braccio e le porgo la mano.
«Piacere Grace» mostro un sorriso.
Lei sgrana gli occhi e tentenna un po’ prima di stringermi la mano.
«E’ una mia cara amica» Beth passa una mano intorno al mio collo e mi abbraccia.
«Io sono Judy» annuisce distaccata.
Assottiglio lo sguardo e sospiro.
«Facciamo che più tardi ti chiamo e ci incontriamo, che dici?» Dylan sembra entusiasta.
Mi distanzio e mi affianco a Gabe ed Ian, che stanno fumando una sigaretta.
Sfilo dalla borsa un pacco di Marlboro rosse e la porto fra le labbra. «Accendete?» Così fa Gabe.
Poco dopo ci raggiungono anche i due fratelli, che parlottano tra di loro.
Mi avvio da sola, rimanendo quasi da sola. Getto, appena finita, la cicca a terra, calpestandola.

«Grace! Ehi!» Dylan mi acchiappa dal braccio ed io mi volto furibonda.
Lo osservo, «dimmi» sbuffo.
Arriccia la fronte e mi fissa di sbieco. «Tutto bene?»
«Certamente» respiro profondamente e riprendo il mio passo veloce, lasciandolo poco più dietro.


Mi rifugio nella casetta in piscina, mi spoglio di tutto ed avvolgo il corpo intorno un’ asciugamano per poi fare una doccia bollente. Nonostante l’estate ed il caldo, io non riuscirei mai e poi mai a fare una doccia gelata. E così rimango mezz’ora sotto il getto d’acqua.
«Stai facendo la doccia?» Dylan entra in casa. «Ti raggiungo» ridacchia.
A quel punto strizzo i capelli ed esco dal bagno, con solo l’asciugamano addosso.
Cammino scalza e mi sdraio sul letto.
Lui mi segue in ogni mossa, sembra sbigottito. Si siede al mio fianco, con soli i pantaloncini del costume e mi accarezza una gamba.
«Parla» mi ordina.
Smanetto con il telefono, fingendo di mandare un messaggio, ma subito dopo la sua mano lo acchiappa e me lo strappa via dalle mani.
Sbuffo ed osservo il soffitto. «Me lo ridai?»
Scuote il capo e sogghigna, «sei gelosa» si massaggia il mento e mi scruta con malizia.
«Levati dal cazzo, lavati» gli indico la porta del bagno.
«E’ un’amica d’infanzia» lo dice ridendo. «Calmati» sussurra.
Sobbalzo dal letto e lo fisso dall’alto. «Premettiamo che non sono gelosa» muovo il capo ondeggiando. «Secondariamente, sono dovuta intervenire io per le presentazioni… e Beth. Non hai mosso un dito.» Sbotto nevrotica.
Lui alza gli occhi al cielo, «Grace sul serio, non ce n’è motivo» ritorna a guardarmi.
«Dylan vai a lavarti» scandisco ogni singola parola marcandola.
Così lui si mette in piedi e da cane bastonato obbedisce, mentre mi lancia nervosamente il telefono addosso. Lo fulmino sbuffando, mentre lui si chiude in bagno.

Sono gelosa? Gelosia. Che strana parola. Mi sembra non conoscerla neanche, ma poi ripenso a Brian e la sua ex. Era anche quella gelosia?
Diciamo semplicemente che odio chi sfiora anche solamente con il pensiero ciò che è mio.
Quella ragazza guardava Dylan come probabilmente lo faccio anche io e no. E’ esclusa questa cosa. Che storia è? Nessun’altra può, eccetto io.

Credo di dar di matto. Sì, forse dovrei semplicemente rilassarmi, evitare questa ragazza e vivere la mia storia serenamente.
Ma come faccio? Come faccio a togliermi dalla mente l’idea di volerle tirare ogni singolo capello, fino a farla diventare calva?


Dylan esce dal bagno in asciugamano. E’ serio. Apre un cassetto e sfila un paio di slip indossandoli. Ha il capo abbassato. Passa una mano fra i capelli e poi scuote il capo.
Riesce a farmi passare, per un nano secondo, il nervosismo, ma poi, quando i suoi occhi cupi si spostano sui miei, il cane randagio che c’è in me riesplode.
«Hai intenzione di guardarmi come una iena per il resto della giornata?» Sbotta agitando le mani.
Incrocio le braccia al petto e deglutisco. «Sì.»
Annuisce ed indossando il costume a pantaloncino, va via dalla casetta.
A quel punto balzo giù dal letto e corro di fuori, lui sta camminando lento poco più in là.
«Ricordati di chiamare Judy» sbraito a gran voce.
Non si volta, ma il suo braccio si alza insieme al dito medio.
«Vai al diavolo Dylan Murphy» aggiungo ringhiando.
A quel punto si volta e stringe i pugni. «Che problema hai? Eh?»
«Sei il più grande degli stronzi» dico fuori di me.
Lui corruga la fronte, «ti stai dimenticando il tuo amico Brian!»
Boccheggio qualche istante, «che cazzo c’entra adesso Brian?» Urlo come una forsennata.
«Ti sei mai chiesta perché con te si litiga sempre, porca puttana?» Sbotta.
Assottiglio gli occhi. «Perché sono circondata da rincoglioniti» decreto.
«No, perché sei una pazza isterica nevrotica rompicoglioni!» Sembra esplodere.
«Non farti vedere mai più» rientro in casetta sbattendo la porta. Mi poggio su di essa e prendo un lungo respiro.




POV DYLAN

Rimango di fronte la piscina per una manciata di secondi, poi una voce femminile mi coglie alla sprovvista. E’ mia sorella.
«Dylan… che diavolo è successo?» Chiede sconvolta.
Non fiato.
«Credo vi abbiano sentito persino nel vicinato» aggiunge. Noto subito dopo i ragazzi sull’uscio della porta, sono confusi.
«E’ tutto apposto!» Esclamo andando via. Rientro in casa e mi dirigo verso il frigo. Prendo una birra, stappandola e portandola subito dopo alle labbra.
«E’ per via di quella ragazza giusto?» Chiede Clay posizionandosi al mio fianco.
Sospiro e non rispondo.
«Amico, sono donne, sono indomabili, sono gelose.» Sogghigna tranquillo.
Lo guardo. «Sai quanto sono stato geloso io per quel tizio?» Mi bagno le labbra con la lingua. «Ho sempre incassato, sempre. E adesso lei per un’amica d’infanzia sta facendo un casino» aggrotto la fronte accigliato.
«Almeno così dimostra che ci tiene, prendila così» sospira lui, incrociando le braccia al petto.
«Le ho appena detto che è una pazza isterica nevrotica rompicoglioni» abbozzo una smorfia con le labbra.
Clay ride con gusto, «l’abbiamo sentito tutti» annuisce.
«Grace non mi vorrà parlare come minimo per l’eternità» prendo un lungo respiro. «E’ terribilmente orgogliosa.»
«E tu terribilmente testardo, quindi le farai cambiare idea Dylan» mi da una pacca sulla spalla. «Se perdi Grace, amico… sarò costretto a provarci poi.» ghigna ironico.
Gli do una spinta con la spalla e rido insieme a lui.
«Pensate che Grace uscirà mai da lì dentro?» Alec spunta alle nostre spalle corrucciato.
Clay alza le spalle, mentre io sbuffo nervoso. «E’ colpa mia» scocco la lingua sul palato, «devo trovare un modo per farmi perdonare.»
Alec porta una mano su mento, con fare pensieroso. «Diciamo che non è una ragazza semplice da stupire» arriccia, poi, il naso.
«E’ semplice, ma complicata.» Mormoro con voce rauca.
Non ha bisogno mai di grandi cose, ma è terribilmente difficile riuscire a stupirla ed automaticamente farmi perdonare. Non servono regali né fiori, non servono scritte su di un muro, lettere o bigliettini. A volte non bastano neanche le parole, perché lei sicuramente con la sua voce squillante ed a volte terrificante, sorpassa la mia, eliminando ogni mia singolo tentativo di farmi perdonare.
E’ Grace e già questo è complicato.
«Prova a bussarle alla porta, intanto» propone Alec.
«Probabilmente ti aprirà e subito dopo ti sbatterà qualcosa in faccia» annuisce Clay.
Lo fulmino, «ora so che quando vorrò sentirmi una merda, chiamerò te» abbozzo un sorriso falso.
Lui scrolla le spalle ed accenna una smorfia.
«Vai, però… promettimi che nel frattempo… nel passaggio fra questa casa e quella non farai caso al contorno» Alec si gratta il capo imbarazzato, mentre i miei neuroni vanno già in palla.
Prendo un lungo respiro, metto con forza la birra sul tavolo e mi dirigo fuori.
«Amen» sento il mormorio di Alec alle mie spalle.

Quando mi trovo anche io non molto distante dalla piscina, riesco a notare mia sorella sghignazzare in acqua assieme a Gabe. Lui l’affonda,lei risale ridendo e facendo lo stesso con lui. Che scenetta divertente! Poi, la blocca con entrambe le braccia e la distrae osservandola dritto negli occhi. Momento cruciale.
«GABE» sottolineo.
Lui si volta sgranando gli occhi e molla la presa, «amico, tutto okay?» Nuota fino a bordo piscina e si aggrappa. Mi abbasso al suo livello e lo fisso.
«Smettila di fare il gallo con mia sorella» dico a denti stretti.
«Stavamo solo giocando» risponde a voce alta.
Beth così mi osserva infastidita, fulmino Gabe con gli occhi e lo mando al diavolo sottovoce. Mi dirigo verso la casetta e busso alla porta.

«Grace apri per favore?»
Nessuna risposta.
«Grace ti prego.»
Ed ancora una volta il silenzio.
Tutti intanto scompaiono di lì, lasciandomi solo.
«Sono stato uno stronzo, mi dispiace. Non puoi evitarmi per sempre.» Poggio una mano sulla porta.
«Che devo fare? Devo rimanere tutta la notte qui?»
«Almeno esci, dammi uno schiaffo, un pugno, ma almeno esci di lì.»
«Lo sai che non pensavo sul serio quelle cose, lo sai» sbuffo.
La porta si apre all’improvviso, lasciandomi di stucco.
Lei è lì di fronte, con il telefono in mano.
«Che stavi facendo?» Assottiglio gli occhi curioso.
«Nulla» risponde fredda. «Ho risposto al messaggio di Brian» schiarisce la voce e porta lo sguardo altrove.
Ed ecco che tutta la voglia che avevo di farmi perdonare, si trasforma in folle rabbia.
Serro la mascella e stringo i pugni. Così senza pensarci due volte le strappo il telefono dalle mani, scorro tra i messaggi e leggo ciò che le ha mandato.

Tu credi che io sia una pazza isterica nevrotica rompicoglioni?

La sua risposta non tarda ad arrivare, proprio nell’istante in cui ho il cellulare fra le mani.
Lei prova a riprenderlo, ma io mi volto dandole le spalle.

Credo che Dylan non ti conosca abbastanza per giudicarti.

Ho il respiro affannato, gli occhi vetrati e una rabbia cieca. Rispondo al posto suo.

Perché? Tu cosa diresti di me?

«Dylan per favore ridammi il telefono» dice lei parandosi di fronte a me.
Alzo gli occhi per incontrare i suoi. «Adesso stai zitta» ordino con voce tremante.
Ed ecco un nuovo messaggio.

Direi che sei un’arrogante, testarda, cazzuta, presuntuosa, egoista bisbetica viziata, ma poi ti direi che ti amo proprio per questo e se non fossi così, probabilmente saresti semplicemente una delle tante.

Detto ciò le lancio il telefono, «sentiti meglio, perché il tuo grande amore ha qualcosa di bello da dirti. Sei una stronza Grace e questo tuo lato di te non cambierà mai.» Sentenzio. «Se basta una sfuriata per farti finire di nuovo fra le sue braccia, allora scompari dalla mia vita, perché mi hai proprio rotto il cazzo.» Dico infine sfinito.
Lei socchiude le palpebre e non guarda il telefono, mentre io entro in casa per riprendermi la mia roba. Poi riesco, trovandola ancora lì davanti immobile.
Non so più se Grace sia la ragazza giusta per me. Il problema è che non decidiamo chi amare, non decidiamo noi quale sia la scelta giusta, perché le cose ti travolgono senza preavviso e senza spiegazioni. 


 
  
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