Un metro
e quaranta di guai!
Oggi è mercoledì. E il
mercoledì è un giorno da scoglionamento. Perché sei a metà, a metà esatta della
settimana, troppo lontano dall’inizio e ancor più lontano dalla fine. Sei in
balia della matematica e della frustrazione del professore che non scopa, e che
brama il weekend per sdrumare la moglie.
Mentre i miei molari
seviziano la matita come un riflesso, il prof. Stanford spiega le somme
vettoriali e mi scappa uno sbadiglio sonoramente colossale.
“Thucker, la matematica ti affligge?”domanda
sarcastico.
“…pff! Fosse solo quella
sarei a cavallo…il vero problema è l’impotenza di chi me la insegna.”
“Thucker, in presidenza.”
“Visto che è impotente? Se
non lo fosse stato, non se la sarebbe presa così tanto e ci avrebbe riso su.”
Nel frattempo, tutti
scoppiano a ridere. La situazione si fa
critica per il buono Stanford, che mi prende per il braccio e, tirandomi con
una forza insospettabile, mi sbatte fuori.
Lo guardo dal vetro della
porta, gesticolando contro questo grandissimo pezzo di idiota.
Alla fine, invece che andare
in presidenza, me ne vado direttamente
nell’aula delle punizioni, a tamburellare con le dita sul display del
cellulare.
Tanto per vedere, apro
l’applicazione di MSN, e trovo in linea sia Daphne che Weed.
Joshua-Weed ragazzi alle
8:40 al bagno per chi vuole dell’orange.
Sorrido sotto i baffi e
guardo l’ora: 8:38. Meno male che manca poco. Solo che non so come metterla con
i soldi…insomma, il Dio denaro è nel Dio portafoglio, e il Dio portafoglio è
prigioniero del prof. Stanford.
Che dramma interiore. Beh,
io provo ad andare, tutt’al più me ne ritorno nell’aula delle punizioni.
“Ciao Weed.” Lo saluto.
Oggi Joshua ha una sciarpa
grigia e rossa al collo, l’uniforme della scuola ben sistemata, i pantaloni con
la piega. È davvero raffinato, penso tra me, elegante anche con questa divisa
monotona, che gli sta benissimo, a differenza di come sta a tutti gli altri. I
ragazzi sembrano o piccoli lord anni ’20, oppure i Ramones nel video di “Rock
‘n Roll High School”. Ma lui no. Lui, col suo silenzio intelligente, ricorda
uno studente di Cambridge.
“Ciao, Toxicdoll. Sei venuta
alla fine, eh?”
“Si…l’alternativa era andare
in presidenza, quindi puoi renderti conto. Però c’è un problema: io non ho i
soldi qui con me, il portafoglio sta in classe…lo Stanford mi ha sbattuta fuori
a pedate.” Lo guardo dal basso, sperando in un’indulgenza.
“Come mai ha fatto sbroccare
lo Stanford?” chiede lui, invece.
“Gli ho detto che non è la
matematica il mio problema, ma la sua frustrazione da impotenza.” Faccio
spallucce.
Weed si lascia andare in una
risata di gusto, alla quale finisco per partecipare anche io, riconoscendo di
aver esagerato.
Dal fondo del corridoio si
dirige verso di noi una ragazzina con i capelli biondo varechina a passo di
carica.
“Ciao Josh! Andiamo, non
perdiamo tempo.- mi guarda dal basso all’alto – Ciao. Ginger. Non fare
domande.”
Mi tende una manina piccola,
le unghie mordicchiate rivelano la remota presenza di uno smalto arancione.
Entrati nel bagno, la suddetta
Ginger si siede a gambe incrociate, come un minuscolo Buddha, sulla mensola,
spalancando la finestra dietro di lei. Porgendomi un biglietto dell’autobus, mi
intima: “Te fa’ il filtro!”. Io, obbediente, quasi intimorita dall’angelica
faccetta piena di piercing della tipa, mi metto ad arrotolare un pezzo di
cartoncino strappato dal biglietto intero.
Nel frattempo Weed tira
fuori dalla tasca l’orange ed una cartina lunga, che dà a Ginger.
Lei prepara il tutto con
naturalezza e maestria, completando l’opera col mio filtro ed una lunga leccata
alla parte adesiva della cartina, atto che rivela la presenza di un allegro
piercing alla lingua, una sbarretta con due palline di plastica rossa e
brillantini.
Il Bic di Weed accende
l’opera d’arte.
Non parliamo.
Ci guardiamo in attesa di
qualcosa, di una nuvola che ci porti via e ci salvi da questa gabbia di
paperini perfettini, eppure non succede.
Ci guardiamo, e ridiamo
sottovoce, per non destare l’attenzione delle bidelle o di qualche professore.
“Speriamo che quello stronzo
di educazione fisica non ci becchi.” Mormora Ginger.
“Perché, sentiamo, da quanto
ti importa di quello che dice lui?” domanda sarcastico Joshua.
“Da quando, porco il clero,
mi ha fatto sette multe in quindici giorni. Io non è che c’ho gli alberi da 200
euro in giardino.” Lo fulmina con lo sguardo da sotto un boccolo biondo.
“Tua madre sarà contenta!”
butto lì io.
“Mia madre non è in grado di
intendere e di volere, è proprio
l’ultimo problema scucirle i soldi di tasca. Io sto qui dentro perché
l’avvocato di mia madre ha preteso che mio padre scucisse un botto di soldi al
mese per gli alimenti. Per mia madre non fa differenza se vado a un cazzo di
liceo privato o faccio la battona.” Storce la bocca, succhiando internamente il
piercing al labbro superiore.
“Per me sì!” ridacchia Weed.
Ginger gli tira un colpo in testa con una forza strepitosa.
“Scusami, non volevo. Io
sono Shelly, l’amica di Daphne.” Mi presento sorridendole.
Improvvisamente, cambia
espressione: gli occhi elettrici si sbarrano e un sorrisone esaltato le allarga
gli angoli della bocca.
“La Toxicdoll? Sei proprio
tu?”
“Sì.” Tiro una calda boccata
di fumo ed espiro sentendomi come un grande capo indiano.
“Senti, siccome voglio
unirmi a voi, vediamoci tutte e tre oggi pomeriggio, Daphne mi ha detto che c’è
una specie di rito di iniziazione ma che è tutto segretissimo – si porta
l’indice davanti alla bocca e sgrana gli occhi ad indicare circospezione –
Comunque, ci vediamo a ricreazione nel nostro nascondiglio. Sai dov’è? Non importa,
ti aspettiamo fuori dalla tua classe e andiamo insieme. Oddio, dobbiamo parlare
di troppe cose, sono eccitatissima! Che bello!” Si lascia sfuggire un gridolino
emozionato e stringe i pugni sotto il mento, goduriosa, emettendo pigolii
caramellati.
“Vedremo.” Mantengo il tono
da capo indiano, adorno da una magnifica poker face.
Dopo due, lunghissime ore di
letteratura suona la campanella della ricreazione.
Oggi che Mia non c’è mi sto
accorgendo di quanto mi manchi la sua presenza.
Perché Mia è come un
biscotto a colazione.
Intanto, ha lo stesso
identico profumo di vaniglia, latte e miele.
Ha i capelli color biscotto.
Dorati, a metà esatta tra il castano chiaro e il biondo, belli e genuini. Come
un biscotto.
E poi è insostituibile.
Uno può tollerare una,
massimo due colazioni senza biscotti.
Il cornetto può attirarti
per il gusto della novità.
Ma alla fine torni sempre al
biscotto.
Il biscotto è un emblema:
vuol dire calore materno, latte schiumoso, la piacevole sensazione del pancino
caldo, e soprattutto coccole e bacetti.
Il biscotto è l’emblema
della tenerezza. Sillogisticamente, Mia è come un biscotto.
Ergo, Mia è l’emblema della
tenerezza.
Mia è puccipucci.
Mi piace sentirla puccipucciare
con me, mi piace farle pensare che io la trovi noiosa mentre non è affatto
così, mi piace andare da lei tutti i giovedì pomeriggio e chiacchierare.
Mi piace guardarmi allo
specchio, cercando nell’armadio qualcosa di decente da mettere per presentarmi
a casa sua senza far venire un infarto ai suoi genitori.
Mi piace che i nostri
incontri inizino e finiscano con due baci sulle guance che sanno di amicizia puccipucciosa.
All’uscita dalla classe,
trovo Daphne e Ginger ad aspettarmi, una con l’uniforme perfettamente indossata
ed i capelli raccolti in uno chignon e due orecchini di perle, l’altra con il
suo improbabile taglio di capelli anni ’80 –copiato da Madonna spudoratamente-,
la camicia aperta con sotto una canottiera giallo fluorescente e un paio di
leggins leopardata sotto la gonna. Magnum ai piedi e un tubo di gomma
trasparente come collana.
“Andiamo. Se racconti a
qualcuno di questo posto puoi dire addio a noi e ai tuoi arti inferiori.”
Minaccia la piccoletta.
“Scusa, ma Theresa è un po’
brusca…” si giustifica Daphne.
“Theresa? Credevo ti
chiamassi Ginger!” i miei occhi fanno avanti e indietro tra le due.
“Beh, diciamo che il nome
per intero sarebbe Theresa Cassidy. Di cognome, Bell. Capisci bene che Ginger è
più pratico e sbrigativo.”spiega la bionda.
“Uhm…e non sei passata per i
vari Tessy, Terry, ecc.?” chiedo io.
“Ginger è il soprannome che
mi aveva dato mia mamma. È quello che preferisco.”
Scendiamo le scale, nel
groviglio di corridoi, ed arriviamo sul retro della scuola, in un’area incolta.
Arrivate davanti ad un recinto di metallo, dipinto di verde, Daphne è la prima
ad arrampicarsi e a lasciarsi cadere dall’altro lato. Poi è il turno di Ginger, che si tira su con le
mani nervose e prensili, come una scimmietta, e che si butta giù con un
muggito.
L’ultima sono io.
Avanti, per prima cosa
bisogna che mi faccia forza con le braccia.
A gambe larghe, infilando le
dita tra i fili di metallo, mi sollevo ed incastro i piedi nei fori. A questo
punto mi spingo con le gambe e tutto sembra più facile.
Con un ultimo sospiro ed una
bella spinta arrivo in cima. Guardo in basso. Devo chiudere gli occhi e
saltare. Mi metto in massima raccolta sulla cima della recinzione e mi slancio
in massima estensione.
Come per gli esercizi di atletica.
Sento l’aria sollevarmi la
gonna e il maglione, stringo gli occhi per prepararmi all’impatto.
Come per gli esercizi di atletica, Shelly.
Punto i piedi, ed appena la
pianta sfiora il suolo fletto le ginocchia e allungo le braccia davanti al
volto, tornando in massima raccolta.
Tocco l’erba con le mani, ed
apro gli occhi. Ce l’ho fatta. Non mi sono fracassata nulla.
Mi alzo con nonchalanche e
sorrido a quelli che mi stanno davanti.
Weed, Daphne, Ginger e due tizi, uno mingherlino con degli
occhialoni neri e uno grande e grosso che mi squadra.
“Benvenuta fra noi, Shelly.
Questo è l’angolo dei derelitti, l’unico posto dove c’è spazio anche per noi al
mondo.” Dice Ginger.
“Benvenuti a voi nel mio
mondo – ribatto io – dove non c’è bisogno di rifugiarsi per trovare spazio per
noi. Nonostante sembriate tanto organizzati, mi sa che dovrò proprio insegnarvi
a vivere.”
“Perché, secondo te come
siamo andati avanti finora?” domanda acida la bionda.
“Nascondendovi. E a te deve
riuscire bene, vista la tua statura, eh? Io non voglio stare con gente che ha
bisogno di rifugiarsi per farsi rispettare. Io voglio che voi usciate allo
scoperto e che facciate vedere ai paperini perfettini che non siete voi a dover
temere il loro giudizio. Sono loro che devono temere il nostro. E lo devono
temere come la peste. Perché non so voi, ma dei miei nemici non ne è mai
rimasto granché che ricordasse un essere umano.”
Li osservo, compiaciuta, con
un sorriso gustoso.
“Allora, siete dei miei? Chi
vota per me?” cinque braccia si alzano, incluso quello di Ginger, che ora mi
guarda entusiasta.
“Sapevo che non eri solo un
metro e quaranta di guai.” Le dico, con sguardo d’intesa.
“Sapevo che non eri solo una
dei nostri. Sei più in alto, devo ammetterlo. Almeno, posso imparare da te.”
Ci studiamo prima di
stringerci la mano e sorriderci l’un
l’altra.
“Affare fatto.”
.:Spazio
Cos:.
Con
questo nuovo capitolo si entra nel vivo della storia.
Shelly è
arrivata, ha fatto una solida base di amicizie ed ora comincia la sua ascesa.
Spero che
le sue peripezie con i professori vi possano divertire e che i personaggi nuovi
vi piacciano.
In questo
capitolo avete conosciuto Ginger.
Che non è
solo un metro e quaranta di guai, ma è molto di più.
Lo
scoprirete nella sua scheda.
E ora, al
mio solito, ecco i ringraziamenti:
Talpina
Pensierosa: cara, spero che vorrai curare con me il personaggio di Weed
e che Ginger ti piaccia ugualmente…lei è la donna dei suoi sogni :P Un bacio, a
presto!!!
Black
Lolita: grazie dei complimenti. Grazie di essere entrata in
contatto con me. Spero di poterti parlare di nuovo presto e di avere tuoi
commenti riguardo al nuovo capitolo.
“ti
voglio bene”-“non ho paura del tempo.”