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Autore: Luxanne A Blackheart    27/11/2016    2 recensioni
Costantinopoli, 1518, Sublime Stato Ottomano.
Ibrahim Pargali Pascià, il Gran Visir, giunge a Palazzo Topkapi con un regalo speciale per il suo sultano. Si tratta di Roxelana, una schiava dai lunghi capelli rossi e la pelle bianca come il latte. Roxelana è stata venduta ad Ibrahim in cambio di soldi. Verrà condotta nell'harem di concubine di Süleyman il Magnifico. Nonostante l'amore incondizionato e puro che il suo padrone le dimostra, la rossa non si sente a casa, poiché non vuole essere una semplice schiava del piacere. Ella non vuole essere la favorita del sultano, vuole la libertà. Il suo animo ribelle e combattivo non si fermerà davanti a nulla pur di raggiungere il suo scopo: il potere. Non si fermerà neanche davanti all'omicidio e alla morte. A tutto ciò si aggiunge l'odio viscerale e l'amore proibito che le accecano la vista, emozioni che non sono destinate a Süleyman . Sentimenti contrastanti che la faranno impazzire.
Cosa rimarrà della schiava dai capelli rossi quando il destino chiederà il conto?
STORIA IN REVISIONE.
Genere: Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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Roxelana aprì gli occhi, girandosi dall'altra parte del letto, lì dove avrebbe dovuto esserci Ibrahim. Di lui, tuttavia, non c'era traccia; era rimasta solamente la parte del letto fredda, sfatta e che odorava di lui.
La rossa sospirò, portandosi le mani sul viso, disperata. Scene della notte precedente si ripetevano in sequenza nella sua mente.
Sentiva la sua presenza ovunque; le sue la braccia che la baciavano, la mordevano, sospiravano; le sue mani callose ma delicate che le accarezzavano la pelle e i capelli teneramente. Sentiva il calore del suo corpo, la consistenza della schiena fra le sue mani, i muscoli delle braccia, l'odore della sua pelle, la sensazione delle loro pelli a contatto l'una con l'altra. Le sembrava ancora di udire il suo nome sussurrato a fior di labbra tra un bacio e l'altro.
Sentiva e ricordava tutto e non era chiaramente un buon segno.
L'aveva fatta impazzire: aveva toccato il bollente paradiso con un dito un attimo prima e quello dopo stava bruciando tra le fiamme ghiacciate dell'inferno. Si era completamente sbriciolata fra le sue braccia.
L'aveva amata per una sola notte. Ibrahim l'aveva amata con passione e tenerezza, lo aveva fatto più di Selim in tutti quei mesi. Si era sentita libera come un aquila che spicca il volo nell'immenso cielo blu e guarda tutti dall'alto. Regina di tutto e tutti.
-Che cosa abbiamo fatto, Ibrahim? Non avevamo abbastanza problemi prima di tutto questo? Perché abbiamo fatto questo a Selim? -
I sensi di colpa la invasero. Pensava a Selim, al suo unico amore, a colui che aveva tradito con il suo migliore amico, con colui che reputava un fratello. Lei, la donna che doveva amarlo più di chiunque altro. Perché aveva agito in quel modo? Non lo ricordava.
Qualcosa nel suo cervello era scattato; era stata presa da questo strano istinto, si sentiva bruciare,per Ibrahim Pascià, per l'uomo che l'aveva strappata dalle sue origini, da sua madre, dalla sua fredda ed amata Russia.
Lo aveva guardato all'improvviso, lui con i suoi occhi verdi, con la sua bellezza maledetta e le mani grandi e callose, lui che l'aveva fatta sentire amata, ma non con quel genere d'amore che le dava Selim, dolce, sincero, platonico, perfetto ed incondizionato. No, quello che sapeva dare Ibrahim era distruttivo, passionale, omicida, fuoco puro che scorre e brucia via ogni emozione. Animale.
Lo aveva guardato prima di afferrarlo e baciarlo violentemente, in modo disperato, come un naufrago alla ricerca disperata della terra ferma. Si era persa in lui come in nessun altro e le loro azioni, per quella notte, non importavano.
Quello che era accaduto la notte precedente, era qualcosa, qualsiasi cosa fosse stata, che si portavano dietro dalla prima volta in cui si erano incontrati.
Doveva accadere, ma adesso perché continuava a pensarci? Perché ne voleva di più? Perché invece di andare da Selim e riscattarsi, se ne stava nel letto a poltrire?
Doveva indossare la vestaglia prima dell'arrivo delle serve, non dovevano vederla in quelle condizioni, avrebbero potuto dire qualcosa a Selim e certamente non poteva permetterselo.
Si alzò dal letto, scostando le lenzuola bianche e ciò che vide le gelò il sangue.
Sangue, c'era del sangue che macchiava le sue coperte e non era né quello di Gulbahar, né quello di Ibrahim. Era suo.
-Il mio bambino... - Roxelana si portò le mani sul ventre pallido e piatto, terrorizzata. - Guardie! Guardie! -
Le chiamò a gran voce, mentre si metteva addosso una vestaglia. Due uomini armati entrarono nella stanza, sbattendo violentemente la porta.
-Avete chiamato, mia signora? - Una delle guardie la guardò, preoccupata.
-Chiamate un Guaritore ed il sultano, presto! - La voce della ragazza tremava, così come il resto del suo corpo.
Le guardie annuirono, uscendo di corsa dalla camera e correndo a chiamare i due uomini.
Roxelana si sedette, deglutendo. Una lacrima le scese lungo la guancia e lei si affrettò nell'asciugarla. Alzò gli occhi al cielo, sospirando. Allah la stava punendo per il suo adulterio? Perché proprio al suo bambino? Aveva meno di un mese di esistenza, era troppo piccolo e puro per pagare le sue colpe.
Selim entrò all'improvviso nella camera, anche lui si era appena svegliato, ne erano testimoni i suoi lunghi capelli disordinati e il fatto che indossasse ancora la vestaglia.
Roxelana appena lo vide gli gettò le braccia al collo, abbracciandolo strettamente.
-Che cosa è successo, amore mio? Mia stella, parla, perché piangi? - Selim le accarezzava i capelli, mentre scrutava il letto macchiato di rosso.
-Il nostro bambino... Temo gli sia successo qualcosa. Mi sono svegliata e il mio letto era tutto insanguinato. - Selim sbiancò, irrigidendosi.
-S-Sei sicura che sia il tuo sangue? - Il sultano, non sapendo cosa dire, parlò a sproposito. Era la prima cosa che gli passò per la mente. Roxelana scosse la testa, agitata e strillando: - Ma che cosa dici! Chi altri potrebbe entrare nel mio letto?! -
Selim sospirò, non sapendo cosa replicare. Per fortuna il vecchio Guaritore dalla schiena curva entrò nella camera e Selim poté spiegargli la situazione.
- Mio sultano, dovrò visitare Hurrem Sultan, per questo vi chiedo di uscire e aspettare nel corridoio. -
- Va bene, certo. - In quell'esatto istante giunse Ibrahim, vestito, rinfrescato e bellissimo.
- Fratello, che cosa succede? Ho sentito Ro... Hurrem strillare per tutto il castello. - Ibrahim aggrottò le sopracciglia, schiarendosi la voce.
- Nel suo letto c'era del sangue, abbiamo paura che possa essere successo qualcosa al bambino. -
- Ma... è terribile. Che cosa posso fare? Vado a chiamare le levatrici? -
- Non ci sono. C'è il Guaritore con lei, la sta visitando. - Selim sospirò, passandosi una mano sul viso. Era visibilmente stressato. - Avremo mai un giorno tranquillo e senza problemi? Vorrei tornare adolescente. -
- Io l'ho sempre detto che dovevi diventare tutto tranne che il sultano, Selim. Hai trent'anni e ne dimostri sessanta. Tagliati quella barba che neanche il tuo defunto padre, Allah abbia misericordia della sua anima, sembrava così vecchio! - Il Gran Visir cercò di ironizzare, per distrarlo.
- La mia? Dovresti vedere la tua, piuttosto. Somigli ogni giorno sempre più a quei vecchi visir che dici di odiare tanto! -
- Traditore! Selim, sei un traditore! Come hai potuto dirmi una cosa del genere? Tu che sei come un fratello per me! Ti sfido a carte e ruberò tutto ciò che hai questa sera. -
-Beh, vedremo, mio caro Visir. Stai perdendo colpi. -
Ibrahim ridacchiò, mollandogli un pugno giocoso sulla spalla, mentre Selim cercava di abbracciarlo.
-Sei insopportabile, ma ti voglio bene lo stesso, fratello. -
-Lo prendo come un complimento. Ma come mai così amorevole oggi? Non dicevi di amarmi da quando a otto anni hai rotto il vaso che mia madre mi aveva regalato. Che cosa hai fatto? - Selim sorrise, ripensando al mini Ibrahim che cercava di nascondere le macerie sotto il tappeto persiano di camera sua.
-Assolutamente niente. - Ibrahim sorrise, anche se sembrava impallidito. Selim non ebbe il tempo di contraddirlo, poiché le porte della camera vennero aperte e i due uomini entrarono.
Roxelana era distesa sul letto in lacrime, guardava il soffitto mentre i singhiozzi la scuotevano tutta.
-Hurrem, che cosa è successo, amore mio? - Selim le corse incontro, inginocchiandosi accanto alla donna che amava e baciandole la fronte fredda con dolcezza.
-Non voglio dirtelo, Selim, mi odieresti. - Roxelana si girò, dandogli le spalle, le mani messe sotto l'orecchio e le ginocchia piegate in posizione fetale. Sussultò quando incontrò lo sguardo di Ibrahim che stava conversando a bassa voce con il Guaritore.
-Come puoi dirmi una cosa del genere, Hurrem? Sai che non potrei mai odiarti. Su, avanti, dimmi... Come state, tu e il bambino? -
Roxelana non rispose per parecchi minuti, continuando a piangere sia per la disperazioni che per la rabbia, mentre Selim le accarezzava dolcemente i capelli rossi.
La rossa balzò all'improvviso a sedere con la vestaglia bianca che le era scivolata sulla spalla, rivelando l'epidermide pallida e la pelle bianca del seno.
-Non c'è nessun bambino, Selim! Non c'è mai stato nessun bambino... Quello che ho avuto è semplicemente stato un semplice ritardo del mio... Beh, hai capito. -Le guance della ragazza si colorarono di rosso, mentre Selim la guardava con gli occhi spalancati senza proferire parola.
-Oh... -L'imperatore deglutì, riprendendosi dallo shock. - E' stato solo un ritardo, bene. -
-Come, Selim! Abbiamo parlato ad una pancia vuota per un mese. Mi sento così ridicola! Mi vorrei barricare in questa stanza e non uscirvi mai più. Che vergogna! - Roxelana sprofondò nel letto, portandosi le mani sul viso. Ibrahim alzò lo sguardo al cielo, dopo che il Guaritore si congedò e mentre Selim sorrideva.
-Beh, Hurrem, è comprensibile questo vostro errore. Infondo avete solo diciassette anni e siete ancora molto ingenua su molti fronti, è un errore dovuto alla vostra tenera età. - Intervenne Ibrahim, che non voleva fare un ulteriore passo avanti, restando immobile all'entrata. Roxelana sussultò, guardandolo arrabbiata.
Ci mancava solo lui a farla sentire peggio di quanto già non si sentisse!
-Andatevene. Non voglio vedervi, provo già abbastanza vergogna senza che voi ridiate di me! - Urlò la rossa, accrescendo l'ilarità del visir, che ficcandosi le mani in tasca, disse: - Me ne stavo giusto andando, Hurrem. -
E senza aggiungere altro si congedò, salutando con un cenno le serve che erano appena giunte. Mancò poco che una di loro svenisse per l'emozione.
-Lo odio. - Borbottò, gettando le braccia al collo di Selim, che ricambiò subito il suo abbraccio con un bacio. - Come ti senti, a proposito? L'unica cosa che dovrei fare per te, non mi riesce neanche bene! -
-Non dire così, mio amore. Non ti amo solo perché sei una potenziale macchina sputa marmocchi. Ti amo per l'amore che mi dai, per il tuo sorriso, per la tua dolcezza. Ti amo e ti amerò per l'eternità perché sei il sole che rischiare le mie giornate e la stella che mi guida. Non so cosa farei senza di te, Hurrem, mio bel peperino dai capelli rossi. - Selim le asciugò le lacrime con il pollice, baciandole il naso giocosamente. Adesso sì che la rossa si sentiva tremendamente in colpa per ciò che aveva fatto. Aveva tradito un uomo talmente meraviglioso, per cosa? Per una persona odiosa, fredda e senza sentimenti che la odiava. -Ringrazio Allah per averti mandato da me. -
-Oh, Selim! - Roxelana lo baciò dolcemente e teneramente, perdendosi in tutta quella stabilità, sentimenti positivi e dolcezza che lui le donava.
-E' proprio questo il motivo per cui tu devi diventare mia moglie. Non semplicemente la mia Favorita, una delle mie concubine o la madre dei miei figli, ma mia moglie, la mia sultana, la donna che amerò fino alla morte. E' ora che tutti lo capiscano. -
-Non starai dicendo sul serio, Selim... - La rossa spalancò gli occhi, non sapendo cosa dire. - Non è illegale? Non staremo mica andando contro le leggi? -
-E chi se ne importa delle leggi? Sono io il sultano, io decido. Per te andrei anche all'inferno. - Selim sorrise, accarezzandole i capelli rossi. - Di qualcosa, non mi guardare così! -
-Ma certo! Oh, Selim, mi hai fatta la persona più felice del mondo! -
-Sono nato per servirti, mia stella. -
I due futuri sovrani si baciarono ancora con mezzi sorrisi a fior di labbra. Felici.


*** ***


Il palazzo era completamente impazzito. Servitori, concubine, reali e visir discutevano solo di una cosa: il matrimonio tra Hurrem e Selim.
Mai era accaduto qualcosa di simile prima di quel momento. Nessun sultano aveva mai preso in moglie una ex schiava, una concubina.
Era chiaro che coloro che rimanevano incinte del sultano, assumevano automaticamente un ruolo di spicco all'interno della gerarchia sociale del castello, bastava guardare Gulbahar, ma nessuna era arrivata a quanto aveva fatto Hurrem.
Gli imperatori come Selim si sposavano con belle e soprattutto ricche principesse o figlie di nobili dal sangue turco e portamento regale, non con straniere di dubbia provenienza, non con schiave dai capelli rossi e le mani rovinate dal lavoro.
-Oh Allah, Hurrem, non riesco a crederci! - Hatice le corse incontro, abbracciandola. Iksander qualche metro più dietro dalle donne, che ammirava una particolare rosa bianca dalle striature rosse. Si trovavano in giardino, dove Selim si era ufficialmente inginocchiato e le aveva messo al dito un anello di rubino rosso, piccolo, elegante e scintillante. La voce si era sparsa velocemente per il castello e la Valide Sultana, minacciosa nel suo abito nero, era corsa da suo figlio, accompagnata da qualche vecchio visir, e lo avevano praticamente rapito sotto il suo sguardo. Così Hurrem era rimasta da sola a godersi la bella giornata soleggiata. - Voi e mio fratello eravate come una coppia sposata, ma fra il pensarlo e il farlo veramente c'è di mezzo una eternità! -
-Lo so, Hatice Sultan, non riesco a crederci. Sono felicissima! - Hurrem sorrise, guardando l'anello di rubino che incorniciava il suo anulare. - Sarà il giorno più bello di tutta la mia vita. -
Hatice le sorrise dolcemente, battendo le mani entusiasta. Roxelana si voltò verso Iksander, notando il modo in cui aveva sorriso quando aveva visto Hatice farlo.
-E voi piuttosto? Vedo che Iksander è molto preso da voi. Oserei dire cotto a puntino. - Hatice arrossì, guardando alle sue spalle e notando che colui che avrebbe dovuto sposare, stava conversando con Ibrahim.
-Non dite così, Hurrem! Mi mettete in imbarazzo. - La rossa ridacchiò, cercando di ignorare la sensazione di disagio che lo sguardo del Gran Visir le stava provocando. Perché la seguiva dovunque andasse o era solo una sua impressione? Non voleva vederlo, perché vederlo significava ripensare a quello che avevano fatto e ripensare a ciò, la faceva sentire in modo strano.
Quando i due uomini le raggiunsero, Hatice e Hurrem sembravano evidentemente a disagio.
-Hatice Sultan, Hurrem Sultan. - Borbottò Ibrahim, guardando le due donne. Non sapeva su chi posare lo sguardo, considerato che aveva rapporti abbastanza fragili con entrambe. Con Hatice ormai non si parlava quasi mai e con Roxelana... Beh, con lei era sempre tutto incerto.
-Buongiorno, Ibrahim. - Disse Hatice, guardandolo per qualche secondo per poi voltarsi verso Iksander e prendendolo sottobraccio. - Noi non avevamo quella commissione da fare in biblioteca? -
-Quale? -
-Dovevate farmi vedere quel libro particolare di cui mi avete tanto parlato... -
-Oh, sì, me ne sono dimenticato. - Iksander annuì, ridacchiando imbarazzato. Non sembrava per niente convinto. - Comunque mi congratulo con voi, Hurrem Sultan. -
-Vi ringrazio, Iksander Pascià, siete sempre molto gentile. - La rossa sorrise ad entrambi, vedendoli svoltare l'angolo ed entrare nel castello.
Gli uccelli presero a cinguettare, mentre Ibrahim e la futura sultana si guardavano in silenzio. Lei, seduta su una delle panchine in pietra, e lui, in piedi e con le mani ficcate nelle tasche bianche dell'elegante e costoso completo di alta sartoria. Il turbante nero che indossava non riusciva a celare tutti i capelli scuri e mossi.
-Dovete dirmi qualcosa? - Chiese Roxelana, distogliendo lo sguardo da quello suo per osservare le dita delle mani.
-Vorreste anche i miei complimenti? - Domandò con ironia Ibrahim e assumendo la sua solita espressione fredda.
-Posso anche vivere senza... Ma se non siete venuto per complimentarvi, per cosa siete venuto, allora? - Tutti i servitori li stavano osservando, comprese le guardie, in attesa di una loro litigata. Infatti era strano vederli conversare pacificamente.
-Non qui. Dobbiamo parlare, perciò vieni nelle mie stanze questo pomeriggio. -


*** ***


Non sapeva perché lo stesse facendo, non sapeva perché gli aveva dato retta, né dove aveva trovato la forza fisica e mentale per dirigersi nelle sue stanze.
Si sentiva osservata in un corridoio vuoto; le sembrava che qualcuno la seguisse, udiva la voce di Selim alle sue spalle.
In che guaio era capitata?
Bussò una volta prima di entrare e vi trovò il Gran Visir, seduto sul suo enorme letto a baldacchino, mentre leggeva una lettera. Roxelana si appoggiò alla porta, cercando un sostegno solido a cui aggrapparsi. Sentiva le gambe instabili, incapaci a reggere il suo peso, e un senso di disagio misto ad ansia. Perché la faceva sentire sempre così male?
Ibrahim poggiò la lettera sul letto, sorridendo e avvicinandosi verso la ragazza, che si teneva a distanza di sicurezza.
-Perché sorridi? -
-Fiammetta ha partorito. Si trovavano sulle coste della Grecia quando è successo, mio nipote ha origini greche, proprio come noi prima di lui. - Un enorme sorriso gli dipinse il volto, addolcendolo e facendogli illuminare gli occhi.
-Quindi è vero? Sei stato anche tu uno schiavo, Ibrahim. - Sussurrò la rossa, avendo paura di dire qualsiasi altra cosa per rimandare l'argomento di cui dovevano discutere.
-Abbiamo un sacco di cose in comune, per quanto mi dispiaccia, Roxelana. - Ibrahim ritornò serio, schiarendosi la voce. Non sapeva come cominciare, cosa dirle, era palese. - Sei venuta, dunque. Pensavo non lo avresti fatto. -
-Già, anche io, ma eccomi qua adesso. - Roxelana scrollò le spalle, passandosi la punta della lingua sul labbro superiore. - E immagino che riguardi ciò che è successo fra di noi. Non serve che tu dica niente, faremo finta di niente, un ennesimo segreto taciuto a Selim, perché noi lo amiamo e abbiamo sbagliato. E non serve ferire lui e il suo cuore grande per un errore.-
-Esattamente, ma adesso non ha più importanza. - Ibrahim sospirò, passandosi una mano fra i capelli. - Adesso che sei qui, davanti a me e mi guardi con quegli occhi verdi, tutto quello che dovevo dirti, tutto quello che avevo pensato di dirti, non ha più importanza. Niente, e dico niente, ha senso adesso che sei qui. Ma comunque abbiamo bisogno di alcuni chiarimenti. -
-Che cosa vuoi dire? - Roxelana pensò di svenire, quando Ibrahim le si avvicinò, posandole una mano sulla pelle candida del viso. Il suo cuore avrebbe potuto esplodere.
-Perché mi hai baciato? -
-Io? Sei stato tu a farlo per primo! -
-Ma tu hai voluto andare oltre! - Ibrahim ridacchiò, quando Roxelana arrossì non per l'imbarazzo, ma per la rabbia. L'uomo si sentiva un po' brillo, aveva ecceduto con il vino. Non rispondeva più delle sue azioni. - Se mi odi così tanto perché lo hai fatto? Per una vittoria personale? -
-Non lo so, era qualcosa che sentivo di fare. In quel momento non riuscivo a rispondere delle mie azioni. E tu, Ibrahim, tu perché lo hai fatto? - La ragazza tirò la giaccia dell'uomo, strattonandola malamente verso di lei. Ibrahim sorrise, cingendole la vita con le braccia calde e forti. Si guardavano negli occhi e sentivano la stessa cosa che la notte precedente li aveva spinti a cambiare le regole del gioco e rovesciare il tavolo.
-Non lo so, quando sono con te le mie azioni sembrano agire fuori dal mio controllo. Quando ti guardo c'è qualcosa che si accende dentro di me. Dalla prima volta in cui ti ho vista, c'è stato qualche in te che mi ha catturato, perciò ti ho scelto. Saranno stati i tuoi capelli o il modo in cui i tuoi occhi mi guardano, questo non lo so. C'è qualcosa in te che ti rende indimenticabile. - Ibrahim sorrise, spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. - E dopo ciò che è successo questa notte, mi hai fatto completamente impazzire. Non riesco a non guardarti e non avere il desiderio di baciarti o di farti ben altro. -
Ibrahim, vedendo che non reagiva e continuava a guardarlo come se volesse mangiarselo, poggiò la fronte contro la sua.
-Che cosa vuoi da me? - Roxelana lo strinse maggiormente fra le sue braccia, beandosi dell'odore afrodisiaco della sua pelle, della sensazione del suo calore e della sua pelle contro la sua, il timbro caldo e sensuale della sua voce.
Che potere orribile aveva su di lei?
-Te. -
-E non pensi alle conseguenze? Se dovessero scoprirti, se Selim ci vedesse o solo sospettasse di noi, ci farebbe uccidere. Siamo le persone che più ama. -
-Ho passato una vita intera a diventare ciò che sono, a controllare i miei sentimenti e diventare il freddo uomo che sono ora. Ho passato una vita intera a preoccuparmi dei miei carnefici, perché sono stati proprio loro ad uccidere la mia famiglia e a separarmi da essa e ho persino amato due di loro. Ma adesso basta, voglio pensare a me stesso. Il Dio dell'universo sa, se ho bisogno di te. -
-Ibrahim, non posso negare di non provare le stesse... sensazioni che senti tu, perché sarebbe da incoerenti. Ma non possiamo, dobbiamo pensare al nostro futuro. Non puoi chiedermi una cosa del genere. -
-Lasciati andare, Roxelana, lasciati andare a me. Mi prenderò cura di te. - Ibrahim sorrise, abbassandosi per baciarla.
-Ti prego, non lo fare. - Sospirò Roxelana, non riuscendo a dirgli di no. Era ammaliante, era un serpente.
Ed ecco che tutto ciò che aveva provato la notte precedente riemersero. Brividi, desiderio, passione, aggressività.
Le mani di Ibrahim che la modellavano come creta, che strisciavano sotto il suo vestito, strappandolo con forza e lasciandola mezza nuda sotto il suo sguardo. Le sue di mani che facevano lo stesso, facendo saltare i bottoni della giacca e tutte le onorificenze su di essa.
Sentiva la consistenza della sua barba, il suo respiro accelerato, la sua bocca che la sfiorava, la sua pelle d'oca. Tutto e quelle forti sensazioni la stavano facendo impazzire. Tant'è che dimenticò tutto, non riuscendosi più a controllare, lo baciò di nuovo, e di nuovo e di nuovo, annullandosi, dimenticando chi fossero loro, di tutto e tutti.
Avrebbe potuto fuggire lontano con lui, essere felice, più di quanto avrebbe potuto esserlo con Selim. Ah, se l'avesse sempre trattata così! Dolce tormento infernale era quello, impazziva sotto il suo controllo.
Che relazione malata si era venuta a creare fra di loro? Si erano completamente intossicati.
-No, aspetta, basta! - Roxelana lo spinse via con forza, staccandoselo di dosso. Si portò una mano sul petto, sul cuore, un gesto inconscio per farlo fermare. Il suo vestito verde era stropicciato e strappato.
-Che c'è? -
-Non puoi fare così! Mi farai impazzire, Ibrahim. Quando ti ho al mio fianco non riesco a pensare lucidamente. -
-Perché tu non mi confondi? Non hai idea dell'effetto che mi fai, non so mai cosa fare con te, come comportarmi! -
-Dovremmo stare lontani per il nostro bene! Ma ogni volta che cerchiamo di farlo o litighiamo o finiamo in questo stato. Non è sano tutto ciò, finiremo per impazzire! -
-Come pensi di starmi lontana se viviamo sotto lo stesso tetto e Selim diventerà tuo marito! -Ibrahim sospirò, scompigliandosi i capelli e cercando di riabbottonarsi la giaccia con gesti veloci e nervosi.
-Non mi importa. Questa è la mia decisione, non devi guardarmi, non devi parlarmi, fai finta che io non esista e io farò lo stesso con te. Io amo Selim, la nostra è solo attrazione che si appianerà nel momento in cui staremo lontani. - Roxelana lo guardò, deglutendo. Ibrahim aveva stampata la sua solita espressione glaciale e la guardava con la mascella serrata. - Sai che questa è la decisione migliore. -
-Molto bene allora. Hurrem Sultan, vi prego di uscire dalla mia stanza, non vorrei che mia moglie vi trovi qui. -
Ibrahim aprì la porta, ritornando a rileggere la lettera che il fratello gli aveva mandato.
-Ibrahim... - A Roxelana tremò la voce, vedendolo così. Non era quello che desiderava? Che cosa voleva adesso da lui? - Grazie, sei un bravo amico. -
Ma lui non la degnò di uno sguardo. Le lacrime le scesero lungo le guance e in poco tempo cominciò a singhiozzare silenziosamente. Perché era così debole? Doveva essere il giorno più felice della sua vita e si era trasformato in uno dei più brutti.
Selim era l'uomo che amava e che avrebbe sposato, doveva metterselo bene in testa. Aveva quasi ucciso una persona per lui.
Lui, solo lui, era l'amore della sua vita. 
   
 
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