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Autore: Leila 95    28/11/2016    4 recensioni
Ho voluto raccontare ancora il viaggio di Han Solo e della Principessa Leia verso Bespin, stavolta però attraverso gli occhi del Capitano.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chewbacca, Han Solo, Principessa Leia Organa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dal diario di bordo del Capitano Solo'
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Dal diario di bordo del capitano Solo – Data stellare ABY 3:10:03
Decimo giorno di viaggio verso Bespin.
Un piccolo campo di asteroidi – non segnalato sulle carte di bordo – ha rallentato il nostro viaggio. I danni rilevati allo scafo e ai deflettori non sono gravi.

 
Sono passati quattro giorni da quando io e Leia abbiamo passato a notte insieme. L’episodio non è stato commentato, né è stato ripetuto. E a me va bene così.
Se ho dormito nella sua cabina e stato perché me lo ha chiesto lei. Non voglio forzarla in niente che lei non voglia almeno quanto lo voglia io.
È ovvio che io la desideri, che voglia portarmela a letto. Sono un uomo con dei bisogni e sarei stupido a negarlo. Lei, poi, è una tentazione troppo forte.
Credevo che la promiscuità mi avrebbe reso più disinibito, più spavaldo. E invece mi sento solo più insicuro e titubante.
Forse non è il caso che continui a torturarmi così, ne va della mia salute fisica e mentale. Tutto quello che devo fare e ignorarla, come lei fa con me.
Per auto-conservarmi, se non altro.
 
“Cosa preferisci mangiare stasera?” urlo dalla cucina.
Leia è qui fuori, seduta al tavolo da gioco, con gli occhi fissi sul datapad.
Sono io che mi occupo della cucina sul Falcon. Anche se il viaggio si preannuncia ancora abbastanza lungo, per fortuna abbiamo scorte alimentari più che abbondanti: le dispense contengono un po’ di tutto, il che ci permette anche di variare. Dopotutto sono un contrabbandiere e questo significa avere accesso a canali non proprio legali per ottenere carni pregiare e spezie illegali in molti sistemi.
La Principessa, tuttavia, non sembra apprezzare troppo la vasta scelta di pietanze che sono in grado di offrirle, né la mia cucina – che a detta di molti e più che discreta. Per lei ogni cosa è indifferente, tutte le alternative che le propongo non sembrano allettarla neanche un po’ e non scatenano alcuna reazione da parte sua. Come se non le importasse nulla, se la cosa non la riguardasse.
Anche adesso, per esempio.
Solleva appena lo sguardo dal datapad che ha in mano per fissarmi, inarcando un sopracciglio.
“Non ho preferenze, lo sai” mi dice “Quello che vuoi tu.”
Stavolta ho deciso che devo andare in fondo alla cosa e scoprire il perché di questo suo atteggiamento così menefreghista. “Si può sapere che ti prende? Perché non vuoi decidere mai niente?”
“Sei tu il Capitano qui” risponde semplicemente. “La nave è tua. Devi decidere tu.”
Ho capito. Si sente a disagio. “Leia, lo sai che il Falcon è anche casa tua. Non devi sentirti un’ospite. Quante volte devo ripetertelo? Il viaggio è ancora lungo, riuscirai ad ambientarti…prima o poi?”
Sospira. “Non lo so, Han. Ci sto provando, ma è…difficile.”
Le sorrido e tendo una mano verso di lei, a mo’ di invito. “Vieni qui e dimmi cosa vuoi.”
Avverto un attimo di smarrimento nei suoi occhi, tuttavia si alza e mi viene incontro nella cucina.
Mi sfiora le labbra con la punta dell’indice. “Vorrei che tu mi baciassi.”
Non era esattamente il tipo di richiesta che mi aspettavo, ma non posso fare a meno di esserne felice. Sta finalmente abbassando le sue difese glaciali? Si è aperto uno spiraglio, e devo vedere fin dove posso spingermi.
La bacio a fior di labbra. “Così?” chiedo – non senza una punta di sarcasmo.
Stavolta non pare accorgersene. I suoi occhioni sono spalancati e fissi nei miei. “Ancora” sussurra.
Le prendo il volto fra le mani e la bacio di nuovo, ubriacandomi del suo sapore. Per qualche istante la galassia intera si riduce solo a noi due – alle nostre labbra che si assaporano, alle nostre lingue che si incontrano per la prima volta.
Ancora.
La sua voce mi rimbomba nella testa come un mantra, e mi impedisce di fermarmi. Per non parlare poi della mia capacità razionale, che è praticamente ridotta a zero.
Quando ci stacchiamo, col fiato corto e rossi in viso entrambi, la guardo intensamente negli occhi. Le mie mani sono ancora sulle sue guance, mentre le sue mi accarezzano dolcemente i capelli.
Cerco di recuperare la mia spavalderia e di abbozzare un sorriso impudente, ma mi risulta molto difficile.
“Sei soddisfatta adesso, Principessa?” le chiedo con tono di sfida.
Se possibile avvampa ancora di più. “Un’altra cosa, Capitano.”
“Quello che vuoi bambola.”
“Vorrei che la smettessi di prenderti gioco di me in continuazione” ammette frustrata. “Non ce la faccio più a sentirmi sempre sotto lo schiaffo delle tue prese in giro. Come pretendi che posa fidarmi di te se non perdi occasione per deridermi?”
È evidente che si sente sotto pressione, e che non riesce più a reggere questo stress. Meglio che caliamo la maschera, entrambi.
Mi applico nella espressione più innocente che riesco a fare. “D’accordo. Cercherò di fare il bravo. Lo prometto.”
Alle mie parole sembra rilassarsi un po’, anche se resta ancora visibilmente turbata. A questo punto, decido di sfruttare la fortuna – che stasera sembra essere dalla mia parte – e la bacio di nuovo, causando un suo involontario sospiro. Le sue braccia mi attirano più vicino e sento quasi le campane del paradiso che iniziano a suonare, quando il ruggito infuriato di uno Wookie mi tira coi piedi per terra.
[Volete smetterla voi due?] ulula dall’esterno della cucina. [Sembrate due mynock in piena stagioni dell’amore!]
Mi allontano a fatica da Leia e mi giro verso la porta. “Che diavolo vuoi, Chewie?!” grido stizzito.
[Inizia a sentirsi puzza di bruciato, amico. Vuoi mandare all’aria l’intera cena?]
In effetti ha ragione. La conversazione con Leia mi ha distratto abbastanza e, anche se io non sento ancora odore di bruciato, dell’olfatto di un Wookie ci si può ciecamente fidare.
Torno a rivolgere la mia attenzione alla Principessa, che intanto sta ridacchiando sotto i baffi, vagamente imbarazzata.
“Che cosa ha detto?” mi chiede.
“Lascia stare.”
Si volta e fa per andarsene, ma la trattengo per un braccio e la costringo a voltarsi di nuovo verso di me.
“Continueremo questa chiacchierata più tardi, Altezza.”
   
 
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