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Autore: Seryka    29/11/2016    1 recensioni
< Quindi le persone possono innamorarsi come Cenerentola e il principe azzurro? >
< Beh... può succedere >
< Anche a te e papà è successo? >
< Cosa intendi amore? >
< Tu eri triste prima di conoscere papà, quindi è stato lui a farti tornare felice. Non è vero? >
< Mhh... Diciamo di sì. È stato anche merito suo >
< E come è andata? >
< Oh, è una storia veramente lunga tesoro. Un giorno te la racconterò, promesso >
< Raccontamela ora! >
< Non è il caso amore mio. Ti assicuro che da grande avrai tutto il tempo per farmi ogni domanda che vuoi. E capirai le cose molto, molto meglio >
< Ma io voglio saperla adesso mamma, ti prego! >
***
Il tortuoso viaggio nei ricordi di una giovane donna, che ripercorre gli eventi che l'hanno portata ad essere ciò che è oggi: l'orgogliosa madre di una stupenda creatura.
Ma il percorso è stato lungo è complicato, e la sua bambina, non immagina neanche lontanamente, in che modo suo padre sia entrato nella vita della sua mamma.
Non sa quali emozioni hanno provato, e quante esperienze hanno condiviso i suoi genitori.
E, molto probabilmente, a quel tempo, non lo immaginavano neanche loro due...
***
[Storia originale, dell'autrice: The Black Pearl. Pubblicata nella sezione: SHINee; Ispirata alla serie televisiva: How I Met Your Mother]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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I Remember

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" I don’t know why I still remember,
All our memories that were like a living hell.
I’ll remember our past. You were playing around with me.

Thanks to you, everything’s changed for me.
The side of me that used to be able to laugh, doesen't exist anymore. "


( I Remember - B.A.P )

 
 
 
Ricordo tutto di quei giorni. Ogni secondo. Ogni pensiero. Ogni emozione.
Ma la cosa che più mi infastidisce, è che ricordo ogni particolare di quel giorno.
Ricordo come ero vestita. Ricordo che mi ero cambiata il piercing proprio quella mattina. Ricordo che la lezione di educazione fisica era stata particolarmente noiosa.
Mi ricordo che l'autobus non arrivava mai e, durante il tragitto, dalla fermata verso il mio alloggio, avevo visto due labrador con ilcollare e ben muniti di targhetta, che girovagavano senza meta e senza padrone.
Conoscendomi, devo aver pure pensato, di dover aiutare quei due cagnolini spersi. Senza minimamente immaginare che, di lì a pochi minuti, sarei stata io quella a sentirsi persa.
La cosa peggiore è che, a quanto pare, non dimenticherò questi inutili dettagli mai più. Rimarranno impressi nella mia mente fino al giorno in cui lascerò questo mondo.
Chi sa cosa c'era, nella sua mente, un istante prima che lasciasse questo mondo...
Chi sa cosa stavo facendo io, in quel momento esatto. Ignara del fatto che la mia vita stava cambiando per sempre
 
<< Ha chiamato tua sorella diverse volte, Maya, dice che hai il telefono spento. Sembrava urgente >>
 
La voce di Adam, il mio vecchio coinquilino, che mi annunciava la cosa. Si, ricordo anche quella.
Ogni sfumatura e ogni piccolo cambiamento di tono. Neanche lui poteva sapere quanto, realmente, urgente fosse.
Quella semplice frase mi risuona in testa all'impazzata, ogni volta che mi soffermo a ripensarci.
Ma questo non è niente in confronto a quello che successe dopo.
Ancora oggi mi chiedo come mia sorella sia riuscita a mantenere un tono neutrale, durante la chiamata.
Ce n'erano venti perse - tutte sue -, quando riaccesi il cellulare.
 
<< Sto venendo a prenderti, fatti trovare nel parcheggio >>
 
Non stava piangendo, ne urlando, ne ansimando. Semplicemente, non mi aveva lasciato intendere niente. Zero emozioni, e la ringrazio ancora per averlo fatto. Per avermi concesso quegli ultimi dieci minuti di pace.
Non ebbi neppure il coraggio di replicare. Non una domanda, non un “che accidenti è successo?”. Niente.
Chi sa se il mio subconscio avesse già intuito qualcosa, e stesse cercando di preservare la mia stabilità emotiva, rimandando l'inevitabile, al più tardi possibile. Poco probabile.
Fatto sta che, dopo aver chiuso la conversazione, rimisi il telefono in tasca, andai a posare la cartella sul mio letto, e uscii per raggiungere il parcheggio. Il tutto con una calma estrema.
E quando la Toyota grigia metallizzata di mia sorella, si fermò proprio davanti a me, l'inevitabile non pote più essere rimandato.
 
Avevo sempre trovato patetiche le scenette dei film, nelle quali annunciano la scomparsa di un parente senza MAI terminare la frase. Ma solo adesso - a quel tempo, ancora non lo realizzai -, mi rendo conto di quanto siano veritiere.
Perché una figlia non può annunciare una cosa del genere senza scoppiare in lacrime a metà frase.
E anche se riconosco che quei pochi secondi, sono e saranno sempre i peggiori della mia vita, non posso biasimare mia sorella per non essere riuscita a concludere la frase:
 
<< Papà è... >
 
Morto, dissero per lei, le lacrime uscendo violentemente dai suoi occhi.
Devo essere sincera; non lo avevo capito subito.
Dopo aver aperto la portiera, l'avevo subito guardata in faccia, aspettando una spiegazione.
Lei aveva la stessa espressione che mi ero immaginata qualche minuto prima al telefono. Impassibile.
Niente occhi rossi, quindi non aveva pianto durante il viaggio. Probabilmente il suo cervello era ancora nella fase della negazione, e si è resa realmente conto, di ciò che era successo, solo nel momento in cui ha dovuto annunciarmelo.
E ricordo bene che, la parte più ottimista di me, prima di sentir pronunciare quelle parole, sperava con tutta se stessa che fosse qualcosa di meno grave.
 
Papà è in ospedale,
Il gatto è stato investito,
Siamo in banca rotta,
 
Tutto. In quel momento, avrei preferito tutto... ma non quello.
Non avrei voluto che, il ventidue maggio del duemiladodici, diventasse il giorno più brutto della mia vita. Ma è così che è andata, e niente potrà mai cancellarlo...
 
Inutile dire che i giorni seguenti furono strazianti. Nessuna condoglianza, o nessun abbraccio, dei mille che ricevetti, furono capaci di rimarginare quell'enorme ferita.
Rotta. Ero ufficialmente rotta. Un pezzo del mio cuore, è morto insieme a lui quel giorno, e per quanto impegno io possa metterci, non lo rianimerò mai.
E iniziai lentamente ad etichettarmi quel marchio sulla fronte. Orfana.
La mia parte razionale, in fondo in fondo, sapeva - o per lo meno, sperava - che non sarei stata triste per sempre. La depressione si può combattere, la tristezza può affievolire.
Non sarei stata per tutta la vita la ragazzina a cui è appena morto il padre, ma sarei stata, per sempre, orfana.
Un orfana di sedici anni. E questo non potrà mai cancellarlo nessuno psicologo.
 
Al funerale non avrei neanche voluto partecipare.
Non volevo onorare la sua morte. Perché mai avrei dovuto? Cosa c'è di bello nello stare, per due ore, circondata da persone che sono lì solo per dovere morale? Che vengono a stringerti la mano, augurandoti di essere forte. E tu vorresti solo tirar loro uno schiaffo, sputandogli in faccia, che non devi essere forte per nessuno. Devi, anzi, hai il diritto, piangere, sfogarti e mostrare a tutti le tue debolezze.
Sei tu l'orfana. Gli altri dovranno essere forti per te. È così che dovrebbe andare.
Ma la verità è ben diversa...
 
La verità è che le persone hanno i loro impegni, e la loro vita - meno tragica della tua- a cui tornare.
Non possono cederti la loro spalla per sempre.
Vieni qua, che ti consolo per cinque minuti, però dopo sono cavoli tuoi eh! Che io devo andare...
 
Il paradosso è che non versai neanche una lacrima, ne in chiesa, ne al cimitero, quando lo calarono sotto terra, sigillandolo in eterno. Ero troppo occupata a pensare a come proseguire il resto della mia vita... senza trovare uno straccio di risposta.
Al contrario di mia sorella, che si lasciò completamente andare, svuotando i condotti lacrimali, ma riuscì a ricomporre - o quanto meno a raccogliere - i pezzi della sua neo-vita da orfana, praticamente subito dopo.
 
Dovevano essere passati quattro, o cinque giorni, e non potevamo più fare finta di niente.
Ero una ragazzina minorenne, senza genitori. E per quanto mi sentissi un bagaglio inutile, che nessuno vuole tenere in mano, legalmente parlando, doveva essere fatto qualcosa.
Sinceramente, in quel momento, neanche la prospettiva di essere sbattuta in un orfanotrofio riuscii a smuovermi dal mio stato catatonico.
E me ne restai immobile per ore, su quella poltrona a casa dei miei nonni, mentre Mia continuava a discutere con i genitori, e i fratelli del nostro defunto padre - che sembravano averci preso momentaneamente sotto la loro ala protettiva -.
 
<< Per questa estate la sistemiamo sul divano, e a settembre, tornerà a stare negli alloggi della suola no? Sarebbe legalmente affidata a noi, senza vivere a casa nostra... >>
<< No, nonna. Si è fatta ritirare ieri. Non vuole più andarci >>
<< Vuole cambiare scuola? >>
<< Non vuole più studiare. Non vuole affatto iniziare il prossimo anno >>
<< Oh santo cielo! Ma ha solo sedici anni, e non è diplomata! Non puoi permetterglielo... >>
<< Si che posso, dopo i sedici anni si è liberi di scegliere la propria carriera scolastica. Non faccio io le leggi... >>
<< Mia non vorrai davvero lasciar perdere così, giusto? Devi fare qualcosa, è tua sorella, perché non le parli e...
<< PERCHÈ NON SONO SUA MADRE, OKAY? Io non lo so che cazzo fare, nonna. Ne io, ne lei abbiamo chiesto questa situazione! >>
 
Rimasi di sasso, esattamente come mia nonna.
Persino nel mio stato di semi-coscienza, quella frase riuscii a scuotermi. Non per le parole, ma per la disperazione che si celava dietro.
Oh, certo, avevo visto mia sorella piangere; per un compito andato male, per un colloquio di lavoro non superato, per un fidanzamento fallito.
Ma un rotto, e disperato pianto, pieno di rabbia, era sicuramente la prima volta che lo vedevo.
 
La situazione era chiara a tutti: mi volevano abbastanza bene da non volermi lasciar marcire in un qualche istituto, ma nessuno se la sentiva di accorparsi la responsabilità di un adolescente emotivamente instabile.
Il fatto che negli ultimi due anni, avessi frequentato, e alloggiato in un liceo munito di appartamenti studenteschi, sembrava una buona scappatoia per tutti i parenti.
La prendo io, ma tanto vivrà là, giusto?
Ma la crisi era sopraggiunta quando avevo annunciato il mio ritiro.
Se non sei uno studente, non puoi usufruire degli alloggi...
Come presi quella decisione? Di getto. Senza pensarci.
Il solo pensiero di dover affrontare, di lì a tre mesi, un intero anno scolastico, e poi un altro ancora, mi sembrava inconcepibile.
Ero andata da sola, a scuola. La mattina presto, quando tutti pensavano che ancora dormissi.
Non perché fossi preoccupata delle loro reazioni o degli eventuali tentativi di fermarmi. Semplicemente volevo farlo, subito e alla svelta.
Avevo pure trovato un buon compromesso con la mia coscienza: mi sarei ritirata, solo finché non avessi capito, esattamente quale piega far prendere alla mia vita.
Se tornerò ad essere la Maya di prima, e capirò quale Maya voglio diventare, mi rimetterò immediatamente sui banchi.
Non me lo ero ripetuto parecchio, ma era comunque diventato un mantra. Una legge non scritta, e che non avrei infranto.
 
La segretaria mi aveva, inizialmente, guardato senza battere ciglio. Poi deve aver fatto due più due...
Le voci di corridoio, sulla studentessa a cui era appena morto il padre, non si erano ancora placate, perciò deve esserci arrivata dopo aver visto il mio sguardo spento, sotto il cappuccio della felpa che indossavo.
Dopo aver firmato, mi voltai senza salutare o guardare nessuno. Nel corridoio, qualche studente mi riconobbe.
Vidi, con la coda dell'occhio, le dita di alcuni, puntate verso di me, mentre i bisbiglii mi giungevano flebili alle orecchie...
 
<< È lei... >>
<< È morto una settimana fa... >>
<< Mia madre c'era al funerale... >>
 
Uscire definitivamente dalla porta di quell'istituto, fu un sollievo indescrivibile.
E io ricordo tutto. Ricordo ogni singolo istante. Ricordo perfettamente la sera del sei giugno duemilaotto.
Sarebbe stato il mio ultimo giorno di scuola - del secondo anno -, se solo ci fossi andata.
Ero nel quindicesimo giorno della mia nuova vita, dato che, ormai, avevo iniziato a scandire il tempo in base al “prima che morisse” e il “dopo che è morto”.
Stavo lentamente iniziando a uscire dalla mia bolla di disperazione, ma a ritmi impercettibili. Parlavo ancora pochissimo, ma avevo smesso di passare diciotto ore su una sedia, e sei su un divano.
Quella sera, Mia mi stava giusto accompagnando a dormire - non ero mai completamente da sola, c'era sempre qualcuno con me - dopo aver mangiato un gelato, insieme, sulla veranda del giardino dei nostri nonni.
Mi ero stesa sulla soffice superficie di quel sofà, che sarebbe stato il mio letto fino a che la mia famiglia non avesse deciso cosa farne di me.
Mi coprii fino alla bocca aspettando il consueto bacio sulla fronte da mia sorella, ma invece lei si piegò sulle ginocchia, fino a poggiarle a terra. Posò i gomiti sul materasso, afferrò e strinse forte la mia mano nelle sue, e mi rivolse uno sguardo che non dimenticherò mai.
 
<< Tu non rimarrai sola, Maya. Okay? Io ci sarò sempre >>
 
Deglutii la mia saliva a fatica, perché sentivo un nodo in gola profondissimo.
Per la prima volta, in quindici giorni, provai qualcosa di diverso dalla disperazione.
Un misto di emozioni che mi colpirono tutte insieme, portandomi sull'orlo di una valanga di lacrime - che, non so come, trattenni -.
In quella frazione di secondo, sentii il nostro rapporto, consolidarsi come una roccia. Capii che poteva diventare indistruttibile.
Non riuscii ancora a provare, neanche un briciolo di felicità, - era troppo presto -, ma di commozione si. Avrei voluto afferrarla, stringerla tra le mie braccia e dirle quanta ammirazione stessi provando per lei, e quanta forza mi stesse trasmettendo. Mi pento ancora, di non averlo fatto...
Ma pochi istanti dopo, provai anche un pressante senso di colpa.
Sapevo che lei non avrebbe permesso a se stessa di crogiolarsi nella depressione troppo a lungo. Lei non era come me; una sedicenne incasinata.
Lei era una talentuosa e sicura ventiquattrenne. Con un lavoro, un futuro, e un allettante prospettiva di carriera, e che stava seguendo dall'altra parte del mondo.
Aveva sempre avuto dei progetti, e si trovava in quello splendido momento della vita, in cui ti ci butti a capofitto, sperando di non cadere, ma di riuscire a costruire qualcosa. E, cavolo, si era data da fare. Senza mai lamentarsi o guardarsi indietro. E dio solo sa quanto la invidiavo per la sua determinazione - cosa che, al tempo, l'orgoglio adolescenziale, non mi permetteva di ammettere neanche a me stessa -.
Il suo bell'appartamento, in inghilterra, era ancora là che la attendeva, insieme allo stage aziendale retribuito, che l'università le aveva offerto. E io non volevo, nella maniera più assoluta, che buttasse tutto all'aria, per consolare e aggiustare la vita della sua sorellina depressa.
Non lo avrei permesso per niente al mondo, e lo realizzai, in quell'istante, guardandola negli occhi lucidi.
 
<< A costo di portarti con me, a Londra, tu non rimarrai sola >>, continuò senza smettere di guardarmi.
 
Non seppi, minimamente cosa pensare. Semplicemente perché, in quel momento, non potevo sapere, che quella conversazione sarebbe stata alla base degli eventi più intricati della mia vita.
Restai semplicemente lì, distesa e protetta dalle fresche lenzuola, mentre lei mi baciava la testa.
Si alzò lentamente, e si passò una mano sugli occhi, prima di avvicinarsi all'interruttore della luce.
La sentii fare una piccola risatina, come se avesse pensato a qualcosa di buffo.
 
<< Chi sa, potrebbe essere un idea, no? >>
 
E fu quella, la primissima volta in cui me lo chiese. Seppur indirettamente, ma me lo chiese. Mia sorella stava valutando l'idea di trasferirmi oltre oceano insieme a lei, e io nemmeno lo stavo capendo.
Ma per quella sera le bastò così, e spense la luce, per poi uscire dalla stanza e lasciarmi nell'oscurità, in compagnia dei miei pensieri.
E... dio, ricordo perfettamente che, poco prima di sprofondare nel sonno, - che in quel periodo era, fortunatamente, senza incubi - la parola “Londra”, attraversò impercettibilmente la mia testa.
E se qualcuno, in quel momento, mi avesse informato, di quanto, quell'impercettibile pensiero, sarebbe stato rilevante nella mia vita, mi sarei messa a ridere roteando gli occhi. Come faccio sempre, quando voglio eclissare un discorso che reputo ridicolo.
 
Ma nonostante l'indifferenza del momento, io ricordo ancora tutto.




 
 
 
Note della (non) autrice:
Bentornati! Come al solito, non so mai come iniziare questa sezione, e temo che andrà sempre peggio... abituatevi.
Ma bando alle ciance... Posso dire che dopo aver letto il capitolo avevo gli occhi lucidi? Ci credete che ho subito chiamato l'autrice originale per tempestarla di domande?
"Ma lei starà meglio? Sarà di nuovo felice? Ti prego, DIMMELO!".
Ma niente, mi ha rivelato giusto, giusto pochi dettagli. La mia curiosità è ancora pulsante. E la vostra?
Ditemi che non sono la sola, vi prego.
Comuque, già che ci sono, ci tengo a precisare, un attimo, le dinamiche di questa mia trascrizione, in caso ve lo steste chiedendo.
Come funziona il tutto? Semplice:
Io e Black Pearl, (l'autrice originale), siamo ottime amiche, non che compagne di classe. In pratica, ogni volta che lei pubblica un capitolo, mi consegna - solitamente, e se riesciamo a vederci - il giorno dopo, la chiavetta con il testo originale. A quel punto io lo leggo, e modifico eventuali particolari, per adattare la storia a questa sezione, e TUTTI i nomi (quindi non solo quelli degli OneD. Abbiamo, di comune accordo, deciso di cambiare i nomi ad ogni personaggio, rispetto alla storia originale. Quindi, ache quei nomi che sarebbero neutrali, saranno modificati).
E questo è tutto! Io cercherò, quindi, per quanto i miei impegni me lo consentano (Ahimè, quest'anno ho la maturità) di pubblicare con un giorno di "ritardo" rispetto a lei, e spero di non deludere nessuno!

 
Ps: L'autrice originale, mi ha chiesto di riferirvi che non è molto soddisfatta dellla lunghezza complessiva del capitolo, e vorrebbe una vostra opinione.
 
Concludo con un ringraziamento enorme a:
willytestolinabacata_98, per aver inserito la FanFiction tra le seguite ed aver recensito entrambi i capitoli!
Alla prossima,
 
- Seryka
   
 
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