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Autore: Padmini    29/11/2016    3 recensioni
Uno sguardo, un legame silenzioso tra due anime.
Sherlock, studente brillante ma solitario.
Gregory, studente più grande, generoso e desideroso di riparare a tutti i torti.
Un gatto e un cane che si incontrano nel cortile di una scuola.
Cosa accadrà tra di loro? Possono due anime così diverse trovare un luogo in cui incontrarsi?
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lestrade, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il forziere del tesoro

 


 

I sentimenti sono un difetto chimico della parte che perde.

Sherlock – Uno scandalo in Belgravia

 



 

 

L'ufficio del signor Brown, il preside della scuola di Sherlock e Gregory, non era certo un luogo piacevole da visitare. L'uomo, da sempre votato alla disciplina, lo aveva arredato con semplicità, senza troppi fronzoli. Uno schedario, una scrivania ampia su cui era poggiato solo il necessario per scrivere e un telefono, una poltrona comoda per lui, due semplici sedie di fronte e, appeso alla parete, il ritratto della Regina Elisabetta II. Tutto qui.

Chi entrava, proprio grazie al vuoto che trovava, poteva percepire l'atmosfera della stanza in modi differenti. I nuovi studenti che venivano accolti si sentivano in pace, percepivano la gentilezza del preside e la sua disponibilità. Chi era convocato per discutere di argomenti seri invece, percepiva un senso di soffocamento, quasi si trovasse in uno stanzino per gli interrogatori.

Quando Alec entrò, vide il preside seduto nella sua poltrona e Mycroft in piedi accanto a lui. Entrambi avevano uno sguardo severo e freddo e ciò gli fece scendere un brivido lungo la schiena. Nessuno parlò e ciò contribuì ad appesantire la sensazione di disagio nel ragazzo. Solo il preside mosse una mano per indicargli una delle due sedie di fronte alla sua scrivania. Tremando, Alec si sedette, ma ancora una volta nessuno parlò. L'ansia crebbe, il panico si fece tangibile così, per sfogarlo, aprì la bocca per parlare, ma fu immediatamente interrotto, ancor prima che potesse pronunciare una singola sillaba.

“Immagino che sappia perché si trova qui, signor Parker.” chiese il preside, congiungendo le mani davanti a sé, sopra la scrivania.

Lo sapeva, o almeno poteva immaginarlo. Credeva di averla fatta franca il giorno precedente, non c'erano stati testimoni e sicuramente Sherlock … no, quel codardo aveva dunque parlato? In fin dei conti non gli avevano fatto nulla di male … nulla che non potesse essere risolto con un po' di disinfettante e un cerotto, giusto?

“Io ...” iniziò lui, sempre più a disagio.

“Ha quasi ucciso un ragazzo, signor Parker” intervenne Mycroft, riuscendo a celare tutto il suo odio e il suo disprezzo dietro una voce gelida come il ghiaccio.

“No! Non è vero! Non gli abbiamo fatto nulla! Non era messo così male!”

Mycroft sogghignò. Era stato fin troppo facile.

“Quindi ammette di aver picchiato a sangue Sherlock Holmes, ieri sera, dopo la fine delle lezioni.” disse, affermandolo invece di chiederlo.

“Io … io ...” Alec respirava a fatica, era evidente quanto fosse spaventato “Sì, ma ...” ammise infine. Avrebbe voluto giustificarsi, dirgli che lui e i suoi amici gli avevano dato una lezione perché si era intromesso in cose che non lo riguardavano, ma un'occhiataccia di Mycroft fu sufficiente per farlo desistere.

“Ha idea di come stia? Penso che abbia notato che oggi non è venuto a scuola.” domandò il preside, sempre più serio in viso.

“Avrà qualche botta, niente di più ...” azzardò, davvero non si era reso conto di quanto gli aveva fatto male.

“Niente di più?!” esclamò Mycroft, perdendo per un istante la sua calma “Mio fratello è stato operato d'urgenza per una frattura alla gamba e numerose emorragie interne! Le sembra poco?!”

Il signor Brown afferrò Mycroft per un polso e questo sembrò calmarlo. Alec, nel frattempo, era impallidito. Se era vero, lo avevano sul serio quasi ucciso …

“Non … non lo s-”

“Ci dirà i nomi degli altri, signor Parker.” lo interruppe il preside, con tono autoritario.

“S-sì, ma ...” tentò di difendersi il ragazzo, senza successo.
“Quello che avete fatto è molto grave e, mi dispiace, non ve la caverete con una semplice sospensione.”

Alec divenne, se possibile ancor più pallido. Mycroft invece, recuperata la calma, aveva tirato fuori dalla giacca un piccolo taccuino.

“Qui ci sono molti appunti che ho preso durante tutto l'anno.” spiegò, iniziando a sfogliarlo “Non è la prima volta che si comporta in modo poco corretto nei confronti di mio fratello, signor Parker, e io so esattamente come, dove e quando ha avuto tali comportamenti nei suoi confronti.”

Alec si alzò in piedi, offeso.

“Come?! Non ci avrete spiato?!” era furioso, ma in quel momento si trovava dalla parte del torto e niente avrebbe potuto cambiare quel fatto.

“Abbiamo più di un testimone, signor Parker.” mormorò Mycroft, sempre più soddisfatto della piega che stava prendendo la discussione “Il signor Paul Carter vi osservati a lungo e mi ha riferito tutto quello che ha fatto.”

“Questo non è giusto!” gridò lui, in preda al panico per il suo destino.

“Le consiglio di non protestare, signor Parker” lo ammonì Mycroft, tornato più gelido e serio che mai “Ci dirà i nomi dei suoi complici e non si aspetti dei trattamenti di favore.”

Alec non aprì nemmeno la bocca, si limitò ad annuire. Il perside prese carta e penna.

“Avanti, questi nomi.”

“Mark Owen e Stephen Fisher.” balbettò lui in risposta “Cosa ci accadrà?”

“Come avrà già capito, non potrete finire l'anno” rispose il signor Brown, annotando i nomi dei due ragazzi su un foglio “Verrete espulsi e trascorrerete i prossimi quattro mesi facendo lavori socialmente utili e partecipando a terapie di gruppo per aiutarvi a gestire la rabbia.”

Consegnò il foglietto a Mycroft, che uscì dalla stanza per portarlo alla segretaria, che avrebbe provveduto a convocare anche loro.

“Quattro … quattro me-”

“Siamo stati generosi.” lo interruppe il preside “Finirete giusto in tempo per l'inizio del prossimo anno scolastico, durante il quale sarete tenuti sotto stretta sorveglianza e dovrete continuare a seguire, se sarà necessario, le terapie di gruppo.”

In quel momento rientrò Mycroft, accompagnato dai signori Parker, rossi per l'imbarazzo e una certa dose di rabbia.

“Buongiorno, signori Parker.” li accolse il signor Brown “Vi ho già spiegato la gravità della situazione e come ho deciso di punire vostro figlio.”

I due non fiatarono, si limitarono ad annuire, tanta era la vergogna che provavano.

“Inoltre, dovrete pagare un risarcimento alla famiglia del signor Holmes per i danni arrecati alla sua salute. Pagherete le spese mediche e un ulteriore risarcimento per i danni morali. Verrete contattati dall'avvocato dei signori Holmes che vi descriverà nel dettaglio la cifra che dovrete pagare.”

Mycroft annuì solennemente. Nel suo viso un osservatore attento avrebbe potuto vedere la soddisfazione con la quale scrutava Alec e i suoi genitori mentre provavano la più disperata vergogna e umiliazione. Si lasciò sfuggire solo un minuscolo sorriso, unico segno visibile del piacere interiore che stava provando in quel momento. Il preside era invece addolorato. Non era stato facile dover accettare che un episodio del genere si fosse svolto proprio nella sua scuola, ma d'altra parte non poteva nemmeno ignorarlo. Sospirando si tolse gli occhiali e li posò sulla scrivania.

“Potete andare.”

I tre, sempre più scarlatti per l'umiliazione, mormorarono un ringraziamento e uscirono dalla stanza con la coda tra le gambe. Mycroft e il signor Bronw si scambiarono uno sguardo. Giustizia era stata fatta, ma erano entrambi consapevoli che, per Sherlock il difficile sarebbe arrivato adesso.

 

 

 

Erano quasi le sette quando Gregory arrivò di fronte al Caffè Nero. Entrò e, dal momento che Haley non era ancora arrivata, uscì per aspettarla fuori. Si sentiva euforico all'idea di rivederla, anche se ancora non sapeva spiegarsi perché. L'idea che lei tenesse così tanto a sapere come stava Sherlock lo riempiva di gioia. Inizialmente l'aveva addirittura fatto arrabbiare, quando aveva detto che la sua storia con Alec era finita per colpa sua, ma poi aveva capito che non ci credeva davvero, che erano la delusione e la rabbia a parlare per lei. Il fatto che avesse ammesso di aver sbagliato nel giudicare prima Alec e poi Sherlock aveva portato anche lui a rivalutare lei. Non erano trascorsi pochi minuti, quando finalmente arrivò. Le andò incontro, salutandola con un gesto della mano.

“Haley! Sono qui!”

Lei lo raggiunse. Sorrideva, ma era evidente che era anche preoccupata per Sherlock.

“Le visite iniziano alle sette e mezza, che ne dici di prenderci qualcosa di caldo mentre aspettiamo?”

“Certo, ottima idea.”

Si strinse nella giacca, in effetti soffiava un vento dispettoso. Haley tremava, ma non era solo il freddo a scuoterla. Qualcosa di più profondo l'aveva sconvolta. Erano successe tante cose, aveva scoperto delle verità che non avrebbe mai potuto immaginare e sentiva che altre rivelazioni sarebbero arrivate al suo cuore, ma era troppo presto. L'aspettativa di ciò che l'attendeva, anche se non sapeva bene di cosa si trattasse, la faceva fremere di aspettativa.

“Hai freddo?” le chiese gentilmente Gregory “Entriamo. Qui fanno un cappuccino buonissimo.”

Lei si limitò ad annuire e fu Greg a ordinare per entrambi e portare i due bicchieri al tavolino dove lei si era nel frattempo accomodata. L'atmosfera all'interno del bar era tranquilla, portava al rilassamento e anche Gregory, nonostante sapesse che il suo amico in quel momento stava soffrendo, non poté non godere di quella sensazione. Anche Haley sembrava a suo agio con lui, non le era mai successa una cosa simile e immediatamente capì come Gregory era riuscito a mettere a suo agio un ragazzo problematico come Sherlock.

“Ho capito adesso ...” mormorò, senza potersi trattenere.
“Cosa?” le chiese lui, che non aveva seguito il filo dei suoi pensieri.
“Sherlock … adesso ho capito come si è affezionato tanto a te.” rispose lei sorridendogli.
“Ah, sì?” chiese ancora, sorridendo.

“Sì. Sei dolce, comprensivo … è piacevole stare con te. Non ci avevo mai fatto caso quando ...” esitò.

“Quando stavi con Alec?” terminò lui.

“Sì.” rispose lei annuendo “Alec è sempre stato molto … carismatico? Forse … o forse è sempre stato un bullo. Io ero affascinata da lui e quando mi ha chiesto di metterci insieme non avrei potuto essere più felice!” sorrise, ricordando quel momento, ma tornò immediatamente seria. Ogni istante trascorso con Alec aveva ormai perso ogni bellezza, tramutato in un ricordo spiacevole. “Adesso invece ho capito chi è veramente. Lui era sempre stato molto gentile con me, ma era una gentilezza falsa, non stava con me perché mi voleva bene ma perché lo aiutavo con i compiti e, credo, perché mi trovasse bella … almeno credo ...” esitò ancora, dopo quello che le era successo erano molti i dubbi che aleggiavano nella sua testa.

“Tu sei molto bella, Haley.” confermò Gregory “Sei anche molto dolce. Non preoccuparti per quello che è successo ieri. Eri confusa e triste, non hai motivo di sentirti in colpa.”

Haley non rispose, prese la tazza di cappuccino tra le mani. Si sentì subito meglio, ma non fu certa che fosse esclusivamente merito del calore della bevanda. Alzò lo sguardo verso Gregory. Quel ragazzo era speciale. Emanava un'aura di pace e tranquillità ma allo stesso tempo aveva dimostrato in passato di poter essere anche determinato e coraggioso. Si sentì arrossire.

“È troppo caldo?” le chiese lui, premuroso.

“No … no … va benissimo ...”

Si sorrisero. Era scattato qualcosa tra di loro. Se si trovavano seduti allo stesso tavolo, in quel bar, un motivo c'era. Sherlock era ciò che li univa. Da una parte c'era Gregory, che gli voleva sinceramente bene e dall'altra Haley, preoccupata per lui e grata per ciò che, anche senza un reale intento generoso, aveva fatto per lei. Entrambi, in quell'istante, avevano capito che nei loro cuori era spuntato il seme di qualcosa che sarebbe presto cresciuto e poi sbocciato. Non parlarono, lasciarono che quella pace lo alimentasse.

 

 

 

 

Aveva cenato, se cena si poteva definire ciò che gli avevano dato da mangiare, le sette erano passate da quasi mezz'ora e lui non faceva altro che contare i minuti che lo dividevano dall'arrivo di Gregory. Sarebbero stati soli, lui gli avrebbe confessato il suo amore e ...e poi non lo sapeva, lo avrebbe scoperto solo affrontando quell'avventura. Si sentiva un pirata di fronte ad un forziere che avrebbe potuto essere pieno di gemme, dobloni e gioielli … oppure vuoto, con qualche ragnatela ad addobbarlo. In ogni caso ne sarebbe valsa la pena. La chiave sarebbe stata la sua voce e Gregory gli avrebbe svelato la verità. Si sentiva emozionato, pieno di energie nonostante i dolori che di tanto in tanto lo tormentavano.

Era trascorso un altro minuto, la lancetta dei secondi avrebbe fatto un altro giro prima che Gregory fosse arrivato? Trattenne il fiato, quando sentì in lontananza il ding dell'ascensore che arrivava al piano. Era lui o un altro visitatore? Restò in ascolto e sentì la voce di Greg che si avvicinava insieme a un'altra. Non era solo dunque … chi c'era con lui? Qualcuno rise, una ragazza … Haley? Cosa ci faceva lì? Non fece in tempo a chiedersi altro, quando i due entrarono.

Ciao Sherlock!” lo salutò allegro Gregory “Ho portato anche Haley, spero ti faccia piacere ...” si voltò verso di lei, che nel frattempo era entrata timidamente nella stanza.

Ciao Sherlock ...” era pallida, vedere il suo compagno di classe ridotto in quel modo da colui che credeva di amare era stato un duro colpo per lei “Ti fa tanto male?”

Era una domanda sciocca e lei lo sapeva, così come lo sapeva Sherlock.

Un po'.” ammise lui, ancora sorpreso per la sua presenza.

Gregory prese un paio di sedie e le posizionò accanto al letto in modo che entrambi potessero accomodarsi. Sherlock osservò ogni suo movimento. Aveva sperato di poter parlare da solo con lui, di potergli confessare i suoi sentimenti … perché lei era lì?!

Stamattina Haley è venuta da me per chiedermi tue notizie, dal momento che non sei andato a scuola” spiegò Greg, involontariamente rispondendo alle sue domande “Sembrava molto preoccupata quando le ho spiegato la situazione, così ...”

Gli ho chiesto di poter venire con lui a trovarti!” concluse lei, sorridendogli “Ti chiedo scusa per tutto quello che ti ho fatto, Sherlock. Mi sono resa conto che Alec non è altro che uno stronzo. Non so come lo abbiano punito, ma sono certa che qualsiasi cosa sia, sarà ben meritata.”

Se ne sarà occupato mio fratello ...” mormorò Sherlock “Glielo chiederò quando verrà a trovarmi.”

A proposito! Verrà stasera? E tua madre? Tuo padre? Verranno a trovarti?” chiese Gregory, sinceramente preoccupato per lui.

No …” rispose, poi cambiò idea “Sì, verranno più tardi e mia madre resterà con me stanotte.”

Non era vero, ma non voleva far preoccupare ancor di più Gregory.

Bene allora” commentò Greg “Così potrò rivedere tua madre, mi è sempre stata simpatica.”

No, non serve!” esclamò Sherlock, sbiancando all'improvviso “Verrà verso le dieci, voi potete tranquillamente andare via prima e ...” si morse un labbro, a disagio. Voleva chiedere a Gregory di stare da solo con lui, ma non ne aveva il coraggio.

Come preferisci” sussurrò Haley “Io posso stare una mezz'oretta, mio padre verrà a prendermi fuori dall'ospedale.

Si illuminò. Probabilmente Greg sarebbe rimasto di più? Avrebbe avuto l'occasione di parlargli … ma davvero voleva ancora farlo?

 

La mezz'ora successiva trascorse abbastanza tranquillamente. Gregory e Haley chiacchieravano e Sherlock per lo più ascoltava, rompendo il silenzio solo per rispondere alle domande che di tanto in tanto gli ponevano direttamente, ma solo con brevi risposte, “sì”, “no” o addirittura brevi cenni della testa. I due non ci fecero caso, ma nella sua mente e nel suo cuore si stavano addensando nere nubi di dolore.

Quando finalmente la ragazza se ne andò, accadde qualcosa che ruppe definitivamente la sua felicità. Haley si alzò, gli accarezzò la mano per salutarlo, poi si rivolse a Gregory e lo baciò sulla guancia, prima di uscire dalla stanza.

In quegli ultimi mesi aveva osservato l'amore, aveva visto quando scattava qualcosa tra due persone, anche prima che le due se ne rendessero conto, e benché avesse faticato a riconoscerlo in se stesso, non ebbe problemi a capire che, tra Gregory e Haley, stava nascendo proprio quello. I due sorridevano, era evidente che trovavano piacevole la reciproca compagnia … ma era vero amore? Era questo o la sua codardia lo portava a trovare mille scuse per non dichiararsi, anche se in precedenza si era ripromesso di farlo a qualsiasi costo? Prima però non c'era Haley, non aveva previsto la sua presenza, il fatto che potesse entrare così prepotentemente nella vita di Gregory. Lui aveva sorriso quando lei lo aveva baciato. Aveva sorriso! Raramente lo vedeva sorridere così! Cosa era successo? Un senso di pesantezza lo colpì al petto, facendogli mancare il respiro. Se Gregory si fosse innamorato di lei … lui cosa avrebbe fatto? La pesantezza si tramutò in dolore, ma non seppe dire se fosse una normale fitta dovuta alle botte e ai punti che tiravano o se fosse qualcosa di più … il suo cuore che si spezzava.

Gregory lo sentì gemere e si voltò immediatamente verso di lui.

Hey, Sherlock, qualcosa non va? Ti fa male da qualche parte?”

Il dolore era insopportabile, i pensieri vorticavano nella sua testa senza un ordine preciso, migliaia di lame che lo ferivano, offuscandogli la vista. Tutto si fece più rumoroso attorno a lui, ogni suono si amplificò e perfino i suoi stessi pensieri gli urlarono nelle orecchie. Chiuse gli occhi e tentò di calmarsi, respirando lentamente, ma tutto fu vano. Gridò, nella sua testa, un “basta”, che pose fine al caos ma non al dolore. Riaprì gli occhi, Gregory era di fronte a lui, pallido e teso.

Vuoi che ti chiami un'infermiera?”

No … non … non serve ...” mormorò, non senza una certa fatica.

Allungò un braccio verso la flebo e regolò la morfina, aumentando la dose. Faceva male. Faceva tutto male. Tutto era male. Voleva stare solo, voleva piangere, ma non poteva farlo, non di fronte a Gregory.

Sono un po' stanco … vo-vorrei dormire ...”

Non era del tutto una bugia, era in effetti esausto.

Come vuoi, tornerò domani sera … o prima se vorrai, è domenica, posso venire anche di pomeriggio ...”

Sherlock esitò, ma infine annuì e Gregory, vedendolo così prostrato, si alzò.

Ti lascio riposare. Domani ti porterò qualcosa da leggere, così non ti annoierai e … se ce la fai a scrivere, vuoi che ti porti il tuo taccuino?”

Annuì ancora, gli sorrise e non smise di farlo fino a quando lui non uscì con un “Ci vediamo domani.”

Aspettò di sentire il rumore lontano dell'ascensore, le porte che si aprivano, i passi di Greg all'interno, le porte che si richiudevano … ormai era lontano.

Il sorriso svanì dalle sue labbra, cancellato da una folata di vento freddo che portò la pioggia delle lacrime. Scoppiò a piangere silenziosamente, mentre sentiva il suo cuore straziato sotto le ferite dell'amara verità.

Voleva davvero rivederlo? Sì, dannazione, voleva. Lo amava, ma doveva accettare il fatto che non sarebbe stato ricambiato. L'aveva messo in conto, no? Un'avventura … aveva trovato il forziere e, senza nemmeno aprirlo, aveva capito che sarebbe stato vuoto. Era bastato sollevarlo per constatarne la leggerezza. C'era sì qualcosa, Gregory era sinceramente affezionato a lui, poteva vederlo … ma non avrebbe mai ricambiato quel sentimento così profondo che invece lui provava. Amore … che sciocchezza! Un altro, nuovo modo per soffrire. Prese quel forziere, lo aprì e, dal momento che non conteneva l'amore di Greg, ci mise dentro il suo. Sarebbe rimasto lì, vivo ma recluso, in modo che non potesse fargli ancora del male. Chiuse il lucchetto con un sospiro di sollievo. Il suo battito si fece più regolare, i suoi occhi si asciugarono lentamente e, stremato per quella dura prova, si lasciò vincere dal sonno.

   
 
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