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Autore: sam_di_angelo    30/11/2016    1 recensioni
Quando gli occhi di un ragazzo dalle cattive abitudini incontrano per puro caso lo sguardo dell'altro, inchiodato in un letto d'ospedale, tutto cambia, tutto assume un aspetto differente.
Due mondi a sé stanti, due personalità troppo simili eppure così puramente diverse.
casa[cà-sa] s.f.
1 Edificio a uno o più piani, di dimensioni e aspetto vari, adibito ad abitazione dell'uomo.
Qual è la vera casa di Cole Blaze? La sua piccola dimora numero 251 affacciata sulla strada più vecchia e consumata del suo quartiere, oppure quegli occhi a mandorla color caffè che continuano imperterritamente a tormentarlo?
"It's their loss. Not yours."
CAST:
Park Chanyeol - Cole Blaze
Byun Baek-hyun - Boyce Hanks
© Sam Di Angelo.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol, Kai, Kai, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1

Tenere a freno il piccolo uragano James fu quasi un'impresa impossibile per Cole Blaze. 

Il bambino non faceva altro che correre da una parte all'altra della sua stanza. Sconfitta la timidezza e l'atteggiamento scontroso, la peste aveva rivelato di aver conservato, intatta, la sua furia distruttrice: c'erano libri sparsi sul pavimento, disegni di strani omini colorati e pennarelli ovunque, disordine in ogni angolo e Jimmy che continuava come se niente fosse a saltare sul letto di Cole. 

Il gigante temette in quel momento che le molle del vecchio materasso avrebbero ceduto: ad ogni impatto dei piedini di James si udiva un rumore secco e scricchiolante.

«Jimmy! Ti prego, scendi dal mio letto!» lo supplicò Cole, quasi in lacrime: il suo piccolo rifugio segreto era distrutto. Allora il ragazzo, venendo nuovamente ignorato dal cuginetto che intanto rideva come un pazzo, ricorse alle sua ultima scelta e ultima ancora di salvezza.

Digitò il numero di sua madre e si portò il cellulare all'orecchio.

«Cole?» il ragazzo faticò a sentire la voce della madre.

«Ma'? Cos'è questo rumore assordante?» urlò nella cornetta. C'era un sottofondo che sapeva di putiferio. 

«E' il phon! Io e Lucy siamo dal parrucchiere, oggi meritatissimo tour di bellezza per noi mamme disperate!» strillò Chanette, e Cole decise che sarebbe stato opportuno non fare domande.

«Mamma, non riesco a resistere... James ha distrutto ogni cosa che avevo in camera! Come posso fare a fermarlo?» sembrava come se Cole stesse parlando di una minaccia aliena che la squadra dei supereroi doveva sconfiggere in uno di quei film di azione. Chanette - a rapporto! Richiedo immediata assistenza, soldato caduto, soldato a terra! 

Cole si schiaffeggiò, aveva fin troppa fantasia.

«Perché non lo porti a fare un giro? Hai diciott'anni, potremmo pur tentare e lasciarti portare Jimmy fuori per un po', sei abbastanza grande, vero?» Cole ignorò la frecciatina, impegnato com'era ad avere un'illuminazione.

«Chanette, posso portare Jimmy con me da nonna Georgia?» dall'altra parte del telefono si sentiva solo il parrucchiere che continuava a smanettare con le sue cianfrusaglie infernali e zia Lucinda che spettegolava sulla mamma di un compagno di classe di Jimmy. Dopo un bel po' di silenzio, Chanette rispose.

«Mhhh, okay! Va bene. Mi raccomando, Cole, fai molta attenzione.» il ragazzo annuì, più a se stesso. Era pronto a prendersi la responsabilità.

«Okay, grazie mille mamma, e divertitevi fra tutte quelle diavolerie per donne!» riattaccò, tornando nella piccola fetta di caos che si era creata nella sua camera. Cercò di attirare l'attenzione del bambino in ogni modo possibile.

«J-J, ti va di andare a mangiare un gelato?» tentò.

Il bambino con gli occhi azzurri si fermò all'improvviso, come se la magica parola gelato lo avesse arrestato.

«Fragola e cioccolato?» Cole annuì, con un sorriso radioso.

«Fragola e cioccolato.»

 

2

Quando arrivarono all'ospedale Jimmy stringeva in una delle sue piccole mani il mignolo gigante di Cole, mentre nell'altra teneva stretto il braccio del suo inseparabile compagno di avventure: un pupazzo verde e grande quanto la sua testa di Hulk.

Dopo aver bussato alla stanza di nonna Georgia, i due entrarono. Il bimbo aveva ancora il cioccolato incrostato sulla faccia, per non badare alla macchia sulla salopette che Cole aveva cercato di pulire disperatamente. 

Dopo aver fatto una sorpresa alla donna - che stritolò i nipotini (nipotino e nipotone) - nonna Georgia aveva ripulito la guancia paffuta di Jimmy dai residui del gelato.

«Saresti un pessimo padre, Cole, guarda qui!» esclamò la nonna, continuando a sfregare la guanciotta del piccolo con un fazzoletto. «E' tutto sporco!» il bambino ridacchiò, mentre Cole alzava le spalle.

«Non ho intenzione di mettere incinta nessuna ragazza al momento, halmeoni!»

Jimmy guardò il cugino con un'espressione sconvolta e davvero troppo buffa.

«Ma cosa significa questo melonii? Non capisco mai quando chiami nonna così!»  

«Halmeoni, J-J, significa "nonna" in coreano.» spiegò la donna, accarezzando la testa del bimbo. Erano seduti tutti e tre sul letto di nonna Georgia, e Jimmy le stava raccontando della scuola e di tutte le cose che un bambino potesse adorare: cartoni animati, dolci e giocattoli.

«Si sta facendo tardi, Cole. Perché non porti James a conoscere qualche tuo amico? Magari uno vicino, in questo momento.» la donna lanciò a Cole uno sguardo furbo, seguito da un sorrisetto. 

«Sì, cuginone! Sono curioso di conoscere altri ragazzi! Magari giocano con me e Hulk!» il gigante osservò attentamente nonna Georgia, trattenendo a stento un sorriso.

«E' lontano?» chiese Jimmy, mentre Cole si chinava per lasciare un bacio sulle dolci rughe della nonna. 

«No, J-J, dobbiamo solo attraversare un corridoio e salire una rampa di scale.»

 

3

Dall'interno della stanza numero 137 non proveniva nessun rumore. La porta era stranamente aperta... Ciò fece insospettire Cole: Boyce aveva l'abitudine di chiudere sempre la porta,. Be'... In effetti chiamava Stella urlando come un pazzo, per far chiudere la porta.

Cole sbirciò all'interno, seguito dal bimbo, che sporse la testolina bionda nella camera. Entrambi restarono in silenzio a guardare un ragazzo che dormiva beatamente fra le coperte bianche: il suo petto si alzava e si abbassava piano, ad un ritmo lento, tranquillo. La bocca pallida era schiusa, le palpebre chiuse.

«Cole, come mai il fratellone ha quel tubicino nel naso?»

Cole si concentrò sulla scena che aveva davanti agli occhi. Ignorò James, che chiamava fratellone qualsiasi ragazzo più grande di lui, ma, principalmente, stava pensando la stessa medesima cosa. Boyce aveva un sottile tubicino trasparente che arrivava fino al naso, per poi separarsi in due diramazioni, che sparivano nelle narici piccole del ragazzo.

«Non so, J-J... Ma adesso andiamo, non vorrei disturbassimo...» il ragazzo afferrò la maniglia e fece per chiudere la porta.

Quella visione lo aveva scosso, e provato nel profondo. In quel letto, intubato, il solito Boyce, schietto e vivace, sembrava essere così piccolo, così fragile... Sarebbe bastato un soffio di vento a disintegrarlo in sottile polvere. 

Una fitta al petto impedì a Cole di pensare a qualsiasi spiegazione, si sentiva agitato. 

La porta era quasi chiusa, quando una voce bloccò Cole.

«Ehi, Blaze? Sei tu?» chiese, roca e impastata. Il ragazzo aprì di scatto, con il battito accelerato, e si trovò davanti Boyce che si stiracchiava, seduto sul letto.

«Ciao, tappo!» salutò il gigante, mentre l'altro continuava a stendere i muscoli. Aveva indosso una felpa rossa, scura, con un disegno stampato sopra. Cole la riconobbe immediatamente, era la sua felpa dei Red Sox.

«Ce l'hai ancora tu, eh? Ladruncolo...» Boyce aprì uno degli occhi serrati mentre allungava le braccia sopra il capo e fece un sorriso astuto.

«Hai perso la scommessa, dongsaeng, i patti son patti.» Cole restò un attimo colpito dalla dolcezza che aveva assunto la voce di Boyce, sembrava essersi appena svegliato da un bel sogno. Grazie a Dio non fece riferimento alla sua di felpa, che Cole non aveva assolutamente intenzione di restituire - si era troppo affezionato ormai, e quando il gigante si affezionava ad un oggetto, difficilmente si riusciva a strapparglielo via. -

Solo allora il più grande si accorse del bambino che spiava la scena, da dietro le gambe-lampioni di Cole. 

«Ehi, ciao! Tu chi sei?» chiese Boyce, facendo un enorme sorriso.

«Sono James!» rispose il bambino, come fosse una cosa ovvia e scontata.

«Oh, che nome fantastico! Io mi chiamo Boyce Hanks, è davvero un piacere conoscerti!» il ragazzo fece segno a Jimmy di avvicinarsi, allungandogli una mano.

«Ti dispiace? Sono un po' troppo pigro...» disse, e subito dopo scoppiò a ridere. Il bambino, sotto lo sguardo esterrefatto di Cole, lasciò indietro il cugino e si affrettò ad avvicinarsi al letto. Afferrò la mano di Boyce e la strinse forte, per poi scuoterla.

«Melonii e il fratellone mi hanno parlato di te!» mentre il bimbo continuava a far oscillare le mani ancora unite dei due, Boyce lanciò uno sguardo confuso a Cole. Il ragazzo in questione rise all'espressione del maggiore.

«Halmeoni, J-J... Boo, questo è James, Jimmy, o J-J... E' il mio cuginetto e no, non sono suo fratello... Chiama "fratellone" tutti i ragazzi che gli sembrano grandi.» 

Boyce lanciò un'occhiataccia all'altro, per via di come lo aveva chiamato, e subito dopo tornò a sorridere a James.

«Ti va di sederti un po' vicino a me? Oh, wow! Quello non sarà mica Hulk, vero? Adoro quel supereroe!» il viso del bambino si illuminò mentre come un razzo si sedeva sul letto con uno slancio. 

«Sì! E' il mio eroe preferito! Il tuo qual è?» Boyce sembrò pensarci su.

Cole, ancora sotto la porta, osservava i due. Era davvero molto sorpreso... Era passato dall'essere preoccupato per Boyce ad essere davvero colpito: il ragazzo sembrava davvero essere a proprio agio. E, per di più, aveva conquistato il cuore di James solo con qualche frase. Il bambino se ne stava buono buono, seduto e immobile, mentre Cole riusciva a malapena - o affatto - a non farlo saltare sul suo letto. E poi, come se non bastasse, a Boyce era bastato un solo minuto per farselo amico, al contrario di Cole, che era riuscito a parlargli dopo delle ore.

Boyce sembrava essere diverso, più dolce... Sorrideva in modo spontaneo ed aveva un qualcosa di dannatamente tenero che faceva sciogliere il cuore di Cole.

«Il mio è Capitan America, e il tuo, fratellone? Perché te ne stai lì?» Cole scosse la testa e guardò Boyce, che continuava a prenderlo in giro chiamandolo fratellone.

«Spider-Man.» rispose semplicemente, e si avvicinò ai due. Il maggiore, seduto a gambe incrociate, si spostò un po', facendo segno a Cole di sedersi. Il ragazzo seguì il consiglio e fu piacevolmente sorpreso di trovare il materasso tiepido sotto di se, riscaldato precedentemente dal corpo di Boyce. 

«Come mai hai quel tubicino attaccato al naso? Non ti fa male?» chiese James, curvando le labbra rosse e carnose verso il basso. 

«J-J, ma che domanda è mai questa? E' scortese!» lo rimproverò Cole, guardandolo male. Gli occhi enormi del bimbo si incupirono. Sembrava un cucciolo bastonato.

«Questo dici? Oh, non è niente, è solo un aggeggio che aiuta il fratellone a respirare bene, ogni tanto mi serve!» spiegò Boyce, tutto allegro. 

Cole lo guardò attentamente. Sembrava così tranquillo... Sorrideva, aveva le guance rosee e gli occhi erano privi delle solite nuvole scure che li rendevano aridi e gelidi.

Il maggiore, sentendosi osservato, spostò lo sguardo verso Cole, e gli occhi dei due si incatenarono a vicenda. Il gigante sentì una strana sensazione, e provò l'irrefrenabile impulso di abbracciare Boyce... Assomigliava tanto ad un bambino smarrito in quel momento, eppure ostentava la sua solita sicurezza in un sorriso ampio e con le sue piccole spalle rilassate.                 

Cole cercò di interrompere l'atmosfera surreale che si era creata, e si sforzò di restare lucido. Prese dal suo zaino un quadernetto e una penna e li porse a Boyce, sotto lo sguardo indagatore del soggetto in questione e del piccolo J-J.

«E' arrivato il momento di scrivere la Lista.» iniziò Cole, catturando in pieno l'attenzione di entrambi i suoi interlocutori. «Voglio che tu scriva qui sopra qualsiasi cosa che ti piacerebbe fare, avere, vedere. Qualsiasi cosa, qualsiasi azione, oggetto, situazione che potrebbe renderti felice. Ogni giorno scrivi almeno cinque fra queste cose, e io e Stella ci impegneremo per fare in modo che ognuna di loro si realizzi e diventi realtà.» 

Boyce restò per un attimo come pietrificato, guardando Cole a bocca aperta.

«I-io... Non... Non so cosa dire... Davvero, io...» Boyce afferrò il quadernetto con la copertina rossa e la penna, e li osservò come fossero oggetti fatati.

«Sì! Una Lista! Adoro scrivere le liste!» urlò James, agitando le braccine per aria.

«Iniziamo, scrivici, il gelato, la torta con la panna...» iniziò il bambino, contando euforico sulle piccole dita.

«Vi va se la scriviamo insieme?» propose Cole, sorridendo ai due.

«Io... No Cole, non posso accettarlo... Come potrebbe essere possibile? Non... Non voglio essere un simile peso...»

«Non devi preoccuparti di nulla, tu scrivi. Io e Stella sapremo cosa fare. Ho parlato con tua madre, e mi ha dato l'okay ed è entusiasta di questa cosa, abbiamo un sostanzioso budget e tantissime idee per la testa... Fidati, sarà fantastico!» il gigante, senza rendersi conto, finì per essere stritolato dal più basso.

«E' davvero un sogno!» sussurrò. Si era stretto al petto di Cole, affondando il viso nel suo petto. Lo stringeva come se lo volesse consumare.

Cole annusò il profumo di shampoo alla mela che i capelli di Boyce emanavano e ricambiò la stretta. Si sentì strano, euforico e per nulla tranquillo. Tuttavia, fra quella tempesta, provava anche un certo senso di completezza con Boyce fra le braccia, sensazione che non aveva mai avvertito abbracciando i suoi amici, o sua madre, o chiunque altro.

Il ragazzo con il tubicino nel naso si allontanò un attimo, ma solo per coinvolgere anche James in quell'abbraccio, per poi stringere Cole e il piccolo a sé.

«E va bene, scriviamo questa Lista!» esclamò il più grande, mandando il cuore di Cole in fibrillazione.

 

Il pomeriggio passò così, fra risate, scherzi e frasi scarabocchiate in fretta e furia sulle pagine, come a voler catturare tutta la magia di quegli attimi. Fu di gran lunga il giorno più bello della vita di Cole, che più tempo passava con Boyce e il cuginetto, più si accorgeva di quanto volesse bene ad entrambi, di quanto si fosse affezionato a Boo e di quanto James gli fosse mancato. Era tutto caldo e perfetto, e sapeva di amore e gioia. 



Angolo Autrice: Salve, piccole stelle del firmamento! Okay basta AHAHAH Eccoci qui, che ve ne pare? Ho soltanto donato blood sweat & tears a questo capitolo, di bene 2000 parole e passa... E niente, vi adoro, siete la mia forza, e spero vivamente che vi piaccia! Alla prossima! ♥
-Sam
 

 

   
 
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