Edera
šsšt›s›
Bentornato signorino Scorpius
šsšt›s›
<<
Macchè diavolo! >> esclamai, quando i libri mi
caddero sul pavimento del corridoio, mentre andavo a lezione di Erbologia. Il terzo anno era iniziato proprio male! Dopo
un’estate di schifo, c’era da dire. La mia famiglia mi aveva surclassato di
domande sul mio stato d’animo irascibile e instabile e spesso ci avevo litigato
pesantemente. Anche con Hugo, col quale non avevo mai
litigato prima. Era il suo primo anno ad Hogwarts, era emozionato, ed il minimo che sapevo offrirgli
era un sorriso stentato; per fortuna s’era fatto già alcuni amici a Grifondoro.
Camminai
spedita verso le serre, oltrepassando i giardini. Le lezione
fu breve e indolore, perché per fortuna i miei voti non erano cambiati. L’unica
cosa rimasta al suo posto.
<<
Ciao >>
Non
mi voltai subito, ma mi irrigidii e mi fermai di scatto.
<<
Ciao Rose >>
Quella
voce ripeté ancora un saluto timido, ma non poteva essere possibile. Dovevo
avere le allucinazioni.
Poi
d’un tratto dei capelli biondi spettinati e degli occhi grigi mi si pararono
davanti.
<<
Ah, sei tu allora. Sei così cambiata che pensavo d’aver preso un granchio
>> disse con un sorriso.
Io
spalancai la bocca, sbalordita.
<<
Con quanta naturalezza parli, Malfoy. Come se ci
conoscessimo! >> borbottai poi, aggirandolo e superandolo, diretta al
castello. Ma in breve fui afferrata per le spalle, fui girata bruscamente e fui
stretta con forza al suo petto.
<<
Che diamine fai, lasciami! >> mi divincolai, dandogli pugni sul petto. Ma
s’era fatto più alto e pure più forte a quanto sembrava: non accusava i miei
colpi, continuava a tenermi stretta e fissare le mie mosse inutili.
<<
Hai ragione, hai tutte le ragioni del mondo. Possiamo parlare però? Poi se non
ti piace ciò che ho da dirti mi cacci via e io non mi faccio più vedere
>> mi disse Scorpius ed io smisi di spingerlo
via da me. Era stancante farlo.
Lasciai
andare la mia fronte sul suo petto ed in un momento di debolezza iniziai a
singhiozzare.
<<
Parla, avanti >> farfugliai.
Lui
non mi lasciò andare e non allentò neanche la presa, lasciando che tenessi la
fronte poggiata sulla sua camicia bianca.
<<
Allora... >> mugugnò ed il cuore iniziò a battere forte, lo sentivo.
<< Non so da dove cominciare, ma non pensare che mi sia allontanato da te
perché non ti voglio più bene...>>
<<
E perché allora? E’ da Natale che sei cambiato. Io ho passato un periodo
bruttissimo per colpa tua! >> esclamai, sollevando il capo e guardando il
suo viso arrossato.
<<
Perché arrossisci? >> domandai poi sbattendo le palpebre, come se non
vedessi davvero ciò che stavo vedendo.
<<
Rosie...vuoi la verità? Quando hai detto che andavi
via dalla mia stanza, non ti ho fermato perché anche io volevo tornare a
dormire da solo... >>
Strinsi
gli occhi e arricciai le labbra, in preda ad un altro singhiozzo.
<<
Perché? Perché non mi vuoi più? >> piansi.
<<
Il problema è proprio che ti voglio! >> esclamò, in preda a quello che
sembrava uno sfogo nervoso. Poi cambiò espressione e abbassò il capo
nascondendo gli occhi sotto le ciocche chiarissime dei suoi capelli.
<<
Cosa? >> mormorai.
<<
Rose, ora ti parlo francamente così capisci cosa mi sta succedendo. Hai
presente le mestruazioni? Hai presente? >> disse accalorato.
<<
Si...ho presente... >>
<<
Ecco, a me sono venute quelle maschili. Insomma, sono cambiato. Ho certi
impulsi che non riesco a controllare, penso certe cose...sogno certe cose. E
tenerti nel letto con me non era proprio l’ideale! Io non volevo che il nostro
rapporto si rovinasse, perché ti sono molto affezionato. Ma così ho fatto la
stessa cosa che volevo evitare, lo so! >> aggiunse, guardando i miei
occhi. << Ma mi sentivo a disagio accanto a te >>, fece una pausa,
poi riprese. << Era da prima di Natale che guardavo con troppa insistenza
le tue forme. Mi sentivo un maiale. >>
Rimasi
a fissarlo tra il turbato e lo stupita, incredula anche.
<<
Sei tutta rossa, scusa se ti ho messo in imbarazzo! >>
Non
dissi niente per un po’, limitandomi a fissarlo conscia del mio rossore.
Poi
feci perno sulle sue braccia ancora intorno a me, mi alzai sulle punte e gli
sfiorai le labbra con le mie. Fu un gesto istintivo.
Quando
mi allontanai, lui mi guardava imbarazzato e stupito.
<<
Scusa, >> abbozzai. Le sue braccia, fattesi burro attorno al mio torace,
scivolarono via ma lui rimase impietrito.
<<
Andiamo a pranzo insieme, Scorpius? >> chiesi,
guardando l’erba accanto ai miei piedi.
<<
Non vuoi altre spiegazioni? Siamo di nuovi amici davvero? >> lo sentii
dire.
Scossi
la testa. << Va bene così, se d’ora in poi sarai sempre sincero con me.
>>
<<
Si. Andiamo Rosie >> esclamò e mi affiancò,
mentre ci dirigevamo verso il castello.
Non
parlammo mai di così tante cose insieme come facemmo in quei giorni.
šsšt›s›
Aver
fatto pace con Scorpius mi aveva fatto tornare il
sorriso, in modo esagerato, lo sapevo – mio fratello e Albus
mi sfottevano “paralisi facciale” – ma io mi sentivo
così felice che non m’importava di cosa dicessero. Anche quell’anno
mi organizzò una stupenda festa di compleanno e mi regalò degli orecchini di
smeraldo. Ovviamente, anche se dentro di me esultavo di gioia e stupore, lo
sgridai per il costo sicuramente alto del regalo in questione.
L’anno
però volgeva alla grande! I miei voti e quelli di Scorpius
erano addirittura cresciuti e lui era entrato anche a far parte della squadra
di Quidditch Serpeverde. Mi
piaceva andarlo a guardare e gridare il suo nome dagli spalti, con la sciarpa
bene stretta al collo in pieno dicembre, mentre faceva l’ennesimo goal e
eseguiva una piroetta con la scopa. Poi mi guardava, strizzava l’occhio e
ripartiva. Certo, accanto a me c’erano delle odiose ragazzine urlacchianti che lo veneravano e che avevano cominciato a
stargli intorno, ma a me non importava neanche questo. Io ero la sua migliore
amica e non ero gelosa, stavo bene così come stavo. Non avevo bisogno di altro.
Anche
quel Natale lo passammo divisi, ma mi scrisse così tanto che il gufo ebbe una forte cervicale e dovemmo curarlo e tenerlo al caldo.
Così, iniziai ad usare la civetta di Hugo, quella che
gli avevo regalato a Natale, ma Scorpius
mi disse che non gli sembrava tanto il caso dato che a suo padre ricordava la
civetta di mio zio Harry.
Il
terzo anno fu anche il primo anno delle gite ad Hogsmeade. Io e Scorpius
comprammo quasi tutta Mielandia e lui acquistò
diversi giocattoli-bomba ai Tiri
Vispi Weasley di mio zio George, acquisti che proprio non approvai. Per fortuna
disse che non li avrebbe usati con me, ma con gli amici. Poi accadde, ed io
quasi non volevo dargli una mano, lasciandolo nel pasticcio che aveva creato a
sbrigliarsela da solo.
<<
Ti prego, aiuto >> diceva facendo una vocina dolce.
Io
avevo ancora le mani su fianchi e non avevo ceduto.
<<
Ma vedi che a non ascoltarmi ci rimetti? Sai quanto ci vuole per togliere
quella roba tutta incrostata? Vai da Madama Chips...
>>
<<
Ma no, Rose. Mi vergogno! Dai Rosie...Rosie ti voglio bene...>>
iniziò a miagolare, camminando a gattoni sul letto fino a me.
Alzai
gli occhi al cielo e presi la bacchetta.
<<
Provo col Gratta e Netta >> dissi e lanciai l’incantesimo sul torace di Scorpius, tutto incrostato dalla bomba di gomma e zucchero
e chissà cos’altro che avevano fatto esplodere. Ma il gratta
e netta non funzionò.
<<
Ah, già, non la fa così facile tuo zio. La devi togliere a mano, scusami Rosie >> disse, porgendomi una bacinella d’acqua
calda e una spugna.
Lo
guardai con aria nervosa, poi lui si voltò di schiena e mi disse <<
Grazie tantissimo, me ne ricorderò >> e così non potetti continuare ad
ignorarlo.
Mentre
attenta gli passavo la spugna bagnata sulla schiena, lui si rilassava sul
materasso e quando ebbi finito lo trovai proprio
addormentato. Era così dolce quando dormiva, sembrava
ancora un bambino, benché gli desse fastidio saperlo, perché si considerava già
un uomo.
L’anno
volgeva al termine e io e Scorpius non litigammo più,
anzi, diventammo più uniti degli anni precedenti. Certo, non dormivamo più
insieme, ma stavamo insieme per la gran parte della giornata. Non sapevo cosa
stava succedendo ad entrambi, ma anche io mi sentivo strana accanto a lui e mi
ritrovavo spesso a guardargli le labbra o il collo, oppure le mani, affusolate
e già virili, quando si poggiavano su di me. Ma mi
dava fastidio pensare a certe cose,
quindi scuotevo la testa e mi concentravo su altro. In verità, quando mesi
prima avevamo fatto pace e lui mi aveva detto quelle cose, non sapevo il
perché, ma dentro di me mi ero sentita felice.
Mi ero sentita bene che fosse quello il motivo che lo
avesse allontanato da me, non solo perché non si era arrabbiato oppure aveva
smesso di volermi bene, ma proprio per il motivo in sé per sé. Il fatto che
avesse cominciato a sentirsi strano accanto a me e meglio e più a suo agio con
gli amici maschi buzzurri (lui non voleva che li
definissi così, perché era come far rientrare lui nella categoria), mi faceva
stare stranamente bene, ma non riuscivo a capire bene il perché. Quando poi
avevamo fatto pace ed eravamo tornati a stare insieme, il suo atteggiamento era
leggermente cambiato, più protettivo se possibile ma più distante, appena quel
poco che mi faceva desiderare ancora di più di stargli sempre appiccicata.
Per
il fatto di non dormire più insieme, quello era venuto di comune accordo,
benché a me mancasse. Mi sentivo sola, circondava dalle mie compagne Serpeverdi, in quel dormitorio comune. Tante, tante volte
avrei voluto sgusciare nella sua camera e accoccolarmi accanto a lui. Tante
volte ci pensavo, ma poi finivo per addormentarmi. Però quella sera era
l’ultima sera e l’indomani sarebbero arrivate le vacanze estive e io non
l’avrei rivisto per tre mesi!
Mi
alzai a sedere, guardandomi intorno. Bene, dormivano tutte. Scesi dal letto
senza fare rumore e mi avviai scalza, in pantaloncini e canottiera, verso la
porta d’uscita.
Feci
tutti lentamente e silenziosamente, perché era mezzanotte e non volevo
svegliare nessuno. Soprattutto perché non volevo che mi vedessero andare verso
i dormitori maschili in quelle condizioni!
Oltrepassai
la sala comune, spoglia, perché le riunioni si tenevano nei dormitori. Camminai
fino alla porta di Scorpius, sussurrando poi la
parola d’ordine. Era ancora la stessa, l’aveva detta più volte di fronte a me e
questo mi faceva venire sempre uno strano vuoto allo
stomaco.
<<
Rosso >>
La
porta sparì in due parti nel muro, per poi richiudersi dietro di me. Rimasi
sulla soglia, sotto il suo sorrisino spiazzante e una piccola luce accesa
accanto al suo letto.
<<
Sapevo cha saresti venuta, però ci hai messo un po’ per deciderti. Mi stavo
addormentando >> disse, chiuse un libro di storie horror che aveva tra le
mani e lo mise sul comodino. Aveva solo una canottiera grigia e dei boxer neri
come pigiama.
<<
Mi aspettavi, eh? Io invece pensavo di trovarti placidamente addormentato
>> sorrisi, facendo qualche passo per raggiungere il suo letto.
Essendo
più alta, avendo le gambe più lunghe, adesso non facevo più tanta fatica a
salire sul suo letto.
<<
Quindi...posso dormire qui? >> gli chiesi, quando lui si alzò a sedere
all’indiana e iniziò a fissarmi.
<<
Si, dormi pure qui >> disse a voce bassa, appena udibile.
Feci
un sorriso e m’infilai sotto le sue coperte. Mi fregai uno dei suoi cuscini -
perché quando leggeva ne metteva due dietro la testa – e mi accoccolai contro
di lui.
<<
Hai saputo poi se andate in Cina o in Giappone, quest’estate? >> gli
chiesi, chiudendo gli occhi e poggiando la testa sul suo petto.
<<
Rose...fa un po’ caldo...>>
<<
Oh scusa, mi sposto >> dissi, poggiando la testa sul cuscino ma
restandogli molto vicina.
<<
Comunque in Giappone. E’ più bello, mamma è affascinata
dal Giappone antico. Ti porterò un sacco di cose bellissime... >>
<<
Non iniziare ad esagerare, Scorpius >> lo
ammonii e lui ridacchiò.
<<
E tu vai in Italia, allora? >> mi domandò.
<<
Si, vado a trovare alcuni parenti e poi mi godo mare e sole e tornerò
abbronzantissima!>>
<< Non dire
scemate, hai la pelle delicata e molte lentiggini, non ti esporre troppo al
sole se no fai la fine mia alle Hawaii. Tipo serpente
che stavo per prendere la pelle! >>
Scoppiai a
ridere.
<< Già, mi
ricordo. Beh, stavo scherzando non preoccuparti. Io sono coscienziosa a
differenza tua! >>
<< Ah, a
differenza mia?! >> mi fece eco, prese il
cuscino e mi colpì.
Mi alzai a sedere
con una finta faccia indignata, togliendo i capelli davanti al viso.
<< Vuoi la
guerra, Scorpius?! >>
Ma non gli diedi
tempo di rispondere, iniziando a prenderlo a cuscinate.
Fu una lotta impari, lo sapevo fin dall’inizio. Io ero agile, ma lui più forte
e più agile di me, merito anche degli allenamenti di Quidditch.
In breve, mi bloccò sul materasso togliendomi il cuscino.
<< Okay okay, mi arrendo >> ridacchiai, respirando
affannosamente, sollevando ritmicamente il torace verso di lui. Mi accorsi che,
respirando così, gli sfioravo ogni volta la canottiera con il mio seno.
Arrossii violentemente. Lui si ritrasse e tornò a sedere.
La tensione
scivolò via da sé, perché iniziammo a parlare delle vacanze e ben presto ci
dimenticammo dei nostri imbarazzi. A volte con lui mi sentivo come due anni
prima, senza un briciolo di vergogna in tutte le situazioni. Ma purtroppo stavamo crescendo.
šsšt›s›
Per ringraziarvi dei commenti che mi avete lasciato,
così numerosi che mi hanno fatto stupire, ecco qui il 12esimo capitolo. Ed
anche il terzo anno è finito. Il prossimo cap sarà
ambientato al quarto anno. Spero di riuscirlo a postare presto come questo!
Baci, Erin.