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Autore: kleis87    01/12/2016    7 recensioni
Dopo l'aggressione a Saint Antoine la consapevolezza di Oscar sui suoi sentimenti per Andrè, che come una furia abbattono il muro di freddezza dietro il quale si era nascosta per tanto tempo. Come affronterà tutto quello che ne deriva? Una rivisitazione senza pretese della storia originale.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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A volte i violini tornano a suonare

Sei vestita di bianco e procedi leggiadra come la rugiada che scivola leggera sulle foglie al mattino. L’abito incorporeo ti sfiora le gambe con tocchi delicati, e la stoffa lo rende quasi trasparente nella sua evanescenza. La chiesa è adornata di rose bianche, identiche a quelle della corona di fiori che si intreccia nei tuoi meravigliosi capelli biondi. Sorridi e non puoi farne a meno perché sei felice, la gioia traspare dal tuo viso illuminandone gli occhi; quasi brillano quando attraversi lo sprazzo di luce che si fa strada tra le vetrate della chiesa.

Non indugi nel tuo incedere e quasi mi corri incontro mentre ti aspetto, impaziente all’altare. È sempre così che ho sognato il tuo matrimonio, il nostro matrimonio. Ma resterà solo un sogno. Oggi è il giorno in cui sceglierai l’uomo che ti attenderà in qualche chiesa sontuosa, non ci saranno rose tra i tuoi capelli ma diamanti e zaffiri; degni di una regina, mentre io resterò qui. Indegno di te.

“Dio…”

Stringo forte il capo tra le mani, le dita si serrano intorno ai capelli, quasi tirandoli. Signore accecami ora; te ne prego, non voglio vedere la donna che amo andare in sposa ad un giovane aristocratico! Il tempo sta correndo così veloce, è già tardi, presto sarà il tramonto e le carrozze con i pretendenti affolleranno il vialetto. Ma tu non sei venuta. Sono qui che ti aspetto, nella mera illusione di vederti apparire da un momento all’altro.

 Non posso più restare qui, proprio non posso. Tutto questo è troppo anche per me.

Lascio il letto che mi ha accolto per tutto questo tempo. Sono rimasto rintanato qui dentro per quasi tutta la notte e gran parte della giornata. Ho esaurito tutte le energie, le forze; la determinazione del mio amore è sempre costante ma è affievolita da questo giorno triste; il dolore sordo al petto si irradia fino al centro del mio cervello, mandandomi immagini di te che danzi, meravigliosamente abbigliata, tra le braccia di un altro uomo. Un riso dal sapore aspro e più amaro del veleno si forma sulle mie labbra, mai avrei creduto di poter morire nuovamente di gelosia come una notte di tanti anni fa. Egoisticamente tirai un sospiro di sollievo quando ti vidi tornare, in lacrime; perché capì, che in qualche modo eri ancora mia, ma oggi non so come affrontare tutto questo dolore. Domani. Si domani sarò ancora accanto a te, penserò a qualcosa ma oggi devo andare via Oscar. Perdonami se puoi.

 Apro la porta lentamente, non voglio incontrare nessuno, specialmente mia nonna. Leggerebbe dentro di me tutto questo dolore e non voglio far stare male anche lei.

Il corridoio è vuoto, attraverso svelto l’arco delle cucine oltrepassandolo, ritrovandomi nella sala patronale; sede della festa. È una stilettata al cuore poiché è tutto meraviglioso per essere all’altezza del tuo splendore e della tua grazia. Il salone è riccamente addobbato di fiori freschi, e le candele sono state elegantemente posizionate sul tavolo del rinfresco adornato anch’esso di fiori. Sarai meravigliosa stasera amore mio, proprio per questo motivo devo andare via.

Tiro un sospiro profondo e attraverso il salone nella penombra creata dal sole che inizia a calare, mi infilo nel secondo corridoio procedendo a passo spedito verso le cantine. Sono arrivate pressoché illeso, le poche persone che ho incontrato durante il cammino sono troppo impegnate ad assolvere ai propri compiti per curarsi di me. Infondo ho sempre fatto questo nella mia vita. Abbasso la maniglia ma una mano sulla spalla mi fa voltare all’improvviso.

“Signor Generale.”

“André, stai recandoti nelle cantine per assolvere a qualche compito? “

Il suo sguardo è glaciale, non trapela alcuna emozione dai suoi occhi, ma la vena quasi accusatoria della sua voce non mi sfugge; lo conosco troppo bene per non accorgermene.

“Io…Sì signore, mia nonna mi ha chiesto di rimboccare i decanter in vista della serata ..”

Mento spudoratamente, di certo non potrei dirgli che mi reco in cantina per rubare qualche sua pregiata bottiglia e ubriacarmi perché sono innamorato di sua figlia e sto impazzendo di gelosia. Sarebbe un pensiero talmente inaccettabile per lui che so, e lo so davvero, che arriverebbe ad uccidermi per una simile blasfemia.

“Capisco.”

Non è convinto fino in fondo della mia risposta. Come potrebbe? Non mi crederei nemmeno io. Anche perché non c’è traccia di decanter in giro.

“Ad ogni modo, ti avrei fatto chiamare domani, a patti stabiliti, ma visto che siamo qui non vedo perché non parlarti in questo momento.”

Patti stabiliti. Oscar non è un contratto, una cosa da comprare e vendere per i propri benefici. So che ama sua figlia profondamente, e che questa festa è la dimostrazione di un atto d’amore di un padre che prova a redimersi ma… tuo padre non ti ha mai capita amore mio, e non riesce a farlo neanche adesso. Crede di agire per il meglio, per proteggerti; ma tu … tu non ne hai bisogno. Ci sono io per te.

“Ditemi pure signor Generale, vi ascolto “

Chino leggermente il capo, in segno di rispetto a quest’uomo che, nonostante tutto, rappresenta l’unica figura paterna che io abbia mai conosciuto.

“Ho apprezzato sempre di più nel corso degli anni la tua devozione a mia figlia; e sono fermamente convinto che l’averti messo al suo fianco sia stata una delle migliori decisioni della mia vita.”

C’è qualcosa che non va in questo discorso, troppe lodi per un essere inferiore come me.

“La parsimonia con la quale ti sei dedicato ad Oscar nel tempo è una dote molto apprezzabile in un servo, e volevo farti presente che è un aspetto di te che sono certo che ti aiuterà a trovare lavoro presso un’altra casa nobiliare, nel caso in cui, il futuro marito della tua padrona non voglia prenderti a servizio o nel caso in cui tu non te la senta più di rimanere in questa casa. “

 Servo, marito, padrona. Solo freddo e ghiaccio. Lui sa che io l’amo. Tutto questo è per ricordarmi la disparità sociale che c’è tra di noi amore. So bene qual è mio posto signor Generale. Non l’ho mai dimenticato, e lotterò per questo, potete starne certo.

“La ringrazio molto signor generale, ma vedete, io non sono più a servizio di vostra figlia; mi sono arruolato nella guardia parigina. Torno in questa casa perché è l’unico posto che ho conosciuto come casa e per far visita a mia nonna, ma se la cosa vi crea disturbo, troverò alloggio al più presto a Parigi. “

Anni e anni di duro lavoro su me stesso hanno fatto questo di me. Un uomo in grado di celare con la massima naturalezza le emozioni più devastanti. A quanto pare mi è tornato utile.

“Certo che no, non dire sciocchezze! Puoi tornare in questa casa quando vuoi. Sei un servo leale André.”

Conclude con due pacche cameratesche sulle spalle, lasciandomi poi nuovamente solo dinnanzi alla porta della cantine.

Sono questo anche per te Oscar? Solo un servo? Perché ti sei lasciata andare tra le mie braccia in questi giorni per poi infliggermi questo cocente dolore. Eppure io so di non essermi ingannato. Ti ho vista e sentita trasalire tra le mie braccia… le tue labbra bravano le mie quanto le mie le tue.  Mi passo nervosamente una mano tra i capelli, sto cedendo, non so come farò a sopportare il peso dei brandelli della mia anima lacerata. Non ora che tu sembri così cambiata, così diversa. Qualcosa che si muove attira la mia attenzione, lo avverto dal lieve spostamento d’aria. Qualcuno spiava ed ha ascoltato tutto il discorso.

“Chi va là?!”

Da un angolo nascosto nell’ oscurità fa due passi verso la luce Adeline che tiene in mano un decander vuoto. Lei deve davvero scendere nelle cantine per lavorare, evidentemente. Tiene gli occhi bassi. Non mi guarda. Forse ha paura di me per quello che le ho fatto. Come biasimarla? Sembra che queste mie mani siano in grado di dare solo dolore e di macchiarsi di crimini di cui non mi credevo per niente capace.

Il silenzio irreale viene spezzato dal mio respiro frustrato.

“Hai sentito tutto vero? “

Lei fa cenno di sì e poi finalmente mi guarda. Nei suoi occhi c’è una profonda tristezza, ma la sua, al contrario della mia, è una malinconia rassegnata. Deglutisco e distolgo lo sguardo. Non sopporto la pietà di nessuno. Ma questa fanciulla mia spiazza.

“Avevi ragione sai…”  La sua voce è, se possibile, dolcemente comprensiva, come quella di una madre.

“A proposito di cosa? “

“Di lei… lei è … meravigliosa. E ti capisco sai, è impossibile non amarla. “

La guardo basito. Se è per lo schiaffo che mi dice queste cose...

“Adeline io ti chiedo scusa ancora per lo schiaffo, non è da me comportarmi in questo modo … non devi dirmi queste cose per…”

Solleva una mano per zittirmi e si avvicina a me, il rumore delle scarpe risuona sul marmo lucido.

“Sono innamorata di te…”

“Adeline io…”  Faccio per interromperla ma lei mi fa cenno ancora con la mano di stare in silenzio mentre gli occhi, grandi e neri, le si riempiono di lacrime. Allora taccio e lascio che sia lei a parlare, mentre lacrime silenziose le solcano le guance arrossate.

“Ed essere innamorata di te è meraviglioso sai... nonostante io sappia che il tuo cuore non apparterrà mai a nessun’altra se non a lei. Il guardarvi per tutti questi anni ha portato in me la consapevolezza che, merito un amore come il vostro, indissolubile. Eterno. “

Non so cosa dire. Quanto dolore può esserci in tutti noi? Perché la vita si fa beffe dei nostri cuori? Sarebbe stato tutto più semplice se mi fossi innamorato di lei, a quest’ora avrei una casa, probabilmente dei figli, sarei felice. Ma questo pensiero non mi ha mai sfiorato. Ho solo pensato sempre a te, ho sempre voluto solo te. Questo non cambierà mai. Distolgo lo sguardo imbarazzato e vinto dal nostro stesso dolore.

“Per quanto può valere Adeline io non sarò mai per lei niente più di …”

“Non sei solo un servo André. Non per lei. “

Mi prende le mani, le stringe e mi sorride tra le lacrime. Perché ha cambiato idea così in fretta? Non può essere stato solo il mio schiaffo. Si alza sulle punte per lasciarmi un leggero bacio sulla guancia.  Mi sorride e fa per andarsene, ma si ferma.

“Vai pure a prendere ciò che devi André, e passa per il retro. Distrarrò io tua nonna.”

Sorrido. È davvero la ragazza dei fiori. Ha portato un po’ di ristoro in quest’animo buio e tormentato. Finalmente apro la porta e percorro lentamente le scale che portano ai locali dove vi è l’immensa riserva de Jarjayes.

Fa freddo qui dentro, si ghiaccia. O forse è il mio cuore che si è congelato. A volte vorrei davvero che fosse così, magari smetterei di soffrire. Mi dirigo con sicurezza verso gli scaffali di destra, dove sono conservate le annate più prestigiose, “i vini delle grandi occasioni” e sorrido al ricordo di noi due, poco più che ragazzini, che sgattaioliamo di notte, dividendo una candela, per rubare qualche bottiglia semplicemente per il gusto di farlo.

Leggo l’etichetta, annata del 67, uno dei più pregiati, dal sapore forte e intenso e maledettamente alcolico. Perfetto. Ripercorro a ritroso la strada che mi ha portato fino a lì nascondendo il mio prezioso bottino.

Apro di nuovo la porta e mi affaccio, Adeline ha fatto un buon lavoro, non si vede nessuno in giro, Se mia nonna mi beccasse con questa bottiglia tra le mani mi ucciderebbe. Non posso fare a meno di sorridere. Tutto sommato sono stato molto fortunato nella mia vita, seppure di umili origini e orfano, non mi è mai mancato l’affetto e non ho mai sofferto la fame; destino toccato alla maggior parte di quelli come me.

Attraverso le cucine velocemente, conosco questa casa come il palmo delle mie mani, e potrei percorrerla anche al buio. Apro la porta sul retro, lasciando che gli ultimi, timidi raggi di sole sciolgano il nodo ghiacciato che mi si è formato sul cuore. Ma non indugio. Proseguo verso le scuderie, apro rumorosamente il portone e sorrido al nitrito di saluto di Cesar ed Alexander, lasciando una carezza sul muso prima di uno e poi dell’altro cavallo. Sello Alexander, compiendo quei gesti che ormai fanno parte di me, anche se in questo momento sono dettati dall’inquietudine e dall’amarezza. Infilo la bottiglia nella sacca della sella di Alexander e lascio una carezza sul suo collo. Prendo le briglie e lo guido fuori dal box.

“Andiamo vecchio mio. “

È il fedele compagno di mille avventure. Lo conduco con calma fuori dalle scuderie, il sole è ormai quasi tramontato.

 Evidentemente non sono stato abbastanza veloce, sarei dovuto partire prima perché una carrozza nobile si avvicina a passo spedito verso il cortile d’ingresso della tenuta.

Conosco molto bene quello stemma. Si ferma all’ingresso e dall’abitacolo ne esce un uomo dai lunghi capelli chiari. Volto lo sguardo verso destra e vedo il Generale andargli incontro tendendogli amichevolmente la mano.

“Comandante Girodelle , è un vero piacere avervi qui !”

Il volto del padre di Oscar è ossequioso, quasi accondiscendente. Si riduce davvero tutto a questo la nostra vita amore mio? Che senso hanno avuto tutte le battaglie, le privazioni, le punizioni? Tutto ciò che sei sempre stata, la donna che sei diventata, a dispetto delle etichette e dei pregiudizi. Ne sono così amareggiato Oscar. Ecco come mi sento. Impotente. Non ho il potere di proteggerti. Non questa volta.

“Generale, il piacere è davvero tutto mio. È da quando conobbi vostra figlia che ho sempre sperato di poter avanzare la mia proposta e spero sinceramente che possa essere accolta.”

Oh lo so bene che è tutta la vita che aspetti. Li vedevo anche io gli sguardi che le lanciavi a corte. Come potevo non notarli? Era il medesimo sguardo che io, posavo su di lei.

“Per quanto mi riguarda, questa festa è una pura formalità. Vi prego di accomodarvi in salone, provvederò subito a farvi servire da bere.”

Sto per vomitare. Ne ho davvero abbastanza, queste parole e le mani di tue padre sulle spalle segnano davvero il limite della mia sopportazione.

Salgo su Alexander, ma prima lancio un’ultima occhiata verso il tuo balcone. Sei li amore mio? A farti bella per questi uomini che di te non sanno nulla se non il buon nome che porti? Sii forte Oscar. Amica, compagna e mio unico, grande amore.

“Sii forte amore mio...”

È un sussurro il mio, una speranza lanciata verso questa prima stella della sera che fa capolino nel cielo senza nuvole di una notte imperfetta e dolorosa. Lancio Alexander al trotto per allontanarmi almeno un po’ da te, e da questo tormento che mi logora il cuore.

 

 

 

 Da quanto tempo sono qui? Non riesco a ricordare nemmeno il momento in cui sono sceso da cavallo e mi sono seduto su questa panchina. È stato Alexander a portarmici. Anche lui sa che non potevo allontanarmi troppo da te, ma che nemmeno potevo starti troppo vicino. Il posto delle fate. Mi volto in direzione della tenuta e vedo che è illuminata da mille o forse più candele. Che spreco immane in una Parigi dilaniata dagli stenti e dalla fame. Appoggio i gomiti alle ginocchia prendo la testa tra le mani. Finalmente le sento le lacrime, che coraggiosamente fino ad ora si ostinavano a restare nascoste dietro ai miei occhi. Sei già scesa Oscar? Ti stanno già ammirando? O forse per le troppe danze sei uscita in giardino a passeggiare? Devi essere stupenda alla luce della luna che, stanotte ha superato se stessa nel suo fulgore.

Un singhiozzo sfugge dalle mie labbra. Perché? Perché deve accadere tutto questo?

“Non piangere André…”

Alzo il busto di scatto. La tua voce. Non posso averla sognata. Non ho ancora bevuto un goccio, non sono nemmeno brillo. Un alito di vento mi sfiora, portandomi prepotentemente il tuo profumo alle narici, mi attraversa la pelle e sento che il cuore inizia a battere furiosamente, mi rimbomba nelle orecchie. Sono solo un servo, Oscar. Perché sei qui?

“Non..non dovresti essere qui…” provo a fermare il tremito nella mia voce . Ma non ci riesco, non riesco più a trattenerle le mie emozioni.

“E dove dovrei essere?”

Flebile sussurro il tuo, alito di vento in una sera di maggio.

No, allora non ti ho sognata. La tua voce alla mie spalle mi attraversa, mi trafigge. Amore mio, sei venuta da me. Quanto ti ho aspettata… tu non sai quanto.

“ Non lo so Oscar… a palazzo, in qualsiasi luogo , a cercare l’uomo che diventerà tuo marito. “

Il tono della mia voce è talmente incerto che non convince neanche me. Non convincerebbe nemmeno un bambino.

“Beh… se lo scopo di questa serata è proprio ciò che tu dici allora…allora non dovrei essere in nessun’altro posto André… se non qui. Con te!”

Oh Oscar. Allora è vero. Questi giorni, i tuoi occhi languidi, non erano frutto della mente di uno stupido innamorato. Sei qui, per me.  Ma devo chiedertelo, perché l’ultimo dubbio mi attanaglia il cuore.

Non riesco a girarmi. Ho paura che il mio sia solo un sogno. Scontrarmi con la realtà sarebbe troppo doloroso per me.

“E Girodelle? Lui … io, poco fa, l’ho visto parlare con tuo padre. Sembrava tutto deciso… “

“Oh beh sì... Io ho parlato con lui. Gli ho detto che non potevo sposarlo e che avrebbe dovuto dimenticarmi e…in fretta anche! “

C’è la leggerezza dell’innocenza nella tua voce. Come se poi fosse facile dimenticarsi di te. Finalmente mi decido a voltarmi, voglio guardarti negli occhi amore mio, e leggervi ciò che aspetto da tutta la vita.

 Asciugo le lacrime, che silenziose sono morte nel sorriso che solo tu potevi far nascere stanotte sul mio viso. Sospiro e mi volto. Sento il respiro che si ferma nei polmoni. Mi sento mancare l’aria e quasi mi tremano le gambe, temo che, se non fossi stato seduto, sarei stramazzato al suolo per quanto sei bella. Sei fasciata in un meraviglioso abito azzurro. La vita è stretta e il seno, il tuo meraviglioso seno, messo in risalto dall’abito si alza e si abbassa convulsamente al ritmo del tuo respiro accelerato. Ti guardo con una sfrontatezza che non ho mai avuto. Ma davvero non riesco a staccarti gli occhi di dosso. I capelli sono sciolti, come piacciono a me, e li hai portati meravigliosamente solo su un lato. Alcuni riccioli si adagiano, sfrontatamente su un seno.

Ho la bocca talmente secca, che non so se riuscirò a proferire parola mai più.

“Mio Dio Oscar. Sei una visione… io … Dio sei così bella…”

E non è per l’abito. È per la luce nei tuoi occhi, che illumina il tuo viso, privo di qualsiasi belletto. Sei meravigliosa così. Non ne hai bisogno. Abbassi lo sguardo imbarazzata e ti immagino arrossire.

“Girodelle non ti dimenticherà facilmente Oscar. Non dopo averti vista con quest’abito.”

Alzi il viso, puntando le tue meravigliose iridi azzurre nelle mie.

“Oh beh. Di questo non devi preoccuparti perché non mi ha vista così. Alla festa mi sono presentata in alta uniforme” sorridi ed il tuo sorriso mi fa perdere un battito “ho anche ballato con qualche dama sai?”

Ti lasci andare ad una risata liberatoria, ed io sorrido come un ebete perché la gioia è tanta e non so davvero come contenerla.

“Questo vestito io…. È per te André. Solo per te. “

Solo per me… solo per me!

“Non sei solo un servo André. Non per lei. “ Le parole di Adeline mi risultano così vere adesso.

Non ridi più e ti tremano un po’ gli occhi. Continui a torturarti le mani per l’imbarazzo, ma non devi vergognarti mai più di ciò che provi Oscar. Adesso ci sono io a proteggerti.

Ti tendo la mano.

“Vieni Oscar, vieni a sederti qui… accanto a me. Vuoi?”

Annuisci debolmente e prendi la mia mano nella tua, la stringi. La sento che trema, e tu Oscar lo senti il mio cuore che trema per te? Ti faccio posto sulla panchina e ti siedi, portandoti le mani in grembo, ma non lasci la mia. Guardo le nostre mani intrecciate. Mi sembra di sognare. Ma hai bisogno di calmarti, lo vedo che sei nervosa.

Un silenzio singolare ci avvolge. Solo il canto dei grilli, e il frusciare leggero di un vento timido tra le foglie.

“Come hai fatto Oscar? A presentarti vestita da uomo e poi sgattaiolare di nuovo in camera e venire qui? Non sei passata dal balcone vero? Non con questo vestito! “

Sorridi ancora, stasera sembra che tu voglia sorridere per tutte le volte che non lo hai fatto.

“Non sono tornata in camera. Mi ha aiutata Adeline !”

“Adeline ?” sono davvero incredulo

“Si, le avevo chiesto di aspettarmi nelle scuderie con tutto l’occorrente e mi ha aiutata a vestirmi. Mi ha anche accompagnata fino a qui reggendo la torcia e facendomi luce. Non è facile camminare con quest’abito di giorno! Figurati di notte! Soprattutto per me che non sono abituata.”

Oh piccola Adeline. Grazie, grazie dal profondo del mio cuore. Lascio scivolare via la mano dalla tua, e porto dietro l’orecchio una ciocca di capelli, in modo da poterti guardare bene in visto. Ti volti verso di me e se è possibile sei ancora più bella di pochi secondi fa. Si adesso lo vedo il rossore sulle tue gote, e piano, lentamente le accarezzo, ho quasi paura di romperti per quanto mi appari fragile ed eterea.

Ti guardo negli occhi. Voglio infonderti la calma ed il coraggio per farti compiere l’ultimo passo, quello più importante, verso il mio cuore.

“André, io…”

Ma una musica interrompe le tue parole. Le note di un violino, portate dal vento, riempiono l’aria. Sono l’ultimo miracolo di una serata perfetta. Chiudo gli occhi e sospiro dolcemente.

“Camille….”

“ Camille???”

C’è una leggera irritazione nella tua voce. Comprendo che può sembrare alquanto sconveniente pronunciare il nome di un’altra donna mentre sono qui con te. Così mi affretto a rispondere, ma mi scappa un po’ il sorriso di fronte alla tua reazione di evidente gelosia.

“No aspetta Oscar. Non è come credi!”

Prendo entrambe le tue mani tra le mie. Come sono piccole e sottili in confronto alle mie grandi e indurite dal lavoro.

“Camille è solo una bambina, ha 12 anni ed è la figlia di un contadino mio amico che abita in una piccola casa proprio laggiù “ti indico il limitare dei cancelli della tenuta, ho lasciato la tua mano ma il distacco è così doloroso che la riprendo subito tra le mie.

“Vedi Oscar… io dopo che ti avrò detto questa cosa, spero tu non sarai adirata con me ma… ricordi ieri mattina quando ci siamo scontrati fuori dalla tua stanza? “

Mi fai cenno di sì, ed io stringo un po’ più forte le tue mani.

“Beh io stavo andando a prendere uno dei tuoi violini, uno di quelli che non usi più per regalarlo a Camille. Lei... vedi Oscar, lei non ha mai avuto la possibilità di studiare musica ma ebbe in eredità da suo nonno, che era precettore presso un nobile, un violino malandato ed appena lo toccò fu come magia. Le note albergano in lei. Questo mi raccontò suo padre, ma mi disse anche che purtroppo il violino era in condizioni irrecuperabili e che non poteva permettersi di comprare il pane, figuriamoci un violino! Così io…ho pensato che, visto che tu quelli non li usi più da tanti di quegli anni… “

Mi interrompi con un entusiasmo tipico di una bambina.

“Oh André, non sono affatto adirata con te! Hai fatto benissimo!  Ma non basta di certo! Provvederò domani stesso a farle avere un insegnante privato di musica, ovviamente a spese mie! “

Ti guardo tra il trasognato e l’incosciente. Non credo di poter essere più felice in questo momento. È questa la donna che amo. Fisso il tuo viso, chiudi gli occhi per meglio sentire il dolce suono delle note del violino di Camille. Sorrido e ti imito, non prima di stringere forte la mia mano nella tua.  

“André…”

Quante volte ho sognato una tale dolcezza nella tua voce?

“Si?”

Ti guardo, hai ancora gli occhi chiusi, ma poi li apri e volti il tuo sguardo al cielo. Perso tra le stelle.

“A volte, pensiamo che le cose non ci servano più, e le posiamo in soffitta, senza renderci conto di quanto sia indispensabile il loro suono nelle nostre vite. A volte André, i violini tornano a suonare. E la melodia è ancora più bella, anche se diversa…”

Ti volti finalmente a guardarmi. Parli di me Oscar? Della musica del mio cuore? Sei l’essere più bello del mondo e il mio sguardo ti accarezza, non sprecheremo più nemmeno un momento amore mio. Nemmeno un istante.

Abbasso gli occhi, sorrido di questa felicità che prorompente straripa dal mio cuore.

“Sai cosa c’è? Il cielo stanotte è meraviglioso, la musica è incantevole e tu … tu sei splendida Oscar. Questo vestito non deve andare di certo sprecato...!”

Mi alzo, mi aggiusto la giacca e teatralmente mi piego in un inchino.

“Madamigella, volete farmi l’onore di danzare con me?”

Apri la bocca, sei stupita da questa mia richiesta. Ho sempre celato al tuo sguardo l’André intraprendente e tu sei a digiuno di faccende d’amore, ma nonostante questo lo vedo bene che leggi tutto l’amore del mondo nei miei occhi. Ti sorrido per incoraggiarti, tendendoti la mano che resta sospesa a mezz’aria per qualche momento, prima che tu, finalmente la riempi con la tua.

Arrossisci e mi sorridi, chinando il capo in un piccolo inchino divertito.

“Con vero piacere Monsieur!”

Ti metto una mano in vita e tu appoggi la tua sulla mia spalla, è fuoco sulla pelle questo contatto. Le nostre mani si stringono ed iniziamo a danzare, cullati dalle dolci note di Camille.

Non riesco a staccare gli occhi dai tuoi, sei così raggiante, meravigliosa. Mi pare di non aver parole per descriverti. Ti faccio fare un piccolo giro per poi prenderti di nuovo tra le braccia. Mi calo leggermente alla tua altezza, sento i capelli solleticarmi il viso.

“Sai Oscar, ci sono molteplici vantaggi nel non essere nobili!”

Mi guardi stupida. Ed io sorrido e mi abbasso un po’ di più, in modo tale da avvicinare la mia bocca al tuo orecchio.

“Si…” È un sussurro roco il mio, perché il tuo profumo mi colpisce violento il cuore “per esempio… non devo per forza badare all’etichetta e posso stringerti quanto voglio…”

Con un gesto secco porto i nostri corpi ad aderire. Ti sento sussultare, per un secondo ti irrigidisci, ma poi lasci andare il capo sul mio petto e stringi forte la mia mano nella tua.

Non so da quanto tempo stiamo danzando e non me ne importa. Camille ha smesso di suonare, ma continuo a stringerti a me. Non ti lascerò andare mai più. Ti sento muovere il capo e lo sollevi leggermente, spalanchi gli occhi alla vista del cielo completamente trapuntato di stelle. Qualcuno lassù ci ha fatto un regalo, donandoci una notte perfetta.

“Guarda André! Guarda quante stelle… è così bello!”

Ma non ci riesco Oscar a staccare i miei occhi dal tuo viso. Il tuo sguardo trasognato è la cosa più bella che io abbia mai visto, e illuminato dai raggi della luna sei quasi evanescente. E sei qui tra le miei braccia. Finalmente i tuoi occhi incontrano i miei. Ci siamo fermati. Ora non danziamo più. Ci siamo solo noi. I miei occhi nei tuoi. Ho una voglia matta di baciarti, sento fuoco liquido nelle vene. E le tue labbra, rosse e leggermente dischiuse sono troppo invitanti. Appoggio la fronte alla tua. Voglio sentirti più vicina, ancora più vicina Oscar…

“André …. Io …”

Per l’amor del cielo Oscar parla. Non riesco più a controllare il mio respiro, i movimenti sono così lenti, sfioro il mio naso con il tuo piano, adagio vi poso un lieve bacio. Il tuo respiro aumenta, se possibile, ancora d’intensità; e percepisco chiaro il battito furioso del tuo cuore contro il mio petto.

“Dimmelo Oscar…. Dimmelo…”

Chiudo gli occhi, sono ad un soffio dalle tue labbra. C’è davvero solo lo spazio di un respiro.

“Non resisto più…” è un sussurro il mio

“Io ti amo André, come mai avrei creduto si potesse amare qualcuno!”

La tua bocca è nettare degli dei, mille volte più dolce di quel ricordo tormentato. Ti bacio amore mio, finalmente, come avrei voluto fare da tutta una vita. Un mugolio di piacere esce dalla mia gola. Ero morto fino ad ora, sto rinascendo nella tua bocca. Piano le braccia accarezzano la tua vita risalendo fino alle ascelle; accompagnando il movimento delle tue braccia che mi cingono il collo. Torno alla tua schiena e ti stringo se possibile ancora più forte. Piano dischiudo le mie labbra, invitandoti a fare lo stesso. La mi lingua ardita ti lambisce, ti accarezza e nonostante la timidezza ti lasci guidare dalla mia in una danza che è istinto ancestrale. Il silenzio intorno a noi è rotto dai nostri respiri affannati, ti stringo così forte che ho paura di farti male. Impercettibilmente ti spingo fino all’albero dove qualche giorno fa avrei voluto toglierti il respiro con i miei baci. I sogni a volte si avverano.

Ci stacchiamo per riprendere fiato, il respiro è ancora più affannato di prima. Ti guardo come non ho mai potuto fare.

“Ti amo anche io Oscar, da tutta la vita … lo sai…”

Mi prendi il volto tra le mani.

“Oh André anch’io... Perdonami, perdonami se puoi!”

“shhh” ti zittisco un bacio. Non è la notte del perdono Oscar. C’è stata una notte per le nostre colpe, una notte per il nostro reciproco perdonarci, ma questa è la notte dell’amore.

Ti bacio il collo, lì in quel punto in cui ho sempre sognato di farlo. E sai di buono, di infinito e di estate. Ti mordi impercettibilmente il labbro inferiore e questo se possibile, accende ancora di più i miei sensi.

Tocco un seno, dio com’è morbido è sodo al contatto, sta perfettamente nella mia mano, scendo a baciarlo nella porzione lasciata scoperta dall’abito per poi risalire lungo il collo. La mia mano scende, inevitabilmente versi il fianco e poi più giù, i tuoi glutei sodi riempiono le mie mani e ti spingo verso di me.

Devo fermarmi. Mi stacco dalla tua bocca rumorosamente; allontano le mani da te in un gesto quasi stizzito e mi abbandono contro l’albero di fianco a te. Chiudo gli occhi e provo a respirare. L’aria fresca della notte non porta alcun giovamento al mio spirito che è stato per troppo tempo represso.

“André… ho forse fatto qualcosa di male? Perché ti sei allontanato?”

Sei così tenera e dolce, passionale. Esattamente come ho sempre saputo che fossi.

“Oh Oscar no…” Prendo la tua mano tra le mie e la stringo forte. Ormai il contatto con te mi è diventato vitale come respirare.

“Solo che… ti ho desiderata per tutti questi anni, e sei così bella che averti tra le braccia mi ….”

Eccita terribilmente. Come faccio a dirtelo? Sento la mia virilità premere prepotentemente contro la stoffa dei pantaloni, se non mi acquieto sarei capace di farti mia contro quest’albero.

“… turba… ho bisogno di qualche secondo per calmarmi… “

Ti guarda dall’alto e ti sorrido. Sei tutta rossa.

“Oh…” e ti porti una mano alla bocca, piacevolmente sorpresa.

Il mio amore è carnale Oscar. È sentimento e cuore ma allo stesso momento è carne e sangue. Abbandoni dolcemente il capo sulla mia spalla ed io lascio scorrere la mano tra i tuoi meravigliosi capelli biondi, fino a cingerti per stringerti forte a me.

Passa non so quanto tempo, dove noi muti, ci nutriamo dei nostri silenzi, che ora sono dolci e pieni d’amore; ma ti sento tremare, effettivamente le temperature notturne sono tutt’altro che miti ed il vestito scollato lascia abbondanti porzioni di pelle esposte a questo venticello.

“Che ne dici di tornare a casa Oscar? Ormai gli ospiti saranno andati tutti via… e tu stai tremando di freddo! “

Ho gli occhi chiusi e la guancia appoggiata alla tua testa che vedo annuire lievemente. Lascio un lieve bacio tra i capelli e a malincuore mi allontano per andare a riprendere Alexander.

Volto lo sguardo all’albero e vedo che ti avvicini, fluttui in una nuvola rosa con i capelli mossi dal vento. Sei una dea. E lo sei per me da stanotte e per tutte le notti a venire.

“Vieni “ti tendo la mano, e ti lascio un lieve bacio sulle labbra. Ho perso il conto delle volte in cui ho sognato di farlo, ti cingo la vita e senza il minimo sforzo ti prendo in braccio per accomodarti sul cavallo.

Salgo anche io e mi posiziono dietro di te. Ti accoccoli contro il mio petto, e sento i tuoi capelli solleticarmi il viso. Mi abbasso a guardarti, siamo di nuovo occhi negli occhi ed i tuoi sono così belli e profondi che ho paura di perdermici.

“André… non voglio più stare lontana da te. Mai più!”

È così sicura e risoluta la tua voce. È il comandante che parla per la donna innamorata adesso.

“Ma certo Oscar. Adesso che anche l’amore ci unisce, niente potrà più dividerci!”

Ti lascio un bacio voluttuoso sulle labbra, sono una dolce perdizione; è come annegare senza voglia di riprendere mai fiato. Ti lascio un altro bacio sulla fronte e ti stringo forte a me.

Mando il cavallo al trotto, verso la tenuta; verso il domani che finalmente ci vedrà insieme.

L’André malinconico lo lascio qui, in questo luogo incantato, come una vecchia bottiglia di vino pregiato abbandonata su una panchina bianca, in una notte in cui le stelle sono scese a far brillare l’aria di luce.

 

 

 

 

 

Eccoci arrivati alla fine della mia storia! Volevo ringraziare tutte le persone che hanno letto e un ringraziamento particolare alle persone che hanno speso un momento per recensire. Avevo pensato ad un ipotetico capitolo che descrivesse la loro “prima notte”, ma è una cosa che mi fa paura! Poi chissà… magari un giorno! Baci a tutti e grazie ancora!!!

  
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