“E con questo abbiamo finito il programma di ben
due anni… ora ti puoi prendere un poco di riposo James, la prossima settimana
avrai tutte le sere libere.”
Disse una stanca Lily, poggiando i libri di
aritmanzia ormai non più necessari uno sopra l’altro. Non si accorse nemmeno
che James la stava fissando. Non fissando come un predatore fissa la sua preda,
ma come un uomo fissa un suo simile di cui conosce perfettamente la dinamica
interiore.
In quell’ultimo periodo (erano passate tre settimane dal funerale dei Nimbus) Lily era praticamente divenuta apatica. Non rideva, non piangeva, quasi non mangiava e parlava solamente durante le lezioni. Era sempre sola, si scostava da coloro che tentavano di avvicinarlesi e la si poteva vedere sempre camminare di corsa dalla camera alla classe o viceversa, col capo chino e i libri tenuti saldamente fra le braccia.
Aveva il morale a terra, questo era evidente; ed era
evidente che stava entrando anche in una brutta depressione. E meno male che
gli aveva fatto capire che andava tutto bene… tsè, ma cosa si poteva aspettare,
che l’avesse perfino detto sul serio?! Il giorno del funerale era a dir poco
sconvolta. Si sentiva in colpa, la conosceva troppo bene per non essere
arrivato a capire questo. E si sentiva in colpa perché aveva già sbagliato una
volta, dimostrandosi come una vera stronza nei confronti di Solaria e non come
la sua migliore amica… e quella volta il suo comportamento l’aveva fatto
imbestialire, se lo ricordava anche fin troppo bene. In quel periodo era
davvero una insensibile stregaccia con il puntiglio della perfezione, così
razionale da essersi totalmente dimenticata di accendere il cuore per
sciogliere un poco quel gelo di cui ogni sua parola, ogni suo atto, ogni suo
sguardo era pregno.
Ma adesso… oh, adesso era tutto cambiato. Il cuore
finalmente si era messo in moto, e il gelo aveva lasciato posto ad un tenero
tepore: e di questo grande cambiamento doveva ringraziare sicuramente i fatti
accaduti in quegli ultimi anni. No, non solo gli eventi tristi, che sicuramente
l’avevano colpita parecchio costringendola a ragionare sui suoi sentimenti, o
sulla quasi mancanza di essi… Ma anche gli eventi felici, in cui era riuscita a
capire quanto fosse bello avere degli amici e una famiglia da amare. Perché, ne
era certo, fino a quel momento lei non aveva mai provato un sentimento più
profondo della rabbia e del disprezzo. Tutto il resto le era indifferente.
Solaria… lei era stata la luce della sua vita. E
poi, naturalmente, erano entrati nel suo mondo anche tutti loro, i Malandrini.
Insomma, Lily ora era un vero fiore di ragazza:
tenera, dolce, gentile e comprensiva come si addice al gentil sesso, ma anche
forte, estremamente testarda, assai intelligente e… assolutamente bellissima.
E, senza contare che era una sua amica… beh, amica era riduttivo. Era un’amica
a cui teneva davvero tanto, tantissimissimissimo. No come teneva a Solaria, no…
Solaria per lui era la sorella che mai aveva avuto. Lily, a questo grande
sentimento, aggiungeva anche una forte attrazione che l’aveva avvinto fin dalla
prima volta che l’aveva vista.
Doveva riuscire a tirarle su il morale, per la barba
di Merlino! … non ce la faceva proprio a vederla in quello stato, abituato
com’era a ritrovarsela davanti tutta pimpante con una gran voglia di fare
l’acida con lui, oppure gentilissima con la gioia riflessa negli occhi
luminosi.
E poi, bisogna considerare che lui non avrebbe
permesso né tollerato che l’anima di un’altra persona a lui cara fosse
oltraggiata in quell’orribile modo, ossia facendola divenire l’ombra di se
stessa.
“Che fai sabato?” Le chiese.
“Devo studiare.”
“E sabato prossimo?”
“Penso che dovrò studiare lo stesso.”
“Quando sei libera?”
“Ultimamente c’è molto da fare…”
“Ok. Allora passo a prenderti domani alle nove per
andare ad Hogsmead. Non preoccuparti per i libri, li riporto io in Biblioteca.
Tu incomincia ad andare a prepararti per domattina. Buonanotte Lily!” E, senza lasciarle
il tempo di protestare, prese i libri e si allontanò dalla stanza, con un
sorriso soddisfatto nel volto.
Sabato mattina, ore nove e venti: Lily non era
ancora scesa dalla sua stanza, e un James sempre più accigliato la attendeva
davanti all’uscita del dormitorio femminile, con le braccia incrociate ed uno
sguardo scocciato: se quei rumori di passi per i gradini non erano prodotti dai
suoi piedi, sarebbe salito su e l’avrebbe trascinata con se, che lo volesse o
meno.
Oh oh oh, non era lei, ma alcune ragazzine del
quarto anno, che come lo videro, arrossirono subito.
Chiese loro se sapevano dove fosse Lilian Evans, e
risposero di averla vista entrare nella sua stanza ancora in pigiama, con un
grosso libro in mano. Dopodiché le due ochette se ne andarono, sghignazzando
felici perché il loro idolo le aveva rivolto la parola.
James aspettò che la sala si fosse svuotata, poi si
trasformò in cervo e salì le scale. Una volta giunto nel corridoio che dava
alle stanze, si ritrasformò in ragazzo e fece memoria per trovare la sua
stanza… vediamo… sì, l’ultima a destra.
Aprì lentamente la porta. Lily era seduta sul bordo
della finestra aperta, col libro gettato per terra ai suoi piedi, ancora in
pigiama. Sospirò: ancora quello sguardo perso davanti a sé, vuoto, che invece
di guardare il mondo che la circondava rivolgeva la sua attenzione solo e
soltanto dentro se stessa.
Quando, entrando nella stanza, chiuse la porta con
rumore dietro di sé, lei voltò subito lo sguardo e lo poggiò su di lui.
Quegli occhi verdi… due specchi in cui ora si stava
perdendo… due oceani di tristezza che lo fecero vacillare inizialmente,
facendogli momentaneamente perdere la concezione della realtà.
Cavoli, non dovevano essere così, non era giusto… non
dovevano essere tristi quegli occhi! Non lo sopportava.
Cavolo James, pensa, cosa puoi fare per lei?!
“Vedo che ti sei vestita in modo davvero
interessante.” Disse, sorridendo lievemente.
Lei abbassò lo sguardo e gli disse: “Non vengo.”
“Dove?”
“Non vengo ad Hogsmaed.”
“Bene. Allora andiamo.”
“Ti ho detto che non vengo.”
“Ma non andiamo ad Hogsmad.”
“Non esco da qui.”
“Perché?”
“…devo studiare.”
“Hai finito tutti i compiti mercoledì.”
“Ci sono i nuovi.”
“Non è necessario fare i compiti per il mese prossimo
già oggi.”
“Mi piace tenermi in esercizio.”
Ah, così? Era un osso duro la ragazza. Bene, allora
avrebbe usato le maniere forti anche lui. “Ti ho detto che non è necessario.” E
così dicendo andò da lei, le tolse di mano la bacchetta infilandosela in tasca,
la sollevò di peso dalla finestra e se la caricò sulla spalla, prendendosi
qualche decina di ginocchiate e gomitate, nonché miriadi di schiaffi.
“Mollami James, mollami subito!” Gridò lei, furiosa.
“Fra un po’, ora calmati.”
“Mollami o…” Si zittì di colpo. Cosa poteva fargli?!
I suoi colpi non gli facevano effetto, e certamente non gliene poteva dare di
più forti dato che a malapena riusciva a reggersi in piedi per via di quella
profonda debolezza che da un po’ di tempo l’aveva impossessata; e poi, le aveva
sequestrato la bacchetta…
James, soddisfatto dal suo silenzio, uscì dalla
stanza e andò nel posto da lui scelto. Un posto che non poteva non tirarle su
il morale.
Uscito dai corridoi, salì immediatamente verso le
scale che conducevano all’ala ovest del terzo piano.
“Ma dove vai?! Questa parte è proibita a noi
studenti!”
“Suvvia, non dirmi che non sei mai stata nemmeno
nella Biblioteca Proibita?!”
“No!”
“Pfiu, ma cosa vengo a chiederti…” Commentò lui,
beccandosi un altro schiaffo dietro la nuca.
Continuò a camminare per corridoi semi bui e
dall’aria spettrale, molti dei quali si diramavano in altri corridoi a cui si
affacciavano numerose porte.
Poi, proprio mentre lei stava per protestare di
nuovo perché non si decideva ad arrivare a questo maledettissimo posto, svoltò
a destra ed aprì una porta, richiudendola subito dietro di sé. Poggiò Lily per
terra, la quale gli lanciò uno sguardo fulminante… ed infine si voltò a
guardare la stanza dov’era.
Beh… sembrava di essere all’interno di una giostra in
stile rococò, con pareti fatte di vetri ed un pilastro al centro dalle forme
sinuose ed affusolate. Tutta la stanza era poi dipinta a modo di un’enorme
vortice dei colori della loro casata, rosso e oro.
“Ma dove siamo?!” Chiese lei, sbalordita.
James la prese per mano e la trascinò verso il
centro della stanza. Poi pronunciò: “Giostra!”
Improvvisamente, con uno strattone iniziale,
pavimento e soffitto iniziarono a muoversi di un moto circolare uniforme, il
cui perno era il pilastro al centro, che sembrava attorcigliarsi intorno a se
stesso. Anche gli specchi, le cui forme erano le più strane, concave, convesse,
piatte, iniziarono a girare, mentre un’allegra melodia inondava la camera.
“Ma…” fece Lily, guardandosi intorno colta alla
sprovvista da quel mutamento.
James scoppiò a ridere a crepapelle, e subito lei si
voltò a guardarlo, accigliata:
“Che hai da ridere?!”
“Guardati!” Fece quello, indicandole gli specchi. Un
sorriso lentamente si delineò sul suo volto: davanti a lei appariva una ragazza
bassa e tarchiata, dalle forme di una palla, gli occhi giganteschi e rotondi;
subito dopo, appariva una gigantessa gobba, così magra che sembrava si stesse
spezzando in due; poi, ancora, la sua immagine apparve allungata ai lati… e
così via, un corpo diverso per ogni particolare specchio.
“Sì, ma tu non sei meglio!” Rispose lei, indicandolo
a sua volta. Per tutta risposta James si mise a fare mille smorfie e
pernacchie, cosicché le immagini uscirono ancora più buffe e deformi,
strappando a Lily una risatina di divertimento.
“Guarda ora!” Disse lui. Toccò la colonna, e subito
comparvero alcuni specchi a ricoprirla. Ora erano in un vero salone degli
specchi.
Lily, sedutasi per terra, si guardava intorno
estasiata: le immagini venivano ripetute miliardi e miliardi di volte da
qualunque lato si voltasse, cosicché sembrava di essere in un luogo infinito.
James iniziò ad ululare come un matto, sovrapponendo
la sua voce a quella della giostra, e costringendola a tapparsi le orecchie per
proteggere ciò che rimaneva dei suoi poveri timpani.
Poi iniziò a saltare, fare acrobazie e correre
intorno per la stanza come un matto.
Lei lo guardava, allibita, e rideva.
Ad un tratto non lo vide più. Stava facendo un dei
suoi giri e… si alzò, un poco traballante per via del movimento del pavimento,
e fece un passo avanti per vedere se lui c’era… ma un braccio la tirò forte
dall’altra parte, facendole prendere uno spavento terribile.
“Davvero molto simpatico!” Gridò lei, mentre lui
rideva come un matto dopo averla vista terrorizzata. “Non ridere! Non era
divertente! Sei un demente lo sai?!” Fece poi, e vincendo la paura di muoversi,
si mise a rincorrerlo, e subito una miriade di sensazioni la invasero
prepotentemente.
Bellissimo… non si era mai sentita in quel modo:
smarrimento totale, completa perdita della coscienza di ciò che ci circonda e
di ciò che si è. Tutto è tutto. Niente non esiste. La rivincita di Parmenide,
insomma.
Le pareva che le girasse la testa, ma invece era
solo il mondo intorno a lei che girava. Tutto era così seducentemente
incomprensibile… si sentì libera, libera di tutti i pesi che portava dentro di
se. Ad un certo punto, non capendo più
dove lui fosse, sentendo solo la sua voce rimbombare fra le pareti ed i suoi
passi affrettati dappertutto, si bloccò. La musica l’invadeva tutta,
confondendole piacevolmente ancora di più le idee. Chiuse gli occhi, mentre un
sorriso di puro diletto le compariva sulle labbra. Si sentiva volteggiare
volteggiare volteggiare… la forza di gravità non esisteva più… tutto attorno
girava… oh, com’era bello lasciarsi vincere da quella debolezza.
Si sentì cadere. Ma non gliene fregava niente,
aspettava solo il momento in cui il suo corpo avrebbe toccato quel pavimento
causandole probabilmente un lieve dolore a cui non avrebbe dato molta attenzione…
Ma quel momento non arrivò. Rimase sospesa fra la
terra e l’aria: qualcosa le impediva di andare giù.
Aprì lentamente gli occhi, e dopo essere riuscita a
mettere a fuoco la vista incontrò quelli preoccupati di James.
“Tutto bene?” Chiese lui.
Lily sorrise placidamente. “Come in un sogno.”
James l’adagiò lentamente a terra, poi pronunciò la
parola “Fine” e tutto si bloccò, mentre la stanza tornava lentamente
come prima.
“Questa è la stanza della pazzia – le disse poi,
sedendosi al suo fianco – serve a dimenticare, finché ci si è dentro, ciò che
accade.”
“Mi sembra di aver preso una grande dose di qualche potente sostanza stupefacente babbana!” Rise lei.
“Sì, l’effetto infatti è proprio quello:
estraniazione dalla realtà.” Rispose lui, con un sorrisino risaputo.
Lei lo guardò fisso negli occhi. Com’era bello…
affascinante in ogni suo comportamento, in ogni sua espressione, in ogni sua
parola. Eppure quel fascino la colpiva solo ora, dopo sette anni che si
conoscevano… beh, per forza: ora lui era diverso. Era cambiato. Era…migliore.
Peter Pan si era deciso a crescere, ed ecco sbucare fuori il più bel galantuomo
di tutti i secoli!
E pensare che aveva fatto tutto quello per lei…
“Per caso usi questa tattica con tutte le ragazza con
cui esci?! Le stordisci e poi ti diverti?!” Sbottò lei,guardandolo
maliziosamente.
“Tsé, non ho bisogno io di questi luridi giochetti
per avere tutte le ragazze che voglio ai miei piedi.” Fece lui, tronfio. ”E
poi, se proprio lo vuoi sapere, sei la prima che porto qui. Nessuno ha mai
visto questa stanza, a parte i Malandrini.”
“Stai
tranquillo, stavo scherzando. Comunque… grazie…” Disse poi, arrossendo
leggermente.
Lui allungò una mano e, con fare simpatico, le
scompigliò un poco i capelli sulla testa.
“Di niente, piccola fiamma!” Gli disse, fissandola
in viso.
“Ah, adesso sarei piccola fiamma? Prima non ero pel
di carota?!”
“Prima non mi stavi simpatica!” rispose lui, in sua
difesa.
“Sei un assiduo volta gabbana, allora!”
“Non è assolutamente vero, prima ti chiamavo così
per offenderti. Ma ho sempre ritenuto i tuoi capelli molto belli… sono così
scuri, così rossi… come la fiamma del fuoco.” Le rispose lui, accarezzando una
ciocca che aveva preso in una mano e fissandola come fosse l’oro più prezioso del
mondo. Lily alzò il viso, mentre un nodo le stringeva la gola. Com’era…
sincero. Nel suo volto, così tranquillo, non c’era nulla di forzato, nulla che
potesse lasciar trapelare la falsità di quelle parole. Nulla che potesse
dimostrare che quello che lui stava dicendo fossero semplicemente frottole.
Quando James alzò lo sguardo, si ritrovò a fissare
quei grandi smeraldi, che luccicavano al bagliore delle calde luci della
stanza.Una ninfa. Lilian Evans era una ninfa. E lui al suo confronto era solo
un brutto, grosso, grasso, tozzo satiro. Che tuttavia aveva un cuore che
martellava proprio per lei. E in quel momento stava martellando davvero forte,
così forte che ebbe quasi la sensazione che si potesse sentire anche fuori…
Si chinò leggermente su di lei, continuando a
fissare quei grandi occhi magnetici. La vide piuttosto impaurita, scossa da
quello che stava per accadere… si fermò un attimo, ma poi, non riuscendo più a
trattenersi, accarezzò le sue labbra con le sue. Lei vibrò leggermente, e fece
per allontanarsi, ma un braccio di lui intorno al suo capo la costrinse a
rimanere. La baciò di nuovo, questa volta più profondamente… e subito tutta la
paura che aveva in corpo scemò, si sentì a proprio agio, i suoi muscoli si
distesero… felice era l’unico modo per classificare il suo stato interiore in
quel momento.
A malincuore poi James si scostò da lei. Com’era…
seducente ora, con le labbra rosse e gonfie, gli occhi con le palpebre
leggermente calate ed i capelli un poco scomposti dalle sue carezze. Deglutì a
fatica… Dio solo sa se sarebbe riuscito a trattenere i suoi desideri se fosse
rimasto ancora lì, da solo, con lei… Beh, forse a ridimensionarlo ci avrebbe
pensato Lily stessa con qualche ben assestato ceffone!
Ma meglio evitare di fare cavolate, altrimenti
avrebbe rischiato di farsela sfuggire proprio ora che ormai la teneva fra le
mani. E non voleva che lei gli sfuggisse… se prima l’aveva desiderata ardentemente,
ora che aveva avuto un assaggio di lei sentiva di non poter più fare a meno di
starle accanto, baciarla, accarezzarla.
“Vieni… andiamo via da qui.” Le disse, aiutandola ad
alzarsi.
“E dove vorresti andare?!”
“Ad Hogsmead! Devi prendere un po’ d’aria fresca,
tu! E devi mangiare…ci manca poco che non ti regga in piedi.”
“Oh, ma come siamo premurosi!”
“Beh, sai com’è…d’ora in avanti, con me intorno,
avrai bisogno di molte energie!” Rispose lui, malizioso, mentre i suoi occhi
brillavano dolci.
“Ah sì?” Rispose appena lei, stordita dalla dolcezza
del suo sguardo.
“Sempre se vuoi…cosa ne dici?” Le domandò,
stringendola a se e baciandola di nuovo passionalmente.
“Direi di sì!” Rispose con voce appena strozzata.
James sorrise soddisfatto, poi la prese per mano e la portò via, mentre un pensiero felice, proprio uno di quei pensieri che servivano a Peter Pan per volare, gli illuminava la mente: era riuscito a salvarla, era riuscito ad allontanare da lei la tristezza. E ora, cosa altrettanto importante, Lilian Evans era tutta sua… finalmente lei era tutta sua: e nessuno, dico nessuno, gliel’avrebbe sottratta.