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Autore: EvrenAll    04/12/2016    2 recensioni
Risi.
Risi forte quando seppi che Lui aveva chiesto di me.
Soddisfatta, ma non incredula: non avrebbe potuto non precipitare anche Lui e non desiderarmi.
Lui...
Sarebbe stato capace di riempire la mia vita di Rosso?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bastarsi
(Creep - Radiohead)










19 marzo 1987

3.54

 

Mi svegliai di soprassalto, portando le mani alla gola.

Per quanto provassi a respirare, l’ossigeno sembrava non bastare.

Gemetti di terrore senza riuscire a soddisfare il mio bisogno d’aria e proruppi in un singhiozzo iniziando a ricordare il sogno da cui mi ero appena svegliata.

Scoppiai a piangere, rendendo ancora più complicato il mio tentativo di prendere fiato; ingannata dal mio stesso corpo, tradita anche da quello.

Ma questo cos’era? Il fumo mi aveva davvero tappato i polmoni o era solo la sua mancanza a portarmi in quella condizione?

Ti prego basta…

Un altro singulto mi obbligò a deglutire e riuscii finalmente a far arrivare l’aria fino infondo alla gola.

Basta…

Presi un altro respiro profondo, iniziando a rilasciare la tensione, anche se dagli occhi continuavano a cadere scie di gocce salate.

Appoggiai la fronte alle ginocchia e strinsi le gambe con le braccia piantando le unghie sui polpacci per cercare di cancellare dalla mente ogni parte di ciò che avevo visto durante il sonno, senza essere capace di riuscirci.

Mi trascinai fino al corridoio ed afferrai la cornetta.

Era una follia, una follia bella e buona, chiamare a casa dei Guns, a notte fonda…

Ma c’era ancora Steven, lui e Duff erano i più vicini, loro erano miei amici, loro...

Digitai quelle cifre, stampate nella mia memoria, e mi lasciai sedere e rannicchiare di fianco alla cassapanca, sperando che il fato non ce l’avesse ancora con me.

-Non ce la faccio…-

Il telefono mi sfuggii dalle mani finendo sul mio ventre, mentre venivo di nuovo sommersa dai singhiozzi.

-Elizabeth?-

Come poteva essere così chiara la sua voce, tanto da coprire le mie lacrime?

-Smettila di essere dappertutto- strinsi una mano a pugno, sforzandomi di ignorare i ricordi ed il sogno in cui le sue mani erano sulla mia pelle, tra i miei capelli, il suo fiato sul mio collo, la sua bocca torturava con i morsi le mie labbra e soffiava parole che solo noi avremmo conosciuto…

E in cui finiva di nuovo tutto.

-Ti passo Steven, vado a svegliarlo-

-Smettila di essere dappertutto...-

Ripresi la cornetta appoggiandola contro l’orecchio.

-Non piangere…-

-È tardi...-

È tardi per smettere di piangere e di soffrire, e per riuscire a scappare da te.

-Stai ancora piangendo, Lizzie…-

-Mi manchi- mi si spezzò la voce.

Abbassai il viso, anche se non avevo nessuno da cui nascondermi.

Ero sola e le parole mi stavano sfuggendo dalla lingua

Il rumore sordo della linea interrotta mi fece sussultare.

-Axl?...-

Ecco, basta.

Posai il telefono e mi strofinai gli occhi con le mani.

Dovevo chiudere quel capitolo della mia vita ed andare avanti.

Dimenticare i Guns, ma soprattutto dimenticare Lui.

Anche se era davvero tardi.

Accesi la luce del corridoio e, alzata in piedi mi diressi in cucina e tastando il mobili nella penombra fino a trovare la busta del tabacco.

Tabacco, filtri e cartine.

Mi riportai alla luce iniziando a rollare, ma il tremore delle mani ridusse il mio tentativo ad un cumulo ai miei piedi.

-Dannazione...-

Alla terza volta la misi in bocca e l’accesi usando l’accendino sulla panca.

Il fumo colmò i polmoni, scaldandoli e soffocandomi.

Tossii, con le lacrime agli occhi, appoggiando tutto il mio peso contro il muro.

-Vaffanculo…-

Inspirai ancora, riuscendo finalmente a trovare un ritmo.

Dentro.

Fuori.

Un altro po’ e avrei dimenticato com’era fare l’amore con lui, fino a non vederlo più la notte.

...Mi ero illusa che sarebbe successo lo stesso dopo l’incidente, che avrei smesso di avere incubi, paranoie, paure e che sarei stata finalmente bene.

Sapevo che non ci sarei riuscita: i gemiti del loro amplesso mi tormentavano anche se avevo nascosto il cd in uno degli ultimi cassetti della casa. Ma dovevo sperarci per avere almeno una possibilità di recuperare.

Il rumore del campanello del citofono mi fece trattenere il respiro.

Alzai la cornetta.

-Ti prego-

Decisi di immergermi sott’acqua: cliccai il tasto per far scattare il portone d’entrata ed allungai una mano fino alla maniglia dell’ingresso.

Aprii anche quello.

Nemmeno il mozzicone, bollente, tra le dita, riusciva a destarmi dall’intorpidimento che mi aveva assalito non appena l’avevo sentito. Avevo staccato la spina su tutto, decidendo di lasciarmi guidare da quello che provavo e basta, incapace di controllarmi e di reagire. Con dei passi incerti, liquidi, posseduta da qualcosa che non era la mia volontà mi portai infondo al corridoio ed aspettai.

Abbassai lo sguardo quando sentii che il suono delle sue scarpe contro il pavimento cambiava, passando dal granito delle scale al legno del mio appartamento.

Appoggiò la porta e la chiuse a chiave cercando di nascondere il fiatone.

-Anche tu-

Alzai gli occhi verso di lui.

-Mi manchi anche tu-

Quante volte mi hai tradito nelle ultime notti?

Quante volte?

Pregai che ogni mio singolo pensiero potesse riversarsi in lui percorrendo la strada creata tra i nostri sguardi.

-Ci basta, questo?-

Sussurrai.

Rimase in silenzio e fece qualche passo verso di me.

-Credevo mi odiassi-

-Ci ho provato…-

Mi strinsi nella maglia e gli diedi le spalle tornando in camera ed abbandonando il mozzicone nel primo posacenere trovato.

Tastai il comò fino a trovare l’interruttore della lampada e mi rannicchiai sul letto.

-Dormi?-

-Non voglio dormire-

Si chinò davanti a me ed incrociò le braccia sopra il materasso, a pochi centimetri dalla punta dei miei piedi.

-Io non ci riesco più-

-Perchè sei qui?- chiesi, insistente.

-Perchè stavi piangendo…-

-Ho sognato di fare l’amore con te- sbottai.

Scappò un altro po’ di mare dai miei occhi; i suoi erano fin troppo vigili e mi fissavano cercando di vedere ogni cosa, mentre la sua mano tentennava nel raggiungere la mia pelle.

Non ero sicura di volere che mi toccasse e allo stesso tempo ne avevo un assoluto bisogno.

-Mi perdonerai mai?-

Allontanò le dita ed inclinò la testa, lasciando che i capelli gli coprissero il volto. Dopo un attimo di silenzio si sedette sul bordo del letto, dandomi le spalle, come se gli avessi già risposto.

-Ho provato ad ignorarti e fare finta di essere nel giusto… Ma ho voglia solo di te-

-Quante ne hai scopate prima di capirlo?-

-L’avevo già capito quando ho scelto di farlo con Adriana- ammise incurvando la schiena.

-Sarebbe stata… la mia vendetta- aggiunse, stringendo le mani sul copriletto disordinato.

-Porca puttana, sono una merda-

-Vattene se sei qui per autocommiserarti-

-Non parlarmi così!-

Si mise in piedi, alzando la voce, e guardandomi come se con quella piccola frase l’avessi insultato a morte.

-Stavamo costruendo qualcosa e non voglio buttarlo nel cesso anche se è appena iniziato!-

-L’hai buttato tu nel cesso, Axl! Hai fatto tutto da solo!-

Mi spaventava quando gridava, ma il panico mi dava solo la forza per arrabbiarmi di nuovo.

-Ma sono qui, porca troia! Sai anche tu quanto sia difficile per me venire da te e anche se sono nel torto chiederti…-

Smise di parlare, come se una mano invisibile lo avesse iniziato a strozzare.

-Chiedermi cosa?-

Lo sfidai. Non ne aveva il fegato, non sarebbe mai riuscito a dirlo ad alta voce.

-Vaffanculo…-

Sbuffò, e si allontanò andando verso la sala.

-Non avrei dovuto chiamare…-

...e allo stesso tempo non sarei riuscita a vivere con i miei sogni affrontandoli da sola, di nuovo.

Mi abbandonai contro il cuscino.

Non riuscivo a sopportare tutto questo…

Lo sentii tornare e camminare avanti e indietro per la stanza nervosamente.

-Ho fatto una cazzata-

Mi morsi il labbro.

-Ero convinto mi avessi tradito e il solo pensiero mi ha fatto andare fuori di testa-

Strinsi le coperte.

-E sono fuori da quel giorno, perchè non riesco a parlare con te, perchè mi sembri irraggiungibile e perchè ho ripreso con la coca-

-Altra stronzata perchè il caso vuole che io ne abbia bisogno molto a breve e che grazie alla chiamata di qualcuno mi sia completamente dimenticato di prenderla-

Girai la testa per guardarlo.

Non smetteva di camminare.

-Diamine, con la droga in corpo quasi sembrava che le altre fossero te, ma no! Breve illusione, solo una breve illusione- digrignò i denti.

-Che diamine mi hai fatto per farmi arrivare a questo punto? A farmi venire qui ad elemosinare il tuo perdono, come se fossi acqua nel deserto…- sputò, animato e sarcastico.

-Maledetto il giorno in cui ti ho vista-

Infilò le mani nelle tasche della giacca ed iniziò a svuotarle sulla mia scrivania: sigarette, accendino, qualche spicciolo.

Prese il portafoglio dai jeans e lo aprì, controllandone ogni pertugio.

Una bustina.

Vuota.

-Bene tesoro, grazie per avermi fatto impazzire-

Si accasciò sulla sedia e mise le mani tra i capelli.

-È tutto uno schifo- sentenziò.

-Credo che prima o poi proverò a suicidarmi-

No, ritratto: adesso era spaventoso, e la sua affermazione aveva fatto sublimare la mia rabbia in un secondo.

-Axl, che diamine stai dicendo?-

-Niente pistole o coltelli, troppo violento… magari un sacco di pasticche e via-

Mi alzai.

-Tornerei a casa a prenderla, ma su, è una fase, ne ho presa tanta negli ultimi giorni e ne voglio ancora di più, come al solito. La conosco la coca, è proprio una troia-

Strinsi una mano sulla sulla sua spalla.

Era sempre lui, era sempre il mio Axl.

-Ne ho un dannato bisogno ma ora che mi sono presentato e non mi hai sbattuto la porta in faccia voglio riuscire a chiederti scusa prima di andarmene-

-Non dovevi ricominciare…-

-Colpa tua… mia, mia; è stata colpa mia-

Si corresse sbuffando.

-Ho parlato con Annah… Dovevo fidarmi di te-

Sospirai e lasciai che le mie mani corressero sul suo corpo fino ad abbracciarlo da dietro.

Nervoso, difficile.

Volevo che lo dicesse, volevo sentirlo, avevo bisogno di lui...

-Scusami-

Sussurrò.

Nascosi il viso tra i suoi capelli, confusa.

-Adesso te ne andrai?- bisbigliai.

-Coca o te? Mi stai chiedendo questo?-

Lo strinsi.

-Silenzio assenso... - commentò.

-Sarebbe meglio per te che io andassi a casa, la prendessi e tornassi. Se inizio a svalvolare per l’astinenza mi cacci di nuovo-

-Hai già svalvolato… Non voglio coca e me, voglio coca o me. Prendila come una punizione se vuoi, ma è o coca o me… Anche perchè non voglio che tu ti riduca così, non voglio che tu ti distrugga-

Mi separai da lui tornando sul letto.

-Biancaneve, giochi sporco-





 

La guardai.

Aveva gli occhi rossi dal pianto ma era splendida, avvolta nella sua camicia da notte che la copriva troppo poco.

Tirai indietro i capelli.

Ne avevo bisogno: tutta quell’euforia, quella libidine che faceva dimenticare le cose importanti era scomparsa. Ero rimasto solo con il mio senso di colpa, il mio schifo di passato, e volevo solo andare a casa e prenderne ancora per sentirmi di nuovo come superman e riuscire ad ignorare la ragazza che mi stava davanti, che però era anche l’unica cosa bella che mi era capitata nell’ultimo anno.

La mia aria pura.

-Sarò insopportabile-

Davanti ai suoi occhi mi sentivo un verme.

-Non dormirò, non mangerò, sarò lunatico più di te e ipersensibile a tutto-

-L’hai già fatto?-

-Smettere? Un paio di volte, anche se una tirata ogni tanto ci vuole, lo sai...-

Ammisi.

-Che palle-

Abbassai la testa e abbandonai le braccia lungo i fianchi, lasciandole penzolare oltre la seduta.

Avevo voglia di piangere.





 

Strinse i denti, nascondendo la smorfia di disperazione sul suo volto.

-La prossima volta mollami prima di farti qualcun altro-

Lo rimproverai a bassa voce, vedendolo arrendersi al casino che stava succedendo nella sua testa.

-Ti amo, stronzetta, smettila di farmi la ramanzina, ora-

Si passò una mano sul viso ed afferrò una sigaretta.

-Mi piace sentirtelo dire…-

-Che sei una stronza? Sì, è un dato di fatto… Mmh, voglio andare a casa-

Sbuffò ed alzatosi, iniziò a togliersi la giacca e la maglietta tenendo in bocca la cicca.

-Che mi ami- lo corressi mentre si toglieva le scarpe e i calzini.

-Ti detesto, sei una marmocchia orrenda-

La lasciò cadere a terra, cambiando idea, e tolse la cintura dai jeans.

-Ti amo anch’io Axl…-

Si arrampicò sul letto e si rannicchiò addosso a me, legando le sue braccia, strette, alla mia vita e appoggiando la testa alle mie gambe.

-...Voglio andare a casa-

-Che stupido sei…-

Gli accarezzai i capelli.

Se avesse rinunciato di nuovo alla droga per me, allora forse sì, mi sarebbe bastato.

-Parla per te, stronzetta-

Perchè nonostante tutto quello che cercavo di raccontare a me stessa, il suo semplice esserci mi faceva vivere.

Fragile, in balia della mancanza, del bisogno. Ero persa.

Mi chinai baciandogli la fronte e lui mi strinse come se fossi la sua ultima ancora di salvezza.

-Perdonami Elizabeth…ti prego...-

-William, ho detto che ti amo, non ti basta?...- sussurrai, rannicchiandomi addosso a lui, come per lasciare il resto del mondo fuori e proteggerlo.

Insieme non eravamo persi.

-Grazie…-

Mi strinse.




 

Ci bastava.





 
 
  
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