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Autore: Alvin Miller    04/12/2016    0 recensioni
A pochi mesi dall'incoronazione a Principessa di Twilight Sparkle, una legione di mostruose creature giganti emerse dal nulla minacciando di ridurre l'intero regno di Equestria a una nuvola di polvere.
Il primo attacco colpì Manehattan. Il secondo puntò a Baltimare. Il terzo insidiò Las Pegasus.
Quando anche Canterlot fu presa di mira, capirono che gli Elementi dell'Armonia non erano più sufficienti.
Per combattere i mostri chiesero aiuto a Bibski Doss, un ribelle inventore sopravvissuto al primo attacco, che creò dei mostri a sua volta.
La battaglia per il destino del regno è cominciata!
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Princess Celestia, Twilight Sparkle, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*NOTA INTRODUTTIVA*

Correva l’Ottobre 2014 quando usciva su EFP e Google Drive la terza parte del “Quarto Attacco” che suggellava la conclusione del primo ATTO di Equestria Rim. Fu la fine di un lungo viaggio durato un anno, dopo il quale avevo asserito che mi sarei concesso una pausa di riflessione.


Correva l’Ottobre 2014 e da allora sono passati due anni. Due anni durante i quali ho superato molte fasi contrastanti, tra progetti che non ero in grado di sviluppare e un costante senso di fragilità, in cui ho più volte messo in dubbio le mie effettive competenze autoriali. Non mi dilungherò nel spiegarvi cosa mi sia successo, ma da allora in un certo senso ho superato la cosa, e anche il mio stile si è evoluto, cambiando nettamente rispetto al modo in cui scrivevo i primi tempi.


Tornare ad Equestria Rim dopo due anni (perché non conto “Storia del Giorno Zero” in quanto missing moment del Prologo) significava dover recuperare quanto era stato scritto e studiare quello stile per integrarlo con le novità dell’Alvin Miller 2.0, più semplice e diretto, ma anche più alla portata dei miei lettori. Ora che finalmente questo primo capitolo del tanto atteso ATTO.2 è finito, mi sento di dire che ho raggiunto in pieno il mio obiettivo!


Sono molto soddisfatto del mio lavoro (cosa veramente rara per me) e mi sento pronto a riprendere questa saga che ha atteso fin troppo per risorgere, e che probabilmente ha perso molti lettori lungo la strada del tempo. Ma la fiducia è la parola chiave del futuro ed ora che conosco la via non vedo l’ora di condurvi insieme a me nel viaggio che ci si para davanti.


Bibski Doss e soci sono tornati, è il momento di salvare Equestria!



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CAPITOLO 8: Cuori Bruciati


Lacrime di pony tra la neve che cade.

Era una mattina fredda quella che si levò quel giorno a Canterlot, in quello che sarebbe stato ricordato come il giorno più cupo della storia di Equestria. Sfortunatamente, l’equilibrio del clima era una legge che non poteva essere infranta, e anche se il giorno prima la capitale era stata calpestata ed erosa fin nelle fondamenta, e aveva vissuto ore di assoluto terrore, l’ordine di Cloudsdale di rispettare le previsioni del meteo andava eseguito alla lettera, come se si fosse trattato di un ordinario giorno d’inverno.

I pegasi incaricati di collocare le nuvole sopra la città erano costretti a guardare dall’altro lo scenario dell’apocalisse che si stendeva sotto i loro sguardi. Erano loro le lacrime che si confondevano tra i fiocchi cristallini, e nemmeno il più freddo degli animi sarebbe riuscito a restare indifferente di fronte a tale ecatombe.

Erano passate diciotto ore dalla distruzione della città, da quando il Kaiju – che avevano già ribattezzato Cyclop – era stato ucciso con enorme dispiego di energie da parte di Princess Celestia, con un incantesimo chiamato Lama di Luce. La sua testa era stata mozzata alla base del collo e il suo cadavere lasciato a decomporsi sul picco della montagna di Canterlot, dove sorgevano i bastioni del castello.

Di lui ormai non rimanevano che ossa solcate da crepe, la rapida putrefazione che accomunava tutti i Kaiju al momento della morte aveva dissolto i quaranta metri della sua massa lasciando di esso solo dei profondi solchi, lì dove si era schiantato il corpo.

Se di Cyclop non restava più nulla, lo stesso però non si poteva dire delle conseguenze del suo attacco. Chi aveva vissuto in prima persona la tragedia del Primo Attacco a Manehattan conosceva solo in minima parte il dolore che si provava a vedere distrutta la vita di un’intera popolazione. Se ai tempi si era trattato solo di un Sentiero, un percorso tra i palazzi che il Kaiju Hermit aveva attraversato lungo la metropoli per poi dirigersi verso la catena montuosa di Hollow Shades, la furia di Cyclop, invece, si era abbattuta su tutta la capitale, travolgendo ogni cosa e spazzando via decenni se non addirittura secoli di storia equina! Nessuno era stato al sicuro, né il più povero dei cittadini, né il più ricco dei nobili. Interi casati erano stati estinti nell’arco di pochi minuti; potenti dinastie che avevano costituito la popolazione più influente di Canterlot, cancellati per sempre; alberi genealogici che avevano radici estese nei secoli, privati dei loro giovani ramoscelli. Pegasi, pony di terra e unicorni, insieme ad altre specie che per una ragione o per l’altra si erano trovate a Canterlot nel corso della giornata, tutti erano stati coinvolti dallo stesso impietoso destino.

La grande, gigantesca fossa da cui il Kaiju era sbucato aveva divorato un’intera piazza e fagocitato qualsiasi cosa nel raggio di decine di metri. Erano ancora imprecisate le cifre dei pony che erano caduti nella voragine, deceduti nella caduta, e chi aveva le ali per volare era finito invece schiacciato dalle macerie che precipitavano dall’alto, piovute dalle spalle del mostro o dai palazzi che venivano abbattuti nel mentre. Chi per una ragione o per l’altra era riuscito a scampare, si era ritrovato assordato dalle potenti urla che il Kaiju era capace di emettere per stordire i suoi nemici, e la pioggia di schegge che cadevano dalle finestre infrante avevano causato tagli ed escoriazioni a chiunque fosse riuscito ad a mettersi in salvo.

I mezzi di soccorso si districavano come potevano lungo i tunnel di macerie che una volta erano vie di eleganza e fastosità. Si scavava alla cieca, e per ogni corpo che veniva estratto vivo, altri dieci erano invece ammassati lungo i bordi dello spazio percorribile e coperti da teli scuri. Fino a qualche anno prima a Equestria nemmeno esisteva una simile procedura.

Molte, troppe, erano anche le unità dei corpi militari che avevano perso la vita dopo che con grande coraggio avevano cercato di difendere la città, spesso sacrificando la propria vita per dare una speranza a qualche pony bisognoso. La gendarmeria della Guardia Cittadina aveva perduto numerosi ottimi soldati, e l’Aviazione dei Wonderbolts si era vista privare di autentiche leggende, pegasi che erano diventati un simbolo della Nazione, e che ora giacevano in mezzo al disastro, per strada e in tombe su palazzi alti, troppo alti per essere raggiunti dai mezzi a terra. Qua e là aguzzando la vista era anche possibile scorgere i corpi di qualche cadetto dell’Aviazione dei Grifoni, con le loro lancia-dardi distrutte e strette ai loro corpi come in un abbraccio macabro ed eterno.

Dopo ore di lavoro incessante, un paramedico unicorno tentava inutilmente di rianimare il suo paziente, il Cardio-incanto che utilizzava era un incantesimo versatile, praticato per riportare a parametri normali battiti cardiaci accelerati, dopo uno sforzo prolungato o anche per soggetti affetti da tachicardia; era anche utilizzato per le rianimare le vittime in caso il cuore avesse cessato di battere, come in questo caso. Il paramedico, dopo vani tentativi che si erano protratti per diversi minuti, fu costretto ad arrendersi e registrare l’ora del decesso. A quel punto si accasciò a terra e si mise a urlare con la testa indirizzata al cielo, mentre i pegasi del meteo proseguivano nel loro compito cercando di non fare caso alla scena.

Diciotto ore, ed era come se tutto fosse ancora punto e a capo: le fiamme divampavano ancora, consumando tutto ciò che c’era sul loro cammino; gli edifici crollavano, uccidendo altri innocenti; dovunque si posasse lo sguardo si vedevano corpi inanimati, arti che sporgevano da cumuli color avorio e resti di chi era finito sotto i passi del ciclope, e tra i vivi vi erano dei disgraziati confusi e completamente assordati, con del sangue rappreso che era colato dalle loro orecchie e abiti ridotti a stracci, e altri che vagavano sperduti per le vie di Canterlot senza una meta precisa. Erano i ritardatari che non avevano risposto per tempo all’evacuazione, quelli che erano rimasti indietro quando i messaggeri avevano sparso la voce del nuovo centro di raccolta a castello.

Sulla via della roccaforte molti avevano perduto i propri cari mentre la fiumana li spingeva avanti e taluni non erano più riusciti a ricongiungersi con le loro famiglie. Si sarebbero ritrovati solo ore dopo, oppure avrebbero appreso che i loro parenti erano stati rinvenuti morti, calpestati da zoccoli in preda al panico o uccisi dall’azione del Kaiju. Inutile dire che persino mentre risalivano la via della salvezza molti non ce l’avevano fatta.

Le grandi vasche per la raccolta dell’acqua sul fianco dell’altipiano erano state sfondate: quella più piccola era precipitata su quella inferiori e i flutti tracimati avevano allagato la strada sottostante formando un ampio bacino tra le macerie. Corpi di pony annegati galleggiavano a pelo della superficie torbida, caduti dopo che il ponte che collegava il castello alla piana sottostante era stato demolito dalla carica del mostro.

I bastioni in quel momento non avevano una via d’accesso: al posto del barbacane c’erano solo detriti. I soli che potevano muoversi liberamente erano i pegasi, mentre gli unicorni facevano quel che potevano con la telecinesi. Alcune falegnamerie del regno avevano sospeso la loro principale attività di fabbricazione di carrozze pregiate e stavano per arrivare con passerelle temporanee per favorire la circolazione dei soccorsi, ma ci voleva ancora del tempo prima che la circolazione tornasse a scorrere liberamente.

La piazza del castello era gremita di sfollati, pony feriti, disperati, unicorni senza magia, pegasi con ali rotte o mozzate, feriti da schegge di vetro, provati da una notte insonne, pony senza udito, genitori senza figli, figli senza genitori, fratelli che si cercavano freneticamente senza trovarsi. I morti, almeno qui, per un’amara fortuna, erano in pochi e furono rimossi in fretta.

Le lacrime di tutti si posavano sulla neve, che non riusciva a raffreddare i loro cuori bruciati.


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Tra i tanti che si erano dispersi e i morti che non erano stati soccorsi per tempo, ci fu qualcuno che riuscì a rivedere la luce del sole.

Una pegaso dal manto giallo e con una criniera vivace di diverse sfumature di arancione spalancò le palpebre lentamente, per scoprire di trovarsi dentro uno stanzino illuminato artificialmente. Si guardò intorno e pian piano cominciò a distinguere varie apparecchiature mediche che lavoravano instancabilmente emettendo suoni e simboli alfanumerici su piccoli schermi neri.

Quando fece per spostarsi si accorse di essere legata stretta (ma non in modo che le procurasse dolore) con delle cinghie a una lettiga, mentre dei fili pendevano dalla sua zampa anteriore destra. Tentò di divincolarsi da quella morsa, preda di una confusione che la travagliava, ma qualcuno accanto a lei aveva notato i suoi movimenti e si avvicinò a lei, pronto ad interromperla con gesti gentili.

«Oh, si è svegliata finalmente! La prego, non si agiti.» Era un infermiere, un pegaso dal manto bruno e con indosso lenti da vista. Prese da un taschino una sottile lampadina e gliela mosse davanti agli occhi. «Ecco segua con gli occhi questa, ci riesce vero?» Il movimento della luce fu lento e per lei fu facile eseguire.

«Risposta alle stimolazioni fotoniche positiva, e anche le pupille sono a posto. Ottimo!» Riportò lo strumento in tasca. «Proviamo con la memoria, ricorda come si chiama?»

La paziente fissò dritta lo sguardo dell’infermiere prima di rispondergli. «S-Spitfire… dell’Aviazione dei Wonderbolts di Cloudsdale…»

«Eccellente, e anche le funzioni cognitive sembrano intatte! Bentornata tra noi Capitano!»

Spitfire, ora che aveva recuperato un po’ di lucidità, realizzò di trovarsi all’interno di una carrozza-ambulanza. Se allungava l’orecchio e si concentrava, poteva udire distintamente il rumore di numerosi pony intenti a lavorare e a correre in tutte le direzioni.

«N-non riesco a muovere le mie zampe… perché mi avete legato?»

«È soltanto una precauzione per la sua incolumità. Mi creda, è molto meglio che resti immobile per il momento.»

«La mia incolumità?»

«Proprio così. L’hanno ritrovata che era priva di sensi e in fin di vita nel giardino di fronte al castello. Ha subìto numerosi traumi interni, causati molto probabilmente dall’onda d’urto che si è propagata dalla cupola quando il Kaiju vi ha urtato contro: ha un versamento di sangue nella cavità pleurica causato dalla perforazione del polmone destro che l’ha quasi fatta affogare nel suo sangue, poi numerosi altri organi compromessi, un rene esploso e il fegato gravemente danneggiato. È un vero miracolo che lei sia sopravvissuta. Probabilmente se non fosse stato per il suo fisico temprato, non sarebbe qui ad ascoltarmi.»

Spitfire aveva ascoltato tutto con naturale scetticismo, pensando che l’infermiere avesse volutamente esagerato con la diagnosi o che si fosse messo a parlare di qualche altra paziente. «Ma io… credo di stare bene… ricordo di essermi alzata, potevo camminare e stavo quasi per rimettermi in volo quando…»

Malgrado le sue proteste l’infermiere si fece trovare pronto: «Mi rendo conto che può sembrare strano, gli unicorni che le hanno prestato il primo soccorso hanno stabilizzato le sue condizioni con degli incantesimi, ma in effetti è sorprendente che lei sia riuscita a sopravvivere. Il trauma molto probabilmente deve averle alterato la percezione del tempo, facendole credere che pochi istanti siano durati diversi secondi, se non addirittura interi minuti. In realtà consideri che è già tanto se è riuscita a muoversi di un passo prima di stramazzare. Mi dica, ha per caso avuto qualche tipo di allucinazione? Ricorda di avere visto cose o persone che non potevano assolutamente trovarsi lì?»

La pegaso lasciò per un momento che i ricordi confluissero in lei. «Sì, qualcuno c’era, ora che ci penso. Ho avuto l’impressione che ci fosse una presenza accanto a me. È stata con me durante tutto il periodo in cui ero ancora cosciente, ma non aveva un’identità precisa, non saprei dire esattamente chi fosse o come fosse fatto.»

L’infermiere si portò uno zoccolo al mento. «Uhm, sì. Alcuni tipi di traumi cranici possono effettivamente causare sintomi come quello che mi ha appena descritto. Vedremo di sottoporla a esami più approfonditi per verificare quali sono le sue reali condizioni.» Prese a trascrivere delle annotazioni su un foglio, lasciando Spitfire il tempo di riflettere.

Poteva avere senso? In effetti da soldatessa addestrata, conosceva gli effetti che l’adrenalina aveva sul corpo quando entrava in circolo: una frattura scomposta poteva sembrare un’innocua contusione per i primi dieci minuti, e solo dopo, nell’arco delle ore successive, divampare nel dolore. Ma traumi come quelli che le erano stati descritti? Poteva davvero essere sopravvissuta a tanto? Spitfire accettò la notizia con un atteggiamento di perplessa rassegnazione.

«Che ne è stato del Kaiju?» Chiese poco dopo, soffiando le parole.  

«Non dobbiamo più temere di lui, le Principesse lo hanno ucciso. Siamo salvi per ora.»

«Lo hanno fatto loro, di persona? Credevo avessimo un piano tattico più solido.»

«Sfortunatamente ci sono state delle complicazioni, e il mostro che avete affrontato era… decisamente un osso duro, ecco.»

Questo la Wonderbolt l’aveva sperimentato di persona.

«Ma ora basta parlare. Tra poco la trasferiremo nel centro medico che abbiamo allestito qui a palazzo, lì si prenderanno cura di lei, non si preoccupi. Per ora pensi solamente a riposarsi, se l’è guadagnato.»

Se l’era guadagnato veramente? E allora perché non si dava pace per la freddezza con la quale aveva isolato centinaia di pony fuori dai bastioni del castello quando la Muraglia dell’Armonia era calata giù?

Come Capitano, ed essendo stata delegata al comando da Princess Celestia in persona, aveva avuto la responsabilità di salvaguardare il maggior numero possibile di vite. Quando il Kaiju aveva raggiunto la cima della montagna, lei era stata chiamata a prendere una decisione alla svelta, scegliendo tra l’alternativa di lasciarne entrare quanti più possibile, col rischio di lasciare il castello senza difese, oppure di accelerare i tempi salvando per lo meno quelli che erano stati già accolti. Non aveva avuto il tempo di meditare sulla sua decisione, ma lo faceva adesso, e si rendeva conto che in un’altra circostanza non avrebbe mai sostenuto una simile decisione. Non se questo avesse comportato la perdita di così tanti innocenti.

Non sapeva ancora che Discord era subentrato sul campo, riducendo drasticamente le perdite, e temeva per il giudizio dei pony, nel momento in cui si sarebbe ripresa. Si domandava come l’avrebbero guardata ora gli altri Wonderbolts, sapendo ciò che era stata costretta a fare; se l’avrebbero giudicata con gli occhi di chi guarda un criminale, un traditore a cui negare ogni rispetto, oppure, se avrebbero compreso la situazione riammettendola nello squadrone.

Se non altro il titano era stato sconfitto. Forse i morti, tra chi era rimasto fuori, avevano raggiunto cifre incalcolabili, ma almeno aveva garantito a qualcuno di loro di continuare a vivere. Aveva adempiuto al suo dovere nella maniera che aveva reputato più corretta, e avrebbe pagato le conseguenze, se ce ne fossero state, a tempo debito. Anche ritirandosi dal comando se fosse servito, anche appendendo la divisa al chiodo. Aveva adempiuto al suo dovere e adesso era arrivato il momento di uscire di scena, qualcun altro avrebbe preso il suo posto.


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Twilight stava vagando da sola per le strade di Canterlot, e mentre camminava si scrutava intorno, disorientata e sperduta. Era davvero la sua città quella? Il luogo dove era nata e cresciuta prima di trasferirsi a Ponyville?

Ogni via e ogni luogo che per lei erano punti di riferimento erano stati annientati e sostituiti da un inferno di rovine e fiamme, di morte e sofferenza.

Dopo la sconfitta del Kaiju lei era andata alla ricerca dei suoi genitori, li aveva trovati, e quando li ebbe di fronte li aveva cinti a sé e si era abbandonata tra le loro braccia piangendo. Twilight Velvet e Night Light poterono finalmente rivedere la loro figlia e sapere che stava bene, capirono che le voci che circolavano, che davano le Custodi per spacciate sul campo di battaglia, si erano rivelate false.

Twilight Sparkle volle subito sapere delle loro condizioni, se erano dovuti fuggire all’assalto, se la loro casa era ancora intatta. Fu un sollievo scoprire che la via in cui abitavano era una delle poche che non era stata toccata dalla furia distruttrice di Cyclop.

«La fortuna ci ha sorriso.» Aveva detto suo padre cercando di alleviare la tensione, ma come si poteva parlare di fortuna quando della loro città non era rimasto più niente? Avevano sbagliato a fidarsi degli Elementi. Lei aveva sbagliato, si sfogò con loro. Lei aveva sospettato da tempo che il programma di difesa, per quanto ben organizzato, non sarebbe stato sufficiente per respingere gli Attacchi. Avendolo saputo, non si era fatta valere a sufficienza, e perciò ora molti pony stavano soffrendo a causa sua.

«Non addossarti colpe che non hai!» L’aveva rimproverata sua madre, ringraziandola, invece, per il coraggio che aveva dimostrato e per come si era messa in gioco per Canterlot. Aveva affrontato il nemico di petto, rivelandosi una buona condottiera, degna degli insegnamenti di Princess Celestia, e aveva saputo ricondurre le sue amiche al sicuro quando gli Elementi dell’Armonia avevano fallito.

«Vederti lì fuori ci ha riempito di orgoglio. Siamo fieri di avere una figlia come te!» Terminò Velvet, che ora voleva soltanto tornare ad abbracciare l’adorata figlia.

Non sapendo come ribattere a quelle dichiarazioni così calorose, l’alicorno era rimasta in silenzio, mentre i suoi genitori la stringeva ancora più forte ai loro corpi.

Poco dopo aver chiamato Spike a sé, gli aveva chiesto di recapitare due messaggi con destinazioni diverse. Il primo era stato inviato direttamente all’Impero di Cristallo: conteneva un testo descrittivo di cosa fosse successo a Canterlot. Aveva rassicurato suo fratello e sua cognata che la loro famiglia stava bene, ma che non si poteva dire lo stesso della capitale.

La seconda lettera era invece stata recapitata in un luogo remoto, e dato che non ricevette alcun messaggio di risposta, cominciò a sospettare che non fosse neppure arrivato.

La Principessa dell’Armonia, a quel punto, aveva deciso di scendere in città per verificare coi propri occhi ciò che era rimasto dopo il Quarto Attacco. Fu seguita da Applejack e Pinkie Pie, che non potevano sopportare di stare lì ferme mentre la gente di fuori aveva bisogno di loro. Man mano che si districarono per le vie diroccate, finirono per imboccare ciascuna una direzione diversa, fino a rimanere da sole, con le proprie ombre e la malinconia che trottava loro accanto. La cowgirl probabilmente si era unita a qualche gruppo di soccorritori e si era messa a scavare come aveva fatto ai tempi del Primo Attacco. Twilight trovò invece Pinkie Pie nelle vicinanze di una fontana gremita di sfollati. Anche se erano trascorse poche ore dalla fine dell’Attacco, qualcuno aveva già pensato di allestire una bacheca improvvisata sulla parete ancora intatta di un edificio. In essa vi venivano censiti tutti coloro che erano stati ritrovati e identificati dalle squadre di recupero: c’erano quelli estratti vivi, e c’erano anche quelli – molti di più – le cui spoglie erano state portate via dopo il ritrovamento. Un responsabile con indosso l’armatura della gendarmeria cittadina stava aggiungendo altri nomi nella colonna dei deceduti, aggiornando solo di rado quella dei superstiti. Qualcun altro nel frattempo sfruttava gli spazi inutilizzati della parete per appendere manifesti con foto di persone scomparse.

Di muri come questo ne stavano spuntando molti in giro per la città, e altri ne sarebbero spuntati nel corso delle ore successive.

Pinkie Pie teneva una zampa intorno alla spalla di una unicorno che singhiozzava a dirotto di fronte alla bacheca. Questa aveva un manto bianco e un’ampia criniera di zaffiro che la rendevano facilmente riconoscibile agli occhi della Principessa: era una DJ abbastanza affermata a Ponyville, un tipino insolito che si esprimeva solo tramite cenni della testa e che amava trotterellare per il villaggio con sulle orecchie delle grandi cuffie e la musica a tutto volume. Pinkie Pie l’aveva ingaggiata spesso per allietare le sue feste, ed erano arrivate ad instaurare un curioso rapporto di collaborazione-amicizia.

Il perché lei fosse lì e stesse gemendo con tanto dolore nel petto, Twilight lo scoprì quando si avvicinò per guardare, e restò senza parole quando lesse il nome di Octavia Melody sulla colonna dei decessi! Era la violoncellista con cui la DJ divideva la casa a Ponyville, ed era anche parte di un corpo musicale che spesso si esibiva al Gran Galà Galoppante e ad altri importanti eventi di Equestria.

Twilight continuò a leggere e vide che tra i morti vi erano anche gli altri membri del suo gruppo: Beauty Brass, Parish Nandermane e Frederick Horseshoepin. Probabilmente si erano riuniti quel giorno per le prove di un’esibizione che si sarebbe tenuta alla Scala di Canterlot in vista della Festa del Focolare. Di loro non si era salvato nessuno.

Altri nomi le erano poi balzati all’attenzione quando si era soffermata a leggere più in basso: Fancy Pants, Hoity Toity e persino la celebre critica gastronomica Zesty Gourmand! Ed erano solo i primi censiti! Quante altre celebrità avevano perso la vita in quel giorno?! Quanti altri pony?! Quanti innocenti?!

Twilight realizzò che se lei e le persone a lei care erano tutte vive, il merito era veramente da attribuirsi alla fortuna, come aveva detto suo padre.

Ma poteva dire lo stesso degli altri pony che erano lì presenti? La giumenta pegaso che accudiva il figlioletto, il quale nel frattempo cercava di distrarsi con un trenino giocattolo, avevano forse perso il marito e padre? Twilight non lo sapeva. E il coraggioso infermiere che cercava di assistere un moribondo, malgrado il freddo e la neve ostacolassero il suo operato, Twilight poteva dire che i suoi cari fossero tutti al sicuro? E quel giovane unicorno che si era appena sfilato la sua lussuosa giacca monopetto per donarla a alla puledra accanto, in modo che potesse scaldarsi, erano fratelli oppure due orfani che avevano trovato conforto nella compagnia reciproca?

Il gruppo di superstiti aveva aperto un buco nel ghiaccio della fontana, e usavano quell’acqua per dissetarsi, mentre qualcuno cercava di alimentare un modesto fuocherello usando pezzi di legno, decorazioni, cartone o strisce di stoffa trovati in giro, ma la neve rendeva il tutto più difficile.

«Avete visto? Quella è la Principessa Twilight!»

«Sì è vero, è lei!»

Dopo averla riconosciuta si accese qualcosa negli occhi di quei disperati, una scintilla di speranza, e malgrado continuasse a non piacerle essere considerata come se fosse stata al di sopra del popolo, decise di avvicinarsi per dare loro un magro sollievo.

«Cercate di tenere duro, presto vi porteranno in un luogo caldo, non appena la protezione civile e la Guardia Cittadina avranno finito di allestire i locali.»

«Ce la caveremo, per ora sarebbe sufficiente qualcosa che alimenti questo falò.» Disse il giovane con una nota di fiducia nella voce.

«Forse posso fare qualcosa.» Esclamò Twilight allontanandosi di due passi. Fece scorrere della magia attraverso il suo corno ed evocò un incantesimo termico sotto forma di un piccolo fuoco fatuo. Gli osservanti ammirarono il compiersi della sua azione con sguardi meravigliati e sorpresi.

«Questo vi riscalderà per sessanta minuti circa, avvicinatevi pure, non c’è alcun pericolo.» Li rassicurò, e tutti si avvicinarono approfittando della generosità della Principessa.

«Sarà di grande aiuto, grazie!»

«Grazie Principessa!»

«Ti vogliamo bene!»

«Evviva la Principessa dell’Armonia!»

Quel coro di voci la fece visibilmente arrossire, ma almeno si era resa utile a qualcosa.

Poco dopo anche Pinkie Pie e Vinyl Scratch vennero a scaldarsi intorno al fuoco fatuo.

Chi dovette rimanere in disparte fu invece l’infermiere con il suo assistito, che a causa della sua ferita non poteva assolutamente essere mosso.

«Ho fatto tutto il possibile. Purtroppo la ferita è troppo profonda». Spiegò con la voce strozzata a Twilight che si era avvicinata.

Il pony che giaceva a terra aveva uno squarcio dall’ampiezza indicibile sul ventre, causato probabilmente da qualche oggetto tagliente che non si trovava più lì. I suoi occhi infossati e spenti, anche se reagivano ancora, erano quelli di qualcuno in procinto di morire, solo il freddo rallentava l’inevitabile processo, mentre il fiato sempre più debole scandiva lo scorrere del tempo.

Per lui Twilight non poté fare nulla. Se Cadance fosse stata lì, con la sua magia di guarigione molto più allenata, forse avrebbe potuto intervenire e magari salvargli anche la vita. Purtroppo era a chilometri di distanza, così dovettero restare a guardare, mentre il povero stallone esalava l’ultimo respiro.

«Qualcuno sa come si chiamava? I suoi parenti dove sono?» Con le lacrime che le rigavano il viso, cercò una risposta nei volti degli altri pony, senza però riceverla da nessuno.

Era ingiusto morire così, lontano da tutto ciò che ti è più familiare e senza nessuno che ti dica addio, ma almeno non era morto da solo. Quella magra consolazione servì solo a farli stare peggio.

Pinkie Pie era tornata dalla sua amica e la aiutò a riprendersi. Era incredibile quanto quella pony si fosse rivelata brava a reggere il dolore: mentre gli altri erano senza speranza, lei al contrario si era resa disponibile ad offrire a tutti una spalla su cui piangere. Ma quando Twilight appoggiò il suo viso sul petto dell’amica, capì che il dolore che apparentemente non esprimeva era solo represso sotto quel sottile strato di manto rosa. Fu come se tutta l’oscurità che albergava nella Custode della Gioia attraversasse la carne e infettasse l’anima della Principessa. Twilight ora avvertiva distintamente cosa si celava al suo interno, e temeva per le conseguenze, se mai quell’oscurità fosse uscita di fuori. Pinkie Pie, per giunta, aveva previsto prima di tutti l’arrivo del Kaiju, e di conseguenza aveva vissuto prima di chiunque altro, nella sua testa, l’orrore del Quarto Attacco.

Si scostò da lei guardandola negli occhi, cercando qualche traccia dell’oscurità che aveva captato, per capire se la sua amica era ancora come se la ricordava o se fosse stata sostituita da qualcosa di diverso. Pinkie Pie le fece un cenno, cercando di comunicarle che era tutto a posto, che stava soltanto rappresentando il suo Elemento: la Custode della Gioia non poteva mostrarsi avvilita di fronte alle avversità, era proprio in quei momenti che un sorriso poteva estinguere un incendio nel cuore di un pony.

L’attenzione di Twilight fu deviata su qualcos’altro, che fece alzare le teste anche agli altri pony lì presenti. Un fragore forte e innaturale che aumentava in maniera costante man mano che si avvicinava.

Uno strano oggetto tagliò in due il cielo, costringendo alcuni pegasi ad evitarne la traiettoria, dirigendosi senza alcuna esitazione verso il picco della montagna, in rotta per il castello.

Le Custodi non ebbero difficoltà e riconoscere il velivolo: lo Skybreaker di Bibski Doss era lì, la vera domanda era cosa sarebbe successo nel momento in cui il pilota fosse sceso a terra.


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L’atrio principale del castello era stato convertito in un centro d’accoglienza per coloro che avevano avuto la fortuna di rifugiarvisi in tempo. In realtà il numero dei rifugiati era molto superiore alle reali capacità contenitive del castello, pertanto erano state aperte al pubblico le sale private ai piani superiore e nelle torri circostanti, così che ora le sale di ricevimento, i salotti e i giardini circostanti con gli spazi che una volta all’anno davano ospitalità agli invitati del Gran Galà Galoppante, ora ospitavano come meglio potevano pony ed apparecchiature mediche mentre nell’ampio refettorio alcuni volontari stavano preparando un modesto pasto per tutti coloro che ne avessero voluto approfittare.

Era una situazione surreale: i sopravvissuti alla catastrofe soffrivano per ciò che avevano perduto mentre nel contempo ammiravano meravigliati all’eleganza degli arredi. Le finestre commemorative, alcune delle quali erano state distrutte all’impatto di Cyclop con la cupola, erano ancora uno spettacolo di rara bellezza sul quale qualcuno si stava già domandando, a ragion veduta, se anche al Quarto Attacco ne avrebbero presto dedicato una.

Uno degli effetti secondari più gravi dell’Attacco, che aveva raggiunto numeri da capogiro, era quello degli unicorni che avevano perso l’uso della magia dopo essere stati colpiti dai globuli assorbi-magia secreti dal Kaiju. I medici sottoponevano gli sventurati ad esami di ogni tipo per cercare la causa ed un’eventuale cura, ma qualsiasi cosa avessero tentato, dai più semplici incantesimi curativi, a pratiche complesse contro malefici di varia natura eseguite con la supervisione di stregoni competenti, non aveva dato i risultati sperati. Senza le dovute strumentazioni e in mancanza di tempo, era difficile persino determinare cosa causasse la soppressione della magia all’interno del corpo. Gli individui colpiti avevano tutti perso le loro capacità, indipendentemente dall’età e dal livello di padronanza degli incantesimi. Qualcuno aveva ipotizzato che i globi avessero formato una strato isolante intorno ai corni, e così alcuni pony erano stati accuratamente lavati e poi sottoposti nuovamente a un test pratico, ma anche in quel caso la magia esitava a tornare.

Allora si pensò che ad essere inibito fosse l’organulo che all’interno della calotta cranica rappresenta il nucleo stesso dell’essenza magica; si fecero degli incantesimi direttamente ad esso, causando forti emicranie ai soggetti che in alcuni casi cadevano a terra privi di sensi, fino a quando si decise di sospendere del tutto gli esperimenti.

A quel punto gli unicorni coinvolti furono semplicemente riuniti tutti insieme e tenuti sotto stretta osservazione per monitorare eventuali cambiamenti. La sola indicazione che ricevettero fu di sperimentare da sé, di tanto in tanto, qualche incantesimo per verificare se la magia stesse tornando.

Chi era fuori posto in mezzo a tutti quegli unicorni era Rainbow Dash, che era stata colpita più di una volta dai globuli, offrendo se stessa come scudo vivente per proteggere l’amica Twilight. Il risultato più evidente nel suo caso era l’incapacità di indossare il suo Elemento, mentre il volo era rimasto pressoché inalterato.

Teneva stretta nello zoccolo una lunga piuma bianca, che scuriva in tinte violacee sulla punta, e la fissava intensamente con gli occhi che lacrimavano…

Era passata mezz’ora dall’abbattimento del Kaiju. Il suo sangue nero come la pece fluiva fuori dal corpo come una fiumana corrotta.

Per minuti interi nessuno era stato in grado di reagire, temendo che da un momento all’altro il ciclope escogitasse qualche altro stratagemma nonostante non vi fossero dubbi che fosse morto.

Dovettero attendere che la carne cominciasse a marcire per convincersi che era giunto il momento di abbassare le difese. Twilight a quel punto aveva ordinato che la Muraglia dell’Armonia venisse disattivata; si cominciarono quindi ad organizzare le prime squadre di soccorso, e Dash radunò a sé un piccolo contingente che era formato sia da Wonderbolts che da altri grifoni, e volarono insieme alla ricerca della sua amica Gilda.

La Sergente Grizelda – così la conoscevano i cadetti – era stata la ragione per la quale erano riusciti a sopravvivere all’Attacco: aveva accecato il Kaiju, compiendo un tuffo suicida direttamente nelle profondità dell’immane occhio del mostro, e così facendo le Principesse avevano avuto la possibilità di finirlo. Ma per fare a ciò, la grifona dovette sacrificare la sua vita, quando fu estratta a forza dalla mano di Cyclop e scagliata via lungo il crinale della montagna.

Quando la ritrovarono Rainbow Dash fu pervasa da un orrore assoluto, che mai si sarebbe aspettata che i suoi occhi potessero vedere: quello che era rimasto di Gilda non aveva più niente a che vedere con la sua vecchia amica. Riusciva a stento a immaginare che quel corpo, che un tempo con il solo portamento era in grado di portare alla vittoria un’intera flotta di aviatori, adesso era ridotto a una carcassa maciullata.

In preda allo shock Dash si era messa a gridare, tanto forte che il resto della squadra fu costretta ad allontanarla con la forza; ci erano voluti tre pegasi e un grifone molto robusto per riuscire nell’impresa, e nel frattempo chi rimase cercava di recuperare il corpo nella maniera più dignitosa possibile.

Tornati a castello, l’avevano convinta a riposarsi un po’ e Luna era stata tanto cortese da decidere di ospitarla nel suo alloggio personale. L’aveva accudita nel sonno, aiutandola a scacciare gli incubi che la perseguitavano mentre dormiva, che le facevano rivivere una versione più contorta e sanguinosa degli eventi del Primo Attacco. Nell’incubo era lei che combatteva con Hermit, non Silver Sprint, e cercava di vendicare la sua amica Gilda, uccisa al posto di Bullseye. Il cielo era tinto di rosso e la terra si sgretolava sotto i suoi zoccoli; globuli cremisi che in realtà erano enormi palle di sangue piovevano sull’erba e nelle ampie crepe del mondo.

Rainbow Dash combatteva perché qualcuno le aveva detto che così facendo poteva riportare la sua amica in vita, ma non era in grado di farlo, era troppo lenta, ed inutili erano i tentativi da parte dell’alicorno della notte di rendere il contesto più favorevole alla Custode. Dash perdeva comunque, veniva urtata dalle zampe del Kaiju e finiva per schiantarsi contro una montagna o contro le rocce, o cadere dentro un crepaccio. E ogni volta che cadeva, non era il suo corpo a subire i traumi, ma quello di Gilda, lo vedeva smembrarsi e ridursi a qualcosa di sempre più irriconoscibile, mentre i tentativi di Luna di alleviare quella ripugnante visione risultavano sempre più vani.

Si era svegliata nel cuore della notte e contro il volere della Principessa era saltata giù dalla finestra per volare via, nelle tenebre più nere, fuggita per recarsi sul luogo del ritrovamento del corpo. Faceva freddo, le sue piume si stavano congelando e sapeva dalle previsione che entro il sorgere del sole avrebbe cominciato a nevicare, ma il suo cuore era in fiamme e bruciava nel petto, dominando tutti gli altri sensi. La puzza della carcassa in decomposizione di Cyclop era la sola cosa che superava quella barriera sensoriale.

Sulla scena di Gilda erano rimaste soltanto pozze di sangue e delle piume. Dash le fissò a lungo con lo sguardo vuoto, fino a quando non si decise a raccoglierne una con lo zoccolo, la stessa che la mattina seguente avrebbe tenuto stretta a sé.

I motori dello Skybreaker si spensero, i rotori smisero di girare e si aprirono gli sportelli sulle paratie laterali. I pony operosi che lavoravano per costruire una nuova passerella sopra il lago artificiale davanti all’entrata del castello si fermarono di colpo e guardarono stupiti la scena.

Twilight, che era tornata rapidamente grazie a un teletrasporto, vide scendere dal velivolo prima l’altissimo unicorno dal manto grigio-cenere e successivamente il piccolo inventore con ali di metallo e corno artificiale. Bright cominciò un educato inchino per rivolgere alla Principessa le dovute riverenze, ma fu costretto a fermarsi quando vide le occhiate cariche di rancore e le saettate che Bibski e Twilight si rivolgevano a vicenda. Il loro ultimo incontro si era concluso con un accesa discussione e ora entrambi, anche se sapevano di avere bisogno l’uno dell’altra, speravano che quel momento durasse il meno possibile.

«Bibski Doss… » Sibilò lei tra i denti, cercando di superare le acredini.

«Princess Twilight Sparkle.» Fece lui, e si studiarono attentamente le reciproche reazioni. «Beh, se non altro ricordiamo i nostri nomi.»

La Principessa si accigliò irritata. «Non mi sembra il momento adatto per scherzare, non ti pare?»

«Ti pare che stia ridendo per caso?»

«No… ma ti prego di controllarti finché ti trovi qui. Siamo tutti provati da quello che è successo, e se cominci a comportarti come hai fatto all’Impero…»

«Comportarmi come?! Ma tu senti questa!» Girò gli occhi al cielo. «Prima ti domanda aiuto, dopo ti aggredisce prima ancora che tu abbia toccato terra con gli zoccoli! Se ti do tanto fastidio posso sempre tornare da dove sono venuto!»

«Sentite entrambi» fece Bright per sedare gli animi «la situazione non è delle più facili per nessuno, quindi perché non cerchiamo di mettere da parte i nostri dissapori e proviamo semplicemente ad andare d’accordo? Cordialità, Bibski. Gli dobbiamo almeno questo.»

Intorno a loro, intanto, c’erano profughi che ancora risalivano il picco sperando di trovare rifugio a castello, e un andirivieni dei mezzi di soccorso che cercava di trasferire quanti più feriti potevano nei vari centri medici allestiti per non congestionare le strutture già sature di pony. Più in lontananza, altre linee di fumo si levavano in cielo, frutto degli incendi che ancora ardevano in città, e che si confondevano con la neve soffice che cadeva.

Mentre aspettava una reazione dall’inventore, Bright si ritrovò a pensare a quanto la situazione fosse assurda. Gli sembrava quasi di rivivere le terrificanti ore del Giorno Zero, con la Reborn distrutta e il panico che dilagava a Manehattan. Ma la verità era che il Primo Attacco era ben lungi dall’essere messo a confronto con quanto era successo a Canterlot.

Bibski finalmente si decise a rispondere: «Bah, spero almeno che abbiate raccolto qualche campione dal Kaiju.» indicò i resti a qualche centinaio di metri più in là, gli ultimi frammenti dello scheletro che stava per dissolversi nell’aria.

«Non ne abbiamo avuto il tempo.» Fu costretta a rispondere Twilight. «La nostra priorità era prestare soccorso ai feriti e dare loro accoglienza.»

La risposta non piacque per niente all’inventore. «Come pensate di combattere i Kaiju se non sapete niente sul loro conto?»

Concluse e senza aspettare oltre mise in funzione l’Equalizzatore volando in direzione del castello.

Twilight e Bright lo guardavano mentre superava la passerella in costruzione e i cumuli ammassati del barbacane abbattuto.

«Quel zuccone, deve imparare a darsi una calmata un giorno.» l’unicorno alto calciò un sasso che andò a finire nelle acque del lago. «Perdonateci se vi abbiamo fatto aspettare, saremmo partiti anche subito, non appena abbiamo ricevuto il messaggio. Ma abbiamo pensato che vi servisse qualche ora per riprendervi.»

«Non ti preoccupare Bright, semmai vi ringrazio per essere tornati. Qui la situazione è veramente critica. Non so proprio come ne usciremo stavolta.»

«Gli unicorni che hanno perso la magia come stanno? Rarity ha ripreso le sue abilità?»

«Non te lo so dire. Io è da un po’ che sto fuori e sinceramente non so se me la sento di tornare là dentro. Tutti quei pony senza più una casa… sperduti e spaventati… e noi non abbiamo potuto fare niente per loro… » le lacrime ci misero poco a riformarsi «per quanto ne so potremmo non riuscire più ad usare gli Elementi. E ormai non ha più importanza, perché se i prossimi Kaiju saranno forti come questo, o anche di più, non c’è proprio niente che possiamo fare per ostacolarli.»

Dopo aver finito Twilight sì sentì come se un’ombra fosse scesa su di lei e l’avesse avvolta con tentacoli irti di aculei, e l’arrivo di Bibski, invece di infonderle speranza, l’aveva gettata ancora più nello sconforto. Si domandò se non fosse stato un errore farlo venire, ma del resto non avevano altre opzioni.

«Fossi in te non sottovaluterei l’importanza degli Elementi dell’Armonia nei prossimi mesi.» Disse Bright, e si fermò prima di aggiungere altro. Doveva aspettare che Bibski illustrasse il suo piano.

«Che cosa vuoi dire con questo?» Chiese Twilight, ma a quel punto l’unicorno aveva già iniziato ad avanzare verso la passerella.

Rainbow Dash era ancora al suo posto. Da quando era stata esaminata l’ultima volta da un paramedico, nessuno le aveva più chiesto di liberare la barella sulla quale sedeva, e lei, distratta com’era nei suoi cupi pensieri aveva preso quella disattenzione alla lettera.

Intorno era il caos più totale: i pony continuavano ad arrivare dalla città, le Guardie Reali li accoglievano cercando di preservare l’ordine e indirizzandoli in qualcuna delle sale del castello, ma molti erano spazientiti, stanchi e con i nervi a fior di pelle. Molti erano feriti, e proprio tra i rappresentanti della famiglie più ricche c’erano i soggetti più difficili da trattare: nobili con vestiti di classe ridotti a stracci che pretendevano trattamenti di favore, invocando il nome delle rispettive casate o il rango sociale, ricattando le oneste Guardie con intimidazioni di licenziamento o di rapporti ai propri superiori, mentre questi li invitavano a convergere verso una direzione o l’altra, ignorando del tutto le minacce e prestando invece attenzione alle reali richieste dei bisognosi.

Tra i cittadini che erano lì già da diverse ore cominciava a salire un certo malcontento, ora che gli spazi cominciavano a diventare più stretti.

Pony provati dal Quarto Attacco, feriti più o meno gravi e unicorni senza più magia convivevano compressi gli uni contro gli altri in un clima malsano e rumoroso, e se qualcuno disgraziatamente moriva in mezzo alla folla, per le ferite o per qualche complicazione incorsa durante le prime cure, capitava che il corpo restasse sul posto anche per diversi minuti, prima che qualcuno si decidesse a portarlo via.

Comunicare con i propri vicini era difficile se non praticamente impossibile, troppe le grida e i lamenti, troppo acuti i pianti di puledrini e di pony adulti che avevano perso ogni cosa.

Tra questi c’era anche Rarity, accudita da Spike e Fluttershy, che non riusciva a darsi pace per essere stata colpita da un globulo assorbi-magia, durante la battaglia con Cyclop.

Piangeva e gridava, difficile dire se per disperazione o per farsi sentire dai suoi amici in mezzo a tutto quel baccano: «Perché doveva succedere?! Tutto il mio lavoro, la mia vita, tutto rovinato per sempre! Come farò con il negozio, con i clienti…»

Le lacrime le uscivano copiose come se non si fosse sfogata da giorni, liberando tutte in una volta le frustrazioni accumulate nel tempo. I suoi amici dal canto loro non sapevano cosa fare per tirarla su di morale.

«Ragazzi… non guardatemi così per favore. So di essere una sciocca a porre queste priorità in cima a tutto il resto, ma è importante per me, è tutta la mia esistenza!»

«Rarity, io… » Spike si massaggiò nervosamente le zampe  «senti, lo so che forse non è molto… che in tutta questa storia ho contribuito davvero poco… ma se vuoi… se può farti piacere… posso darti una zampa io, con l’attività e tutto il resto…» Cercò le parole per infonderle speranza, riuscendo a stento a terminare la frase.

«Oh Spike… sei sempre così buono e gentile con me, ma come si può fare? E poi con Sweetie Belle che deve andare a scuola, e Opal… cielo io non posso chiederti di fare tutto ciò, non si tratta di impegnarsi per un giorno soltanto…»

«Ma non fa niente!» Insistette Spike più convinto. «Chiederò a Twilight il permesso di stare da te! Ti seguirò notte e giorno, farò tutto quello che mi chiederai, sarò la tua ombra se dovesse servire!»

«Per me dovresti provare a tranquillizzarti e dare un po’ di fiducia ai medici, vedrai che troveranno una cura.» Fu il consiglio di Fluttershy

«Ne sei proprio convinta?» La fissò la stilista per un momento.

«Credo di sì… non ne sono sicura, ma penso che… faranno il possibile per aiutarvi, ecco.»

L’umore dell’unicorno dal manto perla si schiarì un po’. «Non lo so, le hanno già provate tutte. E se si fossero semplicemente arresi?»

«Non credo si arrendano così facilmente, sono dottori, è il loro lavoro assicurarsi che i pazienti vengano rimessi in sesto. Probabilmente hanno deciso di dare priorità a quei poveri pony che stanno lottando tra la vita e la morte in queste ore… almeno, questo è come farei io con i miei animali…»

«Sono proprio una stupida eh?»

«No, io…! Perché dici questo?! N-non volevo offenderti…»

«Ma hai ragione, io sto qui a lamentarmi di non avere più la magia quando molti di questi poveretti hanno patito di peggio… vorrei poter fare qualcosa per loro anch’io…» si asciugò le lacrime, rendendosi conto di quanto fosse difficile farlo con i soli zoccoli.

Fluttershy, nel frattempo, si era girata verso Discord che le stava seduto dietro. Era talmente sconvolto e chiuso nel suo silenzio da essere risultato quasi invisibile per tutto il tempo. Non era però merito della sua magia caotica, perché anche lui come gli altri era diventato bersaglio per i globi-assorbi magia di Cyclop.

«Tu cosa ne pensi Discord? Conosci la magia meglio di tutti, secondo te quanto ci vorrà prima che riescano a guarirvi?»

Il draconequus voltò il capo lentamente verso Fluttershy, e lei si rese conto di quanto fosse adombrato.

«Penso che…» ci rifletté «non lo so… quand’è stata l’ultima volta che mi sono ritrovato in una condizione simile? Forse quando ero rimasto imprigionato nella pietra per secoli? No… perché anche se ero immobile potevo comunque viaggiare con la mente e fare quello che mi andava di fare in altri piani dimensionali. Potevano contrastare la mia magia, ma avrei continuato lo stesso a sentirla scorrere dentro le vene. Gli Elementi potevano ingabbiarmi, ma ero sempre fiducioso che nessuna attesa sarebbe stata infinita, e che prima o poi sarei tornato a spargere il caos nel mondo. Adesso però…» altra pausa. Quanto doveva essere difficile per lui questa situazione, si chiese dispiaciuta la Custode della Gentilezza. «Mai nella vita mi era capitato di vivere un’esperienza simile, di provare un’inquietudine tanto pesante e di sentirmi così smarrito e in balia degli eventi. I Kaiju… qualsiasi cosa siano… sono riusciti a sottrarmi la magia. Nessuno c’era mai riuscito prima d’ora…»

«Discord…» Fluttershy lo toccò su una spalla, avrebbe tanto voluto consolarlo, ma non trovava le parole adatte.

«E sai qual è la cosa più triste? Ho voglia di dolci! Vedi questo? Potrei trasformare questo laccio emostatico in una corda di liquirizia, e invece…» provò ripetutamente a lanciare un incantesimo schioccando le dita della zampa aquilina «… niente.»

«Oh ma per piacere, vedete di darci un taglio!» Rainbow Dash si era improvvisamente messa in mezzo al discorso, balzando sugli zoccoli con un agile salto. «Volete sapere come la penso io?! Per me è tutta colpa sua se ci troviamo in questa situazioni!» Gli puntò lo zoccolo con intento accusatorio.

«Rainbow Dash, non parlargli così, non è stata colpa sua!»

«Non è stata… colpa sua?! Fluttershy, mi stai prendendo per il culo?!?»

La povera pegaso canarino indietreggiò imbarazzata, intorno a loro gli altri presenti si misero in silenzio ad ascoltare.

«Insomma, potevi fare qualsiasi cosa!» Si rivolse direttamente a lui. «Potevi spedirlo nello spazio con uno schiocco di dita, non so, potevi trasformarlo in una zolletta di zucchero e scioglierlo in una tazza! Potevi semplicemente tirargli un pugno e stenderlo. E invece cos’hai fatto?!» Gettò a terra la piuma che fino a prima aveva amorevolmente custodito nello zoccolo. «NIENTE! Te lo dico io, NIENTE DI NIENTE HAI FATTO!! Per te è stato solo un gioco! Ti sei divertito come un puledrino mentre i pony in città morivano! I Wonderbolts, i grifoni, sono stati tutti spazzati via! GILDA… GILDA È MORTA!» Ora il suo viso era una cascata di lacrime. «È dovuta morire perché tu non hai saputo fare il tuo accidenti di dovere! Ti sei divertito abbastanza, maledetto?! RISPONDIMI, TI SEI DIVERTITO ABBASTANZA?!?»

«Rainbow, ti prego smettila… il Kaiju era troppo forte, Twilight aveva cercato di avvisarci…»

«Tu smettila di difenderlo, Fluttershy! Non capisci la gravità di ciò che è successo?!»

«No, no… la capisco… è solo che… »

Il draconequus sospirò piegando le orecchie all’ingiù. «Rainbow Dash ha ragione. Potevo toglierlo di mezzo all’istante. Non l’ho fatto, e per questo abbiamo pagato tutti.»

L’ammissione di colpa non servì però a placare la furia della Custode della Lealtà, Dash anzi provò quasi l’impulso di saltargli addosso e aggredirlo. Non fosse che una voce estranea la costrinse a rivolgere la sua attenzione alla folla.

«Ma chi volete ingannare?! Almeno lui ha fatto qualcosa a differenza di voi!» Era stato uno stallone a parlare, e immediatamente dalla calca si udirono altre voci che annuivano, che davano vigore a quell’accusa.

«La mia ragazza era rimasta fuori dalla cupola mentre cercavamo di entrare, sarebbe morta se non fosse stato per lui! Le ha permesso di entrare, le ha salvato la vita! Voi dov’eravate?!»

«Dentro la muraglia!»

«Al sicuro!»

«Si erano nascoste perché avevano paura!»

«Le Principesse le hanno aiutate a nascondersi!»

I toni erano quelli di un linciaggio imminente. Le Guardie Reali cercavano a stento di contenere la baraonda. Sarebbe finita molto male per le tre Custodi se non si fossero allontanate alla svelta.

Poi si mise di mezzo anche qualcuno che dava invece ragione a Dash, asserendo di avere osservato il loro incontro e che poteva giurare che il draconequus non avesse dato il massimo di se stesso, altri che lo accusavano di aver permesso al Kaiju di raggiungere il castello, solo per poterlo conquistare in un secondo momento, e che tutta la responsabilità del Quarto Attacco doveva attribuirsi a lui.

I sostenitori di una e dell’altra accusa cominciarono ben presto a battibeccare e a puntarsi fra loro, la situazione stava rapidamente degenerando.

Twilight Sparkle, Bibski Doss e Brightgate varcarono la soglia proprio in quel momento, quando la colluttazione era ormai iniziata.

«Ma che succede qui dentro?!» La Principessa dell’Armonia era attonita, non era questo che si aspettava di trovare al ritorno. Scorse tra la folla le sue amiche e notò che pure loro stavano discutendo animosamente: Dash stava gridando in faccia a Fluttershy, mentre Rarity, anche se si trovava in disparte, piangeva come una fontana aperta.

Bright si sentì in dovere di fare qualcosa, ma prima che potesse muoversi, fu bloccato da Bibski. Il pony di terra dal manto dorato aveva il volto deturpato da un’espressione contorta e feroce, un disprezzo totale per quanto stava succedendo e una collera che esplose nel momento in cui usò la telecinesi dell’Equalizzatore per afferrare un’anfora vuota e gettarla nel mezzo della calca. I presenti indietreggiarono per evitarla, aprendo in tal modo uno spazio circolare nel quale l’inventore balzò volando.

«ADESSO BASTAAAA!!!» Un urlo rauco e potente echeggiò per la sala ammutolendo tutti. Difficile pensare che fosse scaturito da un pony tanto basso quanto lo era Bibski.

Il mutismo generale fu rotto da Rainbow Dash, che berciò stupita: «Tu?!… Cosa ci fa lui qui?!»

«Li ho chiamati io.» Disse Twilight, comparendo dinanzi a loro, seguita da Bright.

«Già, Filly Krueger, il vostro incubo peggiore è tornato! Ma insomma, vi siete bevuti quel poco di cervello che avevate?! Dopo quello che avete passato, dopo tutti quei morti, ancora non riuscite a capire?? TU, lo capisci sì o no?!?» Si era rivolto a un completo estraneo, il quale non sapendo come rispondergli farfugliò parole sconnesse.

«Vi state facendo fregare come dei fessi!! Non vedete che questo è proprio quello che i Kaiju vogliono?! Vi mettono gli uni contro gli altri, vi spingono a combattere tra fratelli e sorelle in modo che non possiate collaborare e loro possono annientarvi! Non sapete più neanche dove accatastarli tutti i morti che avete, eppure nonostante ciò mi tocca ancora vedere queste stronzate?! Fate sempre così, siete incredibili! Vi puntate gli zoccoli a vicenda cercando un capro espiatorio quando invece i vostri nemici sono lì fuori! Asini senza cervello! Aprite gli occhi! Guardate al di là del vostro muso!!»

Il silenzio era il padrone della sala. I pony, come era prevedibile, avevano abbassato il capo e si sentivano i mormorii di chi avvertiva i sensi di colpa.

Bibski si era aspettato a quel punto di vedere qualche reazione, invece gli sembrò che le parole avessero prodotto il risultato opposto. Si sbatté lo zoccolo sulla faccia e subito dopo si risistemò il casco dell’Equalizzatore.

«Sapete che c’è? Ne ho fin sopra la criniera di tutta questa storia! Twilight portami da Celestia, subito!»

Questa volta, senza aggiungere altro, lasciò alla Principessa il compito di fargli strada.

Twilight incrociò lo sguardo delle altre Custodi mentre le superava, e per un istante Dash fu certa che le venisse rivolto un cenno inquisitorio, ma era più probabile che l’amica si stesse rivolgendo a tutte loro, e non soltanto a lei.


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Nella sala del trono tutto era silenzioso e c’era solo una debole luce ad illuminare gli arredi. Il sole entrava guardingo dalle finestre, come se fosse intimorito dall’atmosfera lugubre e spettrale che si era venuta a creare.

La figura di Princess Celestia si stagliava da sola nella penombra, mentre scrutava la città in fiamme, la sua città. Per anni aveva amministrato quel regno mettendo al primo posto l’interesse dei suoi cittadini, per esso aveva compiuto sacrifici immani, abbandonando il suo vecchio castello nelle Everfree Forest per trasferirsi sulla montagna, proteggendolo da nemici temibili e facendosi carico dei segreti più oscuri che strisciavano nelle ombre di Equestria. Tutto per il benessere della sua gente, quei pony che grazie al suo governo avevano sviluppato una fiorente economia e si erano arricchiti sempre di più, rendendo Canterlot la città del lusso e dell’ostentazione per antonomasia. Su cosa avrebbe regnato ora che di tutto quello splendore erano rimaste solo le rovine?

Una lacrima scese dalla sua guancia e per un breve momento il suo volto segnato dalla dura battaglia del giorno prima si riflesse su di essa.

La sua fedele fenice Philomena emise uno stridio e andò ad appoggiarsi sulla sua spalla. La luce emessa dalle sue piume e il calore che emanava dal corpo rischiararono l’umore dell’alicorno, che si mise ad accarezzarla con uno zoccolo, mentre lei muoveva la testa in tutte le direzioni per suggerirle dove preferiva essere toccata.

Celestia si mosse con calma, andando verso il trespolo della fenice. Una mela ancora intera era appoggiata dentro un vassoio per la frutta. Se n’era dimenticata, complice la malinconia che bruciava all’interno del suo animo. Prese il pomo con la magia e con rapidità e precisione lo tagliò a spicchi, servendolo all’affamato volatile.

Celestia amava guardare Philomena mangiare, osservare quel piccolo animaletto che staccava pezzetti di cibo con il becco a rostro e portarli alla gola la aiutava a distendersi nelle giornate in cui gli impegni la facevano da padroni. Desiderò che potesse aiutarla anche adesso, ma vedendo il suo cucciolo alle prese con un pasto così generoso si domandò se anche gli altri pony là fuori potessero godere della stessa fortuna.

Canterlot era una città ricca e prospera, ma anche a castello le scorte di cibo avevano un limite, e se un’intera capitale fosse confluita lassù per chiedere di essere sfamata, avrebbero dovuto  affrontare presto un altro grave problema, oltre alla mancanza di posti letto e di cure per i feriti.

Di rispedirli in città non se ne parlava, non prima di aver visionato il rapporto sui danni e verificato che fosse sicuro chiedere loro di tornare a casa, ammesso che una casa ci fosse ancora dopo quello che era successo.

Si recò nuovamente alla finestra, che come molte altre era stata danneggiata dalla risonanza, quando il Kaiju aveva impattato contro la Muraglia. Il vento freddo spingeva alcuni fiocchi di neve dentro la sala e per terra era zeppo di cocci di vetro, che lei doveva stare attenta a non calpestare.

Era triste ammetterlo, ma aveva perso molti ricordi insieme a tutto il resto: la vetrata che commemorava l’incoronazione di Twilight ormai non esisteva più, come anche quelle del matrimonio di Shining Armor e Cadance, la disfatta di Nightmare Moon e la redenzione di Discord, tutte erano andate distrutte. Solo una, paradossalmente, era rimasta intatta: quella del Primo Attacco, con Hermit che terrorizzava Manehattan. Era come un monito a non dimenticarsi di loro, che presto sarebbero tornati.

In seguito Celestia udì una serie di schiamazzi provenire dall’esterno della sala, alcune Guardie Reali scalpitavano e cercavano di opporsi a qualcuno che a quanto pare era intenzionato a superarli.

«Altolà, non puoi entrare senza prima essere annunciato!»

«Ma levatevi dalle palle!» Sbraitò una voce familiare, di qualcuno che sapeva che sarebbe presto arrivato.

Il portone si spalancò con una spinta, ed entrarono in ordine: Bibski Doss, con una foga selvaggia e una pazza lucidità nello sguardo, seguito da Princess Twilight, che si rivolgeva alle Guardie Reali chiedendo loro perdono, e un Brightgate che affogava nei sudori freddi dall’imbarazzato.

Due di loro si inchinarono al cospetto della regnante: Twilight per un vizio del passato, Bright per ricordare all’inventore quali fossero le buone maniere. Ma Bibski decise di glissare tutte le cerimonie e di andare diretto al sodo: «Princess Celestia, sono qui perché chiedo udienza con voi, ascoltatemi!» Si mise al centro della sala puntando le zampe, e la fissò con due occhi affilati come rasoi. Celestia, malgrado il suo fervore, gli rivolse appena un’occhiata in tralice, e per il resto la sua attenzione non si discostò dalla città in rovina.

Fu Twilight ad andarle vicino. Era preoccupata per lei, non l’aveva più vista da quando Cyclop era stato ucciso. «Princess Celestia… come stai?»

Metri più in là Bibski roteò gli occhi ed emise un lamento. «Oh, fantastico… davvero!» Fu colpito alla nuca da una zoccolata di Bright.

«Ahia! Ma sei impazzito?!»

L’unicorno alto lo zittì fermamente. «Tu più di tutti dovresti sapere che cosa si prova in queste circostanze.» Fu abbastanza per convincerlo. Bibski si girò dall’altra parte imbronciato.

Twilight intanto aveva atteso pazientemente una risposta dalla sua ex-mentore. La udì sospirare.

«È terribile Twilight. Osserva Canterlot, osserva com’è ridotta la nostra città. Tutte quelle anime che chiedono aiuto… come ho potuto permettere che succedesse?»

«Abbiamo fatto il possibile, ci abbiamo provato con tutte le nostre forze, ma la forza di quel mostro era superiore alla nostra. Nessuno era veramente pronto ad affrontarlo, men che meno noi.»

«Ma ho lasciato che quei pony morissero! Quei poveri pony che supplicavano di essere salvati, e io non ero stata in grado di emanare quell’ordine! Come farò ad affrontare i loro sguardi adesso, i loro giudizi… come farò a ripagarli per quello che non sono riuscita a fare?»

Si strinsero in un abbraccio, le lacrime lavavano via un poco del tormento che provavano, ma non le liberavano del tutto.

«Lo hai fatto, Principessa, hai chiesto a Discord di intervenire, e lui li ha salvati. E poi ci avete salvato di nuovo, tu e Princess Luna. Avete salvato il castello e la città quando ormai era tutto perduto.»

«Vorrei poter dare ascolto alle tue parole, Twilight, lo vorrei davvero… »

Bibski si voltò verso l’amico e mimò col labiale uno sprezzante: “Seriamente?!”. Ma Bright gli aveva chiaramente fatto intendere che non aveva intenzione di scherzare. L’inventore decise allora di cambiare approccio: fece alcuni passi in avanti, si schiarì la gola e a quel punto disse: «Credile, Celestia. Sparkle ha ragione.» Improvvisamente sul suo fianco, il cutie mark a forma di lampadina splendette per un istante, segno che gli era venuta l’ispirazione. «A volte in una situazione di guerra come la nostra si devono prendere delle decisioni difficili, e a volte non è facile capire quale sia la direzione giusta. Come dice Sparkle, non eravate pronti per un attacco così feroce. Non pensare di essere la sola ad essere stata presa in controzoccolo. Per lo meno quando è toccato a te sei stata in grado di portare in salvo molti dei tuoi pony, cosa che vorrei poter dire lo stesso di me.» Si fermò per prendere fiato, solo per tornare poi la carica con più impazienza di prima. «Ora, mi dispiace interrompere questo momento così delicato, ma ogni secondo che perdiamo è un secondo in più che regaliamo a quei bastardi!»

Il discorso diede a Celestia qualcosa su cui riflettere. In effetti la Reborn Technologies, la vecchia società di Doss, aveva sofferto più di tutti dei danni di Hermit ai tempi del Primo Attacco, quando il Kaiju l’aveva demolita quasi interamente. Allora molti pony che lavoravano nel complesso erano periti a causa dei crolli, proprio com’era accaduto quel giorno a Canterlot. Ciascuno di quei pony pesava sulla coscienza del pony dal manto dorato, così come i cittadini di Celestia pesavano su di lei.

Bibski, per ripagare le famiglie delle vittime, aveva dilapidato il suo intero patrimonio e si era persino fatto carico di azioni criminali come la rapina alla Banca Centrale di Manehattan, accettando di diventare un fuggiasco al solo scopo di risarcire le famiglie di quei pony sventurati.

In un certo senso era stato un eroe, e Celestia pensò che come minimo, per ripagarlo del suo sacrificio, doveva prestargli ascolto. Forse se l'avesse fatto prima, avrebbe potuto salvare qualche vita in più.

Prima di decidere si consultò Twilight per avere la sua approvazione. Lei annuì decisa. «Ascoltiamo la sua proposta.»

Con un cenno si congedò da Twilight, raggiungendo il suo trono dinanzi all’inventore. «Accolgo la tua richiesta, Bibski Doss. Esponici il tuo piano.»

Il piccolo stallone sospirò, come ad essersi finalmente liberato da delle pesanti catene, e il suo tono divenne controllato e fluido. «Allora, l’altra volta avevo menzionato degli Jaeger, in quanto li ritengo la soluzione più ovvia per combattere i Kaiju. Parlo al plurale, perché infatti ho convenuto che per avere qualche speranza di fermarli dovremmo predisporre dalla nostra parte almeno tre macchine. I Kaiju si adattano facilmente alle nostre strategie, quindi dobbiamo considerare ogni eventualità e farci trovare pronti.»

«Ricordo che avevi menzionato dei piloti. Chi saranno questi pony?» Chiese la Principessa dell’Armonia.

«A questo preferisco rispondere dopo, per il momento il tempo che ci rimane è la nostra priorità. Non sarà facile, ci vorranno dei mesi per costruirli e renderli operativi. Per farlo avremo bisogno di tutto l’aiuto possibile, tutto quello che ci potete dare. La Nazione intera dovrà collaborare, e ci serve una nuova base, un posto abbastanza grande che funga da hangar e che sia abbastanza capiente da contenere gli Jaeger.»

«E per quanto concerne le materie prime? Da quanto ci hai riferito, serviranno tonnellate di metallo per completare queste macchine. Non credo abbiamo così tanto materiale qui a Equestria. Forse possiamo chiedere aiuto ai regni vicini, ma è un’incognita a cui dovremo trovare una soluzione.»

«Beh ci sono i Cani Stana Diamanti.» Suggerì Twilight. «Possiamo tentare di negoziare un accordo con loro, fornirgli delle gemme in cambio di informazioni su dove trovare delle miniere di ferro da estrarre.»

«Potrebbe essere un’idea, anche se temo ci vorrà del tempo.»

«In realtà, come vi dicevo, le risorse sono già in vostro possesso.» Riprese Bibski. Le Principesse si azzittirono e lo ascoltarono, Celestia aveva un’espressione ansiosa.

«Stavo pensando all’Equestrium Diamantato

I volti delle giumente si divisero in due espressioni distinte. Twilight piegò la testa perplessa come non mai, non avendo mai sentito nominare quel materiale, Princess Celestia invece, come volevasi dimostrare, cominciò ad agitarsi.

«Come conosci quel nome?»

«Suvvia, Principessa.» Ghignò Bibski vittorioso. «So cos’è il Vello Oscuro, tanto mi basta per sapere dell’esistenza dell’Equestrium.»

Di nuovo quel nome. Tanto caos nelle ultime ore avevano fatto scordare all’alicorno viola la curiosità su quella vicenda. «Di che si tratta?» Domandò, sperando questa volta di ottenere una risposta adeguata.

Celestia dal canto suo si trovò in difficoltà, il suo sguardo passò da un capo all’altro della stanza senza che dalla sua bocca fosse emessa una sola parola.

«Non gliel’hai ancora detto, vero?» Chiese Bibski alzando un sopracciglio.

L’alicorno bianco scosse la testa. «Non ne ho avuto l’occasione… converrai che le circostanze ci erano avverse.»

«Beh, ma ora abbiamo tutto il tempo. Per favore Principessa, dimmi di che cosa si tratta!»

L’insistenza di Twilight si rivelò trionfale, Princess Celestia sospirò, prendendosi giusto un momento per riordinare le idee, e a quel punto cominciò: «I fatti che vi sto per raccontare risalgono a mille anni fa, poco tempo prima che mia sorella fosse soggiogata dal maleficio di Nightmare Moon. Parliamo dell’epoca in cui Equestria era in guerra con l’Impero di Cristallo, quando King Sombra regnava ancora quella terra. Abbiamo combattuto il suo esercito per mesi, cercando di rovesciare il governo del terrore che aveva instaurato. Le nostre forze, malgrado i numerosi corpi militari di cui disponevamo, non erano però sufficienti a contrastare i Guerrieri di Cristallo che mandava contro di noi. La loro ferocia, rinvigorita dagli incantesimi oscuri del tiranno, riuscì ad avere la meglio su di noi malgrado fossimo in numero maggiore. Così fummo costrette a cercare una soluzione: scoprimmo che all’interno della montagna su cui sorge Canterlot vi era una vena di un metallo unico nel suo genere. Un metallo che non si poteva trovare in nessun’altra parte del regno: l’Equestrium Diamantato.»

«Che cos’ha di speciale questo metallo?» Volle approfondire Twilight.

Fu Bibski a rispondere: «È praticamente indistruttibile. Immagina un metallo resistente a quasi tutte le sollecitazioni: pressione, calore, taglio, colpi magici. Ha una struttura chimica che lo rende, di fatto, duro come il diamante, sebbene mantenga le stesse proprietà elastiche di un metallo, se correttamente lavorato.»

«E questo significa… ?»

«Un incantesimo.» Continuò l’inventore. «Esiste una particolare formula magica che lo rende lavorabile per un limitato periodo di tempo. È abbastanza semplice da utilizzare, almeno questo è quanto sostiene Wrench, che tu hai già conosciuto. È stato lui a sperimentare per primo la formula, e dice di aver raggiunto una certa padronanza della tecnica, malgrado manchi una dimostrazione sul campo.»

«Tuttavia le pergamene e con esse tutta la documentazione a riguardo sono state eliminate secoli fa! Io stessa mi sono assicurata che non vi fosse più alcuna traccia negli archivi delle biblioteche di tutto il regno!» Scattò Celestia.

«Ricorda, Principessa: al mondo esistono soltanto tre cose che non possono restare celate per sempre, una di esse è il Sole, la seconda cosa è la Luna, mentre la terza… la terza è la verità. Certo tu sei stata abile ad eliminare ogni testimonianza storica modificando di fatto il passato di Equestria, ma non hai considerato che quando l’Impero di Cristallo è riemerso dai ghiacci, con essi sono tornati anche i suoi segreti, e in particolare le trascrizioni dei messaggi che le spie di allora trasmettevano all’Impero, in cui si faceva menzione dell’Equestrium e di tutto quanto il vostro piano fin nei minimi dettagli!»

Celestia si sentì piombare in testa un incudine, ecco dunque come aveva fatto l’inventore a venire a conoscenza della cosa.

«Aspettate, aspettate un momento! Non c’è un nesso logico in quello che dite! Avete trovato questo metallo, lo avete estratto… e dopo che ne avete fatto?!»

«Delle armature.» Fu Bibski a rispondere, dato che Celestia era una porta sprangata. «Delle armature che poi non si sono rivelate necessarie e sono state abbandonate in un luogo sicuro.»

«E questo dovrebbe essere un problema? Continuo a non capire!»

«Beh, se consideri che la quantità di Equestrium estratto era sufficiente a fabbricare… »

«BASTA!» Si impose Celestia con la Voce Regale. «Non è necessario che tu le dica tutto… c-ci penserò io… quando arriverà il momento.»

«Come preferisci.» Scrollò le spalle Bibski.

La Principessa del Sole fece un’altra osservazione, sperando così di allontanare la conversazione dal punto che voleva evitare: «Quindi vorreste usare quel metallo per dar vita alle tue macchine. Non sarà sufficiente in ogni caso temo.»

«Ti do ragione su questo. Difatti ci ho pensato a lungo, certo è un vero peccato non poter disporre interamente dell’Equestrium, ma possiamo comunque combinarlo con altri metalli per produrre delle leghe super-resistenti. Il normale acciaio non va bene se usato singolarmente, perché il peso della massa degli Jaeger li farebbe collassare su se stessi. In quel modo invece avremo un buon compromesso tra risorse e funzionalità.»

«Dovremmo riattivare le fornaci all’interno della montagna, riaprire il calderone lavico… »

«Sei o non sei una Principessa di Equestria dopotutto?»

«Stavo solo riflettendo ad alta voce, quello che ci chiedi è immenso, e anche con tutta la buona volontà che disponiamo…»

«Confido nelle vostre capacità, cara Celestia.»

L’ultima risposta non le piacque, ma fece in modo di dimenticarsene subito. «C’è un’altra cosa che vorrei sapere prima di prendere una decisione.»

«Sono tutto orecchi, sentiamo.»

«Avevi detto che di questi… Jaeger, esistono degli schemi. Vorrei visionarli prima.»

La luce sul fianco di Bibski brillò nuovamente. «Ihihih! Immaginavo lo dicessi, direi che posso accontentarvi!»

A quel punto le due alicorno si sarebbero aspettate che l’inventore tirasse fuori qualche foglio da uno scompartimento segreto dell’Equalizzatore, invece questa volta Bibski si rivolse al suo assistente Bright, che fino ad allora aveva ascoltato in silenzio. Lui stesso si stupì di quella mossa.

«Avvisa tuo fratello e digli di preparare un Ponte. Le portiamo a fare un giro nella base.»

Lo stupore crebbe esponenzialmente. «Intendi dire… la nostra base. Adesso

«Abbiamo qualche altra base di cui non sono informato?»

«Non pensavo che volessi… portarcele subito… »

«La cosa non dovrebbe sorprenderti più di tanto. Meglio così che aspettare che predispongano una carrozza e che ci vengano a cercare. E se poi cominciano a girare a vuoto? Quanto credi che ci vorrà?»

Bright restò in silenzio e corrugato.

Blu, ehm… ci sono novità, non ci crederai. –

La frase, formulata sotto forma di concetto mentale, compì un viaggio quantico lungo le curve del tempo e dello spazio per arrivare, praticamente all’istante, a portata della ricezione di suo fratello gemello, che la sentì distintamente come se si stessero parlando a quattrocchi.

Che succede? Altre brutte notizie, cos’altro ha combinato Bibski stavolta? –

– È particolare, non so nemmeno io come prenderla. Vuole che apriamo un Ponte per far passare le Principesse, Twilight e Celestia, lì da voi. –

– Cosa?! Sei sicuro di aver capito bene?! –

– Nemmeno io ci credo! Prima è entrato come una furia nella sala del trono, e adesso è disposto a condividere con loro i nostri segreti neanche fossero parenti! Vorrei che un giorno qualcuno mi dicesse cosa gli passa per la testa! –

– Se mai lo trovassi, in quel caso presentalo anche da me. Mi metto in posizione per il Ponte. –

I due gemelli, che fisicamente si trovavano a decine, se non centinaia di chilometri di distanza tra loro, compirono una serie di gesti in perfetta sincronia, e dai loro corni fu rilasciata la sfera di luce che in pochi secondi creò il varco dimensionale che ne collegava le posizioni.

«Era ora! La prossima volta metteteci meno tempo.» Con un gesto di zampa, Bibski invitò le Principesse ad avanzare: «Dopo di voi prego.» Mentre Bright sarebbe dovuto restare nella sala per consentire, in un secondo momento, il loro rientro a palazzo.

Twilight andò per prima, attraversando quella spaccatura nella realtà che la catapultò immediatamente in un altro luogo, dove pony che lei non aveva mai incontrato prima la guardavano in silenzio mentre aspettavano una sua reazione.


   
 
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