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Autore: piccolo_uragano_    05/12/2016    1 recensioni
[SPIN OFF DI 'TI AMO PIU' DI IERI..' / CROSSOVER HARRY POTTER-DOCTOR WHO(o almeno è un tentativo)]
[SCRITTO E IDEATO CON Always_Potter]
possibili spoiler sulla storia del Decimo Dottore
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Kayla Lily Black, secondogenita di Sirius e Martha, si sente sola e confusa quando incontra uno strano uomo chiamato 'il Dottore'.
Dal testo:
“Fidati di me, piccola strega. Sono il Dottore.”
“E allora?”
L’uomo si grattò la nuca. “Di solito alla gente basta questo.”
Kayla allargò le braccia con aria esasperata. “Alla gente basta questo? Come se la frase ‘sono il Dottore’ equivalga a ‘io ti salverò’?!”
“Di solito è così.”
“Di solito?!” domandò lei, rialzandosi.
“Sì!” rispose lui, alzando la voce – ma non arrivando comunque al tono di lei. Si alzò anche lui, risultando parecchio più alto di lei.
“E nel tuo ‘di solito’,quante volte ti succede di trovarti in un mondo appeso ad un filo?”
Il Dottore sorrise. “Oh, non sai quante.”
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - 1, Doctor - 10, Jack Harkness, TARDIS
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo più di ieri e meno di domani.'
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"Solo gli stupidi non hanno paura."



“Voglio vedere una partita del vostro sport.” Esordì Jack, quando Kayla entrò nel Tardis. “Dove sono i rossi?”
“Ad allenarsi per il loro sport.” Rispose, acida. “Ti va bene che ci sia solo io o devo andarmene?”
“Posso andare a vedere l’allenamento?” chiese, illuminandosi.
“No.” rispose lei, categorica. “Il Dottore? Te lo sei mangiato?”
“Non ancora.” Sorrise Jack. “Si è chiuso in biblioteca.”
Kayla annuì, Appellando un panino.
“Vai in biblioteca a salutarlo.”
“Non mi allontano dalla porta, Jack.”
“Dai, solo cinque minuti!”
“No. Ti vedrebbero.”
“Sono bello da vedere.”
Kayla sorrise e scosse la testa. “Ho detto di no. Sai che Neville è riuscito a Disarmarmi, all’ultimo incontro?”
“Permettimi di andare a complimentarmi.”
“Sei testardo, vero?”
“Forse.”
Forse?” domandò la voce del Dottore, alle spalle di Kayla. Lei si girò e gli sorrise, per poi corrergli incontro ed abbracciarlo.  “Ehi, Hogwarts! Non ti abbiamo vista, ieri.”
“Si, scusami, ma Piton mi ha messo in punizione.”
“Perché?” domandarono i due, all’unisono.
“Perché ho puntato la bacchetta contro Draco.”
“Sono sicuro che anche lui avrebbe voluto puntare la sua contro di t- ahia!”
“Prima o poi ti Schianto, giuro su Salazar.” Borbottò lei, massaggiandosi la mano con cui l’aveva preso a pugni. “Sono battute scontate e codarde.”
“Codardo? Codardo io?”
“Non l’avresti detto se Fred fosse stato qui.” Spiegò lei. “Sei un codardo.”
“Se mi porti da Fred glielo dico.”
“Dov’è Fred?” domandò il Dottore.
“All’allenamento.” Rispose Kayla, alzando gli occhi al cielo. “Di nuovo.”
“Sai cosa potremmo fare di interessante?”
“Non dire andare a v-“
“Andare a vedere l’allenamento.”
“Ecco, lo hai detto.” Sbuffò Kayla, fingendo di giocare con i comandi del Tardis. “Dottore” disse, con tono serio e sguardo pieno di pensieri. “Dottore, ce ne andiamo lontano?”
In quel momento, i due gemelli Weasley entrarono nel Tardis, chiaramente freschi di doccia e di spogliatoio. Sorridevano, con i capelli ancora umidi, salutarono Jack con delle pesanti pacche sulla spalla.
“Siamo in partenza?” domandò George, notando che Kayla era alla consolle.
“Sì.” Rispose la Serpeverde.
“E dove andiamo?” chiese Fred.
Lontano.” Ripeté lei, con gli occhi pieni della voglia di andare davvero lontano.
 
Kayla aveva già avuto modo di sperimentare la paura.
Certo, a tutti capita di avere paura, ma non si tratta spesso di quell’istinto ancestrale che ti suggerisce di fuggire o di buttarti a braccia spalancate davanti a chi ami. Non si tratta spesso della paura di morire: era successo, per la prima volta, più di un anno prima, alla Coppa del Mondo di Quidditch, mentre una folla di maghi ammantati di nero corvino marciava su tende e persone, spazzando via tutto ciò che li intralciava mentre da sotto i cappucci balenavano luccichii d’argento.
Molto più di frequente, invece, aveva avvertito quella strana e ambigua tensione: lei era cresciuta con quella strana e ambigua tensione, che s’insidiava nella sua famiglia con la semplicità con cui gli spifferi di vento gelido penetravano le mura di Hogwarts. Si trattava di una pressione di un peso fastidioso, che rendeva irrequieti e si pesava sul cuore: l’attesa frustrante di quando si sa che qualcosa succederà, che qualcosa di grave succederà molto presto, che quella cosa potrebbe rimettere in discussione tutto.
Ma mai, almeno fino ad allora, aveva provato quello: in quel posto, su quello strano pianeta su cui erano giunti col Tardis, paura e tensione si mescolavano in un gelido macigno, spingendosi a fondo nella gola e nei suoi polmoni, torcendo le viscere di Fred e George, adombrando gli occhi del Dottore e storcendo in una smorfia la bella bocca di Jack.
“Angeli? Donne dai capelli rossi? Ma di che diavolo sta parlando?” sibilò George, inquieto.
Fred e Kayla scossero la testa, deglutendo.
Del resto, si ritrovò a pensare quest’ultima, aveva capito fin da subito che in quel posto non li aspettava nulla di buono.
 
Erano arrivati poche ore prima, e il primo commento di Jack era stato: “Dottore, questo posto non mi piace.” I suoi occhi, intanto, scrutavano la nebbia che li avvolgeva in quella steppa desolata, tappezzata da un morbido miscuglio di piante che Kayla e i gemelli Weasley non avevano mai visto, neanche a Erbologia.
“Oh, non vorrai già levare l’ancora, Capitano?” disse George, mentre un leggero sogghigno si dipingeva sul volto suo e del fratello.
“Già... a me, invece, questo posto ricorda tanto la Foresta Proibita.” aggiunse il gemello guardandosi attorno e alzando il capo al cielo, invisibile sotto quella coltre umida e perlacea.
“Oh, ma che avete ne cervello?! Io sono d’accordo con Jack, sembra di essere in un cimitero!” replicò la strega, stringendosi nel mantello.
“Pff, ecco perché …”
“… sei una Serpeverde.” Terminò Fred, sorridendo all’occhiataccia che le lanciò la ragazza. “Comunque, Dottore, non hai ancora detto una parola … dove siamo?”
“Zukets, della nona galassia del complesso di Golgi.” stimò il Dottore, girando su se stesso mentre puntava il cacciavite sonico tutto attorno.
“Che? ‘Golgi’? Come quello delle cellule? Perché questo complesso di galassie ha il nome di un biologo babbano?” chiese Kayla, inarcando un sopracciglio.
“La domanda semmai è ‘perché un biologo babbano ha il nome di questo complesso di galassie?’” replicò il Dottore scuotendo il capo, come fosse la cosa più ovvia del mondo. “Comunque, il cacciavite dice di andare per di là.” disse, allungando il braccio destro e iniziando a camminare con passo deciso, come se fosse il cacciavite sonico a portare lui e non viceversa.
Il gruppetto lo seguì senza fare domande, tranne George che, accostandosi al fratello, gli bisbigliò: “Fammi capire, nei vostri viaggi in terre e tempi sconosciuti la vostra guida è quella strana bacchetta magica?”
“Ti ci abituerai.” replicò Fred, battendogli una mano sulla spalla.
Dopo dieci minuti di inciampi, rovinose cadute a terra e imprecazioni che fecero applaudire Jack, la nebbia si diradò di colpo, e i cinque si trovarono su un sentiero lastricato che entrava in un piccolo villaggio, un agglomerato di casupole pittoresche dalle cui finestre risplendeva un piacevole alone di luce dorata.
“Wow, e chi se lo aspettava!” disse sorpreso George.
“Sorpreso?” chiese il Dottore, roteando il cacciavite sonico con un sorrisetto fiero e soddisfatto sul volto.
“In effetti, non mi aspettavo che quell’aggeggio funzionasse … eppure non sembra una bacchetta magica.”
“Già, in effetti non è una bacchetta magica.” rispose Kayla, squadrando il Dottore con un sopracciglio inarcato.
“Che c’è?” chiese lui, sulla difensiva, le dita strette sull’impugnatura del cacciavite. Lei, in tutta risposta, alzò ancora di più il sopracciglio, abbassando gli occhi sulla mano del Dottore che, per come stava tenendo il cacciavite, pareva fosse una bacchetta magica.
Lui si affrettò subito a riporre il cacciavite nella tasca interna del cappotto, alzando il mento e dicendo “Non montarti la testa, Hogwarts.”
 Kayla alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, senza però che quel sogghigno le abbandonasse la bocca.
“Beh, che si fa? Andiamo a vedere se da queste parti hanno un camino e qualcosa che assomigli a un boccale di Burrobirra?”
“Già, inizio a pensare che preferiate gelarvi il fondoschiena, gente.”
Il gruppetto accolse il suggerimento dei gemelli e iniziò ad addentrarsi nel villaggio: non ci misero molto a capire che, se quell’impenetrabile coltre di nebbia non aveva invaso anche quelle viuzze, era solo per merito di un incantesimo, che creava una cupola trasparente tutt’attorno al perimetro del villaggio, lasciandovi un gradevole tepore.
A quel punto, in realtà, avevano iniziato a pensare che le cose fossero perfettamente normali (certo, sempre per gli standard dei viaggi del Dottore): niente pericoli mortali, niente minacce o sguardi malevoli, nessun conflitto, duello o discussione, nessun raggio laser o lampo di incantesimo a sorvolare le loro teste.
Tra quelle case che sapevano di cannella e di autunno, risuonavano i suoni di maghi, babbani e alieni che si muovevano con una complicità, con abitudine: risuonava la vita quotidiana.
C’erano bambini magici che sfidavano a duello Babbani e piccoli alieni muniti di spade che erano in grado di respingere i deboli incantesimi, alieni grandi e grossi che tracannavano Burrobirra in compagnia di Babbani mentre la bottiglia levitava attorno a loro, e poi donne che si scambiavano consigli e boccette dai colori sgargianti ridacchiando.
Kayla e i gemelli Weasley fissavano quella scena come stessero assistendo all’entrata di Severus Piton da una parrucchiera.
“Dottore, vuoi dirmi che i maghi e i Babbani, un giorno, convivranno?!” fece Fred, tirando una gomitata all’uomo.
“Non avevi detto che ti tenevi alla larga, dai maghi? Pensavo che non conoscessi che Godric prima di incontrarmi!” aggiunse la strega, strattonando una manica del cappotto del Dottore.
“S-sì, in effetti non avevo mai incontrato una comunità del genere… nessun umano che abbia mai incontrato ha mai mostrato apertamente la sua magia: siete gente estremamente riservata.” replicò lui massaggiandosi le costole che avevano ricevuto la gomitata di Fred.
“Beh, non so voi, ma io mi butterei a esplorare la zona.” propose Jack.
“Purché non ti metti a esplorare le camere da letto, Jack.” sbuffò Kayla mentre, circospetta, li seguiva all’interno del villaggio.
In breve tempo, tutti abbandonarono però ogni traccia di timore: con inaspettata cordialità, gli abitanti del villaggio li accolsero senza riserve, offrendo loro fette di torta di zucca e indicando la direzione per la locanda più vicina: sembrava che fossero abituati ai turisti, come testimoniavano anche le bancarelle di prodotti tipici che li confusero con forme, profumi e nomi bizzarri (e da cui Kayla dovette trascinare via i gemelli a forza), nonché le numerose osterie sparse lungo le strade principali.
Fu solo a notte fonda, quando i piedi si erano fatti ormai pesanti e le palpebre minacciavano pericolosamente di cadere, che il gruppo scelse un luogo dove dormire: le pance soddisfatte e quella quiete calda e rassicurante ad avvolgerli, sembrava che avessero trovato un posto che non conosceva problemi, come se tutta la preoccupazione, tutti quei freddi e striscianti timori capaci di far tremare le vene nei polsi fossero rimaste chiuse fuori dalle porte di legno del paese, assieme a quella nebbia troppo fitta.
Questo, almeno, finché Kayla non la vide, gelandole il sangue nelle vene.
Successe poco prima di andare a dormire: il Dottore stava chiedendo le chiavi per le stanze, Jack stava tentando di abbordare due gemelle dalla pelle di un blu brillante al bancone, Fred e George confabulavano scambiandosi qualcosa di sospetto in un angolo della sala. Kayla scosse il capo e si avvicinò al fuoco che troneggiava su una parete, decidendo che non voleva saperne nulla delle macchinazioni di quei due.
I tavolacci dell’osteria si stavano svuotando rapidamente, e oltre a loro erano rimasti solo un gruppo di uomini ubriachi che cantavano ballate su troll e Zygon, e una vecchia seduta poco lontano dal fuoco: inizialmente, la mora non vi fece caso... almeno finché non incrociò il suo sguardo gelido.
“Ti diverti, Kayla?” disse la sua voce gracchiante.
La strega si tirò indietro di scatto, le braccia incrociate sotto il seno. “Scusi, lei conosce il mio nome, eppure io non conosco il suo.” disse freddamente, squadrando la sagoma curva  nascosta sotto un lungo mantello. Quando due mani magre levarono il cappuccio, però, non rivelarono il volto raggrinzito che Kayla si aspettava, ma il volto di una giovane donna dai capelli bianchi, che la guardava con gli occhi lattei spalancati e un sorriso inquietante sulla bocca.
“Il mio nome si è perso tempo fa, Kayla… come quello del Dottore, del resto.”
Tu. Chi. Sei.” La voce della ragazza era sorprendentemente calma e atona, come se il freddo che l’aveva invasa avesse aspirato via ogni traccia di emozione, trattenendo persino quella paura irrazionale che le avrebbe fatto tremare la voce, se solo non avesse avuto il controllo necessario per mantenerla salda e decisa.
La donna sghignazzò. “Oh, i cavalieri sono giunti in tuo soccorso. Eppure non pensavo di aver assunto un aspetto inquietante, stavolta.” Commentò, mentre Kayla sentiva comparire al suo fianco le figure rassicuranti del Dottore e di Jack; un braccio la strinse in un abbraccio rassicurante, e lei guardò Fred in un muto ringraziamento, George subito accanto al gemello.
Fu in quel momento, mentre quel terrore le correva lungo la spina dorsale e la pelle, trasmettendosi a  Fred e agli altri come fosse corrente elettrica, che capì cosa significava avere paura di morire: fu mentre strinse forte la mano del rosso, l’altra stretta sull’impugnatura della bacchetta e l’ossigeno che tornava a rinfrancarle i polmoni dopo quell’involontaria apnea, che capì come sarebbe stato da lì in avanti, col ritorno di Voldemort.
La strega, però, rimandò quei pensieri a più tardi, mentre il Dottore confabulava con la donna, che era scoppiata nuovamente in una risata secca e lacerante.
“Ma certo! Devi perdonarmi, tu probabilmente preferisci … così” disse, mentre i suoi capelli si ritiravano nel cranio, tingendosi di un biondo dorato, il volto cambiava forma, gli occhi bianchi diventavano più grandi, le labbra contratte in un ghigno più carnose: la reazione fu immediata, e il Dottore dovette trattenere Jack dal lanciarsi addosso alla donna.
“TU! Tu! Come osi prendere le sue sembianze! Mostro!” urlò Jack, gli occhi sbarrati dalla rabbia.
Il Dottore, mortalmente pallido, deglutì. “Cosa sei? Uno Zygon? Un Mutaforma? Parla svelta, o nulla ti risparmierà dalla mia ira.”
La donna rise nuovamente: sembrava non riuscire a fare altro, mentre gli occhi ciechi roteavano febbrilmente. “Oh, certo, il Dottore, ultimo dei Signori del Tempo di Gallifrey, dalla costellazione di Kasterborous… sto tremando di paura!”
“Ora basta!” la voce profonda e seccata che intervenne era quella dell’oste che, le sopracciglia cispose corrucciate e la bocca barbuta contratta, si era piantato davanti alla donna, incombendo con le braccia incrociate e l’aria minacciosa.
“Oh, scusami Rod, stavo solo dando il benvenuto ai nostri ospiti” replicò placida la donna, ritirandosi sullo schienale della sedia e ridiventando la donna dai capelli bianchi.
“Quante volte ti devo dire di stare alla larga da questo posto, dannata Veggente?! Vattene immediatamente!” sbottò l’uomo.
“Scusami Rod, è che ho un debole per il fuoco del tuo camino … mostra sempre immagini estremamente interessanti!” disse gioviale la donna, alzandosi e avvolgendosi nel mantello. “Ma non ti voglio certo importunare, Rod. Un’ultima cosa, però.” Aggiunse, voltandosi di scatto verso il Dottore mentre gli passava accanto, il volto a pochi centimetri dal suo. “Un consiglio, diciamo così: smettila di attaccarti a tutti come un povero orfanello, Dottore, perché ti lasceranno sempre tutti.” Sibilò, con un ghigno. “Ah, e attento agli Angeli Piangenti, prima che ti portino via altri pel-di-carota” concluse, accennando ai gemelli Weasley con sguardo malevolo.
Poi la donna se ne andò, la risata gracchiante che si perdeva nella notte della strada.
Rod sospirò. “Scusatemi, ma quella strega è una parassita: sempre lì a sparare le sue cavolate da veggente e a spaventarmi la clientela” borbottò scuotendo il capo, mentre iniziava a sistemare le sedie sui tavoli, riordinando la sala.
“Quella era una Veggente?!” sbottò Kayla, tornando a parlare e respirare ora che quel gravoso e gelido peso non la opprimeva più.
“Mah, non è una cosa sicura: c’è chi dice che dica un sacco di boiate, chi ha avuto qualche … conferma. Io penso siano solo coincidenze e fanfare ben congeniate, nulla di più.” Replicò l’uomo, scrollando le spalle.
“È una Mutaforma?” chiese il Dottore, inquieto.
“No, una Metamorfomagus. Comunque, su una cosa ha ragione: fate attenzione agli Angeli Piangenti, ragazzi.” li avvertì l’oste.
“I che?” dissero in contemporanea Fred e George.
“Vi spiego dopo. Fammi capire, questo posto è infestato di Angeli Piangenti?” chiese il Dottore, scambiandosi un’occhiata preoccupata con Jack.
Rod li guardò come se fossero pazzi. “Merlino, amico, secondo te perché c’è una barriera protettiva tutt’attorno al villaggio? Questo pianeta è infestato da Angeli Piangenti e Dissennatori: ecco perché per arrivare qui si arriva direttamente all’interno della barriera.” Spiegò. Poi, sospettoso, aggiunse. “Perché voi non siete mica arrivati da là fuori, vero?”
“Certo che no, amico, non siamo mica degli incoscienti!” intervenne con aria gioviale Jack, sfregandosi le mani. “Beh, non so voi, ma io sono stanco morto e quelle incantevoli bellezze blu sono andate via mentre discutevamo con quella donna inquietante: direi di salire in camera e non pensarci più.” Disse, inarcando le sopracciglia con fare significativo in direzione del Dottore, che annuì lentamente.
“Sì, e poi credo che quei signori laggiù stiano per …”
“EHI! Nessuno mi ruba l’Idromele, dannati ubriaconi!” sbottò Rod, precipitandosi dal rumoroso gruppo di avventori che stava tentando di scavalcare il bancone, ridendo sguaiatamente.
“Forza, di sopra, subito.” Mormorò il Dottore al resto del gruppo, che si defilò rapidamente su per le scale traballanti.
 
“Cosa sono gli Angeli Piangenti, Dottore?” domandò Fred.
Lui, che camminava in testa alla fila, si fermò e si voltò, per mostrare ai ragazzi un’espressione preoccupata. “Mi dispiace moltissimo, ragazzi.  Davvero. Ma viaggiare con me non è sempre sicuro. Soprattutto questa volta.”
“Ce ne dobbiamo andare, vero?” domandò Jack. “Insomma, Dissennatori e Angeli Piangenti … non mi pare una bella gita.”
“No, affatto.” Rispose il Dottore.
“Gallifrey” lo richiamò Kayla. “Gallifrey, noi vogliamo delle risposte.”
Lui si avvicinò a Kayla. “Non ora, piccola strega. Questo posto non è sicuro.”
“Appunto per questo mi devi dire cosa diamine sono gli Angeli Piangenti.” si lamentò lei.
“Pensa alla cosa più spaventosa che tu possa immaginare.”
“Oh, sono Mollicci alieni?” sbuffò lei.
“No. Gli Angeli Piangenti sono davvero le creature più spaventose che esistano. Si nutrono di energia temporale, si muovono quando non li guardi, e possono spezzarti l’osso del collo senza che tu te ne accorga.”
“E dove è il problema? Basta non smettere di guardarli troppo a lungo, no?” domandò George.
“Non devi nemmeno battere le palpebre, George, e per voi umani è pressoché impossibile.”
“Nemmeno battere le palpebre?!” domandò Fred. “Oh, allora siamo spacciati.”
“Questo non è lo spirito con cui affrontare la cosa, Fred.” Lo richiamò Jack.
“Ma chi ti hanno portato via, questi Angeli?” domandò Kayla.
Il Dottore scosse la testa. “Non lo so.” Ammise, dispiaciuto. “Probabilmente è qualcuno che non ho ancora conosciuto.”
“Forse siamo noi.” Sospirò George. “Cosa succederebbe, se morissimo qui?”
“Beh, Kayla dovrebbe spiegare un paio di cose alla mamma.”
Fred. Tu. Non. Muori.” Rispose lei, in un tono che non ammetteva repliche. “Dottore, la Veggente, ha preso le sembianze di Rose, non è vero?”
Lui mostrò un sorriso malinconico. “Come lo sai?”
“I tuoi occhi, Gallifrey. Hai un velo negli occhi quando qualcosa riguarda lei.”



NdA: per il fantastico banner e le fantastiche idee, grazie a Benny che oggi mi ha anche fatto la tinta. Cento punti a Always_Potter!


 
   
 
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