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Autore: kamy    20/05/2009    2 recensioni
Un ragazzo di nome Carlo, cresciuto in una vita che potrebbe essere quella di chiunque, si ritroverà catapultato in mondo fatato, abitato da strane creature. Tra pericoli, insidie, nuove amicizie, giovani amori, dovrà salvare dalla distruzione un intero pianeta. E' il mio primo romanzo di questo tipo, perfavore leggetelo.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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cap.15 nascondino Ringrazio anche solo chi legge.


 Cap.15 Tecnologia e tradizione

 

Oscuro e Tempesta all’insaputa di tutti avevano una storia d’amore. Stavano vicini poco al di fuori del campo di battaglia. Oscuro si poteva definire drago da caccia. I suoi sensi erano ineguagliabili. Anche se non li poteva usare al massimo della potenza senza una guida. Scorse in lontananza una massa bianca immobile. Era Leggiadra e il drago la riconobbe. Si separò da Tempesta e volò verso la povera dragonessa. Leggiadra giaceva svenuta riversa su un fianco. Il malvagio drago nero le aveva inferto un colpo profondo. Oscuro era più grande e non gli fu difficile raccoglierla. Leggiadra ogni tanto ruggiva in un sospiro il nome della padrona. Oscuro non poté immaginare che la fata giacesse priva di densi come addormentata poco distante da lui. Credette che Leggiadra fosse solo preoccupata per Miriam e la stesse sognando. Oscuro portò Leggiadra in un luogo sicuro e si mise a proteggerla. Se non avesse pensato che era in pericolo sarebbe tornato da Tempesta.

 

 

 

Nell’impeto della battaglia era impossibile stabilire chi fosse vivo, ferito o morto. Carlo gestiva bel migliore dei modi le truppe. Accanto a lui il fratello Lado. Avevano perso i contatti col resto del gruppo e i maestri. Sapevano però che se la sarebbero cavata. Nessuno di loro aveva preso la scoperta di identità di Energy come un tradimento nei loro confronti, come Donatel all’inizio, ma avrebbero preferito vederla in battaglia.

 

 

Energy non stava propriamente ferma. Ogni tanto controllava intorno al campo. In uno di questi giri vide un gruppo di uomini intorno a un fuoco. Tra essi spiccava un orco. Era lo stesso incontrato da Lotshar sotto il tavolo nella lotta al castello. Erano dei disertori. Non avendo le guida del Generale avevano preferito abbandonare non visti la battaglia. Stavano intorno al fuoco dove arrostivano delle cotolette. Erano fatte di carne di lepre, impanate nella farina che usavano per rendere visibili gli invisibili; con Carlo non avrebbe funzionato perché tutto quello che aveva addosso diventava invisibile; e cotte nell’olio. L’olio bollente in una battaglia poteva essere decisivo. I ragazzi ne sapevano qualcosa. Energy capì che erano solo dei fifoni. Decise di sedersi insieme a loro. Appena compresero che la ragazza non era pericolosa, i disertori l’accolsero offrendo quelle cotolette. Energy non aveva mai assaggiato qualcosa di così gustoso. Arrivò all’improvviso un orco enorme: "Sporchi codardi. Ora vi faccio vedere io vigliacchi!!!" disse con gli occhi rossi di rabbia. Non aveva notato che tra di loro c’era Energy. La ragazza si alzò. Avrebbe dovuto scappare, era disarmata e con un vestito poco adatto. Invece decise di proteggere quegli uomini e l’orco così simpatici, che l’avevano accolta. La ragazza si appiattì a terra. Afferrò la borsa di uno di quegli uomini. Ci trovò dei vestiti e un pugnale. Si nascose dietro un cespuglio. Indossò quei vestiti sopra il suo e nascose il pugnale negli scarponi. Addio scarpette. Saltò davanti all’orco che stava cercando di colpire quei poveracci. Energy con fare di sfida gli urlò:"Lasciali stare. La loro unica colpa è che hanno capito che combattere è una sciocchezza". L’orco era spiazzato, come osava? Era solo una ragazza. Cercò allora di colpirla con la spada. Era lentissimo per Energy. Si spostò con rapidità. L’orco aveva dei luridi e sudici vestiti con un casco di metallo ammaccato da un lato. Enormi muscoli ben protetti da una rozza armatura. Aveva due mazze chiodata attaccate al cinturone vicino alla fodera della spada. Non aveva scudo. Il suo rivoltante volto era verdognolo. Allora l’orco colpì con un fendente l’altro lato, ma con il risultato di smuovere l’aria. Energy diede un calcio volante all’addome del nemico. Il bestione cadendo lanciò in aria la spada. Energy con un balzo afferrò l’arma. E tagliò il cinturone facendo rotolare via le due mazze dell’orco, che ovviamente si infuriò. Afferrò con una mano la spada e la spezzò. La rossa andò addosso all’orco, ma quello la spinse via facilmente. Tornò in piedi con una capriola, schivò due pugni. Si aggrappò al collo dell’orco da dietro. Sferrandogli calci alla schiena. Lì c’erano grossi massi. L’orco la schiacciò contro uno di essi. L’orco continuava a sbattere Energy contro rocce, ma lei resisteva. L’orco non era abituato contro un solo avversario, era specializzato in gruppi. Si utilizzavano mosse diverse. Energy premeva con forza la giugulare. A l’orco cominciò a mancare l’aria e cadde svenuto dopo poco. Energy stava già andandosene quando l’orco si rialzò urlando. Non si era ripreso del tutto, era come in trans. Gli occhi bianchi e la bocca aperta in un rantolo. L’afferrò con le sue possenti mani. L’avrebbe spezzata come la spada. La giovane con tutta la sua volontà cercò di afferrare il pugno. Una persona normale che non avesse avuto il suo addestramento sarebbe morta. Finalmente la ragazza ci riuscì e lo piantò nel petto all’orco squarciandogli il cuore. Fu disgustata di vedere le sue mani macchiate di quell’orribile sangue di orco. Fu però ben felici di vedere che quei fifoni stavano bene. Energy, rimanendo vestita a quel modo, tornò al lato della battaglia. Che procedeva in un gran disordine ben lontano dalla divisione in file con cui era cominciato.

 

 

 

Dragoon si muoveva sinuosamente nell’aria. Al contrario il drago nero era goffo e la sua grande potenza e forza era ben contrastata dal drago color cielo. I due nani stavano in piedi sui draghi. Si muovevano frenetici e combattevano con forza. Anche se con poco agilità, i loro colpi erano infallibili. Antiche mosse conosciute da abili famiglie, di quella fenomenale razza di combattenti, da secoli. Il nemico diede un colpo di spade di lato, ma Aido lo fermò con un contraccolpo. La parata di Aido fu talmente forte che quasi l’altro nano cadde dal drago. Dragoon subì un colpo di coda del drago nero, così da far sbilanciare Aido. Entrambi i nani sul punto di precipitare riuscirono a restare in piedi con la loro bravura. Sui dorsi dei draghi cominciarono a corrersi incontro. Ricominciarono a combattere. Avevano un modo di combattimento ammirabile, pulito e  simile. Aido roteò la spada prima verso destra, poi verso sinistra, in alto con sole poche dita della mano spiazzando il nemico. Aido ne approfittò per cercare di colpirlo. L’altro nano girò la spada ripresosi dallo stupore. E cerco di colpire Aido che lo schivò con facilità. Anche l’altro nano era un maestro buono, era impossibile per Aido capire il suo tradimento. Aido diede l’ordine a Dragoon di volare verso l’alto. All’altro nano che Aido stesse scappando. Invece il maestro di Carlo si lanciò da Dragoon atterrando sul drago nero. Puntò la spada alla gola dell’altro nano, che esalò: "Morirò". Aido chiese il motivo del suo tradimento. L’altro rispose: "Il Generale Barden tiene prigioniera la mia famiglia nelle segrete del suo castello". Il nano fu felice di sapere che i ragazzi avevano già conquistato il castello e liberato i prigionieri. I due nani scesero a terra coi loro draghi. Aido portò l’exnemico alla sua famiglia nell’accampamento. Poi tornò a cavallo di Dragoon da Flash. Aido e Asches si diedero il cambio. Mentre il nano restava con il suo drago ferito, Asches si allontavana a bordo di Dragoon per combattere. L’elfo era un combattente esperto, ma sapeva di rischiare in battaglia. Vedendo la profonda tristezza del drago con voce sicura disse: "Vedrai che il tuo padrone se la caverà. Sono ottimista. Siamo eroi cosa ci può succedere?". Asches non credeva molto a quello che aveva detto, ma risollevò il morale di Dragoon.

 

 

Era stato uno spettacolo vedere come se la cavavano Donatel e Tecno. Donatel era riuscito a trovare mille modi per non uccidere i suoi avversari, trionfando comunque. Le sue invenzioni facevano faville. Il pugno d’acciaio con laser, il guanto scossa elettrica, il riproduttore d’onde, il demolitore, gli occhiali multiuso e molte altre ancora. Non tutte avevano fatto esattamente cosa ci aspettava, ma erano servite allo scopo. Tecno era stato impareggiabile, ma dopo un ultima lotta dava segni di stanchezza. Donatel per evitare un cedimento fisico del suo drago decise di atterrare. Tecno non volle lo stesso smettere di combattere. Il terreno per il drago era consono a lotte che richiedevano poche energie. Il drago si fece trascinare dalla combattività. Così ben presto si allontanò dal padrone. Donatel, con diversa prospettiva ottica, notò davanti a se un uomo impassibile come una roccia che lo fissava, sembrava quasi lo stesse chiamando. Donatel restituendo lo sguardo decise di andargli incontro. Era dalla parte di Barden, si presagiva anche solo dal cipiglio. La supertecnologia di Donatel in quell’uomo incontrò il passato. Era un silenzioso samurai. L’uomo sfoderò la sua spada. Che aveva il manico nero a quadri bianchi. Prima di combattere aspetto che Donatel fosse armato. A Donatel sembrò strano che un nemico fosse provvisto di onore. Avrebbe capito il motivo se avesse saputo la storia del samurai. Era nato, e ci aveva vissuto una buona fetta di tutta la sua vita, in un piccolo villaggio nella Terra della Luna vicino alla città della notte. Ormai il villaggio chiamato Mikafuj non esisteva più. Il samurai portava il nome di Gangleri. Un nome particolare ed eccentrico per le tradizioni del luogo. La città era provincia del regno del padre di Matteo. Il padre di Gangleri era una persona importante: il mandarino[1]. Gangleri non ebbe problemi, con la sua particolare bravura, a diventare samurai al servizio del re. Era sempre stato fedele al suo regno. Un giorno, tornando a casa dopo una missione, trovò la sua abitazione in cenere. I suoi genitori non erano scampati all’incendio. Era stato ospitato dal suo migliore amico: Ci Mang, anch’esso samurai al servizio del re e benestante. Gangleri aveva perso tutti i suoi averi con quella casa. Nell’abitazione di Ci Mang c’era una terza persona, che Gangleri non conosceva. Ci Mang aveva una sorella di cui era molto geloso. Alla morte dei genitori anni prima, Ci gli aveva promesso sul letto di morte che l’avrebbe protetta. La giovane portava un lungo, ma meraviglioso nome. Si chiamava: “Loto di lacrime di luna”. Era bella quanto dolce. Timida, non andava mai oltre il suo splendido giardino. Passava molto tempo all’aperto curando animali e piante. Sapeva cantare, ballare, suonare, ricamare e spesso leggeva. Gangleri dopo due mesi di fatiche costruì qualcosa di simile a una casa, ma abbastanza abitabile, vicino alla casa di Ci Mang. Tra Gangleri e Loto di lacrime di luna nacque l’amore. Non volendo far soffrire Ci Mang, il loro amore rimase segreto. Anche se tutto il villaggio lo capì. Il Generale Barden era  conoscenza delle doti di Gangleri. Assoldò il Mercenario per uccidere Ci Mang e sua sorella. Quando avevano trovato i due cadaveri, la gente del villaggio aveva ricostruito a modo suo l’accaduto. Ecco per il villaggio cosa era successo. Ci Mang aveva scoperto la relazione clandestina. Aveva perso le testa. E aveva cercato di uccidere sua sorella e Gangleri. La ragazza era morta. Gangleri invece aveva ucciso il suo migliore amico. Trovarono anche le prove. Buona parte del villaggio era riconoscente a Ci Mang. Decisa a vendicarlo una massa inferocita armata di torce, forconi e archibugi diede la caccia a Gangleri. Il samurai fu costretto a fuggire. Prima che il re avesse potuto mandare qualcuno a fare un regolare processo. Nella fuga conobbe il Generale Barden che lo convinse a unirsi a lui. Non sapeva che era stato proprio Barden a preparare le prove contro di lui con la magia. Barden aveva fatto quel piano machiavellico perché ancora troppo debole per un vero attacco preparava un esercito. All’attacco di conquista del villaggio di Gangleri, il samurai lo distrusse. Interpretando a modo suo l’ordine di non fare prigionieri. Aveva fatto uccidere tutti gli uomini, ma fatto scappare vecchi, donne e bambini. La spada di Gangleri era fatta di un metallo indistruttibile. Se non ci fosse stato l’effetto della gemma di Carlo, la sua spada sarebbe stata capace di tagliare qualunque cosa. Gangleri era molto affezionato alla sua spada. La considerava come un figlio. Donatel aveva sempre avuto fiducia nelle sue invenzioni, anche se non avevano sempre funzionato. La sua più grande delusione era stata: la “sforna pizza”. Secondo le aspettative, utilizzando gli ingredienti con cui veniva caricata, sfornare una pizza secondo l’ordinazione. Qualcosa era andato storto. La macchina aveva cominciato a lanciare margherite a velocità mai viste. Aveva imbrattato i muri di salsa, resi scivolosi i pavimenti con l’olio, impastricciato il soffitto con la pasta lievitata per pizze e fatto nevicare mozzarella e origano. Stavolta Donatel vacillò, venne meno la sua cieca convinzione nella scienza. Il samurai ispirava le leggende e la tradizione. Donatel aveva come arma tecnologica: il “Guanto soporifero”. Sembrava un guanto invernale imbottito che sparava, da dei piccoli marchingegni posti di sopra, pallottole con sonnifero e dal pollice lanciava laser capaci di addormentare un elefante. Donatel cominciò a sparare contro Gangleri. Gangleri con balzi felini, agili capriole e incredibile velocità li schivò tutti. Donatel aumentò la potenza al massimo. Gangleri usando abilmente la spada colpiva e dirottava ogni ago e pallottola. Si avvicinò abilmente a Donatel e con un colpo di spada ruppe il Guanto soporifero. Donatel corse all’indietro per evitare di essere ferito dalla spada. Il ragazzo arrivò al punto in cui voleva andare. Nascosta nell’erba bagnata c’era la spada di Donatel. Quella donatagli da Babbo Natale. Era un incrocio tra passato e futuro. Una spada di splendida foggia antica con luci ed effetti tecnologici all’insegna del futuro. Donatel afferrò la spada e cominciò a combattere. Spada contro spada era la lotta tra gli opposti. Il modo di lottare era talmente diverso che portò il combattimento al suo apogeo[2] in pochi colpi. Era talmente potente che le spade sembrava volassero. Donatel colpì Gangleri a un braccio. Il samurai approfitto dello sbilanciamento del ragazzo e con un taglio perfetto mandò in sovraccarico la che divenne incandescente. Donatel dovette lasciarla. Gangleri non voleva rischiare che la sua spada si rovinasse con la prossima mossa di Donatel e non avrebbe potuto combattere con qualcuno disarmato. Gangleri avvolse la spada in un drappo di pelle e la mise da parte. Erano rimasti entrambi disarmati. Gangleri era sicuro che un combattimento a mani nude era impari. Il samurai aveva sempre vinto, sconfiggendo qualunque nemico, con le arti marziali. Contro un ragazzo era palese che avrebbe trionfato. Gangleri non voleva uccidere quello che ai suoi occhi era ancora un bambino con una vita davanti. Donatel rimase sorpreso di sentire parlare Gangleri Il samurai lasciò la posizione di combattimento. Chiese a Donatel se poteva cercare nuove armi nella sua grande sacca. I due tornarono nel punto punto esatto in cui avevano cominciato a lottare. Esattamente dove prima Gangleri in piedi fermo come una stella, stava la sacca. Donatel non aveva notato prima quella borsa. Una sacca intessuta con strani disegni indiani. Doveva essere molto piena, si vedeva dalla forma degli oggetti che spingevano verso fuori e dal fatto che ad ogni movimento si sentiva un bazar di rumori. Quando il proprietario l’aprì si videro al suo interno tantissime cianfrusaglie. Emanava odore di vecchio, stantio e incenso. In quella borsa c’era di tutto. Un ciondolo a forma di cuore con una catena veramente, enormemente lunga. Un aquila impagliata eccessivamente spelacchiata. Una borraccia piena d’acqua. Un panino al tonno avvolto nelle foglie di Acacia.[3] Un erba curativa. Una tazzina da tè. Un barattolo da the alle rose. Un laccio da scarpe avvolto nella carta argentata. Un dente di drago. Un libro di cucina scritto da: “Robespierre il corvo”. Una palla di legno. Uno strano cappello tipicamente giapponese. Donatel rimase veramente sorpreso quando vide che l’altro usciva un oggetto mitologico. Che era rimasto famoso nei secoli perché se lo erano conteso ben tre dee. La sua assegnazione aveva provocato una successiva guerra. Era un pomo d’oro lucido. Le sue foglioline d’argento sembravano una piccola corona. Portava scritto: “Alla più bella”. Era tanto piccolo che la mano pareva quella di un gigante. A rimostranza che era commestibile, un grosso morso sul lato destro. Nella leggenda questo non era detto. Gangleri sapeva cosa stava cercando. Seguì tutto quel procedimento per uscire un bastone Bo rimasto incastrato. Donatel aveva letto in un libro che il bastone Bo era un arma da combattimento per le arti marziali. Proveniva da Okinawa, forse era il bastone usato per portare i secchi d’acqua. Lo diede a Donatel. Per se stesso, Gangleri prese una manciata di stelle ninja chiamate shuriken e n shuko. Gli shuriken sono leggeri dischi metallici circondati da lame affilate a punta, con un buon lancio può colpire a morte anche da grande distanza. Lo shuko detto anche tekagi è un particolare tipo di “pugno di ferro”, simile a un guanto, da indossare in modo da avere il palmo della mano armato di artigli in metallo e le nocche prolungate di artigli sempre in metallo. Gangleri non perse tempo. Diede un assaggio della sua mira lanciando alcune shuriken. Con agilità e soprattutto furbizia Donatel non fu colpito. La velocità di lancio di Gangleri andava ad aumentare. Donatel decise di utilizzare la sua arma. Non sapeva come. Fu distratto dalla prima ferita alla spalla. Ne seguirono altre due: al ginocchio e al fianco. Erano superficiali Donatel si fece guidare dall’istinto. Le mani si sentirono rinate con una nuova forza vitale a toccare quel legno. Uscì una sua innata e nascosta bravura col bastone. Lo faceva roteare. Le stelle ninja vennero parate. Con alcuni colpi, che ricordavano i battitori di baseball, ne rimandò alcune indietro. Ben presto il samurai rimase senza dischi. Si diedero al combattimento più ravvicinato. Dopo non molto Donatel aveva il fiatone. Gangleri andava l’oltre essere un osso duro. Il ragazzo aveva anche qualche riserva al pensiero di doverlo uccidere. Era qualcosa di troppo simile a un supereroe. Donatel non avrebbe voluto troncare una vita. Anche se fosse stato un completo malvagio. Se però non avesse dato il colpo fatale, la lotta si sarebbe prolungata fino alla morte di Donatel. Sembrava una strada chiusa che portava a truci conclusioni. Gangleri faceva quasi fatica a tener testa al ragazzo. Donatel aveva sempre schivato gli esercizi con armi che riteneva obsolete. Quando i maestri lo scoprivano finiva nei guai e le punizioni erano memorabili. Donatel sapeva che le meritava e alcune volte svolgeva quegli esercizi, ma non ci metteva impegno. Ora rimpiangeva. La sua bravura con il Bo era impareggiabile, sembrava un arma creata a posta per lui. Riusciva a fare colpi spettacolari. Se si fosse allenato veramente, l’avrebbe scoperto e avrebbe sicuramente vinto facilmente. Il pugno di ferro di Gangleri colpiva con precisione. Donatel sapeva che continuando solo a schivare si sarebbe stancato. Una volta privato delle energie sarebbe stato un facile bersaglio. Il bastone colpiva andando spesso a segno. Il bastone non serviva però contro l’arma del samurai. Si sarebbe spezzato o tagliato. Donatel, rimanendo presente alla lotta, cominciò a studiare il nemico. Doveva trovare il debole di Gangleri. Donatel aveva la sensazione che il samurai non stesse mettendocela tutta. Eppure sentiva che Gangleri lo avesse scelto. Avesse voluto fosse lui il suo avversario. L’attenzione di Donatel si puntò sulla gamba destra. Zoppicava. Doveva essere stato ferito nella lotta precedente. Le ferita era ancora fresca. Era rimasto leggermente zoppo e sofferente. Donatel colpì con tutta la sua forza la gamba. Aveva fatto centro. Il samurai cadde a terra. Non riusciva ad alzarsi. Era il momento buono. Sarebbe stato facile colpirlo e non ucciderlo. Un colpo non troppo forte alla nuca. Sarebbe svenuto. Donatel l’avrebbe legato e portato all’accampamento. Il ragazzo sperava si potesse riportare alla bontà. Gangleri capì. Quelragazzo senza sapere il suo passato, avendolo conosciuto solo in battaglia voleva salvarlo. Gangleri non voleva essere salvato. Gangleri vide la sua spada. Rotolò fino a lei. La svolse. Pronunciò dure parole: "Il mio onore è spezzato". Seguendo un antica pratica si infilzò con la sua spada. Gangleri aveva compiuto quel gesto non solo per l’onore infranto. Era ormai qualche tempo che il peso delle uccisioni, quegli occhi bianchi privi si spirito vitale, lo andavano a trovare nei suoi sogni. Aveva venduto la sua anima e i suoi servigi a un mostro. Il cuore sanguinava. Il pensiero del suo migliore che non aveva salvato da quella morte sanguinosa, l’amico che lo aveva accolto in casa sua. Lo strazio di non aver potuto vivere con la sua amata. Non si erano sposati, non avevano avuto figli, non erano invecchiati insieme. L’ultima goccia era stata l’aver cominciato ad aprire gli ochhi sulla terribile verità. Il piano attuato dal Generale. Donatel rimase molto scossola quel suicidio. Qualcosa in lui quel giorno cambiò per sempre.

 



[1]Funzionario pubblico appartenente a uno dei nove ranghi superiori previsti dalla gerarchia burocratica vigente nella Cina imperiale. Il termine deriva probabilmente dal portoghese, mandarim, "consigliere". I mandarini venivano selezionati attraverso severissimi esami, formati secondo la tradizione del più ortodosso confucianesimo, e quindi assegnati al governo di una provincia (nella quale non potevano avere possedimenti personali) per tre anni al massimo.

[2] culmine

[3] pianta arbustiva delle Rosali con grandi foglie alterne

Ringraziamenti:

luisina: Non preoccuparti. Non temere per il ritardo. Sono contenta che ti sia affezzionata a Miriam. Eh si, questa storia mi viene sempre parecchio corposa. xD Bacioni

Milli lin: No, per favore. Mio padre quando fa Dart Fener fa spaventare. O.o sembra davvero lui. Anche se lui lo fa perchè sa che io e mio fratello ci fifeggiamo a morte. Sob, al senso dell'umorismo del mio papy. ("Non chiamarmi papy!!!"Ndvoce sepolcrare). ( "Ok, paponzolo"Ndme). Visto che questo battibecco andrà avanti a lungo, me te saluta. ciauuuuuuuuuuuu

  
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