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Autore: Pepaleon    09/12/2016    3 recensioni
Quella mattina fu una voce lontana ad insinuarsi nel suo sogno, ma come ogni mattina non voleva svegliarsi, non ancora almeno. I suoi erano sogni così dettagliati, così reali che avrebbe potuto pensare di essere sveglia se non si fosse trattato di luoghi e persone, che era certa non aver mai visto ne conosciuto [...] Non era sola nella stanza, con lei c’era un ragazzo, più alto di un paio di centimetri, i capelli di un castano molto scuro che richiamavano il colore dei suoi grandi occhi. Il suo corpo sembrava stanco, respirava affannosamente ma sul suo viso non c’era ombra di stanchezza, al contrario, sembrava essere la persona più felice del mondo, i suoi occhi la guardavano in un modo che avrebbe sciolto con facilità anche un iceberg intero.
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Seduti in quella macchina nessuno parlò per un tempo che sembrò infinito. Hope si sentì soffocata da tutte le emozioni che opprimevano l’abitacolo. Non aveva idea di come fosse possibile, ma oltre al proprio dolore, riusciva distintamente a sentire ciò che proveniva da ognuno di loro. Tristezza, rabbia, frustrazione, ansia e paura che non erano le proprie, sembrarono invadere ogni cellula del suo corpo. Stringendo le mani sui suoi jeans abbassò lo sguardo, concentrandosi per far in modo che quelle emozioni non la schiacciassero. Notò quanto la sua pelle fosse diversa, bianca come alabastro e fredda come se la vita avesse abbandonato anche il suo corpo. Capì allora come il tocco di quei ragazzi sulla sua pelle l'avesse tanto colpita. Sollevò lo sguardo per osservarli, le stesse persone alle quali non aveva opposto la minima resistenza. Molte domande iniziarono a formarsi nella sua mente; non aveva idea di chi fossero, del perché la stessero aiutando, da cosa dovesse scappare o dove la stessero portando. Chi avrebbe raccontato tutto alla polizia? Chi avrebbe detto ai suoi genitori che era ancora viva, e chi a quelli di Danielle che lei invece non lo era più?. Iniziò a scrutarli uno alla volta; alla guida un ragazzo che come gli altri due, sembrò essere poco più grande di lei. Dallo specchietto retrovisore riuscì a vedere i suoi tristi occhi azzurri, i lineamenti ed i colori del sue viso ricordavano quello di un angelo. Il labbro superiore leggermente più sottile di quello inferiore, i capelli lisci e scompigliati di un biondo cenere come quelli della ragazza seduta accanto a lui. Quelli di lei però, lunghi fino alle spalle, erano leggermente ondulati, pelle rosea e grandi occhi che ricordavano un anime giapponese. In quell’istante realizzò di non conoscere nemmeno i loro nomi, fatta eccezione per quello di Logan che le stava seduto accanto. Lui aveva dei grandi occhi verdi, profondi, intensi, i suoi capelli castani e mossi terminavano con dei piccoli boccoli quasi all’altezza del suo collo. Hope fu costretta a spostare lo sguardo altrove, poiché contemporaneamente lui si voltò a guardarla. Distogliendo così lo sguardo dal suo viso lo spostò sui suoi vestiti; indossava una camicia bianca, i primi bottoni erano sfibbiati così all’altezza del cuore Hope intravide un tatuaggio. Cercò di aguzzare lo sguardo per capire di cosa si trattasse, ma venne distratta proprio dalla voce del ragazzo.

<< Mi chiamo Logan >> le disse. Hope evitò intenzionalmente il suo sguardo, non sapeva se si fosse accorto che lo stava fissando.

<< Loro sono Nathan e Chloe >> continuò << immagino ti starai facendo molte domande, so quanto ti senti triste e arrabbiata per tutto quello che ti è appena successo ma... >>.

<< Lo sai, come?>> lo interruppe << Mi conosci esattamente quanto io conosco te, non sai niente di me o di come mi senta in questo momento >>.

Hope faticò a riconoscere la propria voce, benché il suono fosse lo stesso, non un filo di emozione trapelava da essa, nemmeno la più dolorosa.

<< Non ho bisogno di conoscerti, mi basta guardare i tuoi occhi >>.

Al suono di quelle parole Hope ripensò a quante volte frasi simili le fossero state ripetute dalla sua migliore amica, ma subito dopo, le tornarono in mente quelle pronunciate dagli assassini; “guarda i suoi occhi- dicevano -l’abbiamo trovata!”. Automaticamente il suo sguardo si spostò sul vetro del finestrino, non riuscì ad immaginare cosa si potesse cercare negli occhi di qualcuno da valere la morte di persone innocenti. Non appena si specchiò, vide il proprio volto, pallido e freddo proprio come le sue braccia, eppure sempre il suo solito viso. Ma non appena riflessi sul vetro scuro di quell’auto, vide quelli che stentò a riconoscere come i propri occhi ebbe un sussulto. Non stava guardando i suoi occhi, non erano di quel solito marrone scuro che vedeva tutte le mattine allo specchio. Erano di un blu che non seppe definire, così freddi da sembrare gli occhi di una vecchia bambola di porcellana, dovette strofinarli un paio di volte per assicurarsi che non fosse frutto della sua immaginazione.

<< Tranquilla >> disse Logan attirando la sua attenzione << non rimarranno così per sempre >> cercò di rassicurarla;

<< Cosa mi è successo? >> domandò lei in un sussurro tornando a guardare il proprio volto riflesso. Sentiva mille emozioni attraversarle il corpo, eppure il suo sguardo era vuoto; spento, senza vita. I suoi pensieri vennero interrotti dal suono di un cellulare, fu la ragazza sul sedile anteriore a prendere la chiamata;

<< Si >> rispose << l’hanno trovata Alastair, abbiamo dovuto portarla via. Non sappiamo quanti di loro fossero nei paraggi, temo che non si possa più tornare indietro >> riagganciò senza aggiungere altro. Quella breve conversazione aveva creato ancora più confusione nella testa di Hope; chi era Alastair? Perché qualcuno la stava cercando? Perché i suoi occhi erano cambiati tanto? Quel viaggio in auto sembrò non finire mai e più il tempo passava, più quelle domande premevano per avere una risposta. Ma ancora una volta tutto quello che Hope avrebbe voluto fare era urlare. Sapeva però di non poter rischiare che lo stesso episodio avvenuto a scuola si ripetesse, quelle persone volevano aiutarla, non voleva fare loro del male. Decise quindi che sarebbe rimasta in silenzio fino a quando quel desiderio non si fosse placato. Non aveva idea di dove si trovasse, guardando fuori dal finestrino non riconobbe nemmeno uno dei paesaggi che le stavano intorno. Dopo un tempo che sembrò eterno Hope sembrò sul punto di rompere quel silenzio, quando la macchina si fermò davanti un grande cancello. Il ragazzo di nome Nathan tirò fuori dalla tasca dei suoi jeans un piccolo telecomando ed il cancello si aprì. Lo varcarono e dopo ancora pochi minuti di strada, si ritrovarono davanti le porte di un garage, che si aprirono non appena la macchina gli fu davanti. I tre ragazzi scesero dalla macchina, ma nessuno fece un passo aspettando Hope, che esitò per qualche istante e poi li seguì. Non uscirono dalla stessa porta da cui erano entrati, al suo interno il garage aveva un accesso che li condusse dritti in casa. Finite le scale percorsero un lungo corridoio, largo abbastanza da permettere ai quatto di camminare l’uno accanto all’altro. Un lungo tappeto con delle strane decorazioni geometriche copriva il parquet di un legno scuoro.

<< Dove stiamo andando? >> domandò Hope senza guardare nessuno in particolare, 

<< Da Alastair, questa è casa sua, e la nostra >> rispose la ragazza di nome Chloe alla sua sinistra.

<< Chi è Alastair? Cosa vuole da me? >> 

<< Tenerti al sicuro >> stavolta fu Nathan a prendere la parola << è lui che ci ha mandato a salvarti. Lui e Gavriil >>.

<< Perché ho bisogno di essere salvata? >> per tutto il tempo la sua voce rimase atona, priva di qualsiasi colore,

<< Perché sei speciale >> spiegò Logan << ma credo sia opportuno che siano loro a parlarti di questo >>.

Si fermarono sulla soglia di una grande porta di legno, Chloe bussò e dall’altra parte si sentì qualcuno che li invitò ad entrare, c’erano due uomini all’interno. Uno era anziano, indossava uno di quei vecchi abiti inglesi con pantalone e gilet grigio topo, un paio di mocassini di pelle neri, una camicia bianca e un orologio da taschino d’argento che teneva in mano. I capelli e la barba erano bianchi come la neve, il suo viso sembrava stanco, mentre i suoi occhi, di un un intenso blu notte, erano tristi. Guardandolo, Hope pensò che probabilmente non doveva dormire da tempo. Riuscì a percepire tutta l’amarezza e lo sconforto provenire dal suo sguardo; che unita alle tutte le altre sensazioni, sembravano per scoppiarle dentro, così distolse lo sguardo per portarlo altrove. L’altro uomo era molto più giovane, i capelli e gli occhi erano dello stesso castano scuoro color cioccolato, indossava un paio di pantaloni caki ed una camicia avorio. Anche lui aveva l’aria di qualcuno che aveva bisogno di riposo, ma a differenza del volto dell’anziano signore, in lui Hope non percepì infinita tristezza. Nei suoi occhi poté leggere perfettamente una nota di serenità nel vedere i ragazzi varcare la soglia della stanza. Percepì sollievo, come se qualcuno gli avesse appena tolto un grosso peso dal petto. Un grande camino spento era alle spalle dei due uomini.

<< Siamo arrivati Alastair >> disse Nathan, poi si rivolse verso l’uomo dai capelli bianchi e chinò leggermente il capo << I miei saluti Gavriil, ci dispiace per il ritardo >>.

<< Finalmente >> rispose l’uomo più giovane con un leggero sorriso rivolto a Nathan, anche il tono della sua voce sembrò sereno. A differenza di quello dell’anziano di nome Gavriil, che si avvicinò alla ragazza e, quando fu a pochi metri da le, la guardò con la stessa tenerezza con cui si guarda un cucciolo sperduto. Lei gli restituì lo sguardo solo per pochi secondi, cercando di non essere investita di nuovo da quella sofferenza. 

<< Come ti senti mia cara? >> domandò a Hope portando una mano sul suo braccio. Lei non rispose, non sarebbe riuscita ad esprimere la miriade di emozioni che piano piano ricominciavano a schiacciarle lo stomaco, ma l’uomo proseguì.

<< Mi dispiace immensamente per la tua amica, una ragazza così forte con un cuore così buono, sono perle rare che non nascono tutti i giorni. Posso solo immaginare il dolore che affligge il tuo cuore in questo momento >>. Hope riprese a guardarlo, inchiodandolo con lo sguardo, come faceva a sapere di Elle? Chloe non aveva accennato nulla di lei durante la telefonata in macchina.

<< E’ una cosa davvero orribile >> disse Alastair avvicinandosi a sua volta alla ragazza, non si limitò a darle una pacca sulla spalla, ma le andò incontro e l’abbracciò. Tutti i presenti sembrarono stupiti da quello che stava accadendo sotto i loro occhi.  Alastair la lasciò, e non appena il suo sguardo incrociò quello di Hope il suo volto divenne improvvisamente serio, lei sapeva perché. Anche lui come, gli altri, notò i suoi occhi, e li fissò come se fossero stati l’ultima cosa che avrebbe voluto vedere in vita sua.

Hope decise di rompere il silenzio di quel momento, e cominciare a porre finalmente le domande che continuavano ad aumentare nella sua testa

<< Perché sono qui? >> si rivolse ad Alastair << dove mi trovo? >> aspettò la risposta che però arrivò dall’uomo in abito grigio topo.

<< Sei al sicuro, questa al momento è la cosa più importante. Adesso abbiamo delle questioni molto urgenti da sistemare, ma hai la mia parola che le tue domande troveranno risposta al più presto. Lascia che i ragazzi ti accompagnino a riposare per quanto possibile >>. Anche se non avesse idea di chi fossero, Hope sentì, ancora una volta, che non le stavano mentendo. Seguì quindi gli altri fuori dalla stanza. Percorrendo il corridoio passarono molte porte, avevano tutte l’aria di essere molto antiche, ma tutte tenute in perfette condizioni. Entrarono in fine in una grande cucina. Nathan offrì a Hope da bere, disse che le avrebbe fatto bene, ma lei si limitò a scuotere la testa e rifiutò. Si sentirono dei passi provenire dal corridoio, Hope pensò che Alastair e Gavriil stessero andando ad occuparsi delle faccende importanti di cui avevano parlato prima. Si chiese quanto avrebbe dovuto aspettare prima che potessero darle le risposte che cercava. Ad ogni secondo che passava, il dolore per la perdita della sua migliore amica tornava a stringerle il petto. Tentò di tenere la mente impegnata facendo una lista delle domande, in modo tale da non tralasciare nulla. Non poteva abbandonarsi al dolore, non in quel momento, doveva sapere. Si avvicinò ad una delle finestre, non aveva fatto caso che il sole fosse già calato. Quanta strada avevano percorso? Pensò ai suoi genitori, a quanto dovessero essere preoccupati per lei, a suo fratello, che con ogni probabilità avrebbe organizzato una squadra di ricerca improvvisata per ritrovare la sorella. Mentre i pensieri legati alle persone più care le vorticavano nella testa, per un attimo Hope fissò il suo riflesso sul vetro della finestra. I suoi occhi erano ancora di quel fastidioso blu spento, senza anima, non lasciavano trasparire la tristezza, la disperazione o la rabbia per tutto quello che era successo. Quegli occhi erano, in qualche modo, il motivo per cui aveva perso una delle persone che più amava al mondo. Non poté fare a meno in quell’istante, di porre una domanda per la quale non avrebbe aspettato ad avere una risposta.

<< Che cosa sono? >> chiese guardando nel vuoto fuori dalla finestra, mentre il sole era ormai completamente tramontato. Non fu necessario aspettare la risposta di nessuno dei ragazzi, dalla finestra Hope vide rientrare in casa Gavriil ed Alastair. Non aspettò che qualcuno le indicasse la strada o che le dessero il permesso di andare da loro. Uscì dalla cucina, percorse il corridoio e si trovò nuovamente difronte la stanza che aveva visitato nemmeno un’ora prima. I due uomini non tardarono molto ad arrivare. Quando la videro in piedi dietro la porta, capirono che era pronta a ricevere delle spiegazioni e che non avrebbe aspettato altro tempo nemmeno se glielo avessero chiesto.

Alastair aprì la porta e le fece segno di entrare. Non appena i tre si ritrovarono nella stanza Hope iniziò con quello che le stava più a cuore.

<< I miei genitori…sapranno già cosa è successo a scuola, non sanno che io sono viva, che sono al sicuro. Devo parlare con loro, dirgli di non preoccuparsi e… >>

<< Temo >> >> la interruppe Alastair << che questo non sia possibile. Dire loro che sei viva equivarrebbe a mettere un bersaglio sulle loro schiene. Non potrai più tornare nella tua vecchia casa >>.

<< Cosa?… cosa significa?… non posso… tornare a casa? >> domandò Hope che cominciava a sentirsi come se l’aria della stanza venisse prosciugata. Sentì il respiro venirle meno, tutto questo venne accentuato dal fatto che nessuna delle emozioni che stava provando sembrò trapelare, né dalla sua voce né dal suo sguardo. Ma nonostante, apparentemente, sembrasse essere priva di qualsiasi sentimento, il più anziano dei due percepì in qualche modo l’angoscia farsi strada in lei.

<< Sei uno scellerato Alastair! >> esplose Gavriil che si avvicinò alla ragazza prendendole le mani;

<< Guardami >> le disse, ma Hope sentì quella voce lontana. Sicura che il suo cuore non battesse più o che andasse così veloce che sarebbe esploso da un momento all’altro. Sentì i polmoni cedere. Continuando a fissare il vuoto cercò di concentrarsi sulle parole di quell’uomo;

 << Hope guardami! >> ripeté più forte. Stavolta lo sentì e diresse il suo sguardo sul suo viso, negli occhi di lei Gavriil riuscì a scorgere il panico, in quelli dell’uomo lei vide solo compassione.

<< Respira. Lentamente >> poi le portò una mano sul proprio petto << lo senti? concentrati sul battito del mio cuore, ascoltalo, fa' in modo che il tuo lo imiti >> .

Hope chiuse gli occhi, sotto il palmo della sua mano avvertì chiaramente il cuore del vecchio signore battere ad un ritmo che, dopo pochi secondi, trovò stranamente rilassante. Calmo, regolare e forte; pensò che probabilmente sarebbe riuscita a sentirlo anche se non avesse avuto la mano sul suo petto. Dopo pochi minuti l’aria ricominciò a farsi strada nei polmoni, il cuore rallentò, così riaprì gli occhi e lo guardò di nuovo. Oltre alla compassione, Hope vide fierezza nel suo sguardo. Non appena tornò a respirare normalmente Gavriil tornò a guardare Alastair.

<< Cosa pensavi di fare, eh? >> domandò all’amico, che era rimasto immobile almeno a dieci passi di distanza da loro;

<< Hai una minima idea di quanto sia grande il suo dolore in questo momento? Eppure non sei cieco, hai visto i suoi occhi! >>.

Quelle parole suonarono come il peggiore degli insulti per Alastair che, con lo sguardo carico di una rabbia controllata, avanzò di qualche passo verso il vecchio .

<< Come osi? >> disse ad alta voce << di cosa dovrei avere idea? Del dolore che si prova quando perdi qualcuno che ami più della tua stessa vita? Nonostante tu abbia cercato invano di proteggerla, come una figlia ad esempio? >> la sua collera sembrò aumentare ad ogni parola. 

<< Non è la stessa cosa Alastair, e tu lo sai bene! >> provò a dire il vecchio,

<< E’ esattamente la stessa cosa >> lo interruppe, Hope sentì la rabbia delle sue parole invaderla. << Nessuno ha sacrificato, o perso, più di me in questa storia, ricordalo >> disse al vecchio. Si voltò verso Hope, come se si fosse appena ricordato della sua presenza in quella stanza. Lei era rimasta in silenzio ad ascoltare discutere i due uomini. Alastair le si avvicinò;

<< Mi dispiace, non mi sognerei mai di causarti altro dolore, ma l’ho fatto e mi rincresce >>. La guardò con occhi pentiti per quello che era appena successo, poi si voltò verso l’amico; 

<< Te ne prego amico mio, informala di tutto ciò di cui ha bisogno >> disse dirigendosi verso la porta.

<< Dovresti essere qui al mio fianco Alastair, avevamo deciso che saresti stato tu a dirle tutto >>

<< Già, vorrai scusarmi, ma non mi sento molto bene, è stata una brutta giornata per tutti, più di quanto potessi prevedere, scusatemi >>. Uscì così dalla stanza senza aggiungere altro. Gavriil sospirò scuotendo il capo e Hope osservò i suoi occhi divenire tristi. Lui alzò lo sguardo e vide la ragazza fissarlo in piedi nel bel mezzo della stanza.

<< Che idiota sono, ti prego accomodati >> fece segno su una poltrona difronte al camino spento, lei si sedette aspettando che lui facesse altrettanto, ma Gavriil rimase in piedi rigirando l’orologio da taschino fra una mano e l’altra.

<< Non giudicarlo troppo severamente >> disse mentre continuava a passeggiare su e giù per la stanza << il tuo dolore in questo momento è immenso, ma il suo è antico e, nonostante tutto, ancora fresco. Sono sicuro che un giorno potrai capirlo >>. Si diresse verso la poltrona e prese posto accanto a lei;

<< Ma adesso, penso proprio di doverti delle spiegazioni. Anzitutto vorrei cominciare col dirti che questa non è la prima volta che ho il grande onore di fare la tua conoscenza >> fece una breve pausa prima di proseguire. 

<< Mi sbaglierò, ma non sembri molto sorpresa. Posso chiederti perché? >>.

Non si sbagliava. Ciò che Gavriil le rivelò non la prese alla sprovvista. Sin dal primo momento, gli occhi dell’anziano avevano suscitato in lei una strana sensazione di déjà-vu, conosceva quegli occhi, benché non riuscisse a ricordare né dove né quando li avesse già visti.

<< I suoi occhi >> rispose la ragazza << hanno qualcosa di familiare, anche se non so perché >>

<< Bene >> esclamò il vecchio << questo può solo significare che nessuna delle tue vite è andata perduta per sempre >>.

<< Nessuna delle mie vite? >> ripeté Hope confusa da quell’affermazione;

<< Esatto mia cara, nessuna >> le rispose sorridendole come se lei gli avesse appena dato una magnifica notizia, della quale però la ragazza non riuscì a cogliere l’importanza.

<< Vedi, quello che ti ho appena detto, che questa non è la prima volta che ci vediamo, è in parte vero e in parte no. Mi spiego meglio >> disse dopo avere percepito la confusione degli occhi di Hope, che cominciava a sospettare della sanità mentale dell’anziano signore.

<< Ci siamo già conosciuti, oserei dire che eravamo grandi amici, ma tutto questo accadde molto molto tempo fa, durante la tua prima vita >>;

<< La mia prima vita? >> non poté far altro che ripetere a pappagallo ciò che Gavriil le raccontava << Sta parlando di qualcosa come la reincarnazione? >>.

L’anziano uomo le sorrise, Hope capì così di avere dato la risposta giusta, anche se era una risposta che non avrebbe potuto avere nulla di vero.

<< La gente non si reincarna signore >> gli parlò come se dovesse spiegare ad un bambino che il fuoco brucia.

<< Hai ragione mia cara, nessuno può reincarnarsi >> Hope tirò mentalmente un sospiro di sollievo nel sentirglielo ammettere, ma non fece in tempo a rilassare le spalle che l’anziano aggiunse << nessuno eccetto te ovviamente >> concluse. Lui non smise un attimo di guardarla come se stesse spiegando la cosa più ovvia del mondo, mentre lei ricominciò a guardarlo come se fosse pazzo. Gavriil capì cosa stesse pensando, e riprese la parola;

<< Rifletti, hai appena detto tu stessa di avermi già incontrato, che il mio viso ti è familiare, ma allo stesso tempo sai benissimo di non avermi mai conosciuto prima di oggi. Come lo spieghi? >>.

<< Non ne ho idea >> fu tutto quello che riuscì a dire Hope. In qualche modo le risposte che voleva ottenere si trasformarono in caos completo nella sua testa .

<< Lascia che ti racconti la tua storia dal principio. Anche se dovesse sembrarti impossibile puoi credere a tutto quello che ti dirò proprio come credi al fatto che io sia qui davanti a te >>.

Hope non era mai stata scettica, in parte per le doti di preveggenza che era solita attribuire alla madre. Ma non era certa che questo sarebbe bastato per credere a tutto quello che le avrebbe raccontato quell’uomo, nonostante ciò, decise di ascoltarlo. Gavriil accolse quel silenzio come un invito a proseguire, così dopo aver tirato un sospiro di sollievo, iniziò il suo racconto. 

<< Molto tempo fa, quando ancora l’esistenza delle creature sovrannaturali non era un segreto per gli umani… >>

<< Creature sovrannaturali signore? >> lo interruppe Hope senza riuscire a trattenersi; Gavriil le sorrise e continuò il suo racconto.

<< Vi fu un tempo segnato da numerose battaglie, combattute da ogni specie esistente; vampiri, licantropi e alti demoni lottavano fra loro per pura sete di potere, fino a diventare ciò che oggi definiremmo “nemici naturali”. Ma come spesso accade, sottovalutarono il nemico che si rivelò essere il più temibile di tutti: l’uomo. Benché  non fossero dotati della stessa forza o velocità, grazie all’intelletto riuscirono a neutralizzare, quasi fino all’estinzione, ogni sorta di demone esistente, avvalendosi dell’aiuto magico che venne loro dato dalle streghe. Le streghe erano le guardiane della natura, nascevano con il compito di portare equilibrio laddove fosse necessario. Quando la terra piangeva, loro dovere era quello di eliminare la causa della sua sofferenza. Ma non avendo, da sole, la forza necessaria per contrastare i demoni, si allearono con gli umani concedendo loro l’aiuto magico che determinò la loro vittoria. Ma non passò molto tempo prima che gli umani dessero inizio alla seconda parte del loro piano. Non appena i villaggi e i regni furono liberati dalla presenza delle creature sovrannaturali, iniziarono a perseguitare le uniche che sarebbero potute diventare una minaccia, le streghe. Diffondendo la voce che fossero emissari del diavolo, in grado di togliere all’uomo il libero arbitrio, insinuandosi nelle loro menti attraverso artifici magici. Più pericolose, in vero, dei loro fratelli demoni che esse stesse avevano aiutato a sterminare per sete di potere. Molte streghe vennero messe al rogo, ma furono molte di più le vittime innocenti uccise soltanto per presunto utilizzo di magia: donne, ragazze e persino bambine… giustiziate senza pietà >>.

<< Tutta la storia delle streghe bruciate a Salem non era solo una leggenda quindi >> disse Hope esprimendo il proprio pensiero ad alta voce.

<< Mia cara, se anche solo un quarto delle morti a Salem fossero realmente state delle streghe, puoi star certa che la storia avrebbe preso un’altra piega >> spiegò Gavriil prima di riprendere il racconto.

<< Ciò nonostante, i numerosi omicidi costrinsero molte streghe ad abbandonare per sempre i loro poteri. A rinnegare la loro natura. Il terrore ormai era una presenza costante nelle loro vite, poiché a volere la loro fine non erano soltanto gli umani. Per molti secoli venne data loro la caccia anche dai demoni, che ormai avevano imparato a nascondersi e, alcuni, persino a vivere fra la gente comune. Ma non tutte le streghe rinunciarono ai propri poteri. Una giovane strega di nome Cassandra, decise di nascondersi, giurando che l’avrebbe fatto pagare  ad ogni singola creatura responsabile della morte della sua congrega. Per molti anni Cassandra rimase nascosta ed isolata, accrescendo sempre di più i suoi poteri. Ma le persone, si sa, non sono fatte per rimanere sole così a lungo. Con il tempo la solitudine cominciò a logorarle la mente, la vendetta ormai era la sua unica compagna. Giorno dopo giorno, incantesimo dopo incantesimo, il suo potere divenne sempre più forte, abbastanza potente da riuscire ad eliminare con facilità qualche demone. Ma sapeva che non sarebbe mai bastato a sconfiggere tutti quelli che le avrebbero dato la caccia una volta uscita allo scoperto. Prese così la decisione che nessuna strega dell’epoca avrebbe mai preso: decise di cambiare il corso della natura. Avrebbe creato un mostro tanto potente da sconfiggere i demoni >>.

<< E’ una cosa davvero possibile? Sembra una cosa folle persino per una strega >> commentò Hope a voce alta e sguardo inespresssivo.

<< Lo è. Ma questo non persuase Cassandra dal provarci. Voleva un essere che avrebbe incanalato il sangue e la magia di ogni creatura sovrannaturale, nato da esseri umani ma privo di ogni umanità. Avrebbe utilizzato anche il suo stesso sangue, cosicché in lei avrebbe riconosciuto la sua padrona. Ma un incantesimo del genere, oscuro e tanto potente da rompere - anche se per poco - le leggi della natura, non poteva essere il frutto dei suoi soli poteri. Sarebbe stata la natura a darle tutto l’aiuto di cui avrebbe avuto bisogno. Tornò così al villaggio, fra la gente, dove avrebbe solo dovuto aspettare il momento propizio che, ahimè, non tardò ad arrivare. Poco tempo dopo il suo ritorno infatti, trovò quello che le avrebbe permesso si portare a termine il suo piano. Una giovane strega, che aveva abbandonato ormai da tempo la magia, ed il suo sposo, un coraggioso guerriero del villaggio, avrebbero presto messo al mondo un figlio. Quel bambino sarebbe nato durante una notte di luna piena, proprio quando tutti gli elementi della terra sprigionano in pieno i loro poteri. Questo avrebbe permesso alla strega di trarre il massimo potere, abbastanza a lungo da riuscire a portare a termine l’incantesimo. Cassandra trovò il modo di avvicinarsi agli sposi, si finse un’allevatrice proveniente da un lontano villaggio, distrutto da barbari in cerca d’oro. Chiese loro ospitalità ed in cambio offrì tutta la sua esperienza al servizio dei suoi benefattori. I due sposi accettarono e così, per i mesi che seguirono, la strega si finse un’amica. Tornava spesso nella grotta dove aveva vissuto in quegli anni, per definire i dettagli del suo piano. Un giorno il marito della giovane strega dovette allontanarsi con gli altri guerrieri del villaggio in cerca della bestia che da un po' di tempo si aggirava intorno ai boschi, uccidendo bestiame e uomini. Partirono alla prime luci dell’alba, si inoltrarono nel bosco, cercarono invano tracce della bestia, ma nulla, né un’impronta, né una carcassa di animale, né tracce di sangue. Decisero quindi, al calar del sole, di tornare a casa, sperando che, di qualsiasi animale si trattasse, fosse solo di passaggio. Ma non fu così… non appena l’ultimo raggio di sole sparì, uno ad uno  gli uomini del villaggio vennero presi, così velocemente che nemmeno si capì da dove quella bestia stesse attaccando. Rimase solo il marito della giovane strega, che, disarcionato dal proprio cavallo, si ritrovò davanti ad uno spettacolo che lo sconvolse. Da dietro un grosso albero non vide venir fuori un animale, ma un uomo >>.

<< La bestia che aveva assassinato tutto il bestiame e tutte quelle persone era un essere umano? >> Hope non poté fare a meno di associare il volto dell’assassino di Elle a quello del racconto di Gavriil.

<< Non era un semplice essere umano, occhi neri come la morte, dalle sue labbra colava ancora il sangue dei suoi compagni. Guardandolo il disgusto contorse le viscere del guerriero, ma sapeva che doveva rimanere concentrato. Con le spalle al cavallo e la spada davanti a sé, attese che quell’essere facesse la sua mossa, ma anziché attaccarlo iniziò a parlargli. Lasciandolo senza parole, l’essere si scusò per quello che aveva appena fatto ai suoi amici, ma disse anche che, se avesse tenuto davvero alla sua famiglia, avrebbe dovuto ascoltare quello che aveva da dirgli. Costretto dalle circostanze più che dalla propria volontà, il guerriero accettò la sua offerta, così quel mostro raccontò cosa fosse in realtà, un vampiro, e che fino a poco tempo prima non era da solo. I suoi amici erano stati tutti uccisi da una strega, una donna che da tempo ormai si fingeva una levatrice del suo villaggio, la stessa donna che lui e la sua sposa avevano accolto in casa loro. Gli rivelò anche che, seguendola durante le sue passeggiate nel bosco, era venuto a conoscenza del vero motivo per il quale la donna era tornata al villaggio. Scoprì che, in realtà, la strega aspettava la nascita del suo primogenito, che avrebbe preso e trasformato in un mostro di gran lunga peggiore di quello che adesso gli stava davanti. In un primo momento, il guerriero si rifiutò di credergli, ma il dubbio, ad ogni parola, iniziò a crescere dentro di lui. Se quello che il vampiro aveva scoperto fosse stato vero, allora la sua famiglia aveva bisogno di lui. Dando le spalle al nemico, cercò di rimontare sul suo cavallo per tornare al villaggio, ma con una rapidità mai vista prima, il vampiro lo fermò. Disse all’uomo che se fosse tornato a casa in quello stato, sarebbe andato incontro a morte certa. L’unica speranza di salvare la sua famiglia era quella di trasformarsi a sua volta in un vampiro. Ancora una volta il guerriero si ritrovò dilaniato dal dubbio, ma spinto dall’amore verso la propria famiglia, accettò. Bevve così il liquido contenuto in una borraccia offertagli dall’essere e quasi immediatamente iniziò a sentirsi male. Solo allora il vampiro lo uccise a mano nude >>.

<< Perché avrebbe fatto una cosa del genere? >> domandò la ragazza interrompendo il racconto;

<< Vedi, mia cara, soltanto se vieni ucciso da qualcosa di sovrannaturale dopo aver bevuto del sangue di vampiro, puoi a tua volta diventare uno di loro >>.

<< Quindi quello che il guerriero bevve dalla borraccia era… >>

<< Sangue di vampiro >>  confermò Gavriil. Aspettò qualche minuti prima di riprendere la storia, per assicurarsi che Hope assimilasse tutto quello che aveva detto fino ad allora.

<< Dopo essersi risvegliato >> riprese l’anziano << il guerriero tentò subito di raggiungere il villaggio, ma non appena uscì dalla grotta in cui il vampiro lo condusse, i raggi del sole iniziarono a bruciare la sua pelle. Avevano passato l’intera notte lontani dal villaggio, e, malgrado il tempo non fosse dalla loro parte, si trovarono costretti ad attendere il calar del sole. Il vecchio vampiro sapeva che Cassandra avrebbe agito quella stessa sera, durante la notte di luna piena, così approfittò del tempo rimasto per spiegare al guerriero che cosa potesse o non potesse fare nelle sue nuove condizioni. Al tramonto, entrambi corsero verso il villaggio, più veloce di qualsiasi cavallo, ma non appena arrivati, scoprirono che la strega aveva già portato via la donna. In preda al panico il guerriero iniziò a vagare senza meta attorno alla casa, nel bosco, ma non trovò nulla. Solo quando il vecchio vampiro riuscì a calmarlo, come guidato da una bussola, il guerriero capì esattamente dove dirigersi; sentì, in qualche modo, qualcosa che lo avrebbe condotto da sua moglie e, di conseguenza, da Cassandra. Dopo aver corso per qualche minuto, si ritrovarono in una radura, al centro della quale, in un lago, la luna si specchiava luminosa. Sulla riva di quel lago, il guerriero ed il vampiro videro la strega e la donna, in procinto di partorire. Cassandra aveva già iniziato il suo incantesimo e, non appena il bambino fosse nato, avrebbe ucciso la madre. In preda alla collera, il guerriero, senza pensarci, corse ad attaccare la strega, che presa alla sprovvista venne sopraffatta. Distratto, però, dalle urla della moglie, un istante dopo il guerriero si ritrovò sottomesso. In men che non si dica, Cassandra lo costrinse a terra preda di dolori lancinanti, mentre la sua sposa a pochi metri da lui stava per dare alla luce il loro bambino. Nel momento in cui la strega stava per terminare l’incantesimo, il vampiro, accorso in aiuto del guerriero, sbucato dal nulla prese il suo collo fra le mani. Dopo aver pronunciato una frase, che il vecchio vampiro non sentì, la strega si ritrovò con la gola squarciata, aveva approfittato dell’unico istante in cui la strega fu vulnerabile. Benché Cassandra fosse morta, l’incantesimo era già stato lanciato e dopo pochi minuti, il neonato che lei stessa aveva maledetto venne al mondo. Era una bellissima bambina, ma il segno del maleficio di Cassandra era vivo nei suoi occhi. Tuttavia rimase un incantesimo incompleto. Cassandra riuscì ad incanalare il potere di cui aveva bisogno in quella creatura, ma non riuscì mai a prendersi la sua umanità e con essa la sua parte di strega. Fu così che la madre, servendosi del cuore di Cassandra, terminò l’incantesimo, facendo appello proprio a queste ultime due parti di umanità, che avrebbero represso il lato demoniaco della neonata, impedendogli di liberarsi. La bambina crebbe con i suoi genitori; la chiamarono Pandora, coma la ragazza del mito greco alla quale Zeus diede in dono un vaso come regalo di nozze, che, si scoprì una volta aperto, conteneva tutti i mali del mondo. I giovani sposi dovettero lasciare il villaggio a causa delle nuove condizioni del marito e del suo nuovo amico, che incantato da quell’armonia familiare, non andò più via, diventando così uno dei protettori del “vaso” di Pandora. Quando fu abbastanza grande, raccontarono tutto a quella che ormai era diventata una bellissima giovane ragazza, ma l’amore di quella famiglia era più forte di qualsiasi sortilegio o maledizione. La madre ricominciò a praticare la magia, perché così avrebbe impedito più facilmente al sigillo di rompersi. Vissero in pace per molto tempo, fino a quando la madre si ammalò. Prima di andarsene, però, disse ai vampiri che sarebbe stato necessario trovare un’altra strega per proteggere Pandora. Avrebbe dovuto guidarla per evitare che quel potere potesse riaffiorare portando via la loro bambina; fu così che trovarono me. Praticavo la magia nel bosco, avevo da poco scoperto che cosa fossi io, ma dato che il mondo sembrava convinto che le streghe fossero solo donne, fu più facile per me mantenere segreta la mia natura. Sarei comunque andato via dal villaggio e quando mi raccontarono la loro storia decisi di unirmi a loro. Più il tempo passava, più non potevo sopportare il pensiero di lasciarli; ormai era diventata la mia famiglia, così trovai un modo per ovviare il problema. Mi ci vollero molti anni per trovare una soluzione che non infrangesse nessuna delle leggi della natura, ma alla fine ci riuscii. Rallentai il processo di invecchiamento, i secoli per me divennero, anni e questo mi diede il tempo di sviluppare i miei poteri e di perfezionare sempre di più la mia pozione >>.

<< Cosa c’entra tutto questo con me? >> domandò Hope che dovette far ricorso a tutta la sua buona volontà per non interrompere ancora il racconto del vecchio Gavriil.

<< Non l’hai ancora capito, mia cara? Quella bambina, quella che dentro di sé racchiude tutto quello che di magico esista, sei tu… tu sei Pandora >>. La guardò negli occhi e una sensazione di leggerezza apparì sul volto dell’anziano, aspettava da secoli di poter pronunciare quelle parole, di poter finalmente ritrovare parte di quella che un tempo considerò la sua famiglia.

   
 
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