Stavo al
telefono con il mio amore già da un’ora ma
non avrei mai smesso di ascoltare la sua incantevole voce. Edward,
appena
tornato dalla caccia, mi aveva chiamato e ora mi chiedeva cosa avrei
fatto il
giorno dopo.
<<
Non lo so, amore, penso di andare al negozio
di abbigliamento vicino la scuola e quello in cui lavora tua madre. Sta
arrivando l’estate e ho bisogno di nuove magliette.
>>
<<
Vuoi che ti accompagni? O magari da
consigliere? >> Rise. Era sempre così dolce,
premuroso, amorevole nei
miei confronti e lo amavo per questo. Sebbene non eravamo una semplice
coppia,
come invece credevano tutti, mi piaceva stare con lui, in qualsiasi ora
della
giornata. Non mi importava nulla che fosse un vampiro, lui era solo mio.
<<
No tesoro, ti faccio la sfilata domani sera.
>> Risi e presto lui mi fece compagnia.
<<
E’ tardi, vai a letto amore mio. Ci vediamo
domani. Passo io a prenderti? >>
<<
Perché il tempo passa così velocemente? Uffa!
Si, passa per le 19:00. Ti amo. >>
<<
Ti amo anch’io. >>
Dopo aver posato
la cornetta del telefono, mi
consegnai nelle braccia di Morfeo.
La mattina dopo,
mi svegliai di buon ora. Raggi solari
penetrarono nella mia camera dalla finestra. Non potevo sperare di
meglio per
una giornata di controllato e calmo shopping!
Era il mese di
aprile, la temperatura si era alzata
rispetto agli altri giorni e poi c’era il sole. Tutto
presagiva una giornata di
caldo, quindi decisi di indossare un jeans leggero, una T-shirt a
maniche corte
e ballerine. Dopo aver appoggiato gli indumenti sul letto e preso il
beautycase,
mi chiusi in bagno a lavarmi, per poi uscirne trenta minuti dopo. Mi
vestì con
calma, non avevo fretta. Dopo essermi data un fugace sguardo alla
specchio
appeso al muro, scesi in cucina dove trovai mio padre intento ad
addentare il
cornetto.
<<
‘Giorno Charlie. >> dissi sorridendo,
avvicinandomi al forno per prendere un cornetto caldo. <<
Dormito bene?
>>
<<
‘Giorno Bells, di buono umore oggi? >>
disse, alzando lo sguardo su di me. << Io ho dormito bene
e tu? Per caso
ieri sera eri a telefono con qualcuno? >>
<<
Bene, grazie. Si, ero a telefono con Edward.
>> dissi sbirciando curiosamente la faccia di mio padre
dopo quella
frase. Come sospettavo, lui fece un piccolo movimento con gli occhi.
Sebbene io
e Edward stessimo insieme ufficialmente da due anni, mio padre faticava
ancora
ad accettare l’idea che la sua piccolina fosse amata da un
estraneo oltre che
da lui. Che carino!
<<
E che voleva? >>
<<
Sentirmi forse? >> dissi con ironia.
<< Stasera sono invitata a casa sua, Esme e Alice mi
stanno tramando
qualcosa alle spalle. >>
<<
Sono contento che ci siano anche i
coniugi Cullen e seguito, oltre a voi due.
>> incredibile, mio padre era geloso!
<<
Si, certo papà. Oggi non lavori? >>
<<
Tranquilla, me ne sto per andare. Tu oggi hai
da fare? >> disse, alzandosi dal tavolo e indossando la
giacca appesa
nell’ appendiabiti vicino alla porta.
<<
Vado a comprare dei vestiti, niente di
speciale comunque. >>
<<
D’accordo, stai attenta comunque. Io vado,
ciao Bells. >> disse, e uscì dalla porta.
Io finii di
mangiare e poi di corsa, salii nel bagno
per lavarmi i denti e darmi una passata di trucco.
Presi la
borsetta, mi riguardai nello specchio i mi
dissi: << Sono pronta. >>
Scesi le scale
velocemente e chiusi la porta di casa.
Quel giorno, le vie erano affollate, la gente aveva seguito il famoso
detto
latino, carpe diem, approfittando di quella bella giornata per fare
qualche
passeggiata. Camminavo lenta, mi guardavo intorno con cuore felice, era
una
bellissima giornata! Qui e lì salutai qualche signora e con
alcune mi fermai a
scambiare due paroline, per essere gentile. Finalmente
l’estate stava arrivando
e con se oltre il relax, le belle giornate come quella. Il primo
negozio che
avevo deciso di visitare si trovava a due isolati prima della scuola,
era
piuttosto conosciuto a Forks e i vestitini, sebbene pochi, erano
carini. Il
locale occupava tutto l’angolo ed era molto pulito e
ordinato. Quando entrai,
la proprietaria che svolgeva anche il compito di cassiera, mi sorrise.
Era
simpatica, alta, magra, teneva i capelli raccolti in uno chignon, e
indossava
sempre bigiotteria in concordanza ai vestiti. Poteva avere al massimo
venticinque anni. Mi salutò educatamente e mi
invitò a visitare gli scaffali,
cosa che accettai molto volentieri. Le magliette erano a dir poco
fantasiose,
colorate, di tutte le misure, con paillette o semplici. Mi piacquero
molto
tutte. Mannaggia, mi sarebbe servito il giudizio di Edward in quel
momento! La
giovane mi si avvicinò, sempre col sorriso sulle labbra.
<<
Salve, le serve aiuto? >>
<<
Salve, si direi di si. Il nuovo arrivo mi
piace molto ma non posso comprare tutto! Sono indecisa.
>> spiegai
velocemente.
<<
Se vuole, posso darle qualche consiglio io.
>>
<<
Mi servirebbe molto, grazie! >>
Un capo dopo
l’altro, le provai tutte e alla fine,
grazie all’aiuto della ragazza, decisi cosa prendere: due
magliette identiche una
arancione e una verde, una magliettina con scollo a V azzurrina e
un’altra
rosa. Dopo aver pagato e salutato, uscii dal negozio per dirigermi
verso quello
in cui lavorava Esme, la mia cara “suocera”.
L’ esercizio si trovava a cinque
isolati più sotto di casa mia, accanto il supermercato.
Prima di andarci però
decisi di posare le buste nel salotto, per sistemarle al mio definitivo
ritorno. Tornata sulla strada, attraversai i versanti sulle strisce
proprio
come mio padre mi aveva insegnato. Ne stavo attraversando uno ora,
quando un
rombo mi fece paralizzare in mezzo alla strada. Una macchina era
sbucata dalla
traversa, correva e quando mi vide fu troppo tardi. Lo stridore delle
ruote
sull’asfalto significarono un inutile tentativo di frenata.
Mi prese in pieno,
saltai sul davanti sbattendo la testa sul vetro per poi ricadere
sull’asfalto e
rotolargli sopra. Un terribile mal di testa mi prese, non riuscivo a
capire
cosa fosse successo, non riuscivo a vedere. Sentivo scivolare sul mio
viso
lacrime di sangue. probabilmente. Urli, una folla di gente si era
radunata lì,
intorno a me. Poi d’improvviso, una donna con la faccia a
forma di cuore,
pallida come un cadavere, avvolta tutta con panni scuri porsi di fronte
ai miei
occhi: Esme, mia suocera. Vidi le persone chiedere come stavo e altri
chiamare
l’autoambulanza.
<<
Bella, mi senti piccola? >> chiedeva
lei, preoccupata. Provavo a rispondere ma nessun suono usciva dalla mia
bocca o
semplicemente non muovevo le labbra. Dolore, confusione, paura.
Tremavo.
<<
Bella! Bella, rispondimi! >>
Non vidi
più niente, anche il dolore finì. Intorno a
me scorgevo solo oscurità che mi inghiottì
facendomi perdere la coscienza.