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Autore: tenacious_deep_soul 99    10/12/2016    2 recensioni
Cosa faresti se un giorno dovessi essere costretta a cambiare la tua vita solo per dei pregiudizi sbagliati dettati da una mente pervasa dal bigottismo? Ecco, questo è un problema che affligge la vita della povera Lee Jieun la quale, per sfuggire alle costrizioni di sua madre e al periodo natalizio formato per lo più da un susseguirsi di interrogatori, si vedrà costretta ad affittare un ragazzo…
[Tratto dal Capitolo 1]:
-Non ho altra scelta…- disse lei sospirando mentre permetteva alle dita di scivolarle sulla tastiera. Apparsale in un lampo davanti agli occhi la pagina traboccante di risultati cliccò, senza pensarci due volte, il primo sito che le capitò sott’occhio: Affitta ragazzi, diceva.
[Tratto dal Capitolo 2]:
-Ma allora sei tu! No, non è possibile!- esclamarono entrambi indicandosi a vicenda con indici accusatori.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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⇒Angolo autrice:
Ed eccoci arrivati finalmente (o tristemente) all’ultimo capitolo della fanfiction.
Non nascondo che la nostalgia si sta già facendo sentire, penso che la storia mancherà a me quanto a voi.
Voglio ringraziare di vero cuore coloro che hanno sempre impiegato un po’ del loro tempo per leggere la storia, spronandomi a continuare; un grande grazie va anche a chi, con le sue recensioni e con le sue critiche costruttive, mi ha permesso di fare di più e riparare gli errori.
Spero di riuscire a dedicarmi ad altre fanfiction in futuro (e continuare quelle lasciate in tronco xD) dato il poco tempo che mi ritrovo a disposizione lol Vi lascio alla storia adesso ahaha
Nel frattempo mi permetto di fare, anche se anticipatamente, gli auguri di buon Natale e felice anno nuovo a tutti!
Bacioni *-*

Capitolo 10:

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Il grande giorno era finalmente arrivato, il calendario nella sua stanza indicava in rosso il numero venticinque scritto a caratteri cubitali il che poteva suscitare giusto un tantino di ansia. Da più di dieci minuti Jieun stava a trafficare con la zip posteriore del suo vestitino dai motivi scozzesi, impersonando in tutto e per tutto una contorsionista provetta. La porta della sua stanza si spalancò improvvisamente, spostando una compatta massa d’aria che sbatté contro la schiena scoperta della ragazza.

-Jieun! Noi stiamo scendendo, ti aspettiamo con il tuo ragazzo direttamente lì. Prevedo una giornata fantastica!- sbraitò Eun facendo sobbalzare la sorella di punto in bianco.

-Va bene Eun ho capito, non c’è bisogno di urlare così forte. Ci vediamo più tar…-.
La ragazza non finì nemmeno la frase che sua sorella corse via per il corridoio: il rumore dei tacchi, propagatosi per tutta l’area di questo, fece dubitare a Jieun della vera natura dell’altra nata sicuramente dall’incrocio fra un cavallo imbizzarrito e una capra. Lo sbattere violento della porta d’ingresso segnò l’inizio della pace momentanea di Jieun, immersa finalmente nel più leggiadro silenzio.
Davanti lo specchio della sua stanza, scrutava dettagliatamente la sua immagine raffinata e delicata: per alcuni istanti si ritrovava con sguardo perso ad accarezzarsi involontariamente il viso e i capelli, come se fosse qualcun altro a farlo.
“Sarò mai all’altezza? Potrò mai piacere a…? No, no Jieun. Piantala con questi pensieri insulsi”.
Fu solamente qualche minuto dopo che quello stupido citofono ancora da aggiustare prese ad emettere un trillo assordante.

-Ah! Sarà Jimin!- corse verso l’apparecchio mezzo rotto alzandosi finalmente la lampo con la quale aveva fatto a pugni. Infilato il cappotto e presa la solita borsa uscì di casa, fiondandosi all’interno di quella fredda savana buia nonostante fosse giorno.

-Eccomi! Come stai, Jimin?- gli si piombò di fronte la figura di Jieun, un po’ più alta per via dei tacchi. Alla sua vista gli occhi di Jimin brillarono, non aveva mai visto meraviglia più bella di lei.

-Jieun sei… un incanto. Sto bene, grazie del pensiero- sorrise timidamente alzando un angolo della bocca, mettendo in risalto il colorito rossastro delle guance:-Oh, prima che dimentichi… Buon Natale- le porse un sacchetto ricco di decorazioni natalizie sormontato da un rosso fiocchetto arricciato.

-P-per me? Grazie…- esclamò sorpresa Jieun prendendo il pacchetto dai manici in corda.

-Via, aprilo! Cosa aspetti? Che io diventa davvero vecchio magari?- rise Jimin incitandola a scoprirne il contenuto.

-Non ci credo… ma è la stessa sciarpa che avevo prima, quella che tu mi avevi rovinato col caffè… grazie Jimin, davvero- lo guardò stringendo la stoffa al petto. Jimin le si avvicinò e, levandole la sciarpa di lanina dalle mani, gliela mise di sopra permettendo a questa di fare due giri pieni attorno al collo minuto della ragazza.

-Adesso sei perfetta. Andiamo?- le porse un braccio con fare galante, indirizzandola verso la vettura.
Jieun rimase senza parole nel vedere Jimin comportarsi in modo talmente diverso da sembrare un’altra persona; quasi immediatamente le si stampò in viso un mezzo sorriso in maniera del tutto involontaria. Ogni volta che lo guardava non vedeva più il ragazzo rude e freddo di qualche settimana prima, la sua personalità era completamente stravolta e ciò che rese il tutto più bizzarro fu la rapidità di questo cambiamento così inaspettato.

-Finalmente siete arrivati! Cominciavamo a preoccuparci… forza entrate!- strillò sua madre come al solito emettendo degli ultrasuoni così potenti da dar fastidio addirittura alle orecchie del korean jindo dei suoi anziani genitori, il quale andò a rifugiarsi dietro la poltrona pur di non vederla impersonare un fischietto per cani. Il caos che dominava quella casa era a dir poco indescrivibile: interi gruppi di si pensava umani erano sparpagliati negli angoli più stretti dell’appartamento, come se già questo non lo fosse di sua natura. Alla sola vista di Jieun e Jimin si levò un urlo di euforia da parte di ogni persona presente lì dentro.

-Jieun! Sono contento di vederti! Come stai?- la abbracciò un ragazzo alto almeno un metro e novanta, stazza abbastanza anormale per un coreano.

-Ehm non vorrei essere scortese ma… tu chi diamine sei!?- sgranò gli occhi rimanendo pietrificata fra le braccia chilometriche del tinto verde, sicuramente fratello del Monte Everest.

-Ma come? Non mi riconosci? Sono il tuo oesachon, Hyunki!- si scansò da lei facendo un aegyo a dir poco penoso e inadatto alla sua persona da bamboccione com’era.

-Ah sì, Hyunki… sì, ciao che piacere rivederti!- ridacchiò nervosa mentre lo riabbracciava forzatamente. Dopo che questi si allontanò soddisfatto Jieun poté avvicinarsi a Jimin:-E a quello chi lo conosce? Più che Hyunki lo chiamerei “Rhyunkioglionito”- sussurrò al ragazzo continuando a mantenere in viso un perfetto sorriso sornione.

-Se non lo conosci tu pensi che debba saperlo io, genia?- la imitò in tutto e per tutto, stirandosi la faccia peggio dei lifting a causa della risata strappata dal nome affibbiato al cugino. Davanti a loro passavano sempre le più svariate facce tanto che, contando chi gli passava di fronte con tanta naturalezza, la “coppia” riuscì a computare circa undici persone diverse.

Forse non erano a casa dei loro parenti, magari avevano appena
incontrato un vero e proprio squadrone di calcio.

Lo sbattere di cucchiaio di legno contro una pentola e la conseguente mandria imbufalita di parenti diretti verso la sala da pranzo grande quanto un ripostiglio fece intendere che il pranzo fosse già pronto per essere divorato in meno di un quarto di millisecondo. Finalmente seduti tutti in tavola poterono permettere alla fame di impossessarsi completamente di loro: due tizi alla sua destra, uno dei quali era Rhyunkioglionito, potevano essere scambiati benissimo per adorabili porcellini visti i grugniti che emettevano ogni qual volta si ficcavano in bocca del cibo.

-Quale eleganza…- sussurrò Jimin all’orecchio di Jieun chinandosi lentamente di lato. Jieun annuì, decisamente disgustata dalla bella scenetta: quelli lì sembrava non mangiassero dai tempi dell’antico impero coreano.

“Questa giornata può mai andare peggio di così?” pensò lei guardando costantemente il suo odiato bulgogi, cui carne di manzo era più dura di un mattone e di conseguenza impossibile da masticare. Jieun aveva ancora il piatto pieno e tutti gli altri, vedendola ancora all’inizio, cominciarono a farle mille mila domande di seguito, come una macchinetta.
“Forza Jieunnie, mangia la carne che ti ha preparato la tua oehalmeoni!”
“Perché hai lasciato tutto il bulgogi? E’ per la dieta, non è così?”
“Mangia ancora un po’… guardati, sei uno stecchino messo in piedi!”

 
Ma la gente non riesce mai a farsi i cazzi propri!?

-Allora lo mangi quello o no?- chiese Hyunki con la bocca ancora piena il quale, senza permettere nemmeno a Jieun di rispondere, fece spallucce e le prese il piatto da sotto il naso lasciandola sconvolta. Non che le dispiacesse non mangiare più quella pietanza, ma almeno un po’ di decoro poteva usarlo quel pezzo di scemo. Jimin la osservava e ridacchiava sotto i baffi, il modo in cui fulminò con lo sguardo il cugino lo fece sbellicare dentro. Erano già le cinque e mezza del pomeriggio e quella famiglia fin troppo strampalata era ancora seduta a tavola per continuare il rifocillo: Jieun avrebbe dovuto fermarsi o avrebbe sicuramente dato di stomaco.

-Io propongo di fare un bel brindisi, che ne dite?- si sollevò il sedere dalla sedia Eun alzando in aria uno stretto calice di vetro, dondolandosi a destra e a manca per la sbronza da vino in mezzo alle frasi di approvazioni di zii, cugini, nonni e cani.

-Il mio pensiero va a mia sorella, Jieun, colei che mi è sempre stata accanto nei momenti più difficili della mia vita…-

-Tipo scegliere quale rossetto mettere, vero Eun?- la interruppe di botto Jieun scatenando l’ilarità generale.

-Dicevo…- si schiarì la gola:-Per tutti sei sempre stata un modello da seguire, un esempio di persona pura e generosa ed ecco perché oggi... voglio mettere a tacere per sempre queste voci insulse- continuò il suo discorso con insolita calma. Jieun cominciò a sudare freddo, aveva il sentore che sarebbe successo qualcosa.

-Guardate tutti: di fronte a voi vi è la falsità in persona! Quest’individuo conosciuto come Jieun ha architettato un losco piano per farsi le belle vacanze; eh sì cari miei… Jimin non è altro che un ragazzo in affitto!-. Jieun perse più di un battito al solo udire gli sproloqui di sua sorella.

-Eun stai delirando, hai bevuto troppo vino…- intervenne Jieun con voce tremante.

-No, è tutto vero! Ho spiato sul suo computer, ho visto tutto!- esclamò di rimando mentre sua madre guardava Jieun con fare sconvolto, rivolgendole un “Cosa hai fatto!?” con tono più che furioso.

Colta sul fatto purtroppo…

-Io… ecco… è che… devo andare- si alzò in modo talmente repentino dalla sedia che la ribaltò completamente facendo sussultare il nonno, mezzo addormentato con la testa all’indietro e coi tappi di ovatta alle orecchie.

-Jieun! Dove vai!?- urlò Jimin tendendole la mano nel tentativo di afferrarla, invano. Senza nemmeno prendere il cappotto Jieun spalancò la porta e uscì di casa, cercando in tutti i modi di scappare da quella casa colma solo di falsità. La ragazza corse per un lungo tratto di strada con le mani poste su entrambe le braccia, sperando che ciò potesse in qualche modo reprimere il freddo che la stava consumando a poco a poco. Sedutasi su una panchina consentì alle sue lacrime di farsi spazio sulle guance: singhiozzava, si raschiava la gola, tossiva per il pianto, tremava dal freddo.

-Jieun!- disse una voce in lontananza che si fece eco per tutto il viale. Era Jimin.

-Ti prego Jimin lasciami sola. Ho rovinato tutto con le mie stesse mani, sono stata una stupida!- si dava forti manate sulla faccia, stampandovi su quindici dita per gota.

-No non ti lascio sola, lo sei stata fin troppo. Ecco, tieni questo- la coprì con il cappotto che si era preso la briga di prendere prima di raggiungerla.

-E’ tutta colpa mia, solo mia. E’ merito mio se adesso mi trovo in questa situazione, se tu ti trovi in questa situazione… adesso tutti mi vedono come una doppiogiochista, come colei che agisce per doppi fini-

-Tua sorella l’ha fatto apposta- tirò sul col naso parlandole in modo diretto.

-Cosa!? Che significa?- sgranò gli occhi puntandoli verso il ragazzo.

-Non era ubriaca. Prima di venire da te ho controllato il suo bicchiere e non era vino: era succo di fragola e ribes nero-. Jimin si grattò la fronte con pollice e, curvando lievemente la testa, guardò Jieun con la coda dell’occhio.

-Brutta stronza. Mi odia, mi ha sempre odiata- singhiozzò un’altra volta stringendo saldamente il colletto del cappotto:-Adesso tutti sanno… sanno che è stata una messa in scena-

-Ehi, non fare così- disse Jimin tirandola a sé col braccio, il quale le accerchiava il retro del collo:-E poi… io non penso si tratti di una semplice messa in scena-. Il ragazzo le prese improvvisamente le mani, gelide e affusolate. Jieun bloccò il suo pianto e si voltò di scatto verso Jimin: c’era qualcosa di diverso nei suoi occhi, come un luccichio.
Il ragazzo le accarezzò una guancia arrossata poi, sospirando, iniziò a parlare:-Jieun devo confessarti una cosa…- sospirò:-…quella volta non sono tornato per i soldi-

-Cos…? E per cosa allora?-. Jieun aveva come il sentore che Jimin stesse per dire ciò che lei aveva pensato fin dall’inizio, da quando hanno messo una pietra sopra alle loro divergenze.

-Jieun, sono tornato per te. Il giorno in cui ti avevo troncata lì in strada offendendoti nei modi peggiori mi sono sentito una schifezza e ho immaginato come potessi sentirti tu; da quando abbiamo ricominciato ho sentito qualcosa di strano nel mio stomaco, quando ti stavo accanto ero fuori equilibrio e questo mi ha fatto capire molte cose…-

-J-Jimin…- le scivolò un’ultima lacrima fredda sulla guancia, che il ragazzo asciugò immediatamente.

-Ho capito di amarti Jieun, e questo mi basta-.
Il palmo di lui aderì perfettamente al suo viso e adesso la stessa situazione di due giorni prima si stava ripetendo, tutto stava andando per come era giusto che andasse. Il suo respiro caldo le sfiorava delicatamente il viso, i battiti acceleravano, le mani sudavano: bastò meno di un attimo prima che entrambi si ritrovassero a labbra congiunte. Quel bacio così tenero scaldava l’anima anche nella giornata più fredda. Jieun sentiva le labbra carnose del ragazzo pressare dolcemente contro le sue, erano così morbide e calde e sapevano di dolce vino rosso.

-Anch’io ti amo Jimin, ti ho sempre amato… fin dall’inizio- sussurrò prima che riprendessero a baciarsi:-Ma, aspetta un attimo… non ti ho nemmeno fatto un regalo per Natale…- si allontanò da lui tenendogli ancora le mani poggiate sul petto.

-Tutto quello che voglio per Natale è… il tuo amore. Penso di avere già ricevuto il mio regalo, non credi?-.
In un attimo il venticello freddo della sera lasciò spazio ad una lenta nevicata, cui fiocchi candidi cadevano leggiadri sui due giovani innamorati, abbracciati su quella panchina isolata dal resto del mondo.

-Buon Natale, Jimin-

-Buon Natale, Jieun-
  
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