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Autore: Lily1013    20/05/2009    2 recensioni
Com'è difficile essere l'uomo di Dumbledore! Specialmente se si ha a che fare con caramelle avvelenate e la mente diabolica del vecchio golosone!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Severus Piton
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Qualche giorno dopo il primo dell’anno, Albus Dumbledore tornò da uno dei suoi soliti viaggi, giusto in tempo per vedere i suoi ragazzi tornare a scuola dopo le vacanze di Natale. Passò a salutare tutti i professori come d’obbligo, prima di prendere posto al centro della tavolata. Guardare tutti i ragazzi prendere posto a tavola, riabbracciarsi dopo giorni che non si erano potuti vedere, senza badare al colore della loro divisa, era qualcosa che lo metteva abbastanza di buonumore. Sentì, ad un tratto, una certa fitta dietro la nuca: era lei, Minerva, che indicava, come al solito, quel determinato posto vuoto. La cosa che Minerva non sapeva, e c’erano un bel po’ di cose che la povera Minerva non sapeva, era che, questa volta, non era Voldemort a tenere lontano il professor Snape dalla colazione.

La causa del ritardo di Severus stava entrando in quel momento, come al solito sempre in compagnia di Ron Weasley e Hermione Granger, parlottando tutti e tre fittamente. Probabilmente Dumbledore poteva immaginare l’argomento di una conversazione tanto fitta, e di un’espressione tanto sgomenta sul viso rosso e rotondo del signor Weasley, ma preferì imburrare la sua fetta di pane tostato con la marmellata ai mirtilli, piuttosto che indagare. Stava proprio per addentarla quando Severus entrò a testa bassa, facendo svolazzare il suo mantello nero.

 

Harry diede un morso al suo muffin, continuando ad annuire.

“Impossibile” stava scuotendo la testa Ron “Io non ci credo”.

Persino Hermione lo stava guardando a bocca aperta.

“Ti odia, Harry” gli ricordò, come se ce ne fosse bisogno. “Sembrerà strano che io lo dica, ma questa volta mi trovi in completo accordo con Ron: è impossibile”.

Harry avrebbe condiviso tutta la vita con Ron e Hermione, questa era una cosa di cui era certissimo. Dovunque lo avrebbe portato la vita, lui avrebbe avuto i suoi due amici sempre al suo fianco. Tuttavia, c’erano cose che doveva tenersi per sé, e, pensò con una punta di rammarico, aveva dovuto farlo pure quando aveva raccontato, con troppi particolari, com’era stata la sua convalescenza con Snape.

Doveva ammetterlo: per la maggior parte del tempo, Harry aveva più che altro dormito, quando non vomitava. Ricordava chiaramente il bagno scarno di arredamenti, le lenzuola color ocra, il guanciale scomodo di piume. Ricordava che ad un certo punto era in piedi, ma si teneva a stento sulle sue gambe. Ricordava che il pavimento era freddo contro i suoi piedi scalzi, e che la testa gli girava. Non era molto cosciente di cosa stesse succedendo, ma ricordava perfettamente due cose: uno spiffero che gli gelava le ginocchia nude, e sul perché lo fossero non aveva indizi, e che, pur stando in piedi, delirava, od almeno, non era completamente lucido. E di questo era sicuro al cento percento, perché, come giustamente gli stavano continuando a ripetere Ron e Hermione, che Snape lo avesse consolato mentre era scoppiato in lacrime senza apparente motivo.

“Certo” continuò Hermione “nessuno ci può assicurare che, magari, in fondo, il professor Snape non sia poi così insensibile ed inumano come vuol far credere a tutti”.

Harry guardò verso la tavola dei professori, ed il suo sguardo incontrò quello di Snape. Duro, freddo, impersonale come al solito. Cattivo, quasi. Gli si drizzarono i peli del collo.

“Non dire idiozie, Hermione” sbottò Ron. “Non ci credo nemmeno se lo dovessi vedere”.

Già, pensò Harry. Nemmeno se lo dovessi vedere.

 

“Allora, Severus, come sono andate le vacanze?”.

Quest’uomo stava davvero cercando di rendergli il compito più facile, ne era convinto. Non poteva essere altrimenti.

“Non ci crederai, ma ne ho passate di migliori”.

Dumbledore lo guardò da sopra gli occhiali a mezzaluna, con quel suo sguardo che faceva venire voglia di strappargli la barba per quanto era allegro. Malato, con una mano raggrinzita, perennemente in viaggio per chissà quale motivo, ed era sempre brioso. Misteri dell’anzianità, si disse.

“Mi dispiace che Sibilla abbia finito anche la tua parte di Whisky Deluxe” disse rimettendo al suo posto un libro. Severus non si pose neanche il problema di chiedersi come fosse possibile che lui sapesse del loro piccolo vizietto.

“Mi rifarò con quello per Pasqua” rispose solo, riposizionandosi sulla sedia davanti alla scrivania.

“E Harry? Com’è andata con lui?”.

“Bene” rispose secco. “Ha rovinato le lenzuola di mia madre, ma l’ho rimesso in piedi. Come volevi tu” sottolineò.

Dumbledore si voltò a guardarlo apertamente. A differenza sua, il vecchio non si nascondeva mai.

“Ah, Severus” sospirò alla fine. “A volte sei così.. così...”.

“Così come?”. No, non stava per dirlo...

“... infantile” concluse Dumbledore. Severus strinse i pugni.

“Gentile da parte tua avere una così alta opinione di me” si alzò, irritato.

“Sai cosa volevo dire” ribatté tranquillamente il Preside. “Grazie, comunque” aggiunse.

“La prossima volta” sibilò “La prossima volta che insinui un qualche mio attaccamento a quel mediocre ragazzino, non sarò in grado di rispondere delle mie azioni”.

Dumbledore allargò le braccia, sorridendo.

“Sono a tua completa disposizione, Severus”.

Ma Severus aveva già sbattuto la porta dietro di lui.

 

  
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