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Autore: Dragonfly92    11/12/2016    10 recensioni
Severus Piton era un uomo incapace d’amare.
Harry Potter era un bambino indegno d’amore.
Uno scoppio di magia involontaria particolarmente violento.
Un Preside che bussa sempre prima di entrare ma non chiede il permesso di stravolgerti la vita.
Una porta che si spalanca, un vento di nuove, non gradite responsabilità, dalle sfumature verdi.
"Quegli occhi. Gli occhi della mia Lily nel volto di quel cane di Potter; Un oltraggio!"
Ma cosa nascondono davvero quelle iridi così.. spente?
Quella è la storia di due solitudini e del loro difficile viaggio alla scoperta del tesoro più grande di tutti..
L’Amore.
"Continuavo a ripetermi che eri solo il figlio di Potter. Ed ho provato ad ignorare i tuoi occhi che gridavano il contrario. Maledizione, ci ho provato davvero! Ma poi, ti ho guardato. Non so per quale dannatissimo, assurdo motivo, ma l'ho fatto."
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Famiglia Dursley, Harry Potter, Poppy Chips, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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Odio puro

Oh, si che l’ho fatto.
L’ho fatto perché mi rifiutavo di credere a ciò che stavo vedendo.
Perché il tuo terrore non poteva essere reale.
Non doveva esserlo, capisci?
Non volevo più sentire le tue preghiere, quelle suppliche che anche io ho conosciuto nella mia infanzia.
Non ti credevo. Non volevo, non potevo farlo.
Sarebbe stato difficile.
E ho sperato, in quei secondi, che frugando nella tua testa avrei finalmente cancellato ogni dubbio, trovando conferma al fatto che eri solo un bambino capriccioso, viziato, tale e quale al padre.
Ma poi ho pronunciato quella parola.
E sono entrato nel tuo mondo…

Ho visto il buio dello stanzino in cui vivevi.
Ti ho sentito urlare così forte da rompermi il cuore, che nemmeno pensavo più d’avere.
Mi sono portato una mano al petto e l’ho sentito sgretolarsi in pezzi sempre più piccoli ad ogni botta che raggiungeva il tuo corpo.

Ho guardato quell’uomo, che continuava a picchiare la tua schiena già livida, urlandoti contro il suo disprezzo.
Ho guardato te, mentre chiedevi scusa, gli imploravi di smetterla, giuravi che non lo avresti fatto mai più.

Ma cosa avevi fatto, bambino, per meritarti tutto quell’odio?

È stato lui a rispondermi, quella bestia che ti ha trascinato per i capelli e buttato in quel lurido sottoscala.
Ha detto che non saresti dovuto nascere. 
Ha chiuso la porta con un tonfo, promettendo di non riaprirla più.
Perché nonostante i suoi sforzi tu non imparavi. 
Perché eri un mostro, come i tuoi genitori.

E ho continuato a guardare anche se volevo, per la prima volta nella mia vita, scappare.
Ti ho visto appallottolare la maglia, soffocarci dentro il tuo pianto, il tuo dolore.

Allora ho scavato più a fondo, perché forse si era trattato di un solo, terribile, irripetibile episodio.
Ti ho trovato, un po’ più piccolo, inginocchiato per terra a strofinare il pavimento.
La testa bassa, china sul parquet, si è sollevata appena per vedere un altro bambino, evidentemente più grande, che scuoteva la terra dalle sue scarpe nuove davanti ai tuoi occhi.
Occhi che sono riempiti di desolazione quando il pendolo a battuto sei rintocchi.
Angoscia, quando una macchina si è arrestata davanti a casa.
Paura, quando la porta si è spalancata.
Colpevolezza, quel pavimento ancora sporco di fronte a te.
E ad ogni passo che si avvicinava, trattenere le lacrime diventava più difficile.
Quanto male può fare il rumore di una fibbia che viene sganciata?
Quanto può diventare assordante lo strusciare di una cinghia che viene sfilata dai jeans?

I colpi veloci, la carne che si lacera.
Quelli che all’inizio sono gemiti trattenuti, si trasformano in urla angoscianti, finché anche urlare diventa dolore.
La voce, adesso, non sembra nemmeno più la tua.
È straziata.
È straziante.

Ed è di nuovo buio.
Quel buio che conosci bene.
Ma non ci si abitua mai alla sofferenza, vero?

Ti ho visto, bambino.
Ti ho visto essere arrabbiato con te stesso, graffiarti le braccia conficcandoci dentro le unghie, fino a farle sanguinare.
Ti ho sentito ripeterti che eri cattivo, cattivo, cattivo.
Fino a che la rabbia non è svanita.
E forse, dopo è stato anche peggio.
Perché ha iniziato  a far male, dentro.
E le lacrime scendevano veloci, infinite, insieme tutti quei ‘perché’ che non trovavano risposta.

Ma anche piangere, diventa un problema quando stai in uno spazio tanto piccolo. 
L’aria manca, inizia la tosse che scuote il corpo già massacrato.
E fa ancora più male.
Tanto male da vomitare.

Mi sono ritrovato a pregare, in quei minuti.
Che succedesse qualcosa, che tu perdessi i sensi.
Qualsiasi cosa, purché finisse.
Ma non è successo.
Mai.

Non so con quale forza, sono rimasto a guardare.
A sfogliare quelle pagine, dove il nero predominava.
Ad osservare il tuo corpo sfumato di viola, giallo, blu.
Colori che non dovrebbero mai sporcare un corpo così piccolo.

Non so con quale forza, riuscivi a non piegarti quando il cibo ti veniva buttato in terra.
Perché è lì che mangiano i cani.
Ma tu cercavi di resistere, piccolo, grande bambino.

Ti ho visto inzuppare la manica della maglia sotto il getto del lavello quando nessuno vedeva, e succhiarne il liquido quando il caldo, lì dentro, diventava insopportabile.
Ti ho visto farti minuscolo, dentro quella maglia, abbracciarti, quando invece era il freddo ad avere la meglio.

Provare e riprovare ad essere migliore.
A finire quella lista di compiti prima che il pendolo suonasse.
Trattenere i lamenti, cercare di comprendere qualcosa da quelle lezioni, come le chiamava lui.

Lezioni date per cambiare lo sbaglio che sei.
Lezioni, perché non dovevi piangere, ridere, mangiare, andare in bagno senza permesso.
Lezioni, perché non capivi.

E lo sai perché non capivi, Harry?
Perché non c’era niente da capire in quello.
Nessuna spiegazione plausibile, nessuna giustificazione, nessun insegnamento.
Niente.
Quello era odio.
Odio puro.

Ed era troppo, anche per uno come me.


----- Spazio Autrice ----
Non è mia abitudine scrivere qualcosa a fine capitolo .
Questo però,  è stato quello più difficile per me, e ti sarei immensamente grata se mi facessi sapere cosa ne pensi. 
È un capitolo al quale tengo particolarmente e spero di esser riuscita a trasmettere qualcosa, con le parole.
In ogni caso, se sei arrivato a leggere queste righe, non posso che dirti :
GRAZIE.

A presto,
Dragonfly92


   
 
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