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Autore: Iaiasdream    12/12/2016    2 recensioni
Come ogni normale essere mortale, anche il mio Lys ha i suoi lati storti. Oltre alla dimenticanza, la cosa che detesto è il suo amico del cuore: quell'arrogante, sbruffone, antipatico, play boy, scontroso di Castiel..... In quel momento, ho come un flebile barlume di lucidità. quel movimento, scatena in lui il sudore, che evapora sotto forma di profumo, innalzandosi e invadendo le mie nari, dandomi una sensazione strana, come un giramento di testa, ma non dipende dall’essenza, bensì da chi la indossa, e non è Lysandro.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta, Lysandro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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15° Capitolo: PER CAPIRE CIO’ CHE SENTO
 
 


Ho lo sguardo fisso sul registro delle contabilità. I numeri che sono riportati con la penna nera, sembrano un insieme di linee aliene. Non sono affatto concentrata sul lavoro che, per ordine di Gerard, dovrei portare a termine. La mia mente vaga ancora al ricordo di qualche ora fa.
Castiel era lì, ci ha visti e forse ha anche ascoltato il discorso tra me e Lysandro.
Ma cosa dovrebbe importarmi questo? Anche se avesse sentito tutto, non è un motivo per cui dovrei preoccuparmi o farmi problemi; ed è anche inutile continuare a ripetermi all’infinito che io sto con Lysandro.
A riportarmi alla realtà e a distogliermi finalmente da questi pensieri angoscianti, è il rumore delle campanelle che annunciano l’entrata di qualcuno.
Scatto sulla sedia, chiudo istintivamente il registro e mi reco nell’altra sala, preparandomi ad accogliere il cliente.
<< Buonasera, posso esserle uti- >>, le ultime lettere le ingoio insieme alla saliva, non appena i miei occhi si sono poggiati sulla figura elegante di Nathaniel.
<< Ciao. >> esordisce sorridendomi.
<< C-ciao… >> rispondo ancora incerta. L’ultima volta che ci siamo visti, non è finita bene. E a causa dei guai in cui mi sono ficcata con sua sorella, l’ho congedato in maniera non molto gentile.
Però è strano: più mi ritrovo a maltrattarlo, più lui continua a venire da me.
<< Ti disturbo? >> chiede, volendo cercare di rompere il ghiaccio che con il mio silenzio ho creato, piazzandolo fra noi due.
Scuoto la testa, << Perché sei qui? >> aggiungo infilandomi le mani nelle tasche del cardigan.
<< Volevo sapere come stai… hai proprio deciso di non rispondere alle mie chiamate… >>
<< Non sto facendo molto caso al cellulare. Non credere che ce l’abbia con te. >> mi giustifico cercando di sorridere per rassicurarlo.
<< Meglio così, allora. >> risponde allentando i muscoli che fino ad ora ha tenuto contratti, forse per la tensione.
<< Sto bene, Nath. Non dovevi preoccuparti. >>, per me la discussione termina lì, e per fargli capire che desidero rimanere sola, mi reco dietro la mia postazione di lavoro e apro un libro, preso dal reparto che stavo ordinando giorni addietro.
<< Audrey… >> mi chiama a voce bassa.
<< Che c’è? >> chiedo indifferente senza rivolgergli lo sguardo.
<< Perché ti comporti in questo modo? >> ribatte indurendo il tono.
<< Come mi starei comportando? >>, questa volta alzo gli occhi.
Nathaniel si avvicina alla mia scrivania, piazzandosi difronte << Non puoi continuare ad odiarmi all’infinito… non a causa di mia sorella! >> esclama stringendo i pugni.
<< Io non ti odio… >>
<< Non mentire! È da ieri che sei diventata intrattabile! Se non è mia sorella, allora cosa c’è che non va? >>
Continuo a guardarlo, poi senza dargli alcuna risposta, mi alzo, chiudo il libro e mi allontano ignorandolo.
<< Aspetta! >> esclama afferrandomi per un braccio, << Rispondimi almeno! >>
<< Non ho niente da dirti, Nathaniel, e non capisco cosa vuoi da me… >>
Il delegato mi interrompe ancora una volta abbracciandomi da dietro. Con dolcezza, poggia le sue labbra sulla mia nuca e stringe la presa sulle spalle.
<< Nath che fai? Lasciami… >> cerco di dimenarmi per fargli mollare la presa, dal canto suo, non acconsente al mio volere, ma mi fa capire che non ha cattive intenzioni; mormora soltanto che vorrebbe rimanere così ancora per qualche istante.
Non ne capisco il motivo, ma acconsento senza ribellarmi, non curante che qualcuno –magari Lysandro- possa entrare da quella porta da un momento all’altro.
Del resto non stiamo facendo nulla di male.
<< Sai già che per te farei qualsiasi cosa. >> riprende alitandomi sul collo. << Sono qui per dirti che d’ora in poi andrà tutto bene… ho convinto mia sorella a dire la verità ai miei genitori… andranno a parlare domani con la Shermansky, e sono sicuro che potrai ritornare a scuola senza problemi; senza che mia sorella ti sia ancora di intralcio. >>
Nonostante quella notizia mi stia alleviando quel peso che mi opprime il cuore da due giorni, non posso dimenticare quello che ho deciso e promesso al mio ragazzo; così, deglutendo a fatica e sospirando, porto una mano sul braccio del biondino facendogli mollare dolcemente la presa.
<< Mi dispiace Nathaniel… >> mormoro con voce grave.
Lo vedo scrollare le spalle, lasciando le braccia penzoloni. << Che voi dire? >> chiede con un filo di voce. Gli si può leggere la paura sul volto, partendo dagli occhi che tiene sgranati.
<< Io ti ringrazio per ciò che hai fatto, davvero… ma ormai non c’è più nulla da fare. Voglio dire che presto partirò con Lysandro, per Londra.
Ed ecco il suo corpo irrigidirsi un’altra volta, stringe i pugni e inizia lievemente a tremare.
<< P-perché? >>
<< Lysandro m’ha detto che ci sono anche corsi avanzati di letteratura, e studiando lì, avrei più possibilità lavorative… >>
<< Ma tu… tu non puoi farlo! >>
<< Perché no? >>
<< Pensa a tua sorella. È minorenne, non puoi lasciarla qui da sola. >>
<< C’ho già pensato… Aisi verrà con me. >>
<< Venire con te, dove? >> la voce della diretta interessata, risuona curiosa da dietro le spalle del biondino, il quale si volta di scatto lasciandomi la visuale libera.
Non posso negare che l’entrata di Aisi mi ha presa davvero alla sprovvista e che per un momento mi sono maledetta per aver parlato, ma non avrei potuto continuare a mentirle fino al giorno della partenza.
<< Allora? Si può sapere di cosa state parlando? >>
 
 
<< Un momento! Che c’entro io in questa storia. >> gli occhi verdi di mia sorella si stanno per accendere d’ira mentre porge quella domanda.
So per certo che termineremo questa discussione nel peggiore dei modi, ma d’altronde, non si può tornare indietro.
<< Hai capito bene. Partiremo… >>
<< No! >> m’interrompe bruscamente, tagliando l’aria con un gesto netto del braccio << TU partirai! >>
<< Aisi… >>
<< Non prendere decisioni anche per me, è chiaro?! Non immischiarmi nei tuoi casini. Per quale motivo vuoi che venga a Londra con te? >>
<< Sei minorenne, non puoi rimanere qui da sola. >>
<< C’è zia Agata. Andrò da lei… >>
Scuoto il capo << Dimentichi che ci siamo allontanate da casa sua per non darle disturbo? Suo marito l’ha lasciata con due figli da crescere. Non arriva a fine mese, figuriamoci se debba accudire anche te… >>
<< Lavorerò! >>
<< Basta, Aisi. Non si discute. >>
<< Quante volte devo ripeterti che tu non sei mia madre! >>. Dopo quella frase detta con disprezzo, mia sorella si reca alla porta per andare via, ma Nathaniel, fortunatamente, la ferma in tempo, prendendola per un braccio.
Aisi rimane bloccata come se avesse ricevuto una scossa, mentre il biondino le dice di calmarsi. << Audrey ha ragione. >> aggiunge con voce sommessa.
<< Che ne sai tu? >> chiede Aisi piangendo, << Audrey ha sempre ragione… ma non si è mai chiesta di come mi senta? Non si è mai preoccupata dei miei sentimenti; secondo lei, dovrei dipendere sempre e soltanto dalle sue decisioni! >>, si gira verso Nathaniel. I suoi occhi sono due specchi d’acqua ormai traboccata, le guance purpuree e il corpo preda ai tremolii.
<< Aisi… >> provo ad avvicinarmi, ma lei mi ferma intimandomi di non farlo.
<< Tu vuoi stare con Lysandro, vero? >> chiede senza rivolgermi lo sguardo.
Esito nel rispondere, ma alla fine, consapevole di essere fissata dal delegato che sembra aver pensato la stessa cosa, annuisco scrollando le spalle.
<< Ed io voglio stare con Castiel. >>
Ed ecco quel colpo al cuore capace di soffocarmi l’anima. Castiel… è la prova inconfutabile che da quando è entrato a far parte della mia vita, da quella maledetta sera, le cose sono cambiate in una maniera che non riesco più a gestire.
Chiudo gli occhi, sospiro e dico: << Parlerò con zia Agata. >>
Aisi non aggiunge nulla; mollata dalla presa di Nathaniel, esce dal negozio, lasciandoci un’altra vota soli.
<< È davvero questo, quello che vuoi? >> chiede il biondino.
<< Nathaniel, finiamola qui. >> rispondo fredda, ritornando dietro la scrivania.
Segue un minuto di silenzio, durante il quale mi sono sentita osservare intensamente da lui.
<< Io ti amo. >> mormora afflitto.
Lo guardo, accorgendomi che lui fa altrettanto ma con espressione diversa dalla mia. << Non dirlo mai più. >>, sussurro con voce roca.
Nath se ne va, portando via con sé l’amara, evidente sconfitta.
Quando ho la consapevolezza di essere sola, nell’abitacolo silenzioso, l’unico rumore che mi aleggia intorno, è il mio spento respiro. Tremo, ho voglia di piangere, e presa da uno scatto d’ira, sbatto un pugno sul piano di legno, lanciando un grido soffocato.
 
 
Una falena gira intorno alla luce soffusa del lampione, il parco è ancora abitato: ci sono dei bambini che giocano a campana, mentre i rispettivi genitori parlottano della loro giornata trascorsa tra casa e lavoro; più in là, il custode parla con un vecchietto e gesticola in modo esagerato.
In compagnia della mia angoscia, mi sono seduta su una panchina e aspetto.
Cosa?
Nulla.
Il mio corpo pare essersi coalizzato contro di me, impedendomi di muovere ancora le gambe; mi sento terribilmente stanca e sconsolata. La mia vita sembra essersi tramutata in qualcosa di davvero esasperante. Odio me stessa, e invidio il carattere di mia sorella. Lei, almeno, ha saputo prendere e difendere le sue decisioni, senza starci a girare intorno e senza rimuginare su eventuali sbagli.
Siamo sorelle, mi son detta, e allora perché non sono come lei?
Sbuffo scuotendo la testa. Perché mi faccio queste assurde domande?
A un tratto squilla il cellulare. Con estrema lentezza lo estraggo dalla tasca del giubbino. << Rosa… >> rispondo subito dopo.
<< Dove sei? >>
<< Al parco… >>
<< Aspettami lì. Sono subito da te. Ho bisogno di sfogarmi con qualcuno. >>
Come il suo solito, Rosalya non mi dà il tempo di ribattere che chiude in fretta la chiamata. Mi ritrovo a guardare la schermata del cellulare mentre ritorna in standby, e a sbuffare ancora una volta scocciata. Non ho voglia di sentire niente e nessuno. Potrei alzarmi e ritornarmene a casa, ma il mio senso di amicizia nei confronti della ragazza che tutti gli uomini desiderano avere e che tutte le ragazze vogliono essere, mi incatena su quella panchina come se fosse colla. Dopo qualche minuto, Rosalya si presenta senza salutare, si siede accanto a me, poggia la sua testa sulla mia spalla e, come da copione, aspetta che le chieda cos’ha.
Seguo quella pièce e la sua risposta giunge poco dopo.
<< Ho voglia di piangere. >>
<< Perché? >> chiedo curiosa, anche se ho un dubbio.
<< Leigh mi ha lasciata… >>
Sospiro dispiaciuta. << La fioraia, vero? >>, fisso i bambini che adesso stanno litigando perche uno di loro è deciso a cambiare gioco, e gli altri non dono d’accordo.
Rosa si distacca dalla mia spalla e stiracchiandosi le gambe, ammette: << La fioraia. >>
<< Mi dispiace… >> è l’unica cosa che riesco a dire.
<< Abbiamo sbagliato in due. L’unica cosa che non sopporto, però, è che avrebbe dovuto dirmi dall’inizio che non mi amava più… ma del resto, non m’importa più di tanto. Alla fine dei conti non ho perso tempo a tradirlo con Castiel e se l’ho fatto, significa che non lo amavo… >>
Perché quelle sue parole sembrano uscire dalla mia bocca ma con una voce diversa? Rosalya sta parlando della sua storia con Leigh, o di me?
<< Ehi, Aud… cos’hai? >>
<< Perché penso che il tuo ragionamento sia giusto? >>
<< Che stai dicendo? >>
<< Rosalya, io… ho deciso di partire con Lysandro per Londra… >>
<< Che cosa? Perché? >> chiede alzandosi di scatto dalla panchina.
<< Non è questo il punto… >>, inizio a singhiozzare senza guardarla in faccia.
<< Audrey spiegati meglio. Non ci sto capendo niente. >>
<< I-io non sono sicura di volerlo fare… si ho accettato, ma dentro di me sento… >> finalmente incrocio i suoi occhi indagatori, e ho paura… ho paura di continuare la frase, ma non per lei; per me.
<< Aiutami Rosalya! >> esclamo abbracciandola e stringendola forte.
<< Tu… sei innamorata di Castiel, vero? >> chiede esitando nel condividere l’abbraccio.
<< Sono confusa… sento di amare Lysandro… ma Castiel… >> biascico tra un singhiozzo e l’altro.
<< Allora, perché non vai a parlargli e vi chiarite? >>
Mi allontano lentamente per incontrare il suo volto e lei porta una mano sul mio per raccogliere le mie lacrime. << Così, capirai i tuoi sentimenti. >> aggiunge con un sorriso gentile.
Sorrido a mia volta ringraziandola, << Rosa, scusami per non averti consolata come volevi. >> a poco a poco riesco a rendermi conto che ogni qualvolta mi trovo con lei, i nostri ragionamenti terminano sempre con lo sfogo sui miei problemi, con la fortuna che Rosalya, invece di incazzarsi e mandarmi a quel paese, mi ascolta e consiglia.
Mi sento un’egoista e una cattiva amica nei suoi confronti; lei però mi fa comprendere che questi miei pensieri sono solo frutto della mia immaginazione, mentre la verità è che, aiutarmi, è diventata una sua priorità.
<< Hai bisogno di mettere un la parola fine a questa confusione… >> mormora abbracciandomi << …non preoccuparti per me, la mia storia d’amore con Leigh non sarebbe comunque durata, in un modo o nell’altro, e del resto, a me va bene così. >>
Prima di dividerci, Rosalya si offre per accompagnarmi fino a casa del Rosso, convinta che a quell’ora si trovi lì, mentre io spero con tutto il cuore di trovarlo da solo e non in compagnia di mia sorella.
La ferirò. Mi dico ripensando alle parole di Aisi. Ne sono pienamente convinta, ma non posso continuare a impazzire per queste sensazioni che appesantiscono il mio cuore.
La casa di Castiel è vicina, e ogni passo che faccio per avvicinarmi ad essa, diventa più corto e pericoloso.
Ci fermiamo; sto stringendo la mano della mia amica e non accenno a mollarla.
<< Ehi, va tutto bene. >> mi rassicura accarezzandomi il palmo.
<< Ho paura… quest’azione porterà sicuramente a una conseguenza ed io… >>
<< Aud ascoltami, per il momento non ci pensare. Inizia con l’affrontare i tuoi sentimenti, ok? >>
Annuisco ringraziandola ancora, poi lasciata la sua mano, mi avvicino al portone. Osservo la tastiera dove sono elencati tutti gli inquilini del palazzo e quando trovo il cognome che mi interessa, suono con esitazione.
Attendo interminabili minuti, alla fine, arresami all’evidenza che in casa non ci sia nessuno, scrollo le spalle per ritornare indietro, ma la conosciuta voce calda e sensuale di Castiel, risuona dall’altoparlante.
<< C-Castiel… >>
<< Audrey? >> chiede, sicuramente, basito nell’aspettarsi la mia visita.
<< Sì, sono io… >>
<< Cosa vuoi? >>, sembra tornato indifferente, come se avesse risposto al postino o a un qualunque sconosciuto.
<< Io… vorrei parlarti. >>
<< Sto uscendo… >>
<< Solo pochi minuti. >> lo interrompo senza rendermene conto.
Silenzio. La sua risposta giunge dalla serratura del portone che si sblocca con un rumore gracchiante.
Prima di scomparire nel buio dell’androne, volgo un ultimo sguardo a Rosalya, la quale mi sorride incitandomi di continuare, infine entro.
Castiel abita al terzo di sei piani, e anche se pochi gradini, decido di prendere l’ascensore per non rubargli altro tempo.
Quando le porte si aprono appaiate da un suono di campana, mi ritrovo di fronte la porta semiaperta dell’appartamento del Rosso.
I battiti del mio cuore salgono su per la gola, quasi soffocandomi; il corpo è tutto un fremito e non so davvero quale forza stia facendo muovere le mie gambe.
Per un attimo, lascio la mia mente immaginare che cosa possa succedere se dovessimo renderci conto di provare gli stessi sentimenti, ed essendo più forte di me, non posso non pensare al sesso.
Sono una poco di buono, lo so perfettamente. So anche che sto continuando a fare del male a Lysandro e a mia sorella… ma come faccio a non pensare che la prima a soffrirne sono io? È per questo che gli altri non stanno contando più nulla in questo momento.
<< Permesso? >> chiedo con voce tremante, dando alcuni colpetti alla porta, con le nocche. Non risponde nessuno. << C-Castiel? >> cerco di esclamare in preda all’ansia.
Niente.
Mi guardo intorno accorgendomi di aver sempre immaginato casa sua come un perfetto bordello: disordinata e puzzolente; invece… cavolo, è più assettato della mia stanza. L’aria odora di colonia, e riempendomi le narici, riconosco lo stesso aroma che mi colpì il giorno del compleanno di Rosa.
È inconfondibile, mi dico.
<< Castiel, ci sei? >> ripeto accennando qualche passo in avanti.
Il rosso continua a giocare a nascondino e dopo qualche secondo, invece di uscire lui allo scoperto, un’altra figura si mostra davanti ai miei occhi facendomi scrollare le spalle, allibita.

 
   
 
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