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Autore: ClosingEyes_    14/12/2016    1 recensioni
Arrivi ad un punto che il tuo cuore ormai è stanco, ti abitui a vivere nell'umiltà e non ti interessa più essere una persona migliore, butti alle spalle anni e anni di sacrifici perché sai che ci sarà sempre qualcosa a bloccarti.
Ma una magia bastò per cambiare la mia vita, in un ristorante, con un Ferrari di troppo e un freddo pungente.
Quest'aria di Natale in anticipo fa miracoli.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Rin, Sesshoumaru, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Rin/Sesshoumaru
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ora Boston, ho dovuto dirti arrivederci, perché nei miei ricordi ci sarai sempre e ti lascio una parte di me in questa casa, quella parte che è cresciuta di esperienze, di miseria e fatica, ti lascio una Rin che forse non rivedrai più o, forse, prima o poi tornerà.
Ancora respiro per un ultima volta quell'odore di casa, prima di chiudermi la toppa alle spalle, con le lacrime agli occhi quasi ma con un nuovo orizzonte davanti a me.
Chris era più felice di me, come dargli torto, lui non ha mai abbandonato una casa, per lui è tutto così bello e dannatamente solare il futuro che ci aspetta.
Ma l'ultima mandata della chiave di casa era quella più difficile da digerire e, ancor di più, da concludere.
Probabilmente fare tutte queste storie per un trasloco ormai già compiuto è come piangere sul latte ormai versato, ma ne varrà sempre la pena.
-Rin, andiamo-.
Al mio fianco un demone, che mi ha raccolto come io ho raccolto Chris dalla strada: prima eravamo soli, in balia di un futuro che non sapeva neanche cosa riservarci, invece adesso abbiamo entrambi qualcuno che ci ama e anche una casa dove era possibile tornare.
Perdonate il mio tanto non positivismo in tale cambiamento, ma non ho mai avuto questa possibilità e invece averla ora fra le mie mani sembra come il vento, potrebbe fuggire da un momento all'altro.
Nonostante io l'ho presa fra le mani, può sempre fuggire fra le fessure, come la sabbia.
Chris stava comodo sul sediolino posteriore dell'audi di Sesshomaru, io avanti accanto al mio demone, a guardare fuori la strada che scorreva veloce, forse anche troppo per i miei occhi, ma forse più rapido era e meno sentivo la nostalgia.
-Sei felice Rin?-.
Non avevo proferito parola fino a che New York non mi sembrava vicina, non volevo parlare prima del tempo, prima di vedere "La grande Mela".
-Si, sono felice, anche se non sembra, ma lo sono-.
Vorrei poter gioire, ma neanche ho avvisato mamma e papà, per evitare che si preoccupassero troppi, probabilmente si saranno anche dimenticati di questa cosa.
Mi preoccupava, più di tutti, Kagome: lo avrebbe saputo sicuro, prima o poi sarebbe venuta la verità a galla, e non sarebbe stato per nulla facile spiegarle perché io ero a New York e sopratutto a casa di Sesshomaru.
-Spero ti piacerà la nuova casa-.
Considerato i suoi gusti, sarà una reggia in confronto alla mia.
-Sicuro- la mia mano si adagiò sulla  sua, lievemente poggiata sul cambio, intrecciando le nostre dita , come se fossimo la coppia più felice del mondo.
-Chris può girare per casa, sperando che non mi graffi tutto-.
-Magari farà il bravo-.
Sesshomaru abitava in uno di quei quartieri dentro la città, super ricchi ovviamente, con macchine di lusso sia a destra che a sinistra, parcheggiate anche in malo modo, segno di prepotenza.
Erano dei parchi enormi, bellissimi, ristrutturati da cima a fondo: i giardinetti erano curati e precisi, con fiori stupendi e cespugli simmetrici, una vera goduria per i miei occhi.
-A casa è già stato sistemato tutto, ci ha pensato mio padre, prendi tu Chris, io prendo la valigie-.
Ha detto bene "valigie", mi sono letteralmente portata un armadio intero con borse, vestiti, cappotti, biancheria, scarpe e chi ne ha più ne metta.
Abitava al quinto piano, con tanti di vista e attico: chiunque donna che sia entrata a casa sua, sicuro si sentiva la ragazza più speciale del mondo.
Ad un passo da toccare il cielo con un dito, mi verrebbe da dire: la vista era spettacolare, riuscivo ad intravedere dalla finestra delle scale la piazza centrale di New York.
-Sesshomaru ma è bellissimo!- esultai, per una volta mi sentivo una principessa.
-Ancora non hai visto la casa e già dici che è bellissimo?-.
-Io abitavo in un posto dove questo mondo non c'era- era completamente diverso.
Aprì la porta e mi mancò il fiato: un ampio salone color panna e rosso si presentò davanti ai miei occhi, spazioso e luminoso come io ho sempre voluto, profumato di muschio e pino, con un caminetto ad angolo, già con decori natalizi.
Le verande erano ampie , contornata da ghirlande di pigne e agrifogli e un imponente tavolo in legno accompagna quello stile quasi un po' di montagna.
Le tende erano color panna con dei ricami rossi leggeri, la luce entrava timida in quel living così perfetto, sembrava di essere in una casa da milioni.
-P..posso entrare?- avevo quasi paura di mettere il mio piede su quel parquet antico bellissimo, lucido e curato.
-È casa tua- ancora non mi sembrava possibile, avevo tutto questo?.
Entrai con il trasportino di Chris, che non faceva altro che miagolare alla vista di tutti quei mobili da graffiare e saltarci sopra, ma non sarebbe stato così, doveva imparare a rispettare la nostra nuova casa.
-Sesshomaru posso liberare la belva?- sorrisi , guardandolo dolcemente.
Annuì col capo e acconsentì a far fare il giro esplorativo a quella palla di pelo.
Chris uscì timidamente dalla sua cuccia, scivolando con quelle sue zampette sul parquet lucido, faticava a rimanere in piedi.
Sesshomaru mi porse una mano, invitandomi a proseguire il mio giro "turistico"; vidi la cucina, una cucina da chef, non di certo come la mia minuscola, in legno rovere nero e rifiniture in giallo, spaziosa e con un tavolo pieno di rose rosse vicino ad un'altra veranda con il balconcino. 
Il bagno poi sembrava una reggia, era enorme, adatto ad una come me che di spazio ne ha bisogno.
La camera da letto però era l'ultimo passo, il tanto atteso momento dove davvero avremmo condiviso tutto della nostra vita: i mobili erano rossi, con i comodini in nero rovere, con una camera armadio e un letto bellissimo, sicuramente era più di due piazze, con una coperta rossa e cuscini bianchi, una finestra  luminosa con delle tende bianche ricamate e anche il bagno in camera.
Non ci potevo pensare, nonostante fosse un appartamento aveva tutto ciò che ha una mini villetta su due piani, la sua vastità era indicativa sul suo prezzo, gli sarà costata cara, ma dopotutto per tutti i soldi che guadagna.
Mi abbracciò da dietro, coccolandomi in una stretta piena di gioia, anche se non lo dimostrava, nei suoi sguardi inespressivi.
-Hai una casa bellissima, non so se riuscirò ad abituarmi- già a casa mia dovevo scrivere su un foglio dove si trovavano le varie cose, qui mi sarei persa.
Mi voltò, guardandomi nei suoi occhi profondi e non esitò un secondo in più a baciarmi.
Mi sorprese questo suo gesto, era come se avessi riempito inconsciamente la sua vita, senza uscirne più.
Mi portò a vedere il suo studio, il quale mi aspettavo pieno di carte e disordinato, ma mi sono dimenticata che non è come me, ci tiene all'ordine.
C'erano due poltroncine rosse, ha una preferenza per questo colore, vicino ad una scrivania in legno antico, perfettamente armonioso con i mobili che avevano quell'odore di cera, di pulito.
-Allora che dici?-.
Cosa potrei dire, è tutto perfetto, non c'è nulla che non va bene, mi sento davvero fortunata, se questo non è un sogno.
-Io credo che sarà una bella esperienza e se vogliamo potrà essere per sempre-.
Lo abbracciai felice e sentì le sue mani percorrermi la schiena, stringendomi e facendo adagiare la mia testa nell'incavo fra la sua spalla e il collo.
Ma quel solito miagolio ci costrinse a separarci: Chris si era messo sul divano, sopra alla coperta in lana, rotolandosi come un bambino nella neve, nonostante fosse un gatto.
-Chris fai il bravo-. 
Ma Sesshomaru trovò alquanto curioso come una semplice palla di pelo come lui, potesse cercare gioia e svago in una coperta di lana, saltellando e rotolando come se fosse circondato da croccantini.
-Devi sapere che i gatti amano la lana e..-.
-Ho già provveduto-.
Sesshomaru si alzò, prendendo dal mobile sopra al televisore un gomitolo di lana tutto colorato, attirando l'attenzione di quella palla di pelo grigia.
Glielo lanciò sulla coperta, curioso di vedere  la sua reazione.
Inizialmente Chris la guardò strana, spingendola con le sue piccole zampette, ma bastò proprio toccarla per farlo impazzire.
-Questi esseri sono strani-.
-Vorresti dire che se ai cani lanci un osso o un bastoncino, non lo rincorrono- proviamoci Sesshomaru.
-Non ci provare-.
Suvvia, resti pur sempre un cane.
Quel "tenero" momento fu interrotto dal campanello della porta, lasciandomi con il fiato sospeso per la paura che fosse Kagome; si avvicinò alla porta e mi fece cenno di prendere Chris e andare in camera da letto, per chiudermi all'interno.
Presi tutto e non solo andai in camera da letto, ma mi chiusi nella cabina armadio, onde evitare che Chris potesse farsi sentire.
-Sesshomaru! Finalmente, neanche al cellulare rispondi!- quella maledetta voce strillante.
-Ciao Kagome-.
Appunto.
Non riuscì a sentire parte della conversazione, ma capì che c'erano tutti e sicuramente Sesshomaru aveva un impegno con loro.
Chiusa in quella cabina armadio, giocai con Chris, senza fare troppo casino, ma quel silenzio circostante mi stava facendo venire sonno.
Ogni tanto sentivo un urlo di quella pazza di Kagome, niente di rilevante, i suoi soliti modi di fare poco garbati.
Se prima i Kami mi graziavano, adesso dovevano mettersi contro di me, ovviamente: Chris incominciò a miagolare, forse aveva fame piccolino, ma questa cosa non sfuggì a quei signori che erano nello studio.
Sentì dei passi, accompagnati da commenti strani e sorpresi, ora dove mi nascondevo maledizione. 
Vidi dietro di me una schiera di giacche di Sesshomaru, con dello spazio per potermi infilare senza problemi, dunque fu per me un nascondiglio perfetto e anche molto veloce.
Non appena mi sistemai dietro a quella schiera di giacche, si aprì la porta, lasciando tutti senza parole: mi ero dimenticata di prendere Chris , che giocava beatamente con quella sua palla di lana, senza curarsi degli sguardi altrui.
-Da quando sei diventato amante dei gatti?- chiese una voce che poteva essere quella di Inuyasha.
-Lo faccio per migliorare il mio rapporto con le altre creature- ottima risposta.
-Aaa un gattino, ma come sei bello!- pericolo in atto.
Kagome si abbassò per vedere il gattino è sfortuna volle che nel farlo, guardò alla sua maledetta sinistra: i nostri occhi, cioccolato nel cioccolato, si incrociarono, sbarrandoli sorpresi e arrabbiati come una furia.
Abbozzai un mezzo saluto con un dito, ma subito arrivò la sua grandissima, scocciante e petulante strigliata.
-Ma cosa diamine ci fai tu qui?!?!?'- aprì le grucce, vedendomi rannicchiata in un angolo, tremendamente in imbarazzo.
-Ehm, ciao- non sapevo neanche cosa dire.
-Sesshomaru devi dirmi qualcosa?!- chiese adirata l'arpia.
-Si, lei è la mia fidanzata-.
I suoi occhi si aprirono ancora di più, le mancava palesemente il fiato in gola e da lì a poco sarebbe svenuta, ma non prima di avermi fatto una pezza.
-Cosa?!?! Ma potevi trovare di meglio no? Adesso ho come cognata la mia stessa sorella, potevi avere una bella modella molto più curata e meno sciattona, ti sei scelto il peggio-.
Dimenticavo, i suoi dolcissimi complimenti.
-Ha parlato quella che prima di diventare miss " sono la cantante più bella e brava del mondo" era la persona più sciatta in assoluto un casa- era la pura e semplice verità.
Uscì da dentro a quel minuscolo spazio, massaggiandomi la schiena mentre mi alzavo di fronte a lei con quella sua faccia arrogante.
-Ma guardati, sei davvero penosa. Pur di avere dei soldi in più, ti fidanzi con mio cognato che non è alla tua altezza, mi fai ridere, sei scesa così in basso che..-.
Non parlò: la mia mano aveva ormai superato la sua faccia, arrabbiata, costretta, infuriata, priva di ogni tipo di rancore.
Quello schiaffo se lo ricorderà a vita, come d'altronde le mie lacrime e la mia rabbia di fuoco.
-Un'altra parola Kagome, solo un'altra...-.
La mia voce era roca, impastata dalle lacrime, prima di risentimenti, furiosa.
-Fuori da casa mia- la voce di Sesshomaru era nervosa, era più infastidito di me.
-Kagome credo che Sesshomaru abbia ragione- allora Inuyasha ha una voce.
-Adesso stai dalla sua parte anche tu?!-.
-Ma cosa ti ha fatto di male, smettila di comportarti da bambina viziata e stupida, fai la persona matura- Inuyasha aveva anche il coraggio di mettersi contro la fidanzata, chi se lo aspettava.
-Sai chi era quella donna con il mio stesso nome, Airya?! Ero io e ho capito tutto di quello che hai detto!-.
-Lo sapevo! Maledetta!-.
-Sparisci da casa mia, adesso!-.
-Non è casa tua !-.
-È casa sua, ora vai fuori- Sesshomaru era ormai al limite.
Diventò vuota quella cabina armadio, lasciando solo una Rin con i singhiozzi alla gola e un Chris che, incurante e incosciente di ciò che era appena accaduto, mi strusciava contro la gamba per tentare di consolarmi.
Sesshomaru mi venne vicino, consolandomi per quanto poteva, senza preoccuparsi che avrei potuto sporcargli la giacca di trucco.
-Ti proteggerò io Rin- .
Purtroppo questa è una guerra che devo vincere da sola.
-Non capisco perché tutti questo-.
Ma lui sapeva la mia cura, l'unica cosa che mi avrebbe fatto stare meglio.
-Ti va di cantare un po'?-.
Era il mio modo di riempire i vuoti, la stanza diventava un tutt'uno con i colori, era un arcobaleno di emozioni indescrivibili, come i balli improvvisati sulle note di canzoni sconosciute.
-Nobody said it was easy..- anche i Coldplay potevano consolarmi.
Le canzoni erano forse una delle migliori medicine per cui potessi avere assuefazione: il mio mondo girava sulla musica, ero un disco continuo che girava all'infinito su un giradischi antico, uno di quelli datati ma che conserva sempre la sua bellezza.
Una volta sapevo ballare danza classica: ricordo i miei piedi sanguinanti e le nottate passate a ballare pezzi da imparare a memoria i passi, esercitazioni noiose sulla sbarra e un portamento rigido da legno.
Non che non mi piaccia, anzi io la trovo una di quei balli così fini da essere simbolo di eleganza e passione, ma il ricordo peggiore era la mia semi anoressia, per colpa di una dieta costretta e per questo lasciai.
Mi guardo adesso e con qualche chiletto di più , mi sento bella lo stesso.
Viaggiavo con la mia mente e, forse, anche un po' con i miei piedi, girando per il salotto imitando dei passi che ho creduto sempre di aver dimenticato.
La musica ora era diversa, c'era un classico, forse uno dei migliori per un ballo alla tradizionale, da rimettersi le scarpette e ballare.
-Mi concede questo ballo, mademoiselle?-.
Se me lo chiedi alla francese Sesshomaru, come posso dirti di no.
Non mi ricordavo di come fosse bello volteggiare fra le braccia del pronto fidanzato, con uno sguardo perso nell'amore e trascinato dalla situazione.
La sua giacca era ormai sul divano, le maniche della camicia erano alzata fino ai gomiti e la cravatta svogliatamente fatta per la fretta.
-Così sei un principe, il mio-lo abbraccia di istinto, come se la musica mi avesse spinto sul suo petto.
-Non credevo sapessi ballare-.
-Neanche io -.
Dopotutto già mi stupì di come sono riuscita a ballare al gala in maschera, non avevo mai ballato il lento, a danza classica non ti insegnano a ballare queste cose.
Avevo da migliorare in campo, ma piano piano mi sarei ricordata tutto, a costo di mettere le scarpette al piede di nuovo.
-Sai, in teoria una sorella non è solo una sorella,può essere anche una migliore amica. Le sorelle non si abbandonano mai,restano sempre una al fianco dell'altra, e fanno in modo di darsi forza a vicenda, ma a quanto pare io sono stata abbandonata da tempo-.
-Rin lei forse non se ne rende conto-.
Come mi sembrava strano ballare con lui in quel bellissimo salotto, era così strano che mi veniva da ridere, davvero faceva tutto questo per me.
-Aspettami qui!-.
Corsi in camera , aprendo una valigia a caso, ma subito trovai ciò che cercavo: prima di abbandonare danza del tutto, mi cucì da sola un vestitino morbido color panna che arrivava fino a metà coscia, con le spalline leggermente scese e a maniche lunghe, forse era il caso di rimetterlo.
Mi svestì nel minor tempo possibile, per evitare che Sesshomaru aspettasse troppo e in un batter di ciglia ero ormai pronta: mi stava benissimo, non credevo che dopo anni potesse ancora entrarmi, il tessuto non era per niente rovinato, avevo usato della seta e infatti mi è costato non poco questo lavoretto.
Mancava solo una cosa, le scarpette.
Le avevo davanti ai miei occhi, in un angolo della valigia e le osservavo con sguardo un po' rammaricato , non sapevo se il mio piede ci fosse entrato di nuovo senza sanguinare.
Non era ancora il caso di farlo, meglio stare con le ballerine elastiche.
Mi legai i capelli in una treccia morbida, arricchendoli con dei fermagli di brillantini della mamma, sembravo proprio una ballerina.
Corsi nel salotto e mi lasciai guardare da Sesshomaru che era sicuramente sorpreso di vedere così tanta eleganza in una come me.
-Sei la stessa di prima oppure hai una sosia?- spiritoso.
-Che ti credi, so essere elegante anche io, ho studiato danza classica-.
-Non lo avrei mai detto- spiritoso di nuovo.
Tralasciai la voglia di ucciderlo e mi invitò di nuovo a ballare, ma stavolta con una estrema delicatezza, i nostri passi erano perfettamente coordinati e i suoi occhi non smettevano di fissarmi, sembrava di essere ad un teatro con mille persone e anche più che ti guardano ballare, senza permetterti neanche di sbagliare.
-Non devi andare a lavoro?-.
Guardò fugacemente l'orologio posto sopra al caminetto, sorridendo leggermente.
-Si, tra venti minuti devo essere in azienda-.
-Allora vai cosa aspetti?-.
Mi prese un braccio, facendosi circondare il bacino con me mie gambe e mantenendomi per i glutei.
La situazione si stava scaldando, forse troppo.
-Me lo chiedi anche?- i suoi baci scendevano dal collo fino alla mia scollatura, mentre le mie unghie si conficcavano piano nella camicia.
-Farai tardi, Sesshomaru- a meno che tu non voglia proprio essere puntuale.
-Non dovevi metterti questo vestitino- adesso quindi è colpa mia, ottimo.
Ma poi è mai possibile che ha sempre voglia? È insaziabile, peggio di me.
-Allora sappi che a lavoro farai tardi- lo tirai per il colletto della camicia, facendo aderire le nostre labbra in un bacio appassionato.
Pensavo mi stesse portando nella camera da letto, ma in realtà entrammo nel bagno, mettendomi con la schiena contro la superficie fredda del muro.
Con una sola mano, riuscì ad aprire l'acqua calda della doccia, mentre con l'altra mi sorreggeva.
-Dovrei farmi una doccia- non lo avevo capito guarda.
-Vuoi compagnia?- la sua mano si inoltrò sotto al vestito.
-Tu devi- con l'altra mano, tirava il bordo dei miei slip.
-Perché mai?- gli tolsi al cravatta, lanciandola in un punto indefinito del bagno, passando poi alla camicia, sentendo i suoi muscoli irrigidirsi sotto il tocco delle mie dita.
-Tu sei mia-riuscì a sbottonarmi con solo due dita il reggiseno, non ci potevo credere, l'unico capace.
Senza mai togliermi dal muro, mi sfilò anche il vestitino, lasciandomi completamente nuda; ebbi un sussulto per il contatto freddo della parete, la mia pelle era direttamente stretta fra il muro e quel bellissimo corpo scultoreo.
Sentivo i suoi baci sul mio corpo, la sua lingua che mi torturava il seno e le sue mani che mi stringevano come se fossi la sua miglior preda.
Ma cosa poteva mai rovinare un momento così bello? Il suo maledetto, odioso, scocciante cellulare che non accennava a smettere di suonare.
-Non osare rispondere proprio ora- tentai in tutti i modi di distrarlo, ma non ci fu nulla da fare.
Mentre parlava scocciato a telefono di lavoro, decisi di fare anche io la mia parte: continuai a sbottonargli la camicia, senza però toglierla, e con una mano passai ai pantaloni, togliendo prima la cintura per far andare la mia mano più "comoda".
Lo guardai in faccia e non aveva neanche uno sguardo di goduria, niente era fermo peggio di una roccia.
Non arrendendomi, gli tolsi i pantaloni completamente, levando dal mio viso ogni tipo di imbarazzo, e stavolta ero io a giocare con il bordo dei suoi boxer.
-Allora la vogliamo chiudere questa chiamata?-mi beccai solo una guardata storta, ma tu pensa!.
-Mi scusi un momento- posò il cellulare sul muretto di marmo vicino alla doccia, levandosi la camicia con quel suo fare strafottente e arrogante, poi mi guardò profondamente negli occhi , avvicinandosi al mio orecchio.
-Perché non mi spogli completamente?-andò a farsi benedire ogni tentativo di autocontrollo.
-Perché tu non chiudi quella maledetta chiamata?-.
-Perché sono affari, a meno che tu non lo voglia fare mentre sono a telefono- ma stai fuori, è la cosa meno romantica in assoluto.
-Levatelo dal cervello-.
Mi sorrise di sottecchi e riprese il cellulare, mentre finalmente gli sfilai anche i boxer , lasciandolo completamente nudo in tutta la sua bellezza.
Devo essere sincera, era proprio bello, mi stupisce ancora l'idea che sia fidanzato con una come me, che sono il suo opposto.
Nonostante osservava il mio sguardo impaziente e sofferente, non si fece molti problemi, evidentemente era una cosa seria.
Mi pare di avergli detto che mentre era al telefono doveva starsi fermo, ma non mi ha per niente ascoltato: parlava di affari di lavoro, cogliendo l'occasione di un suo silenzio per darmi dei caldi baci sul collo, ma tentai di respingerlo senza  risultati.
Mi bloccò i polsi sopra alla mia testa, torturandomi con i suoi sguardi provocatori.
Mi scappò un gemito di piacere, ma lui non si fece affatto problemi: tolse la mano dai miei polsi e scese giù fino all'inguine, divertendosi come un dannato a farmi perdere il lume della ragione.
-Quindi sta dicendo che avremmo ospiti stasera?- mi guardava ad un centimetro dalle mie labbra mentre parlava al cellulare , che odio.
-S..sei un bastardo- tentavo in tutti i modi di non farmi sentire.
Si avvicinò ancora di più, guardandomi come chi sa che presto avrei fatto una grandissima figuraccia per colpa sua.
-Quindi devo portarmi la mia fidanzata- ero al limite.
Ebbi un gemito seguito da un tremolio nelle gambe, palesemente sentito da chiunque stesse dall'altro lato del cellulare, beccandomi il sorrisetto soddisfatto di Sesshomaru.
Mi dovetti mantenere al termosifone per non cadere a terra, era mai possibile che con delle dita poteva provocarmi questo piacere?.
-Allora a stasera, buona giornata-.
Finalmente chiuse quella chiamata, prendendomi di peso e sbattendomi nella doccia: le sue spinte erano una goduria inspiegabile, era quell'amore strano che ci faceva vivere queste emozioni, ma non dimenticherò mai la grandissima figura anche mi ha fatto fare per colpa del suo essere così bastardo.
La mia mano si inoltrò nei suoi capelli, mentre con l'altra ero impegnata a graffiargli la schiena con rabbia e passione.
Mi incurvavo sempre di più in avanti non solo per il piacere ma anche per il freddo che sentivo poggiata a quella lastra di ghiaccio, favorendo però a lui una bella visuale e un campo aperto per eventuali torture.
I suoi canini affilati mi lasciarono un segno evidente sulla nuca, ma era il segno più bello che potessi mai avere.
-Quanto diamine sei bella Rin, mi fai perdere la testa- non smettere.
-Sesshomaru dimmelo..-.
Cosa volevo che dicesse, volevo che mi confessasse il suo amore per me, era questo ciò che desideravo più di ogni altra cosa da due settimane e più.
Avevo bisogno di sentirmi dire che mi amava, non bastava fare sesso, i corpi parlano ma non c'è nulla di più bello nel sentire che il demone che ti sta riempendo la vita di gioia ti ama.
-Cosa vuoi che ti dica, Rin?- ha marcato il mio nome con una voce roca e sensuale allo stesso tempo, era più perso di me.
Gli tirai i capelli delicatamente, evitando eventuali scatti di rabbia, costringendolo a guardarmi negli occhi, quei occhi ormai  persi di lui.
-Guardami e dimmelo, Sesshomaru-.
Mi capì, guardandomi, vide quella luce di speranza e anche di passione nei miei occhi cioccolato, era quello il momento giusto, era quella l'occasione, in quella doccia, quel giorno, quell'ora.
-Chiedimelo ancora-.
-Dimmelo- quante volte vuoi che te lo ripeta, quanto ancora vuoi farmi attendere?.
-Urlalo- a cosa voleva arrivare.
Le sue spinte aumentavano, era tutto un mix di emozioni miste al suo profumo di muschio e menta, era tutto così perfetto, mi sono persa nel paradiso.
Ancora, ancora, ancora...
-Dimmelo!!-.
L'ultima spinta, quella che mi fece quasi perdere i sensi: gli affanni, la voglia, la felicità, l'amore.
-Ti amo Rin-.
Fu l'unica cosa che non mi permise di svenire del tutto: lo strinsi a me, piangendo, sotto l'acqua calda corrente, ormai distrutta ma felice, sentendo lui che ricambiava il mio abbraccio, sempre più forte, lui che non si stancava mai e io che non mi sarei mai stancata di lui.
Piangevo da farmi mancare quasi l'aria, lui mi faceva mancare il respiro soltanto guardandolo.
-Non piangere Rin- non ci riesco, ho così tante emozioni dentro me.
-Ti amo anche io Sesshomaru. Sei la prima persona a cui lo dico, tu sei stato il mio miracolo, mi hai salvata, io non potrò mai ringraziarti abbastanza per quello che hai fatto-.
Mi alzò il mento, catturando quelle lacrime salate dalle mie guance, e senza indugio mi lasciò un altro bacio, stavolta dolce, sulle labbra.
-Amami e basta-.
Lo farò amore mio.
Ma era ormai tardi, Sesshomaru stava tardando a lavoro e doveva davvero farsi la doccia.
-Fai tu, io me la prendo con calma- ero ancora sfinita, non avevo le forze.
Mi limitai a guardarlo mentre si insaponava e di nuovo sentì quella voglia al basso ventre che dovetti contenere per i dolori.
Mi lasciò poi sola nella doccia, vestendosi e scappando a lavoro, rendendosi veramente conto che ormai era tardi e non poteva fermarsi oltre.
Credo di essermi addormentata nella doccia, ormai esausta ma felice di aver consumato quell'amore così, in una doccia, in una fredda mattina a New York.


 
   
 
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